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FRANCESCO PODESTÀ

I GENOVESI

E LE

PESCHERIE DI CORALLO

NEI

MARI DELL'ISOLA DI SARDEGNA

In altre mie pagine, tessendo la storia delle Pescherie di corallo nei mari dell'Africa settentrionale, accennai all'importanza che siffatta industria aveva colà raggiunta già nel medio evo, ed ai privilegi che per effettuare la stessa i genovesi avevano ottenuto dai re di Tunisi.

Toccai altresì delle prospere e delle avverse sorti di detta industria su quelle coste, e degli odî e delle gelosie che ne cagionarono la decadenza ed obbligarono i nostri all'abbandono di quelle pescherie (1).

Dissi come i genovesi nel tempo stesso che attendevano alla pesca del corallo nelle acque di Marsacares, la effettuassero eziandio nei mari di Sardegna; e come, lasciate le coste africane, moltiplicassero invece intorno alle sarde, ove tuttavia continuano nel faticoso esercizio, sebbene ridotti a numero esiguo.

Accennai del pari alle città e castella che i genovesi avevano nell'isola, mercè il qual possesso trovavansi perciò padroni dei mari più opportuni all'industria di cui teniamo ragionamento.

Vedemmo inoltre che già da tempi remotissimi la pesca del corallo dovette animare i commerci tra la madre patria e quelle terre e le colonie della vicina Corsica.

La libertà poi di detta pesca, conceduta nel 1338 dal Visconte e Signore di Bosa nei mari del suo dominio (2), addimostra l'importanza già fin d'allora raggiunta dalla stessa, e ci lascia arguire che in conseguenza di tali concessioni essa venisse a prendere sempre maggior sviluppo.

Narrerò ora come perdute dai nostri quelle colonie e caduta l'isola in possesso della corona aragonese, i genovesi affluissero nondimanco in quei mari sempre allo stesso scopo. Che anzi nel secolo XV una società di cittadini genovesi aveva il privilegio della pesca del corallo nel mare della giurisdizione di Alghero, ed assumeva poi anche l'appalto della stessa pesca nelle marine corse.

(1) F. PODESTÀ, La pesca del corallo in Africa nel medio evo e i genovesi a Marsacares. Genova, tipografia Sordo-muti, 1897; e L'isola di Tabarca e le pescherie di corallo nel mare circostante (Atti Soc. lig. di Storia patria, vol. XIII); e Il trattato sui coralli di P. Balzano. Accenni critici, Genova, tipografia Sordo-muti, 1880.

(2) Mon. Hist. Patriae. TOLA, Codex diplomaticus Sardiniae, vol. II, col. 178.

Un atto del 20 marzo 1469 ci informa appunto che Eliano Spinola e Giacomo Maruffo erano succeduti a Francesco Giustiniani nello appalto delle pescherie di Alghero, ponendovi a governatore delle stesse Lodovico Boneto (1).

Sappiamo inoltre che detto consorzio era riconosciuto dal Governo di Genova, e che nelle istruzioni date nel 1473 a Giuliano De Franchi, comandante le triremi per la custodia del mare, la Signoria notava pur quella di prestare aiuto e protezione alle barche di detta società (2).

Il che tornava opportunissimo ai pescatori che lungo quelle marine correvano ogni sorta di pericoli. Imperocchè, oltre i pirati barbareschi, corseggiavano pel mare anche dei nostrani che predavano quante navi si imbattevano in essi. Giusto di quel tempo erano del novero Battino Cerisola, Pietro Prezenda, Nicolino Palazzo, Benedetto da Quarto ed un Colombo, genovesi tutti. L'ultimo dei quali da non confondere col corsaro francese Coullom e tanto meno coll'immortale Cristoforo, giacchè rivedremo il pirata genovese sulle coste della Corsica in agosto 1492, quando cioè il grande Scopritore solcava le inesplorate plaghe dell'Oceano.

In appresso troviamo le triremi di Brizio Giustiniani spogliare del corallo pescato alcune barche di Portofino che facevano ritorno dalle pescherie di Sardegna. Ma poichè il documento, dal quale attingiamo siffatte notizie, non reca data, ci riesce arduo il chiarire se ciò accadesse nel 1495, quando cioè il Giustiniani, sotto il comando di Francesco Spinola, era stato inviato contro i francesi che avevano posto campo nella terra di Rapallo. Siccome però d'altra parte troviamo Battista e Galeazzo Giustiniani, figli del citato Brizio, servire colle loro galere il Re di Spagna, saremmo indotti a credere che il sequestro delle navi portofinesi fosse conseguenza delle ordinanze allora emanate in Sardegna sulla pesca del corallo.

Ci è noto che nel 1491 la città di Barcellona supplicava re Ferdinando affinchè facesse richiamare in pieno vigore la prammatica, in virtù della quale non era lecito che ai soli sudditi e vassalli il corallare nei mari del regno e portare il prodotto di tal pesca in terre straniere (3).

Conosciamo altresì come i magistrati della città predetta ottenessero l'assenso sovrano, ma, non ostante ciò, ripetessero in appresso le loro instanze; giacchè la pesca del corallo nei citati mari e la navigazione dello stesso a porti stranieri continuava tuttavia con danno evidente di Barcellona, ove allora fioriva assaissimo l'industria della pesca, della manifattura e del commercio del corallo (4).

Nel 1493 troviamo Ferdinando il cattolico a ordinare la stretta osservanza dei privilegi conceduti nel 1355 da Pietro IV agli algheresi; confermati dallo stesso nel 1377 e 1383 e riconfermati da Alfonso V nel 1444. Mercè questi ordinamenti, tutti coloro che corallavano nei mari sardi tra Capo Manno e l'isola Asinaria, sia che fossero sudditi o stranieri, dovevano far

(1) Arch. not. Fol. Hier. de Porta.

(2) Arch. di Stato, Marittimarum, 1472-1540; X, 1629, 1473, 20 febbraio. (3) TOLA, Codice citato, vol. II, col. 136.

(4) TOLA, Ivi, Ib.

porto e dogana in Alghero (1). Ciò in conseguenza dei diritti reclamati da Villamary, signore di Bosa, che affermava spettare a lui il privilegio della pesca del corallo nel tratto di mare menzionato, e la facoltà di concedere porto in Bosa e di esigere i diritti sul corallo pescato (2).

Nel 1509 avevano luogo nuove disposizioni intorno alla pesca del corallo nel mare di Alghero, riconfermate poi due anni dopo (3). Vediamo quindi i diritti di pesca stabiliti nel modo seguente:

Per i pescatori di nazione straniera e vassalli del regno tre lire, sei soldi e otto denari per ogni quintale di cento cinquanta libbre;

Per i pescatori vassalli del regno e non abitanti in Alghero trentatre soldi e quattro denari per quintale;

Finalmente per i corallatori abitanti in Alghero sei soldi e otto denari per ogni detto peso.

Oltre a questi diritti era imposto sul corallo che si pescava colà un dazio doganale come su tutte le altre mercanzie che si importavano in Castel genovese (4).

La domanda che nel luglio del 1510 facevano al nostro Governo alcuni pescatori corallari del paese di Diano, perchè fosse loro consentita autorità di rappresaglia in seguito al sequestro delle loro barche, operato dal Vicario di Alghero mentre navigavano verso Bosa (5), non sarebbe stata forse che l'effetto di contestazioni nate per aver essi pescato clandestinamente nelle acque predette od almeno per sospetto di tale infrazione.

Siffatte contestazioni abbiamo conoscenza che duravano ancora nel 1519, siccome ne fan fede i replicati carteggi degli ambasciatori genovesi residenti in Ispagna (6).

Nello stesso anno Isabella di Villamary, principessa di Salerno, otteneva da Carlo V la conferma ed ampliazione dei privilegî già goduti dal di lei padre sulla pesca ed esportazione del corallo dal mare di Bosa, esonerandola da alcuni obblighi verso la comunità di Alghero (7).

Di quel tempo le barche che corallavano nel mare di Bosa pagavano, oltre il diritto di pesca, un ducato e mezzo ciascuna per la fabbrica della torre che a sicurezza dei pescatori si innalzava allora in quel golfo (8).

(1) I contravventori incorrevano nella perdita delle barche, averi e merci, e nella multa di duemila fiorini d'oro d'Aragona.

(2) AMAT DI SAN FILIPPO, Del commercio e della navigazione dell'isola di Sardegna nei secoli XIV e xv; e Archivio di Cagliari B, 6, f. 104, n. 2 e 233 verso, e Monumenta Historiae patriae, Cod. dipl. Sard., vol. I, col. 815 e vol. II, col. 67 e 139; 28 luglio 1384, 30 settembre 1444 e 24 ottobre 1493.

(3) Arch. di Cagliari, Reg. B, 1, f. 105; 1509, 14 novembre e 1511, 7 ottobre

(4) Ivi. Reg. B C, 15, f. 52 e mas anant han de pagar los dits corals y los terrals de tot los corals que pescan, etc.

(5) Arch. di Stato. Diversorum Canc. 1510-12; 1510, 2 luglio.

(6) Arch. citato, Spagna. Lettere ministri, 1518-19; 1518, 22 settembre. Lettera da Saragozza degli ambasciatori Lasagna e di Camilla su di un preteso diritto esercitato in Alghero, dove si vuol riscuotere da quel governatore un ducato turco (2 terzi del ducato d'oro) dai genovesi che vanno colà per corallare.

(7) Mon. Hist. patriae citati. Cod. dipl. Sardiniae, vol. II, c. 177.

(8) Annali del Min. di Agric., Ind. e Comm., vol. I, parte III, p. 118.

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