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tie alberi genealogici che fino ad ora hanno rappreentato le due soluzioni ammissibili allo stato attuale degli studi. L'uno è quello proposto dal Boito e sostenuto dal maggior numero degli autori che in generale o in particolare si sono occupati della questione e, tra questi ultimi, dal Barbier de Montault (1), dal Salazar (2) e dal Clausse (3).

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Il secondo è quello a cui si attenne il De Rossi (4) e che fu poi esposto ed illustrato specialmente dal Frothingam (5), dallo Stevenson (6), dal Faloci-Pulignani (7).

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(1) Annales archéologiques del DIDRON, XVIII, 265.

(2) D. SALAZARO, L'arte romana nel medio evo, appendice ai Monumenti dell'Italia meridionale, vol. III, Napoli, 1881.

(3) G. Clausse, Les marbriers romains et le mobilier presbyteral, Paris, 1897.

(4) Bollettino d'arch. crist. anno 1875, p. 111 sg.; a. 1888-89, p. 155; a. 1891, p. 73.

(5) American Journal of Archaeology, 1889, pp. 182, 350. (6) Mostra di Roma all'Esposizione di Torino, 1884, p. 180. (7) FALOCI-PULIGNANI, Il chiostro di Sassovivo, 1879, p. 18. Forse quest'autore è il primo che abbia espresso formalmente, sebbene non completamente, l'albero genealogico accettato dal De Rossi.

Elementi nuovi che questa seconda soluzione ha aggiunto alla prima sono dati dalla indicazione di paternità di Lorenzo, il capostipite, la quale trovasi in una iscrizione del 1162 riportata dal De Rossi (1); e da un nuovo nome, quello di Pietro figlio di Cosma, di cui lo Stevenson (2) ha trovato, desumendola dal Nerini, una notizia d'archivio. Differenze essenziali di genealogia consistono nell'ammettere un numero maggiore di membri della famiglia, sdoppiando, per così dire, alcuni di essi: ponendo cioè due Cosma e tre lacopi. E queste differenze si basano su considerazioni relative alle date dei lavori e su diverse interpretazioni dei nessi genealogici.

E di vero l'ipotesi del Boito, che ha sull' altra l'innegabile pregio della semplicità, viene però a presupporre una così straordinaria longevità di vari membri della famiglia da apparire nel suo insieme ben poco credibile. Cosma, che nel 1210 terminava col padre Iacopo il portico del duomo di Civita Castellana (ed a quell'epoca non era certo un fanciullo, poichè ventun anni dopo aveva due figli già marmorari), sarebbe lo stesso Cosma autore, tra il 1277 e il 1280, della cappella Sancta Sanctorum: circa settanta anni dunque di attività, e più di novant'anni forse di vita; cambiamento di stile, dalla più romana alla più gotica delle opere cosmatesche. Così Iacopo di Cosma che nel 1231 era ad Anagni e circa alla stessa epoca a Subiaco dovrebbe essere una stessa persona con Iacopo, che trovasi nel 1293 ad Orvieto. Così Giovanni e Deodato, che fiorirono intorno al Trecento (forse Deodato ancora nel 1332), sarebbero fratelli di Luca e Iacopo che lavoravano nel 1231. È dunque un complesso di elementi non impossibili ma poco probabili, a sostituire i quali è sorta la teoria del De Rossi.

(1) DE ROSSI, Musaici delle chiese di Roma, tom. II, Roma, 1899, XL, f. 1, 1'. Vedi nota 5 a p. 9.

(2) Cf. STEVENSON, op. cit. p. 180. Vedi nota 3 a p. 15.

I marmorari che quest'ultima considera sono invece tutte persone normali; ma nel suo insieme anche questa ipotesi appare alquanto artificiosa, poichè i vari nodi di derivazione non risultano ancora tutti ampiamente giustificati; in ispecie quello per cui si pone Cosma II figlio di Cosma I: nesso che non ha la menoma prova e che quindi non può essere scientificamente affermato (1).

Mi sembra che possa avere un qualche interesse il riassumere ora la questione: aggiungendovi alcuni elementi di documentazione finora non conosciuti, rettificandone altri mal conosciuti, riunendo le testimonianze storiche che risultano provate ed evidenti, escludendo le altre dalla discussione. Un'ipotesi, a qualunque ordine di fatti essa si riferisca, a qualunque disciplina scientifica appartenga, deve poggiarsi soltanto su elementi sicuramente stabiliti, evitando il più possibile petizioni di principio ed ipotesi ausiliarie; deve cioè essere una spiegazione semplice e chiara d'un complesso di dati ben certi. Soltanto con questo rigido criterio è possibile giungere a risultati, talvolta incompleti, ma che hanno una vera base scientifica ed in cui la parte sicura e la parte ipotetica appaiono chiaramente distinte.

Riunirò quindi brevemente, prima di esporre nuovi dati relativi all'esistenza ed all'attività dei vari membri del gruppo, quei dati già noti sulla cui autenticità non può cader dubbio.

Risultano questi principalmente da testimonianze epigrafiche. Le iscrizioni che i Cosmati ci hanno lasciato sono, molto numerose: almeno venticinque se ne contano attualmente e di circa dodici ora perdute si ha sicura notizia; sì che può dirsi che questi artefici più di tutti gli altri con

(1) Il ROHAULT DE FLEURY (Le Latran au moyen-âge, Paris, 1877, p. 174) ritiene invece che Cosma II sia figlio di Iacopo II e quindi nipote di Cosma I. In ciò si riavvicina un poco alla teoria del Promis. Ma anche questo nesso ha semplicemente la portata di un'opinione.

temporanei abbiano conservato tradizionalmente l'ottima abitudine d'incidere i loro nomi (spesso accompagnandoli con epiteti autolaudativi) nei marmi che uscivano dai loro abili scalpelli e che la loro elegante arte di musaicisti abbelliva di vivi colori. Ma di tutte queste epigrafi ben poche si hanno datate in modo sicuro; e sono le seguenti:

Porta di S. Saba sull'Aventino: «<Iacopo >>

1205 Portico di Civita Castellana: « Iacopo» col figlio «Cosma » 1210 (1) Pavimento del duomo d'Anagni: «Cosma » . . 1224-1227 (2) Pavimento e altare della cripta di S. Magno nel duomo d'Anagni: «Cosma » con i figli « Luca e Iacopo » 1231 (3) Chiostro di Santa Scolastica in Subiaco: «Cosma » con

i figli «Luca e Iacopo »>

1227-1243 (4)

Tomba del cardinal Consalvo in Santa Maria Maggiore

in Roma: «Giovanni di Cosma ».

. 1298

A questi capisaldi ben stabili relativi alla determinazione di epoche, altri possono aggiungersi non direttamente controllabili, ma aventi una grande probabilità:

Iscrizione, ora perduta, che era a S. Stefano del Cacco

nell' altare maggiore: «Lorenzo di Thebaldo».

1162 (5)

(1) Taluni autori, e tra questi il CAVALCASELLE (Storia della pittura in Italia, Firenze, 1875, p. 151) e il FREY (Genealogie der Cosmati in Jahrbuch der K. preuss. Kunstsammlungen, 1885), hanno supposto che l'iscrizione dell'arco trionfale di Civita Castellana fosse mutila e che al «< .MCCX.» dovesse originariamente essere aggiunta qualche unità: ipotesi compiacente per spostare di qualche poco la data del primo lavoro di Cosma; smentita completamente dall'esame diretto del monumento.

(2) Nell'iscrizione si parla del vescovo Alberto e del papa Onorio III; il vescovo Alberto fu consacrato nel 1224 (v. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi, 1898, I, 86) ed Onorio III mori nel 1227.

(3) La data non è nell' iscrizione (molto logora) del gradino dell'altare, ma nella lapide murata nella parete, in cui si parla della traslazione del corpo di san Magno.

(4) È questo il tempo dell'abate Lando, di cui parla l'epigrafe che ricorda il completamento del chiostro (cf. EGIDI, I monasteri di Subiaco, Roma, 1904, parte I, La serie degli abati, p. 213).

(5) De Rossi, op. cit.; vedi anche FORCELLA, Iscrizioni delle chiese

Portale della chiesa di Santa Maria di Faleri: «Lo

<<renzo » col figlio « Iacopo». Porta dell'ospedale e convento dei

intorno al 1185 (1)

Trinitari presso

S. Tommaso in Formis a Roma: «lacopo» col figlio «Cosma >>. 1198-1217 (2) Cappella Sancta Sanctorum al Later. : «Cosma ». 1277-1280 (3) Tombe del vescovo Durante alla Minerva e del vescovo

de Surdi a Santa Balbina: «Giovanni >> intorno al 1300 (4)

di Roma, VII, 489. Il dubbio può sorgere in quanto nulla dimostra che questo Lorenzo sia effettivamente il padre di Iacopo, il capostipite della famiglia.

(1) L'UGHELLI (Italia sacra, J, 598) riporta un' iscrizione dedicatoria di un altare di Santa Maria in Faleri, datata 1183; un' altra analoga iscrizione, ancora inedita, può leggersi in una cappella del transetto ed ha la data 1186. A questo periodo intorno al 1185 sembra dunque abbia corrisposto un'epoca di mutazione e di rinnovamento della chiesa.

(2) La data del 1198 è all'incirca quella del riconoscimento da parte d'Innocenzo III della nuova istituzione di Giovanni de Matha e sembra anche della concessione della chiesa di S. Tommaso in Formis (cf. FORCELLA, Iscrizioni &c. p. 194, n. 398); la data del 1217 è quella dell'assegnazione (Bull. Vat. I, 100) al monastero del Celio di alcuni benefizi (i proventi delle porte di Roma). È probabile che tra questi

due limiti la nuova costruzione sia sorta.

(3) Si è in generale d'accordo nel ritenere la costruzione di tale cappella, firmata da «< Magister Cosmatus » (il Cosma II dell'albero del De Rossi), come appartenente ai lavori intrapresi da Nicolò III; e il Marangoni e il Rohault de Fleury (cf. MARANGONI, Istoria dell'oratorio Sancta Sanctorum, Roma, 1747, p. 36; G. ROHAULT DE FLEURY, op. cit. p. 174) riferiscono infatti un' iscrizione che proverebbe la ricostruzione a fundamentis fatta da detto pontefice. Ma la difficoltà di visitare il monumento rende impossibile ora controllare la notizia e vedere se davvero si riferisce al lavoro di Cosma; per il che non può essa essere accettata in modo assolutamente sicuro.

(4) Il primo dei due vescovi mori nel 1296, il secondo nel 1300 (cf. EUBEL, op. cit. p. 357). È dunque intorno al Trecento che le due tombe saranno state scolpite. Ma alquanto anteriori dovrebbero essere state le prime opere, in pittura non in scoltura, di Giovanni di Cosma, se è vera l'ipotesi che lo Strzygowsky, appoggiandosi su dati stilistici, ha immaginato: che cioè a lui siano dovute alcune delle pitture della chiesa superiore d'Assisi, ove egli avrebbe lavorato, insieme col mae

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