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La sua allegrezza fu pari alla costernazione ond'era stato colpito nella notte fra il 18 e il 19. Nel pomeriggio ricevette il segretario della legazione inglese. Quando questi gli ebbe letto il dispaccio di Lord Malmesbury, si contentò di chiedergli se conoscesse i termini nei quali la lettera austriaca era concepita. Il sig. West avendo risposto di no, il conte di Cavour ripigliò che fino a quando non gli fossero noti, non poteva indicargli il tenore della risposta che la Sardegna avrebbe fatta. A ogni modo avrebbe tenuto nella debita considerazione i consigli del governo inglese (1).

Il 22 Lord Malmesbury spedi quest'altro telegramma al signor West:

Voi direte al conte di Cavour che, secondo il nostro avviso, egli dovrebbe nei più concisi termini rispondere all'intimazione austriaca : Che il gabinetto di Torino ha già aderito, il 19, sulla richiesta dell'Inghilterra, della Francia e della Russia, al disarmo generale da effettuarsi prima della riunione del Congresso, e acconsente che i particolari di tale disarmo sieno stabiliti dai commissarii all'uopo deputati, i quali si riuniranno a Londra.

Dal canto suo il governo francese, per togliere all'Austria ogni via di ritirata, fece stampare nel Moniteur del 22 che essa aveva rifiutato di aderire al Congresso:

Paris, le 21 avril 1859. L'Autriche n'a pas adhéré à la proposition faite par l'Angleterre et acceptée par la France, la Russie et la Prusse.

En outre, il paraîtrait que le cabinet de Vienne a résolu d'adresser une communication directe au cabinet de Turin pour obtenir le désarmement de la Sardaigne.

...

(1) Sotto la data del 21 aprile, G. La Farina a' suoi amici e cooperatori a Lerici, Varese, Sarzana: «< .. Secondo notizie giunte oggi, I'Austria rifiuterebbe di disarmare. In questo stato di cose tra quattro, cinque giorni potrebbero cominciare le ostilità. Avuta certa notizia della dichiarazione di guerra, esorterete tutta la gente animosa ed amante della patria comune a cooperare alla santa impresa. "

En présence de ces faits, l'Empereur a ordonné la concentration de plusieurs divisions sur les frontières du Piémont (1).

Questi ripetuti tentativi dell'Imperatore dei Francesi per mettere l'Austria nell'impossibilità di trarsi indietro, senza fallire alla propria dignità, erano del tutto inutili; dacchè pei motivi, che abbiamo già indicati, la guerra era oramai desiderata a Vienna egualmente che a Parigi e a Torino (2). Il conte Buol lo lasciò chiaramente intendere nel nuovo colloquio che ebbe il 22 con Lord Loftus. L'ambasciatore inglese, prima di dare notizia al ministro austriaco dell'ordine ricevuto di protestare energicamente contro la minacciata invasione del territorio sardo, gli chiese istantemente di interrompere l'esecuzione degli ordini inviati al generale Giulay, facendogli osservare che egli poteva farlo con dignità dopo che la Sardegna, dietro le istanze della Francia e dell'Inghilterra, aveva acconsentito al disarmo senza condizioni.

(1) Ordinò inoltre si chiamassero sotto le armi tutti gli uomini in congedo illimitato (renouvelable), e venissero avviati immediatamente per le vie più rapide ai rispettivi depositi.

(2) A Torino, non abbiamo mestieri dirlo, il più ardente a desiderarla era il Re. Quand'egli lesse nell'Opinione dell'8 aprile l'ordine del giorno (Tagesbefehl), del f.z.m. Giulay, che nei giorni precedenti era stato letto nelle caserme ai soldati austriaci, e che cominciava così: Soldati! S. M. l'Imperatore vi chiama sotto le bandiere onde abbassare per la terza volta l'albagia del Piemonte, e snidare il covo dei fanatici e sovvertitori della quiete generale dell'Europa; quando, diciamo, Vittorio Emanuele conobbe il tenore di quell'ordine del giorno, mandò al conte di Cavour questo bigliettino, pubblicato non ha guari dal VAYRA (Autografi dei Principi Sovrani della Casa di Savoia, 1218-1859, Torino, tip. V. Bona, 1883, ediz. di 150 copie):

Mon cher Cavour,

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L'ordre du jour est une vraie déclaration de guerre. Je crois qu'il en sera fini des conférences. Je suis tout sué de rage. Je vous prie d'envoyer une dépêche au Prince (Napoleone), en mon nom en chiffres, ainsi conçue:

Je t'envoye l'ordre du jour donné à l'armée par l'Empereur, fais les réflexions que

tu crois.

Cher Cavour, écrivez-moi quelque chose. Je voudrais déjà tirer le canon ce soir.

Votre très-affectionné
VICTOR-EMMANUEL

Il conte Buol mi rispose (così si legge in un dispaccio, del 22 aprile, di Lord Loftus a Lord Malmesbury) di non avere notizia che la Sardegna avesse aderito al disarmo senza condizioni; ma, ad ogni modo, non avere lui facoltà di revocare la decisione imperiale e gli ordini dati: essere inutile assolutamente sperarlo. “Voi non ci conoscete (disse S. E.) se credete che in simili materie ci si possa indurre a trarci indietro. Troppo a lungo abbiamo portato il peso dell'indecisione e della dubbiezza. È tempo oramai

che cessi. "

Ad onta di questo risoluto linguaggio del conte Buol, io gli feci osservare che il momento per prendere una simile decisione sarebbe apparso intempestivo, se non ingiustificabile, agli occhi dell'Europa, il che avrebbe infallantemente alienato dall'Austria la simpatia e l'appoggio dell'opinione pubblica così in Inghilterra come altrove.

"Può essere (rispose S. E.) e ce ne duole; ma voi dovete por mente che anche noi abbiamo un'opinione pubblica da rispettare; e che abbiamo un Imperatore, giovane e cavalleresco, a cui la dignità e l'onore del suo paese sono sacri. Noi siamo stati sbeffeggiati, provocati e insultati per lungo tempo dalla Sardegna. L'abbiamo sopportato con pazienza, abbiamo dato le più grandi prove di moderazione e del nostro amore per la pace. Tutti gli sforzi essendo falliti per conseguire la condizione, che dichiaravamo indispensabile, per dare la nostra adesione al Congresso, abbiamo risoluto di operare da noi. Egli è la rivoluzione che noi ci prepariamo a combattere; e sebbene voi possiate protestare contro il licenziamento da noi chiesto dei corpi volontari, perchè lo giudicate pericoloso, noi portiamo opinione che il fatto per sè solo della loro formazione costituisce un pericolo. L'argomento da voi addotto che non si possono congedare senza danno comprova, agli occhi nostri, la certezza di tale pericolo e la necessità di rimuoverlo. ".

Lord Loftus ribattè, come meglio gli fu possibile, queste osservazioni del conte di Buol; ma infine, convintosi che ogni parola sarebbe tornata inutile, gli dichiarò che aveva ordine formale di protestare in nome del governo di S. M. Britannica contro il passo che l'Austria intendeva di com

piere contro il Piemonte, soggiungendo che, qualora essa l'avesse effettuato, avrebbe perduto ogni titolo all'appoggio e alla simpatia dell'Inghilterra.

<< La risposta datami dal conte Buol (cosi telegrafo Lord Loftus a Londra) non mi lascia guari sperare che S. M. I. intenda mutare consiglio. >>

Infatti in quella sera medesima comparve nella Gazzetta ufficiale di Vienna (Wiener-Zeitung) l'annunzio dell'ultimatum inviato alla Sardegna (1).

Il Moniteur Universel affrettossi a constatare il fatto nell'edizione mattutina del 23:

Paris, le 22 avril. Le gouvernement autrichien a cru devoir adresser une communication directe au gouvernement sarde pour l'inviter à mettre son armée sur le pied de paix et licencier les volontaires. Cette communication a du être transmise à Turin par un aide de camp du général Giulay, commandant en chef l'armée autrichienne en Lombardie. Cet officier aurait été chargé de déclarer qu'il attendrait la réponse pendant trois jours, et que toute réponse dilatoire serait considérée comme un refus.

L'Angleterre et la Russie n'ont pas hésité à protester contre la conduite tenue par l'Autriche en cette circonstance.

L'arrivo dell'ufficiale austriaco, latore dell'ultimatum, era aspettato in Torino nel pomeriggio di quel giorno (23).

(1) E. D'AZEGLIO, nella nota citata a pag. cxxx, dopo aver accennato che il conte di Cavour, ben suo malgrado, aveva aderito al disarmo (19 aprile), prosegue: Si credea (a Londra) la pace assicurata. Mio zio preparavasi a ripartire, dopo alcuni giorni passati con gli amici. S'era combinata una corsa al Palazzo di Cristallo con numerosa compagnia, e la mattina si ebbe la visita del signor X della casa di Genova; e mi ricordo che mio zio si espresse come se per 20 anni non dovesse sentirsi più a parlare di guerre. Partito l'X, mio zio si pose al piano, ed io a leggere, aspettando l'ora di partire pel Palazzo, quando mi si diede un biglietto del conte di Malmesbury, annunzianteai l'ultimatum dell'Austria. La sorpresa nostra è facile a immaginare. Naturalmente non si parlò più di divertimento. Mio zio parve temere che l'audacia nostra potesse aver cattivi risultati. »

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Il conte di Cavour radunò la Camera in tornata straordinaria per le ore 12 meridiane (1).

In mezzo a vivissimi segni di attenzione egli prese così a parlare:

Signori, le grandi potenze europee, nell'intento di trattare la quistione italiana per mezzo della diplomazia, e di tentare, se fosse possibile, risolverla pacificamente, determinarono nel mese di marzo di convocare a tal fine un Congresso.

L'Austria però subordinava la sua adesione a questo progetto ad una condizione risguardante la sola Sardegna, quella cioè del suo preventivo disarmo. Tale pretesa, respinta senza esitazione dal governo del Re come ingiusta e contraria alla dignità del paese, non trovò appoggio presso nessuno dei gabinetti. L'Austria allora ve ne sostitui un'altra, quella di un disarmo generale.

Questo nuovo principio diede luogo ad una serie di negoziati, i quali, a malgrado della frequenza e della rapidità delle comunicazioni telegrafiche, continuarono parecchie settimane e riuscirono alla proposta dell'Inghilterra, che voi ben conoscete, e che fu accettata dalla Francia, dalla Russia e dalla Prussia. Sebbene il Piemonte scorgesse a quante dubbiezze, a quanti inconvenienti poteva dare luogo l'applicazione del principio, nondimeno, per spirito di conciliazione e come ultima possibile concessione, vi aderì.

L'Austria per lo contrario lo ha recisamente rifiutato. Cotale rifiuto, di cui ci pervenivano notizie da tutte parti d'Europa, ci veniva poi officialmente annunciato dal rappresentante dell'Inghilterra a Torino, il quale, d'ordine del suo governo, ci significava che il gabinetto di Vienna aveva determinato di rivolgere al Piemonte un invito diretto a disarmare, chiedendo definitiva risposta nel termine di tre giorni.

(1) In occasione della commemorazione del 20° anniversario della morte del conte di Cavour, l'on. L. TEGAS narrò nel Risorgimento che, avendo incontrato, nella mattina del 23 aprile 1859, il grande Statista, questi, nello stringergli la mano, gli disse con parola concitata: « Io non ho potuto chiudere palpebra da più notti; ho sempre passeggiato su e giù per la mia camera; se l'Austria non ci dichiarava la guerra, o se Napoleone non manteneva la parola, a me non rimaneva che gettarmi in Po. »

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