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non furon undici, ma nove; avvegnachè i due primi di quella dinastia eran morti pria dell'817, cioè dieci anni pria della invasione di Sicilia.

Se poi l'autore non intende parlar di quei sommi imperanti, ma di coloro che ne tennero le veci nella nostra isola, allora l'equivoco suo è molto più grave; giacchè costoro fur trentasei non diciannove, tra ventisette che furono luogotenenti generali col titolo di walì, e undici che la ressero quasi principi col carattere di emiri dal 948 sino al 1034, quando il governo e 'l dominio di Sicilia fu scisso in mani di tanti piccoli tiranni (1). Varie altre osservazioni aggiungo su diverse cose che lo Scordia dice del reggimento civile dei nostri Saracini, tirate tutte dallo Scrofani,

La prima è questa, che l'indipendenza della Sicilia dagli emiri di Kairvan non fu per effetto di guerre accese fra i Siciliani e gli Africani, com' egli suppone (2), ma per solenne concessione e legittimo statuto che ne fecero i califfi fatemiti, allorquando stabilitisi nell' Egitto dierono alla Sicilia un emirato suo proprio.

Secondo, che la pretesa miscela dei magistrati greci con quelli musulmani non è sorretta da alcun documento che ce la renda probabile; e la supposizione che i Saracini abbian lasciato ai Siciliani i proprii magistrati, e le proprie leggi, va congiunta con l'altra che vi avesser tollerato il cristianesimo, ciò che non par dimostrato.

Non è poi vero che l'alcaide, ed il gaito sieno due diversi ufficii, come dice per equivoco l'autore. Uno e medesimo era siffatto ufficio che gli Arabi dimandavano alkaid, e che fu poi scontraffatto in gaito.

Fa meraviglia come abbia potuto credere l'autore, che i Saracini di Sicilia s'avesser potuto foggiare una nuova legislazione civile solamente propria di loro, perchè se eglino si fossero allontanati da quella ragion civile che sta nel Corano, e nei dottori della religione musulmana, non sarebbero stati più maomettani. Nè lo Scrofani, e con lui tant'altri e fra essi lo Scordia, avrebber formato la strana suppo

(1) v. La tavola cronologica annessa alla nota 193 del vol. 1. delle Notizie storiche cc. del Martorana.

sizione di un diritto civile tutto proprio e municipale di Sicilia, nel tempo in cui si popolava di Musulmani, se egli avesse conosciuto menomamente le leggi dell' Islamismo, e quanto prescrivono intorno al dritto le leggi dell'arabo profeta, dalle quali allontanandosi sarebbero cessati d'esser Musulmani.

La gesia non era affatto un'imposta fondiaria, come l'autore annunzia sull'autorità dello Scrofani (1). Essa era una tassa testatica, che regolavasi per due diversi modi. Eravene una ch'esigeasi dal governo musulmano direttamente dagli individui soggetti a quel tributo;

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era

vene un'altra che imponeasi sull'intera massa d'una popolazione, e ne era responsabile il comune. La tassa fondiaria, in quei luoghi nei quali i Musulmani adopravanla non avea altro nome che quello di kareg (2); e quest'era il comune vettigale che usavano i Saracini sicoli, com'è stato dai dotti conosciuto.

Nè è affatto vero, che i Musulmani di Sicilia abbiano abolito la servitù della gleba, ciò che lo Scordia seguendo lo Scrofani asserisce (3); chè anzi la tennero in grandissimo uso con quelle diverse specie di servitù agrarie che nominavan gorab, keris, mals, fellah, karari, ed altre simili voci (4).

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Come poi gli enormi balzelli di cui i principi normanni gravarono i Siciliani, provano lo stato di ricchezza in che essi trovavansi per opera dei Saracini? I principi normanni siffatti balzelli aveano imposto prima che in Sicilia li imponessero, nel continente italico, ossia nel ducato di Puglia, ove nè dominazion musulmana trovarono, nè considerevole ricchezza. Sanno per prova sventuratamente le genti, che dai conquistatori non s'usa affatto la regola d'imporre ai vinti quei pesi che sopportar essi possano, ma di strappar loro tutto quello che l'avidità e le circostanze consigliano.

Vogliam poi avvertiti taluni punti di erudizione orientale, nei quali l'autore non essendosi internato cadde in errori, e dei quali è ben giusto di farne rassegna.

(1) Pag. 34.

(2) v. Makrizi, Kadouri, ed altri scrittori arabi riferiti da Sacy nelle tre dissertazioni sulle vicende del dritto di proprietà in Egitto dopo la conquista dei Musulmani.

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I Fatemiti, scrive lo Scordia (1), non protessero le lettere meno degli Aglabiti, anzi ne furono assai migliori cultori.

Ciò può intendersi unicamente in rapporto ai califfi di Bagdad e di Spagna, ch'erano gli Abbassidi e gli Ommiadi; non però mai in confronto degli Aglabiti, che ressero popoli quasi inculti, in quella parte di Africa che si nomina Barberia.

Non è già vero che gli Arabi quando comparve la nuova legge di Maometto fossero tutti idolatri, come leggesi nel discorso in esame (2). È troppo noto all' universale, che moltissimi di quelli eran cristiani, altri giudei, e di vario culto.

Aly figlio di Abu Thaleb, genero e cugino del fondator dall' Islamismo, non fece affatto un Alcorano diverso da quello generalmente riverito (3). Anzi quel principe nel libro Rabi al Ahiar, che gli si attribuisce, proclamò la seguente massima, che mi piace trascrivere colle sue stesse parole: « Guardatevi bene di separarvi per sempre >> dalla comunione degli altri Musulmani; avvegnachè colui il quale » se ne stacca appartiene al demonio, come il montone che lascia il suo gregge resta preda del lupo. Adunque non date luogo tra voi >> a chiunque marcia sotto lo stendardo dello scisma, quand anche egli >> si coprisse del mio turbante; perciocchè egli porta una marca in>> fallibile d'essere uomo traviato » (4).

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Sceich non vuol dire figlio del profeta, come l'autore riportà (5), ma anziano; e questa voce usarono gli Arabi per sommo titolo d'onore, e dieronla ai loro più grandi dottori, e l'attribuirono a talun governante d'alcuna provincia musulmana.

Per Sunniti non debbono intendersi unicamente quei Turchi che riconoscono per legittimi i primi tre califfi successi a Maometto (6), ma tutti i Musulmani ortodossi dal principio dell'islamismo sino ad oggi, i quali hau riconosciuto per obbligatoria la Sunna, ossia la tra

(1) Pag.

(2) Pag. 69. not. 22.

(3) Ciò asserisce lo Scordia pag. 76, not. 30.

(4) v. Herbelot, Bibl. Orient. art. Ali ben Abu Thaleb, pag. 95, col. 2.

(5) Pag. 77, not. 31.

dizione orale di Maometto, la quale fu raccolta in un libro che vien riverito indi al Corano. E quantunque tra gli articoli della ortodossia musulmana vi stesse ancor quello di riconoscere per legittimi i tre primi califfi successi a Maometto, pure ad essi non viene da ciò il nome di Sunniti, che vale seguaci della Sunna.

Che te ne pare di questo scritto del principe di Scordia o mio caro fratello ? Se vuoi sapere cosa ne abbia detto Michele Amari (1), posso dirti ch'egli senza discendere ad esaminarlo, lo ha giudicato lavoro giovanile si e breve per sua natura, ma pur più sodo assai che quello del provetto Scrofani!

(1) Storia dei Musulmani di Sicilia, vol. 1, Introduzione, pag. XV.

LETTERA VI.

AL DUCA DELLA VERDURA FRANCESCO BENZO

SUR

UNA PIANTA CRITTOGAMA DEL GENERE HYDNUM.

Lo studio delle crittogame non è progredito che lentamente nella scienza della natura.

Gl'hydni, come ognuno conosce, sono piante crittogame acotiled oni: - e sulla crittogamia non si è a dir vero lavorato quanto sulla fanerogamia.

Non è quindi inutile l'annunzio del bellissimo fungo del quale mi feste dono, e che non credevate rinvenirsi con faciltà in Sicilia.

Esso è senza stipite o gambo, e senza teche ossia cellulette sotto il cappello; ma presenta un grosso volume filamentoso a simiglianza di barba. La sua forma è propriamente irregolare simile alle grosse spugne; e i suoi caratteri botanici sono lesso, monopetalo tenue, colore bianco-flavescente, tessitura a fibre tenuissime rivestite di peli allungati ed elastici.

Prese da me accurate e diligenti notizie, ebbi a convincermi, che il fungo in discorso trovasi di frequente in inverno nelle Madonie, nei folti boschi di Ficuzza, sulle biforcature e sulle cavità dei fusti delle annose querce che ivi verdeggiano; e che quindi la sua esistenza non restringesi in Germania ed in Francia, come ha annunziato il dotto naturalista tedesco Leopoldo Trattitinnick nella vi dispensa della sua Monografia dei funghi di Lamagna.

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