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diploma pubblicato, così alla spicciolata, dal Buscemi (1) da me (2) e da qualche altro, nel breve periodo di pochi anni sono surti quasi per incanto tre ragguardevoli tabularii, che formano ornamento non ultimo del nostro culto paese. Ma surti non già perchè gli eruditi allo studio delle cose diplomatiche ardentemente si fossero rivolti; ma perchè lo abbandono in che quei preziosi documenti storici giaceano non parve affatto tollerabile in un secolo appassionato per la storia, il quale fa pompa di materiale progresso, e di universale sapere.

È da attribuirsi in gran parte a somigliante motivo la fortunata coordinazione di questo quarto tabulario, che alla regal chiesa della Magione si appartiene, e del quale discorrerò brevemente; presentandone un elenco succinto, ma tuttavia alquanto ragionato.

Veniva in Palermo nell'ottobre del 1853 il rinomato scrittore delle contese dei papi colla casa di Svevia, il chiarissimo Cherrier; e meco visitava il ricco archivio della Magione.

Maravigliamci entrambi nell'osservare l'immenso numero delle preziose pergamene della Magione ammonticchiate e stivate come inutile fardello fra' più umili ripostigli d'un archivio amministrativo. Questo abbandono era stato effetto di tempi intermedii e di particolari occorse imprevedute vicende, che oramai erano cessate, e che già schiudevano la via a un novello ordine di cose, che ad un progredimento intende rilevante e saggio. Giacchè la superior vigilanza, verificazione, e riordinamento di quell'amministrazione affidati successivamente nei tempi andati al marchese Saverio Simonetti, al marchese Donato Tomasi, e

(1) Nella Biblioteca sacra.

al consultore Giacinto Troisi sono stati sovranamente delegati al cavaliere Romualdo La Piccola, magistrato egregio e solertissimo ed avveduto, che corrisponde coll'eccellentissimo principe di Bisignano maggiordomo maggiore del Re e soprintendente generale della regal casa.

E tantosto il Re ordinava (1), che giusta il metodo del Fumagalli si coordinassero le pergamene tutte, e se ne compilasse per ora il solo elenco cronologico, del quale incarico mi accordava l'onorevole peso.

Lieto di una testimonianza di confidenza tanto più lusinghiera quanto inaspettata, e per nissun rilevante motivo da me sperata o meritata, ad onta dei potenti ostacoli che in opere siffatte sono moltiplici, e ad onta delle gravissime cure che mi divelgono dai cari studi, con fermo animo mi accinsi all'arduo lavoro, e con lo stesso metodo da me tenuto, e trovato opportuno, quando (come di sopra cennai) somigliante incarico da me si espletava pel tabulario della cattedrale di Palermo.

Adempiutolo e consegnatolo sin dai primi giorni di luglio 1856, viene esso ora in luce per sovrano comando, ed accresce il tesoro della siciliana diplomatica.

Così, in questo secolo, se importanti opere diplomatiche non osiam dire che siensi pubblicate, importanti fatti diplomatici confesseremo che abbiano reso servizio alla storia; essendosi conservati, e in maniera più duratura, quattro ricchi archivii della capitale, che è da sperare sien seguiti da' tanti e tanti altri che giaccion tuttora fra la polvere e il fracidume dimenticati o sepolti.

Nè lo studio delle antiche lingue e l'uso che di esse si è fatto ha contribuito poco al differente verso preso nella maniera di coltivare gli studi diplomatici. Dapoichè, come ben avvertiva fra gli altri l'egregio Natale de Wailly (1), fra le conoscenze che si riattaccano alla paleografia nissuna forse ve n'ha, che offra maggior interesse ed utilità maggiore quanto la linguistica.

Or nel passato secolo era la greca favella, come tutti sappiamo, base e fondamento della istruzione solida della gioventù studiosa, che nella carriera delle lettere si inoltrava.

Eran valenti grecisti allora in ogni ramo e sommi; e la paleografia greca trovava cultori molti e molti ammiratori. Al presente lo studio del greco, per nostra mala ventura, è divenuto studio raro e pellegrino; e Dio non voglia che del pari a poco a poco divenga il latino. Sono quindi rarissimi coloro che della greca e della latina paleografia prendon diletto, e si trovino in forze da poter coltivarle.

Che se lo studio dell'arabico ha fatto alcun passo fra noi, ai cultori di esso però è mancato sino ad ora lo stimolo e i mezzi di dedicarsi risolutamente all'arabo-sicula diplomatica, che puossi a dir breve riputare terreno ancor vergine, perchè appena spigolato. Ciò che non può dirsi ormai più dell'arabosicula numismatica, la quale ha avuto in questo secolo, e fra noi, il suo più ampio sviluppo e il maggior suo incremento.

Ma di quanti gravi travagli non fa d'uopo per ben meritare dell'arabo-sicula diplomatica?.. Viaggi per tutta l'isola, sudori, disagi, e in fine spese non lievi abbisognano per pubblicare

(1) Eléments de paléographie

Paris 1838, tom. 1 in fol. pag. 157, 2 part.

forse forse a pura perdita di spese un lavoro che altro poi non frutterebbe al presente, che amari rimproveri, e ingiusti scoraggianti sarcasmi, cui non puossi più nobilmente rispondere, che col tacere; giacchè

Bello è il tacer là dove parlan l'opre...

Voglia il cielo che cessata una volta la ferina e dissennata rabbia di cui è sventuratamente invasa la generazione che corre, pongasi mano davvero agli studi di pace, e s'imprenda pur anco il nostro interessante codice diplomatico, fondamento precipuo della storia nostra; mentre di archivii e di tabularii, e di cattedre di greco, di arabico, e di paleografia, che dovrebbero dar segni di vita non può lamentarsi mancanza.

Era pur nobile divisamento quello ideato ed espresso nel Museo di scienze e letteratura (1), circa al modo di compilare una vasta raccolta diplomatica; ma è desso rimasto sino ad ora del tutto ineseguito per quanto riguarda la Sicilia. Perchè mai desso non si adempie da alcune morte o moribonde accademie che in Sicilia si contano, e alle quali potrebbesi con un nuovo avviamento ispirare all'istante il soffio della vita spingendole ad unità di lavoro? Perchè in somma con alacre animo non si riuniscon le forze opportune per darsi opera ad illustrare i nostri diplomi tutti, i quali, sennatamente scriveva il Ruinart (2), tutto il dritto sacro ed il profano, i civili e i militari ordinamenti di piena luce rischiarano ?

Ad ogni modo gran passo senza dubbio, e indizio di molta civiltà e di senno, è stato quello di cominciare a ben con

(1) Nuova serie, anno 1, Napoli 27 febbraro 1844, pag. 172 a 182.

servare, a ben custodire, e a ben coordinare molti dei nostri storici tesori, sia che nostrani o stranieri paleografi vogliano quando che 'l possano illustrarli, e disciferarli ad accrescimento di studii, e di sapere. E troppo strana pretensione ell'è, che le cose nostre debbano essere da noi esclusivamente illustrate, come immoderatamente si ripete e con maggior sussiego da coloro, che lungi dal metter mano all'opera si dilettano di regalar consigli, di stampar norme, e di sentenziar rimbrotti. Una delle glorie nostre e delle nostre fortune è senza meno il possedere immenso numero di diplomi e di pergamene che a noi appartengono, e che noi riguardano; e possederle ad onta di tante pubbliche ripetute sventure, quali sono state le guerre, le pesti, i tremuoti, gl' incendii, le alluvioni. Sacro nostro dovere è sempre più riunirli, coordinarli, e ben conservarli; ma dovere, pari a questo non è il diciferarli, lo illustrarli, il pubblicarli; perchè a siffatte imprese il volere solo non basta, essendo mestieri del concorso di molti mezzi e di svariate circostanze che non è concesso superarsi da chicchessia, nè fa vergogna che altri l'illustri invece nostra. Come è onor dell'Italia l'aver dato Lorenzo e Leone X, l'aver prodotto Michelangelo e Raffaello, e non è punto vergogna per essa che sia Roscoe, sia Quatremère siensi accinti a narrarne le storie, o a descriverne i monumenti. È onor sommo per un paese possedere grandi cose, produrre grandi uomini, riunir monumenti e documenti insigni sarà onor sommo del pari se potrà illustrar siffatte sue glorie; ma non si dirà vergogna se altri vi spenda su il suo studio e lo narri all' universale, chè patrimonio dell'universale sono le lettere, e non monipolio.

Nè con ciò intendo di scusar la desidia, o di coprir la neg

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