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REALE SOCIETA' ROMANA

DI STORIA PATRIA

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AMBO

56 v. 27

Roma, Forzani e C., tip. del Senato.

NOTE SUI MARMORARI ROMANI

NTORNO agli artefici che fiorirono in Roma nei secoli xe x, a quei « magistri romani »> (come fieramente si firmavano) da cui l'arte decorativa ebbe nuove forme gentili che si elevarono talvolta all' altezza di una vera ed originale Rinascenza, studi d'illustrazione non mancano. Ma raramente tali studi vanno oltre il campo esterno delle investigazioni; essi vertono cioè sulla ricerca e l'enumerazione delle opere, l'interpretazione delle iscrizioni, senza addentrarsi nell'analisi degli elementi stilistici o paleografici, ne' raffronti, nelle ricerche sistematiche d'archivio. Ed anche in questo campo molti punti rimangono non bene chiariti. Uno di questi è quello della genealogia di quel gruppo d'artefici, forse il maggiore, certo il più noto di ogni altro, che si è convenuto di chiamare « dei Cosmati »>, e che sinora tutti concordemente hanno ritenuto abbia formato una sola famiglia.

Senza parlare dell'ipotesi del Promis (1) che per un lungo tempo fu seguita (ad es. dallo Schnaase e dal v. Reumont), finchè il lavoro del Boito (2) la demolì, riporterò

(1) C. PROMIS, Notizie epigrafiche degli artefici marmorari romani dal x al XV sec., Torino, 1836.

(2) C. Borro, Architettura cosmatesca, Milano, 1860; L'architettura del medio evo in Italia. I Cosmati, Milano, 1880.

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