Furono questi provvedimenti come la radice della rigogliosa pianta, che crebbe poscia col favore dei Principi e de' tempi a decoro di queste contrade. I Torinesi divenuti più solleciti del bene della università per l'emulazione delle città di Chieri e di Savigliano, e la rendita maggiore statale assegnata dal Sovrano giovarono assai a rendere stabile in Torino la sede degli studi. Crebbe il concorso degli scolari, e lettori di bella fama fecero non molto di poi suonare in Italia e fuori il nome dello studio torinese. Aveva a quei tempi l'università un sotto conservatore ecclesiastico de' suoi privilegi (1), ed era governata dal cancelliere, dal rettore (2) e da un consiglio composto dei riformatori (3). Tre erano le facoltà che vi si insegnavano; quella di teologia, delle leggi, e quella di medicina, a cui erano unite eziandio la filosofia razionale, le scienze fisiche, le matematiche, le (1) Nel 1482 avea questa carica il canonico Pietro Cueti, nel 1493 l'abate Giovanni Stefano Ferrero, e nel 1496 il priore Antonio Romagnano. Vernazza, Lezione storica sopra l'università degli studi di Torino, che si conserva dal cav. Gazzera. (2) Il più antico rettore dell'università da noi conosciuto è Cotheardo D. Antonio tesoriere della chiesa di Belley. Gli succedettero poi Tommaso De Cristinis, Antonio Blandrate (1458), Petranaudo Luriaco arcidiacono di Belley e Bartolommeo Avogadro di Cerrione (1461). V. arch. arciv. di Torino. (3) Di due riformatori, che furono a questa età, possiamo dare certa notizia, cioè di Giorgio Beccuti e di Ribaldino Beccuti eletto nel 1486 in vece del precedente, mancato poc'anzi ai vivi. Da un ms. del Vernazza esistente nella bibl. Balbo ricaviamo la patente ducale con cui fu nominato Ribaldino Beccuti. V. docum. n.o xx. belle lettere e la musica. Quanto alla facoltà teologica erano tuttavia in vigore gli statuti publicati per autorità del cancelliere Aimone di Romagnano alloraquando lo studio risiedeva in Chieri. A questi furono poi aggiunti dopo il 1442 altri sei statuti con licenza del vicecancelliere Giovanni di Romagnano preposito della chiesa di san Dalmazzo e vicario generale del vescovo. I membri tutti del collegio teologico erano scelti, come abbiamo veduto, dall'ordine dei frati minori e dei predicatori, e conferivano la laurea ora nella cattedrale, ora nella cappella o nell'aula vescovile, e talvolta anche nel convento, in cui dimorava il decano ossia il priore. Quelli, che nell'esame dottorale davano indizio di singolare ingegno e di non mediocre dottrina, venivano tosto senz'altro esame di prova aggregati (incorporati) al collegio. E collo statuto dei 28 di maggio 1442 si determinò, che potessero esservi ascritti anche alcuni frati minori e predicatori laureati (magistrati) nelle altre università, quando avevano stanza in Piemonte. Ma perchè l'aggregazione di costoro fosse valida, vi dovevano concorrere almeno quattro dottori (magistri) dell'università, i quali davano lettere testimoniali della incorporazione (1). Nello spazio di tempo, che scorse da questo rista (1) V. il ms. cit. Universitatis studiorum in subalpinis, e spezialmente il capo 11 della parte intitolata: Statuta sex aliquanto recentiora. Cibrario, Notizie sull'università degli studi di Torino nei secoli xv e xvI inserite nel palmaverde del 1845. bilimento della università di Torino fino al fine del secolo xv, tre furono i professori di teologia, di cui si conservi memoria; vale a dire Manfredo di Alba, Francesco di Milano, amendue dell'ordine dei minori, e Andrea de' Calamari preposito degli umiliati. In giurisprudenza vediamo Pietro Besozzo, Giovanni da Montebarucchio, Giovanni Panicia, Guglielmo da Sandiliano, Mercurino Ranzo, Michele Buri, Girolamo Buronzo (1), Giovanni Andrea di Costanza (2), e parecchi altri, che non vennero in grande fama. Levarono all'incontro bel grido di sè Giovanni Grassi torinese, autore di parecchie opere legali (3), Cristoforo Nicello, che lesse per quarantadue anni in ragion civile, e fu nominato presidente delle generali udienze (4), Ambrogio Vignate (5), di cui abbiamo un trat (1) Fu licenziato in leggi l'anno 1450. V. arch. arciv. di Torino, protoc. num. 34, fol. 69 vers. (2) Arch. arciv. di Torino, protoc. num. 32, fol. 180. (3) Arbor iudiciorum, Mediolani, 1514. - Tractatus de cessione ; de substantialibus procuratoris. Annotationes ad commentaria Dominici a s. Geminiano super decret. comment. super prima cod. parle. (4) Scrisse: Consilia legalia. - Additiones ad Bartoli commentaria, Taurini, 1579. Fu sepolto in Torino nella chiesa di s. Francesco colla seguente iscrizione: CHRISTOPHOro Nicello I. U. DoCTORI CONSUMMATISS. XLII ANN. ORDINARIAE LECTIONIS INTERPRETI AC SACRARUM AUDIENTIARUM INTEGERRIMO PRAESIDI IO. LUDOVICUS NICELLUS F. PIENTISS. P. VIXIT ANN. XCHI OB. VI CAL. OCTOBR. M CCCC LXXXII. (5) Fu signore di Baldissero. V. nell'arch. arciv. di Torino il protoc. num. 31, fol. 51, che contiene l'investitura datagli delle decime di detto luogo. V. Panziroli, lib. 11, cap. LII, p. 376. Sylv. nupt. 11, 36. e tato sulle usure, ed un'orazione stampata in Parigi nel 1509 colle lettere del Filelfo, Iacopino San Giorgio, autore di alcuni trattati (1) e di molti commenti stampati in Bologna sopra il primo secondo libro del digesto vecchio, e sopra la prima e seconda parte del codice (2). Al San Giorgio succedeva nella lettura del mattino Claudio Seissello da Aix in Savoia, che ebbe fama del più compiuto fra i giurisconsulti dell'età sua (3). Fu poi nominato vescovo di Marsiglia, e da Luigi XII fu spedito oratore a quasi tutti i principi della cristianità. Era dottissimo di greco e di latino. Tradusse la ciropedia di Senofonte e la storia di Diodoro Siculo e di Tucidide (4), e publicò moltissime opere legali (5), di cui puossi vedere l'elenco presso il Chiesa (6) ed il Rossotti (7). Morì l'anno 1520 essendo arcivescovo di Torino (8). (1) De feudis, Taurini, 1574. - De homagiis. - De legatis officialibus, castris, castellanis et confederatis. - De investitura, Lugduni, 1521. (2) Panziroli, II, xcvI, p. 265. - Della Chiesa, Catal. degli scritt. piem. p. 43. (3) Absolutissimus omnium sui temporis iurisconsultus. V. Marci Mantuae epit. viror. illustr. apud Panzirol. p. 459. (4) Queste traduzioni si stamparono in Parigi negli anni 1529, 1545, 1559. (5) Sauli, op. cit. p. 199. (6) Op. cit. p. 116 e seg. (7) Syllab. script. pedemont. p. 164 e seg. (8) Fu sepolto nella chiesa di s. Giovanni, e sulla sua tomba leggesi la seguente iscrizione: CLAUDIO SEYSSELLO LUDOVICI XII FRANCOR. REGIS A REQUISIT. MAGISTRO, ET PRO EADEM AD OMNES FERE CHRISTIANORUM PRINCIPES ORATORI ELOQUENTISSIMO, LAUDENSI Di pregiate opere fu scrittore anche Tommaso Parpaglia (1) successore del Seissello. Ma nessuno per avventura tra i lettori di Torino ebbe a quei tempi maggior fama di Pietro Cara da san Germano, il quale fu di tanto sentimento nelle leggi, che per testimonianza di Ubertino cherico (2) molti convenivano ad udire le sue lezioni non solo dalle altre contrade d'Italia, ma eziandio dalla Germania, dalla Francia, dall'Inghilterra e dalla Spagna. Fu senatore in Piemonte, e venne in diversi tempi onorato d'importanti legazioni presso i principi italiani. Del resto benchè occupato in gravissimi uffizi congiunse lo studio delle leggi con quello dell'amena letteratura. E le sue orazioni ed epistole latine stampate in Torino nel 1520 mostrano come il Cara fosse scrittore terso ed elegante. Fra queste orazioni poi vuolsi qui rammentare principalmente quella che pronunziò per inaugurare gli studi nell'università, in cui pigliò trattare degl'inventori delle scienze e delle loro lodi (3) con un singolare corredo di erudizione. a ADMINISTRATORI, Massilie praesuli, TaURINORUM ARChiepiscopo IUR. CONSULTISSIMO ATQue huius saCELLI FUNDATORI COLLEGIUM CANONICORUM PIENTISS. PATRI P. OBIIT PRIDIE CAL. IUNII M D XX. (1) Panziroli, op. cit. II, cxxxvII. - Chiesa, op. cit. p. 107. (2) V. Hubertini clerici epistola ad Ioannem Scipionem Caram Petri filium a fol. 74. vers. delle opere del Cara stampate in Torino nel 1520. Malacarne, delle opere dei med. e dei cerus. vol. I, p. 155. - Tiraboschi, op. cit. tom. vI, P. 1I, lib. 11, p. 601. (3) Oratio habita in principio studii per clarum oratorem D. P. Caram, in qua continentur scientiarum inventores et laudes. Op. cit. fol. 51 e seg. |