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Carte in vista della saggia opinione del Brunacci, ma abbiamo di mostrato combinare esse assai plausibilmente cogli anni d'Enrico.

II. Converrà dire adunque, che o al finire del 1047., o al cominciare del 1048. Arnaldo abbia terminata la sua reggenza di questa Sede Vescovile, poichè il giorno 10. di Novembre del 1048. Bernardo, già Arcidiacono, era Vescovo di Padova. E qui non è da trascurarsi di notare come Antonio Monterosso nella Cronica ms.,che ho consultata nel Tomo primo delle Miscellanee nella doviziosissima Libreria del fu mio dolcissimo e coltissimo amico Andrea Co: Maldura, parlando di questo Vescovo Arnaldo, ci dice, che egli fu di Baviera, e che venne Vescovo verso il fine del 1045., che intervenne al Sinodo di Pavia, che da Trento Arrigo gli confermò i suoi Privilegj, che in fine essendo amicissimo di Popone Vescovo di Bressanone, allora quando questi fu eletto Papa col nome di Damaso II., traslatà Arnaldo da Padova al Vescovato di Bressanone. Questo Papa fu eletto nel mese di Luglio del 1048., e nello stesso anno morì. Come adunque io ritrovo esatto il Monterosso nelle altre circostanze, che alla vita di Arnaldo Vescovo riguardano, così. io mi fo a credere facilmente, che sia vera anche la enunziata traslazione 2 quel Vescovato E questo sarebbe accaduto dopo il Luglio del 1048., a modo che pochi mesi rimasta sarebbe vacante questa illustre Sede Vescovile. Così si combinano anche le Carte seguenti, che vogliono Bernardo Vescovo ai 10. Novembre del 1048. La difficoltà però che vi si ritrova nella traslazione di Arnaldo si è, che gli Scrittori della Chiesa di Brixen vogliono che a Popone succedesse. Altavino. Tra gli altri Brunero appresso il Leibnizio (2): Brixinensi Sede insuper Episcopali, nobilis quam Altavinus tum tenuit Poponis successor, Ma comunque siasi, o Arnaldo sia stato traslatato a Bressano

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ne, o sia morto, certo è che in Novembre vi ritroviamo Bernardo. Questo Antonio Monterosso, ricordato da noi più sopra con lode, era nostro Notajo, e morì li 26. Gennajo del 1672. d'anni 55. Egli lasciò questa Cronica ms., Cronica ms., nella quale per dir vero trasparisce molto buon senso e molta critica; e sebbene abbia lordati i suoi scritti di molte favole, pure ha anche consultato i buoni Autori, e li Origi nali. E' sua l'osservazione sopra l'Apologia di S. Atanagio, e del Concilio di Sardica rapporto al Vescovo Crispino, sua l'osservazione del Sinodo di Ravenna, e dell' affare del Vescovo di Salisburgo relativamente a Gauslino Vescovo, sua in fine l'osservazione di quanto si è detto per Aistolfo Vescovo, e per la donazione di Popone Patriarca d'Aquileja.

III. Nelle mani dunque di Bernardo Vescovo (3), e di Aldina Arciprete vengono fatte due donazioni, le quali hanno in se qualche rimarcabile singolarità. Nella prima Gunderata, Epo, e Gisla donarono alcune case ai Canonici in vicinanza della Chiesa di S. Martino, parrocchiale nominata per la prima volta, e che fu per tanti anni il luogo della radunanza del Civico Consiglio. Queste persone vivono, e si regolano a norma della Legge romana. Nella seconda Carta Epo e Gisla fanno una donazione, e la moglie dice di professare la Legge romana, ma che per cagion del marito ora vive con la Legge germanica. Nella prima il marito professa la legge della moglie, e dell' altra donatrice, e nella seconda la moglie segue la legge del marito. E quantunque sia vero, che spesse volte la moglie professasse una legge diversa da quella del marito, in questo caso sembra che ognuno si regolasse a norma del proprio capriccio, ciò che importa massima confusione e nelle giudicature, e nella legittimità degli Atti civili. Parve adunque ragionevole al Brunacci, che

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in simili casi il più traesse a se il meno; cioè che se dieci persone facevano una donazione, e due di questi seguissero la Legge germanica, e l'altre otto la romana, le due erano obbligate ad adattarsi a' Statuti dell'altre. E così se il contratto era fra marito e moglie, questa benchè di legge diversa, doveva ciò nonostante seguire la legge del marito. Di tali metodi e discipline legali, forse avrò occasione di parlarne più a lungo in altro luogo. Basta a noi solo di avere stabilito per queste Carte, che del 1048. li 10. di Novembre Bernardo era il nostro Vescovo, vacando così per la di lui assunzione l'Arcidiaconato, nel quale sembra esservi stato eletto Milo ne, sebben di lui non si parli che all' anno 1055.

IV. II Diploma, che ora siamo per esaminare, non è originale; il tempo ce lo ha rapito (4). Il primo è un apografo, che sembra dall'autografo poco lontano; ed il secondo è una copia tratta dall'originale da Virgilio Notajo nostro cognitissimo, e ciò nel 1311. per commissione di Pagano Vescovo di Padova. Questo Diploma ha dato occasione a varj letterarj contrasti, li quali meritano di essere riferiti. Esso fu pubblicato dal Sigonio, dall' Ughelli, dall' Orsato, dal Muratori, dal Brunacci, dal Co: Carli, e dal Verci nella raccolta delle monete e zecche d'Italia del Sig. Zanetti (5). Trovandosi dunque Arigo III. in Germania, e a Goslara (forse Elfelt) il giorno 16. di Aprile, l'anno 1049., anno 20. della sua ordinazione, decimo del Regno, terzo dell'Impero, (e queste sono le epoche del Privilegio), diede questo Diploma ad istanza di Bernardo Vescovo di Padova, e per intercessione di Agnese Imperatrice sua consorte. 11 Muratori (6) cominciò a far vedere li suoi dubbj sul presente Diploma fino negli Annali, dove vi ritrovano scorretti gli anni dell'ordinazione di Arigo, poichè essendo egli stato eletto Re di Germania

del

del 1028., e coronato li 14. d'Aprile, dovcasi ai 16. dello stesso mese nel 1049. dire wigesimo primo, anzichè vigesimo della di lui erdinazione. Ma e quanti non sono i Diplomi di questo Imperatore, che recano le note piene di errori circa l'ordinazione singolarmente, e pure non furono perciò rigettati dallo stesso Muratori, che ora ximarca nel citato Diploma le confusioni e gli errori. Somma è la differenza d'un Diploma segnato in Germania, e d'uno segnato in Italia, ed in fine l'anno vigesimo primo non era cominciato che di due giorni. L'anno poi del suo Regno, che dal nostro Diploma si dice decimo, lo poteva essere, mentre è indeciso fra gli Storici il giorno della di lui elezione in Re d'Italia, e dice Muratori non sapersi se quella seguisse o nell'anno 1039., ovvero nel 1040. Poteva adunque esser seguita wel 1040., giacchè in una donazione fatta da Eriberto. Arcivescovo di Milano alla Badia di Tola in quell'anno, si dice anno Domini beinrici regis primo, e poteva così ai 16. d'Aprile del 1049. essere il decimo anno del Regno d'Arrigo. Piacque bensì al Muratori stabilire la coronazione d'Arrigo nel 1039 appoggiato ad un Diploma, ma non nascose di dubitar ancora che potesse esser seguita nel 1040 Per ultimo, stando anche alle epoche muratoriane circa la vita d'Arrigo, essendo egli stato coronato Imperatore il giorno 25. Novembre del 1046., appunto del 1949. ai 16. d'Aprile correva Fanno III, dell' Impero, nè il IV. doveva o poteva dirsi, che dopo li 25. Novembre dello stesso anno 1049. Non sembra però a me, nè sembrò al Brunacci doversi per questi motivi giudicare apocrifo il Diploma

presente.

V. Le altre difficoltà del Muratori, nascono massimamente dal contenuto di questa Carta Arrigo Imperatore concede a Bernardo Vescovo la facoltà di batter moneta, ma a due condizioni. La prima,

che

che la moneta battuta dovrà essere del peso della veronese, l'altra

che il conio fosse coll' impronto della città da una parte, e l'immagine ed il nome dell' Imperatore dall' altra. Il più volte citato Muratori nella sua Dissertazione XXVII. (7) obbietta molte cose a questo Diploma, le quali però riduconsi a tre difficoltà. Primieramente, che tal facoltà di batter moneta non era propria che dei Principi e padroni delle città, e non sapersi che i Vescovi di Padova sieno mai stati Signori della medesima. In secondo luogo, che dovendo la mo neta avere l'impronto della città, e non del Vescovo, era prova che quella, e non questo era la padrona; che se lo fosse stato il Vescovo, o vi si sarebbe posta la di lui immagine, o la immagine del primo Vescovo. In terzo ed ultimo luogo, non vedersi moneta di que' tempi con simili impronti, ed aggiunge il Co: Carli presso Zanetti, non risultare da Carta alcuna, che vi fossero monete padovane in que' tempi, nè esser credibile, che il Vescovo Padovano avesse ommesso di far uso di simile Privilegio tanto specioso ed onorifico. Conclude l'Annalista Modenese, che tenendo fermo questo Diploma. come legittimo, non si potrebbe dire, se non che il Vescovo fosse Capo della Repubblica, e che per quella ottenesse il gius di batter moneta, dovendone l'utile della zecca ridondare in benefizio del Vescovo, e della Chiesa,

VI. Per rispondere in qualche guisa alle esposte difficoltà, ci faremo dalla prima a considerare col medesimo Brunacci, che la potenza de' Vescovi nostri in que' tempi era somma, e che di ciò ne. fanno prova moltissimi Documenti. Dell' anno 897. divenne il Vesscovo di Padova per Privilegio imperiale Signore della vastissima terra di Sacco, che fino al mare stendevasi, ed in quella esercitavano i Vescovi una sovrana giurisdizione. Frequenti erano li placiti, o per

se

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