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TIBI DIVE FRANCISCE

FRANCISCVS MARIA PICCOLAMINEVS EPISCOPVS
PIENTINVS ET ILCINENSIS ARAMQVE E CONSPECTV
EST IN AMPLIOREM ET ELEGANTIOREM FORMAM
REDACTAM POSVIT ET EXORNAVIT MONVMENTIS
IIS CONSANGVINEORVM INSTAVRATIS TEMPORIS
INIVRIA PROPE DELETIS. AN. DOM. M.D.LXXXX.

Dopo la morte di lui, il vescovato di Pienza fu dal papa Clemente VIII perpetuamente disgiunto per la seconda volta dall' altro di Montalcino. Ed alla sede pientina fu promosso, addi 20 dicembre 1599, GIOJA Dracomani, toscano da Castiglion Fiorentino, trasferitovi dal vescovato di Monte Pelusio, da cui s'era allontanato per occuparsi di gravi incumbenze addossategli a servizio della Chiesa romana, particolarmente nella legazione di Bologna. Possedè per ben trent'anni la chiesa di Pienza, ove mori a' 26 dicembre 1630, e fu sepolto nella sua cattedrale. Lo sussegui l'anno dopo, eletto a' 28 di luglio, il nobile senese SCIPIONE de' conti di Elci, già referendario d'ambe le segnature e poscia governatore di Fermo. Cinque anni dopo, ossia nell'anno 1636, fu sollevato all'arcivescovato di Pisa. Qui pertanto, in quell'anno stesso, gli fu sostituito il nobile senese IPPOLITO Borghesi, monaco e generale dell'ordine degli olivetani, affine del pontefice Paolo V. Ma non toccò l'anno di vescovato: giace sepolto in Siena, nella chiesa collegiata di santa Maria di Provenzano. Un altro senese lo susseguì, a'5 di ottobre 1637: e fu GIOVANNI II Spennati, canonico di quella metropolitana. Si distinse questi per le sue virtù e per la saggia amministrazione del suo pastorale governo. Mori agli 44 di agosto 1658, e fu trasferito a Siena per essere sepolto nella metropolitana, ov' erasi fatto preparare il sepolcro, mentre n'era ancora canonico. Ne stabili sua erede la metropolitana stessa, la quale perciò possede molti effetti preziosi, ch' erano di lui. Anche verso la sua cattedrale di Pienza mostrossi generoso, lasciandole ricche suppellettili; ed al vescovato pientino lasciò due mila scudi in bestiami,!acciocchè potessero proficuamente venirne lavorati i terreni.

Dopo la morte di lui restò vacante la sede intorno a sei anni. Finalmente, a' 31 di marzo 1664, fu eletto a possederla il senese GIOCONDO

Turamini, dottore in ambe le leggi e canonico di Provenzano, il quale benchè nella fresca età di soli 35 anni, fu colto da morte rapidissima a'17 gennaro 1665 e fu sepolto in cattedrale. In capo a dieci mesi, circa, di vedovanza fu proveduta di sacro pastore la chiesa pientina con la promozione del senese GIOVANNI III Checconi, addi 14 novembre; il quale aveva lodevolmente esercitato molte onorevoli cariche di pubblica amministrazione nel governo pontificio. Mori a' 19 marzo 1668 e fu sepolto nella sua cattedrale. GEROLAMO III Borghesi, patrizio senese, monaco benedettino, valentissimo negli studi di giurisprudenza, di sacra Scrittura, di musica, di matematica e di lingue ebraica e greca, gli fu successore, a'17 settembre 1668. Premurosissimo di ben regolare gli affari della sua diocesi, ne intraprese la visita pastorale; vi tenne più volte il sinodo; ne riformò i riti; consecrò insomma ogni sua cura per farvi fiorire il buon ordine e l' ecclesiastica disciplina. Pieno di meriti e carico di anni mori a' 15 gennaro 1698 e fu sepolto in cattedrale. Un altro nobile senese, dopo di lui, sottentrò nel governo della chiesa pientina, già canonico di quella metropolitana: ANTONIO Forteguerra, eletto a' 15 settembre dell'anno stesso; morto nel gennaro 1714. In capo a quattro mesi, poco più, gli venne dietro il vescovo ASCANIO Silvestri, trasferitovi dalla sede di Massa marittima, addì 13 giugno, il quale non vi sopravvisse, che otto anni all' incirca. Ne fu successore a' 12 aprile 1725, il cingolano CINUGO Settimio, che mori nel giugno dell' anno 1741. Poi venne a possederne la sede FRANCESCO III della nobilissima famiglia senese de' Piccolomini, eletto a' 3 di luglio dell' anno stesso, morto in capo a quattro anni. Successore suo, nel 1745, sottentrò il senese Pro Magnani, il quale, a' 4 di settembre del 1747, fu trasferito alla sede di Montepulciano. Qui, l'anno dopo, a' 15 di luglio, gli fu sostituito il fiorentino GIUSTINO Bagnesi.

Mentr' egli era vescovo di questa chiesa, il pontefice Clemente XIV, con bolla del 17 giugno 1772, unl perpetuamente aeque principaliter la chiesa di Pienza con quella di Chiusi, che trovavasi allora vedova di pastore; cosicchè il vescovo Giustino Bagnesi ne diventò di entrambe. Qui riassumo pertanto la narrazione della chiesa clusina unitamente a questa di Pienza.

CHIUSI E PIENZA

Stabilita

tabilita adunque la concattedralità delle due chiese, il vescovo GIUSTINO Bagnesi, che possedeva la sola sede di Pienza, assunse il titolo dell'una e dell' altra. Egli sopravvisse a questa unione tre anni poco più: mori nell'ottobre del 1775. In quel medesimo anno, a' 13 di novembre, fu eletto ad essergli successore, vescovo di Chiusi e Pienza, il senese GiuSEPPE Pannilini, che visse lungamente, e che nell'anno 1792 piantò stabilmente il seminario dei cherici per ambe le diocesi (1) unite; il quale poi. nel 1825, fu ingrandito dal vescovo GIACINTO Pippi, nobile senese, ch' eragli venuto dietro nel 1820, e che mori a' 30 dicembre 1839. Rimasero allora vacanti le due chiese per ben tre anni e ventisette giorni. Alla fine ne fu dichiarato vescovo, addi 27 gennaro 1843, GIAMBATTISTA Ciofi, nato nella diocesi di Arezzo a' 20 dicembre dell' anno 1787; il quale sino al giorno d'oggi ne possede la dignità.

Mi resta ora a dire delle abazie, che comprendevansi anticamente nel territorio delle due diocesi unite.

4. Nominerò prima di ogni altra l'abazia di sant' Antimo, la quale stava nell' antico giro della diocesi di Chiusi, ed era indipendente, ossia Nullius dioecesis; e tale si mantenne, finchè nel 1462 fu eretta la nuova sede vescovile di Montalcino. Perciò mi riservo a dirne quando di quella diocesi parlerò.

2. San Salvatore del Montamiata, presso alle mura della terra, che porta lo stesso nome. Essa fu la più ricca, se non la più antica badia di regolari fondata nella Toscana granducale; giacchè, volendo anco prescindere dall' apocrifo diploma di Rachis re dei longobardi, essa esisteva di già a mezzo il secolo ottavo, e n'era suo primo abate, nel 745, un Erfone.

(1) Ved. nella pag. 6o9.

Vol. XVII.

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Nè di questa badia aggiungerò qui ulteriori notizie, dopo quelle, che compendiosamente recai nelle pagine addietro (4).

3. Abazia del Monte Oliveto Maggiore, nella valle dell'Ombrone senese, in diocesi di Pienza. Sul poggio deserto e selvoso di Acona, tra orride balze, incominciò a sorgere questa cospicua abazia, circa l'anno 1320, allorchè appunto ebbe origine la congregazione dei monaci olivetani. Diventò celebre si per la vita penitente, che costi condusse il beato Bernardo Tolomei, proprietario del luogo e primo suo fondatore, e si per la magnificenza e bellezza, a cui furono progressivamente condotte le molte sue fabbriche dallo zelo di quei rinomatissimi cenobiti. Per le loro premure e per l'amore alle arti liberali, alle scienze e all'agricoltura, fecero essi cangiar d'aspetto a quell'orrido poggio. Ai roveti e alle sterili ginestre furono sostituite coltivazioni dispendiose, nel mentre che il monastero e la sua magnifica chiesa venivano di mano in mano arricchite delle opere dei migliori pennelli senesi e di altri eccellenti pittori. Ne rimase maravigliato il pontefice Pio II, allorchè nel 1459 vi si trattenne, con tutto il numeroso suo seguito, per tre giorni; e ne fece ne' suoi Commentarii elegante e diligentissima descrizione. « Se domandi, egli dice, qual ⚫ è la forma del colle, in cui risiede, osserva la foglia di un castagno. » Rovinose scoscese rupi e profondissimi baratri, la cui vista incule >> ribrezzo ed orrore, ne impediscono da ogni parte l' accesso, meno una » angusta lingua di terra, sull'ingresso della quale sta a difesa una solida » torre (2), munita di un antifosso ripieno di acqua e cavalcato da un » ponte levatojo. Declive è il ripiano del colle, nel cui centro s'innalza » un nobile tempio, e contiguo ad esso il portico, i corridori, i refettorii » ed ogni genere di officine necessarie alla vita ed agli usi religiosi. Nulla » vi ha, che non possa dirsi egregio; niente, che non sia nitido e che non » si osservi con ansietà. Piccola fondazione in principio, accresciuta dalla » devozione degli uomini, ebbe i più felici successi. Concorse eziandio ad » aumentarne i primordii la famiglia Piccolomini con cedere i vicini pos» sessi di Avena e di Clatina. » L'odierno tempio, che può contarsi tra i più belli per eleganza, proporzione di parti e pregio di ornati, fu rizzato in sul principio del secolo XV, e fu accresciuto nel 1777 dalla parte della tribuna. Nel mezzo del tempio è il vago coro, il quale ha nel suo

(1) Pag. 574 e seg.

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(2) Che fu cangiata di poi nella fabbrica detta il Palazzo.

circolo quarantotto stalli mirabilmente lavorati di tarsia, circa il 1503 dal converso olivetano fr. Giorgio da Verona. Vi si conservano venti libri corali, la maggior parte miniati dallo stesso autore di quelli del duomo di Siena, Liberale Veronese. La biblioteca del monastero era ricca di censessantacinque codici assai pregiati, i quali andarono dispersi nella soppressione delle corporazioni religiose, ai tempi della francese usurpazione. Nella selva, che circonda il monastero, sono sparse diverse cappelle di esse la più ragguardevole è quella, che fu costruita in sul declinare del secolo XVIII, ov'è la grotta del beato Bernardo, ricca di ornati e pitture e statue di stucco e di marmo.

4. Abazia di Camprena, sotto il titolo di sant' Anna: è nel territorio della diocesi di Pienza. Essa è la quarta badia fondata, circa il 1324, dal beato Bernardo Tolomei per la sua congregazione olivetana: fu dotata riccamente di beni dalle nobili famiglie senesi Martinozzi e Ragnoni. Sta in una piaggia, intorno a cui sono alcune abitazioni sparse qua e là. Ivi sino dai tempi longobardici esistevano vigneti ed un vico denominato Camprena, quasi dicesse Campus arenae. Varie pergamene dell' abazia del Montamiata, fanno menzione di questo casale e de' suoi campi coltivati a vigne: una di queste pergamene è del marzo dell'anno 775. Questo piccolo monastero, soppresso nel declinare del secolo XVIII, serve presentemente ad uso di casa parrocchiale al rettore spirituale di un centinajo appena di abitanti.

5. Abazia di san Pietro in Campo; era un tempo nel territorio della diocesi di Chiusi, ed ora à compresa in quello di Pienza. Le sue memorie risalgono al 1034, quando era di padronato dei conti di Sarteano, i quali, ora donavano, ora ritoglievano i poderi donati a quei cenobiti. Passò questo cenobio dalle mani dei monaci benedettini alla giurisdizione dei camaldolesi di san Benedetto del Vivo, accomunandone il nome, per concessione del papa Eugenio III, con bolla datata in Marturi (ossia Poggibonsi) sotto il dì 13 gennaro 1147, sottoscritta da sette cardinali e tre vescovi. In vigore di essa, ad istanza di Rustico priore del monastero del Vivo, furono uniti e confermati al medesimo quelli altresì di san Pietro in Campo, di san Pietro di Argiano ed altri, con tutte le possessioni e le decime accordate ad essi dal vescovo di Chiusi; a condizione però, che le terre siano con le proprie braccia coltivate dai monaci stessi : » ut de laboribus propriis manibus sumptibusque colligitis, alicui dare

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