Imágenes de páginas
PDF
EPUB

que fuerunt iuri abacie dei saluatoris que fuit constructa in loco et fundo. uisiouallis sed a perfida saracenorum gente destructa est pro cuius amore reconciliandi hoc monasterium cepit construere que ciacent (1) in comitatu aquensis quod nos aquisiuimus per comutacionis carțulam ess (2) parte archiepisscopu (3) sancte mediolanensis ecclesie. que sunt posite in locis e fundis bestagnio melacio cugnaxio . placiano. sanbalassco. septeuro. sezago. carpeneto. ouaga. montigio. bibiano. campalo. casine. campaniano. montescello. sine. artonto. Eo uidelicet ordine de prefatis nostris rebus anc facimus ordinacionem et offersionem in tali protestu ut perhennis temporibus firma et stabilis semper maneat sicut hic per singula loca insertum est et nostra decreuit uoluntas. Ita ut faciant ipsi abates et monachi qui presenti tempore in eodem monasterio militant uel in antea deo seruierint ex frugibus predictarum rerum et censuum. quod dominus annue dederit et collectum fuerit at (4) suorum usu et sumptu quiquit (5) uoluerint sine omni mea et eredum meorum contradiccione uel repeticione et absque aliqua minoracione aut inuasacione nam quod deus auertat et fieri non credimus si presul sancte aquensis ecclesie aut alicuius ecclesie pontifex uel aliqua potestas ipsum monasterium quasi ad ordinandum uel regendum cum alico (6) dominatu suscipere quesierint uel si ess predictis rebus aut frugibus aliqua subtracione aut minoracione (7) abati

fronte alle spese occorrenti al restauro del Seminario ed all'ampliamento del Palazzo episcopale, vendette a S. M. Vittorio Amedeo III il principato di Lodisio, unico feudo che ancor rimanesse in signoria alla sua sede; e ciò pel correspettivo d'una pensione perpetua di annue lire cinquecento alla mensa vescovile, con facoltà al vescovo di conservare il titolo di principe di Lodisio e i dritti e le preeminenze di cui godono i vassalli di S. M. aventi grado di principi; obbligandosi inoltre il Re di assegnare in perpetuo annue lire cento alla parrocchia di Rocchetta e altrettante a quella di Merana.

Ridotto a queste proporzioni, il titolo di cui si tratta rappresenta nulla più che un ricordo storico; e questo appunto ho inteso di evocare.

(1) iacent.

(2) ex.

(3) archiepiscopi.

(4) ad.

(5) quidquid.

(6) aliquo.

(7) subtractionem aut minorationem.

Apparisce da questo passo e da altro di cui nella nota seguente come fra i marchesi aleramici e il vescovo d'Acqui non corresse buon sangue.

Già il Malacarne (op. cit.) erasi chiesto come mai l'atto di fondazione del monastero di S. Quintino fosse stato stipulato nel castello di Visone « infra castro Vidisioni », anzichè nella città capoluogo della Contea. E due soluzioni egli proponeva del quesito: la città d'Acqui, alla data dell'atto, o non era compresa nella giurisdizione dei marchesi aleramidi e faceva un corpo distinto dalla Contea; o non era ancora risorta dall'eccidio sofferto per opera dei Saraceni. Lasciamo da parte i Saraceni. È certo che in quell'epoca la città d'Acqui era sotto la giurisdizione del proprio vescovo, al pari di molte altre città d'Italia, per privilegio imperiale; e si capisce perciò come il conte del Comitato avesse la sua residenza extra muros, fuori del raggio della giurisdizione episcopale.

Quanto ai marchesi aleramici, ho più sopra accennato come fossero allora in disgrazia, al punto che il Comitato d'Acqui era stato sottratto alla loro giurisdizione per passare a far parte della Marca arduinica.

La data della erezione del Monastero di S. Quintino coincide col tempo della minorità

80

et monachis aut sucessoribus facere uoluerint tunc ueniat ipsum monasterium cum omnibus ad eum pertinentibus sicut supra contulimus in potestate propinquioris nostri et forcioris parentis qui illo nefando die forcior atque diccior et prosimior uisus fuerit. et tamdiu eundem cum omnibus rebus regat et gubernet cum timore dei quamdiu bona 100 potestas desccendat que hunc nostrum factum et ordinacionem stare inuiolabiliter faciat. Et si aliquis ex nostris parentibus seu aliqua persona ex supradictis rebus uel decimis quas ad ipsum monasterium concessimus abati aut monachi contradictores exsisterint aut si eis exinde aliquam minoracionem fecerint exs parte sancti petri apostoli maledicionem et dannacionem accipiant nec habeant absolucionem illius sed in perpetuo cum Iuda partem abeant nisi emendauerint quod si deo permitente a nemine exinde inquietati fuerint abeant et teneant aba et monachi ipsam abaciam cum cortibus et castris seu masariciis et omnibus rebus cum omni integritate et pertinencia et eas regant 110 et ordinent racionabiliter iusta suorum uoluntatem secundum deum at nostra conseruanda statuta sicut eis suisque subcessoribus at tenendum et gubernandum seu fruendum offersimus et concessimus. ordinamus eciam ut sit ipsum monasterium in consecracione episscopu sancte uadensis ecclesie (1) ad consecracionem faciendam et crisma dandum. quod si

dell'imperatore Ottone III, quando nell'alta Italia andavano vieppiù estendendosi e rassodandosi l'autorità e il dominio temporale dei vescovi. Ciò spiega l'evidente malumore dei marchesi fondatori del Monastero di S. Quintino verso il vescovo d'Acqui, signore in quel torno di tempo del capoluogo d'un Comitato di cui essi aveano dapprima il governo.

Questo malumore trapela dall' atto di fondazione nella condizione quivi espressa che, qualora il vescovo d'Acqui o altro prelato o altra potestà ecclesiastica avesse preteso di esercitare una giurisdizione qualunque su di esso, togliere o diminuire qualsivoglia porzione di frutti e di rendite al medesimo spettanti, dovesse il Monastero con tutti i suoi annessi, connessi e dipendenti, passare immediatamente sotto il dominio del più forte, prossimo e ricco dei successori di essi fondatori e rimanere in sua custodia e potere fino a che il tutto fosse ristabilito nello stato primiero.

Dato questo indirizzo, si capisce come, anche nei rapporti civili, il Monastero di S. Quintino si rivolgesse poi sempre a Savona di preferenza che ad Acqui. Troviamo nelle « Memorie >> del Verzellino, sotto la data del 1139, che Uberto, abate del Monastero di S. Quintino di Spigno, donò la cura del mercato di S. Quintino ai Savonesi, essendo Consoli di Savona Rustico Sottile, Gottifredo figlio di Natale e Ponzio figlio di Bellotto. Si potrebbero moltiplicar gli esempi di simili relazioni amichevoli tanto nel campo degli interessi religiosi quanto in quello delle transazioni civili e commerciali.

(1) Anche questa clausola colla quale i fondatori del Monastero, disponendo in ordine all'eventuale consecrazione dell'abate, fanno divieto d'ingerirsene al vescovo d'Acqui, a cui pur sarebbe spettata come diocesano, e ne deferiscono invece il diritto al vescovo di Vado, ossia di Savona, Comitato di loro giurisdizione, è nuovo argomento del loro malumore contro il vescovo d'Acqui ed insieme un nuovo indizio che in quel tempo essi non esercitavano piena giurisdizione sul Comitato acquese.

Il vescovo della chiesa di Vado a cui qui si accenna, era in quell'epoca Bernardo, quel desso ad istanza del quale l'imperatore Ottone III con suo Privilegio del 998 conferma alla Chiesa di Savona tutti i beni e diritti da questa posseduti (GIULIO DE' CONTI DI SAN QUINTINO, op. cit., doc. II).

Potrà sembrar strano che questo vescovo nel nostro documento sia chiamato episcopus sancte Vadensis Ecclesie, mentre nell' ora citato Privilegio di Ottone III figura in qualità di vescovo sancte Saunensis Ecclesie: dualismo, questo, che si ripete nell'immediato successore di Bernardo, il vescovo Giovanni, cui in noto diploma del 999 (H. P. M. Chart. I, CXCV, col. 334) l'imperatore Ottone III proclama investito de episcopatu saonensi, laddove nel placito tenuto

presul illius ecclesie abati aut monachis de consecracione et crismatis. donacione ex consuetudine aliqua dona quesierit uel si contradicere uoluerit tunc sanctam apostolicam adgrediant sedem et cum auctoritate summi pontificis eligant abba et monachi qualiscumque uoluerint episscopum ad consecracionem faciendam uel crisma recipiendum. Aut

in Vado, nel febbraio del 1004, dai marchesi Guglielmo (lo stesso del nostro documento) e Oberto, è qualificato domnus Iohannes episcopus Episcopio sancte Vadensis Eclesie (SAN QUINTINO, op. cit. doc. I.).

Ma questa diversità di titoli trova la sua ragione nella diversa natura degli atti in cui sono enunciati.

Si sa che, nell'intento di arginare la potenza e l'ambizione dei conti e dei marchesi, gli imperatori pensarono di contrapporre all'autorità comitale e marchionale quella dei vescovi, ai quali perciò furono larghi di privilegi e di prerogative temporali. L'antagonismo degenerò ben presto in conflitto; e intorno ai vescovi, che rappresentano in quel momento storico la protesta e la reazione della forza morale contro la violenza armata dei feudatari, il principio della libertà contro il dispotismo, si strinse il popolo, ossia la moltitudine degli oppressi anelante di scuotere il giogo degli oppressori.

Gli imperatori favorivano questo movimento di reazione, anzitutto coll'investire vescovi e monasteri della proprietà di vasti beni prediali, inoltre col conferire ai medesimi, non solo, ma eziandio ai cosidetti uomini maggiori, ossia ai rispettivi vassalli di essi vescovi e monasteri, tali immunità ed esenzioni da renderli nel fatto indipendenti dai conti e dai marchesi già primi rappresentanti dell'autorità imperiale, e finalmente giudicando contro di questi in favore dei vescovi e dei monaci. E le immunità concesse dagli imperatori alle chiese erano poi di progressivo incremento al potere politico dei vescovi, per le cessioni che i liberi proprietari andavano facendo dei loro beni alle chiese stesse, ricevendoli poscia da queste sotto forma di beneficii e di feudi, nell'intento di viemmeglio assicurarsene l'utile dominio e il pacifico usufrutto contro le pretese, le vessazioni e gli attentati di prepotenti vicini. Imperocchè carattere essenziale del governo marchionale era la rapacità. Ancora un secolo e mezzo dopo il periodo di cui ci occupiamo, parlando dell'aleramico Enrico Guercio, marchese di Savona, il Caffaro, annalista sincrono, scrive: mos est marchionum magis velle rapere quam honeste vivere. Anche nel Comitato vadese, che si estendeva fra il giogo apenninico e il mare, dal torrente Lerone al promontorio del Finaro o Caprazoppa, non tardò ad accentuarsi l'antagonismo fra l'autorità comitale e l'episcopale.

Capoluogo del Comitato e sede comune del conte e del vescovo era, ab antico, Vado: ma il fermento della reazione episcopale avea per centro il vicino castello di Savona, castrum Saone, del cui possesso erano stati investiti i vescovi vadesi probabilmente fin dall'epoca della donazione del patrimonio delle Alpi Cozie alla Chiesa romana per parte dei re longobardi Ariperto (706) e Liutprando (715) e in dipendenza di tale donazione.

In questo castello ricinto di fossato e difeso da mura, sorgeva già nel secolo ix la Basisilica di S. Maria, fiancheggiata dal palazzo vescovile con torre e corte e circondata dalle numerose abitazioni degli « uomini maggiori », livellari del vescovo e possedenti inoltre terre libere e proprie, e dei « minori » dipendenti da quelli.

Venne un giorno in cui, degenerato in conflitto il dualismo fra vescovo e conte, il vescovo trasferì la sua sede nel «castrum Saone», dove assunse il nuovo titolo di vescovo di Savona, sottraendosi così alla giurisdizione del conte marchese, nonostante le proteste e l'opposizione di questo. La data di quest'avvenimento, che segna per Savona il principio della sua storia politica, non è accertata, ma pare si possa plausibilmente riferirlo ai primi anni che seguirono la promulgazione dell'Editto dell'882 con cui l'imperatore Carlo il Grosso concedette esenzione dalle pubbliche servitù e gravezze a tutti i vescovi d'Italia nelle terre di loro proprietà ed agli uomini in esse residenti. L'esistenza di un anonimo vescovo di Savona nell'887 risulta da un documento incontestabile; quale è l'istrumento del placito tenuto nel novembre di detto anno da Odolrico conte d'Asti per definire la vertenza fra Lancio vescovo di Torino e Giuseppe vescovo d'Asti rispetto ad alcuni beni posti «in fine Saonense»; nel qual atto è citato come presente un vescovo di Savona «vir venerabilis episcopus Saonensis» di cui disgraziatamente è abraso il nome sulla pergamena (H. P. M. Chart. I, col. 74).

Ho detto che allorquando il vescovo di Vado trasferì la sua residenza nel castello di Savona e assunse il titolo di vescovo savonese, allo scopo di porsi sotto l'usbergo delle immunità imperiali e svincolarsi così dall'autorità marchionale, ciò non fu senza opposizione da parte dei marchesi conti di Vado.

Si capisce come i marchesi aleramici rifiutassero di riconoscere questo nuovo ordine di cose che s'imponeva a tutto loro pregiudizio, e non lasciassero sfuggir l'occasione di rivendicare a Vado la dignità di capoluogo del Comitato e della Diocesi, e di riaffermare l'avita autorità sui vescovi e sugli uomini savonesi.

Ed è questo il perchè nei documenti emanati dalla cancelleria dei marchesi aleramici, i vescovi savonesi riconosciuti e proclamati tali nei Privilegi imperiali — continuano per lungo tempo ad essere qualificati come vadesi (VITTORIO POGGI, op. cit., p. 118 segg.).

120 si illis placuerit persistant in consecracione eiusdem summi pontificis eo tamen tenore quod supra dictum est. ut nulla dona uel munere eis ab is.so (1) requirantur. Et tali ordine per cultellum festucum notatum (2) uantonem et uuasonem terre atque ramum arboris ad partem ipsius monasterii et abati legitimam facimus tradicionem et corporalem uestituram ita nos exinde uuarpiuimus et absosito (3) fecimus et quietos cum omni suarum integritate abendum et usumfruendum relinquimus. Si quis uero quod futurum esse non credimus si ullus de eredibus hac proeredibus uel parentibus nostris seu quelibet aut posita persona contra hanc nostram tradicionem uel ofersionem ire quandoque 130 tentauerimus aut eam per couis genium (4) infrangere quesierimus tunc inferamus ipsi abati et monachis suisque subcessoribus uel pars ipsius monasterii multa quod est pena auri optimi libras ducenti argenti pondera quingenti. Et quod repetierimus et uindicare non ualemus presens anc nostram ofersionem et tradicionem omnino perpetualiter inuiolabiliterque permanead inconuulsa cum stipulacione subnixa et bergamena cum atrementario de terra eleuauimus (5) nostram eciam paginam. geruino notarius et iudex sacri palacii tradidimus et scribere rogauimus in qua eciam subter confirmans testibus obtulimus roborandam. hactum infra castro uidisione feliciter.

140

† anselmus marchio in ac carta offersionis a nobis facta subscripsi et eidem conius mea consensi ut supra (6) Signum # manusuprascripte gisle que hanc cartam offersionis fieri rogauit et ei relecta est. Signum manu # # suprascriptorum uuilielmi et riprandi germanis qui hanc offersionis cartam fieri rogauerunt et eis relecta est. Signum # manusuprascripti gaidaldi comes qui eadem gisla interogauit ut supra. Signum #rotberti filius quondam adelberti et guntoni filius quondam uualmanni ambo lege uiuentes salica testis. Signum # # # # manu rotoni de monticlo filius quondam ildeprandi et ingelrami filius quondam gausoni seu gottefredi de laumello filius quondam astulfi. atque ami150 toni filius quondam aldoni de sscritelingo testes. # uuilielmus iudex sacri palacii rogatus subscripsi Peto notarius sacri palacii rogatus subscripsi.

(Signum tabellionis). Ego qui supra geruinus notarius et iudex sacri palacii scriptor huius carte ofersionis post tradita compleui et dedi #.

(1) ab ipso.

(2) festucam nodatam etc., formole del rito salico.

(3) absolutos? obsesitos?

(4) quovis ingenium.

(5) Formole del rito salico.

(6) Tutta la sottoscrizione di Anselmo è in litterae grossae e di mano diversa da quella del testo.

[blocks in formation]

sancti Mauri in loco et fundo Pul

cherade, 42 sq., 46, 48.

Sancti Quintini, 108.

Abates, 30, 85.

Abba, 118.

Abere habere, 106, 107, 126.

=

[blocks in formation]

Bergamena(m) cum atrementario de terra elevare, 136.

Bestagnio, hodie Bistagno, 79.

Bibiano, locus inter Campalem et Cremolinum, 80.

Burmia flumen, hodie Bormida, 36.

Campalo, hodie Campale prope Molare, 81.

absolutos? obsesitos? 125. Campaniano, locus Giusvallam et Spi

Ac = hac, 140.

ADALBERTUS, marchio, 10.

ADELBERTUS, 146.

Albareto, locus in territorio Pulcheradae, 46.

Al[buzola], hodie Albisola, 63.

Aldiane abbatiae sancti Mauri, 47.
Aldiones eiusdem abbatiae, 47.
ALDONUS de Sscritelingo, 150.
ALEDRAMUS, marchio, 9.

[merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small]
[blocks in formation]
[blocks in formation]
« AnteriorContinuar »