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l'opera a cui attendo. Finalmente nella terza parte esporrò la fondazione e la breve storia della certosa di Torino-Collegno, nella quale si fusero le case religiose di Banda e di Mombracco.

Le informazioni raccolte nell'Archivio certosino, del quale è parlato nell'introduzione al citato primo volume di queste ricerche, mi danno, anche nelle pagine che imprendo a scrivere, occasione di discorrere d'alcune illustri famiglie benefattrici delle case certosine sovra accennate: se in ciò fare mi diffonderò più di quello che richiederebbe il soggetto principale del libro, spero di non esserne censurato, considerando che le vicende di quelle famiglie, collegate in certo qual modo alla storia patria, rivestono un interesse non del tutto trascurabile.

A corredo delle notizie intorno alle famiglie medesime compilai alcune tavole genealogiche accompagnate da note; le une e le altre, per difetto di spazio nel presente, verranno accolte in un prossimo volume della « Miscellanea >> (1). Assieme alle anzidette genealogie mi si permetterà ancora di far comparire due memorie intitolate, l'una « Il palazzo vescovile a Torino dal secolo XV al XVIII »; l'altra La Trappa di Cumiana ». ». Esse hanno relazione col soggetto trattato nei capitoli VII della parte prima, e III della seconda di questo volume, e mi furono suggerite dal pensiero di rendere nota qualche notizia da me raccolta, non immeritevole forse di venir rivelata.

Giovandomi intanto dell'occasione che mi si offre, stimo opportuno di premettere al tema proprio di questo volume alcune informazioni e rettifiche relative alle materie trattate nel volume precedente (2).

(1) Le Tavole genealogiche da pubblicarsi riguardano i Bertrandi, i Canalis, i « De Clusa », i Giaglione, i Piossasco di Scalenghe, i Roero di Val-Susa ed i Romagnano di Carignano e di Vigone.

(2) Nel corso di questo libro s'incontrano soventi citazioni abbreviate che vogliono essere interpretate nel modo seguente:

Miscell., vol. cit.

Miscellanea di Storia Italiana, serie III, vol 1o. Vi sono inseriti i

primi capitoli della Parte prima e della Parte seconda di questo lavoro.

Reg. Certos. - Mombracco Regolari, Certosini, Mombracco; titolo della collezione di documenti esistente alla sezione I dell'Archivio di Stato a Torino, descritta alla pag. 7 e seguenti del predetto volume.

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§ 1o La prevostura di San Desiderio in Sant'Antonino, dipendente dal monastero di S. Giusto a Susa.

riferii

Nel testè citato primo volume di queste « Notizie e Documenti parecchie carte dalle quali, a mio parere, risulta che nel villaggio di S. Antonino di Val-Susa, esistevano anticamente due chiese governate da prevosti: una sotto il titolo di S. Antonino apparteneva alla congregazione di canonici regolari esistente a S. Antonino in Francia, diocesi di Rhodez. Questa chiesa fu data alla congregazione suddetta insieme ai due terzi del territorio l'anno 1043 dai coniugi marchesi Enrico ed Adalena (1). Nella carta di donazione or menzionata vien detto che la chiesa di S. Antonino era situata nel villaggio di Sant'Agata « in burgo Sancte Agate »; tale era effettivamente allora il nome di quel borgo; d'indi in poi esso fu chiamato Sant'Antonino. L'altra chiesa di quel villaggio aveva a titolare San Desiderio, era anche governata da un prevosto, ma dipendeva dal monastero di S. Giusto a Susa. Questa illustre abbazia era stata arricchita di molte possessioni dal marchese Olderico Manfredi e dai suoi congiunti, l'anno 1029: formavano parte della dotazione il terzo della città di Susa e della sua valle, di cui erano nominati molti villaggi e fra gli altri Sant'Agata (2). I Benedettini di San Giusto, prendendo possesso della terza parte di quel luogo, vi trovarono, o più probabilmente, vi eressero, una chiesa col titolo di prevostura sotto l'invocazione di San Desiderio. La prima menzione di questo stabilimento monastico, ch'io sappia, è quella che incontrasi nella carta colla quale il monastero di S. Giusto, l'anno 1193 fa donazione d'alcune sue ragioni alla certosa di Losa e stabilisce seco lei l'unione di fratellanza e di preghiere; vi assisteva, fra gli altri, il monaco di S. Giusto « Matteo, priore di S. Antonino » (3). Un altro monaco

(1) Mon. Hist. Patr., Chart. I, col. 550. La valle Nobilense, ove, a tenore di questa carta, trovasi la canonica di S. Antonino a cui fu data la chiesa omonima nel borgo di S. Agata, era una località della diocesi di Rhodez, quella, per quanto pare, ove esiste ancora oggidi il borgo di S. Antonino. (Miscellanea, vol. cit., pag. 72-77). La dipendenza della chiesa di S. Antonino nel villaggio di Val-Susa da quella congregazione francese risulta dai documenti 64 e 66 annessi al citato volume. (Ivi, pag. 77, 82, 223 e 225).

(2) Mon. Hist. Patr., Chart. I, col. 479; Miscell., vol. cit., pag. 68. (3) Mon. Hist. Patr., ivi, col. 1005; Miscell., ivi, pag, 183.

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del medesimo convento « Pietro Barro priore di S. Desiderio in Sant'Antonino comparisce nell'atto d'albergamento ossia d'enfiteusi della tenuta di Panzone, stipulato dall'Abbate e dai religiosi di S. Giusto colla certosa di Montebenedetto il 20 aprile 1230 (1). Il titolare della chiesa suddetta, che in questi documenti è qualificato « Priore », prende successivamente il nome di Prevosto >>.

Non molto discosto da S. Antonino, ma più a monte della valle, dall'altra parte della Dora, oltrepassato Borgone ed il suo territorio trovasi l'antica terricciuola chiamata « San Didero », abbreviazione di « San Desiderio » (2); il suo territorio, assai ristretto, è limitato a mezzodì dalla Dora, a levante ed a borea dal distretto comunale di Borgone, a ponente da quello di Bruzolo. Questo villaggio di San Desiderio colla sua chiesa non è nominato nella dotazione di S. Giusto sopra menzionata; lo si trova invece compreso fra le dipendenze di S. Maria, antichissima chiesa che governava Susa quale pievania, o chiesa battesimale e penitenziale. Il vescovo di Torino Cuniberto (1046-1080) diede questa chiesa colle sue dipendenze alla Congregazione dei canonici regolari d'Oulx con suo diploma del 30 aprile 1065; questi canonici vi stabilirono un loro capitolo sotto il governo d'un priore (3). Fra le dipendenze di S. Maria il rescritto di Cuniberto nomina colle chiese di Bruzolo e di Frassinere quella di S. Desiderio, « ecclesiam S. Desiderii et Sancte Marie, ecclesiam de Fraxineriis ». Alcuni anni più tardi la Contessa Adelaide vedova d'Oddone di Savoia, ed Agnese sua nuora, vedova di Pietro, diedero alle canoniche di S. Maria di Susa e di S. Lorenzo d'Oulx « cinque chiese, cioè << la chiesa di S. Desiderio, la chiesa di S. Giorgio e quelle dei villaggi Bos<< soleno, Bruzolo e Canusco con due mansi per dote della detta chiesa di « S. Desiderio » (4).

Appoggiato a questi documenti ed a parecchie carte riferite nel precedente mio volume ne dedussi la conseguenza che la chiesa di S. Desiderio nel villaggio omonimo, detto volgarmente San Didero, e la prevostura benedettina di S. Desiderio in Sant'Antonino, erano due chiese distinte da non confondersi l'una coll'altra (5). Dissente da questa opinione l'erudito e coscienzioso scrittore di storia susina l'avvocato Felice Chiapusso deputato al Parlamento. Nel suo diligente e dotto lavoro sulle famiglie di Susa, ove con parole, per me troppo benevoli e lusinghiere, accenna più volte alle presenti Notizie e Documenti », notando il parere da me espresso, si pronunzia per l'identità della chiesa del villaggio di S. Didero e della prevostura di San Desiderio in S. Antonino. Di questo suo asserto egli si riserva d'arrecar le prove in un libro sulle chiese di Val Susa che si propone di pubblicare (6).

(1) Mon. Hist. Patr., ivi, col. 1309; Miscell., ivi, pag. 218.

(2) Una tradizione conservata dagli abitanti di San Didero attribuisce a San Grato, vescovo d'Aosta sul fine dell'vin secolo, la consacrazione della chiesa esistente allora in quel villaggio. (« Casalis », Dizion. Geograf., T. 18, pag. 210).

(3) Cartari d'Oulx, pag. 25-29. Miscell., vol. cit., pag. 16 e 1.

(4) Mon. Hist. Patr., Chart. I, col. 664.

(5) Miscell., pag. 68-71, 85. Docum. 61, 63, 65, 67, 68.

(6) « Saggio genealogico d'alcune famiglie Segusine » vol. 2o, pag. 40.

Mentre aspetto con viva curiosità l'opera suddetta, la quale, e per la valentia e la ponderatezza dell'esimio suo autore e per l'importanza del soggetto, non mancherà di destare un interesse ben giustificato, aggiungo qui alcune informazioni favoritemi dal degnissimo Prevosto e Vicario Foraneo di Sant'Antonino, Carlo Giuseppe Bertola, le quali contribuiscono a chiarire il punto di storia subalpina di cui si tratta.

Dopo aver accennato alla « antichissima chiesa di Sant'Antonino » non che alla carta del marchese Enrico e di sua moglie Adalena nell'anno 1043, il Reverendo Prevosto soggiunge: «Sembra che essa (la suddetta chiesa) ‹ sia stata eretta in parrocchia fin dai suoi primordii poichè da una parte << questo borgo (prima detto di Sant'Agata) è antichissimo, e non v'è memoria << o tradizione che esso fosse mai unito ad alcun altro villaggio; dall'altra << non si sa che qui siano mai esistite altre chiese pubbliche fuorchè questa < dedicata a S. Antonino, denominata « il Prevostato maggiore », e quella di < San Desiderio, detta « il Prevostato minore » (1). E non sembra probabile << che siasi accoppiato il titolo di « Prevostato maggiore » a quella delle due < parrocchie che fosse stata eretta più tardi, e dato quello di « Minore > < alla più antica. Del resto il primo documento che si trovi riguardante <questa parrocchia è una bolla di Paolo IV, di collazione della medesima. << all'ex monaco Andrea Carcagni nel 1439. Essa fu prima dipendente dal« l'abbazia di S. Michele, unitamente a quelle di Vajes, Chiusa e di Sant'Ambrogio. La tradizione del paese, che pur vale qualche cosa, ha sempre < ritenuto fatto vero ed autentico l'esistenza della chiesa prevosturale di San << Desiderio, designandone il sito ove trovavasi, cioè al luogo preciso ove < esiste l'attuale chiesuola o cappella di Sant'Antonio abbate; e quivi ogni << anno celebrasi ancora, il giorno di S. Desiderio, la Santa Messa in onore < del Santo dipinto nell'icona, ed in commemorazione dell'antica parrocchia.. Io penso altresì che questa parrocchia di San Desiderio possedesse una << delle tre parti di Signoria, e che estinguendosi la parrocchia sia essa pas< sata all'abbazia di S. Giusto di Susa, e quindi, per quali circostanze ignoro, << al conte Pullini di S. Antonino ».

Le informazioni che precedono concordano, in massima parte, colle risultanze dei documenti annessi a questo mio lavoro, tanto nel primo volume che nell'attuale. Merita particolare attenzione la notizia che ci vien data in quello scritto, confermatami verbalmente dal suo autore, dell'essere stata la prevostura di S. Antonino soggetta all'abbazia di S. Michele della Chiusa : ne fa testimonianza, tra altri argomenti, la collezione dei sinodi dell'anzidetta abbazia, conservata nell'archivio parrocchiale di S. Antonino. Questa

(1) Le congregazioni monastiche, in virtù dei privilegi dei quali godevano nell' ordine spirituale, esercitavano la cura d'anime sopra le persone addette alle proprietà territoriali che esse possedevano: così il prevosto dei canonici regolari di Sant'Antonino aveva sotto la sua cura spirituale quella parte degli uomini del luogo che stavano al servizio dei fondi urbani o rustici posseduti dalla sua congregazione. Il prevosto di S. Desiderio in S. Antonino esercitava lo stesso ufficio verso coloro che servivano nella terza parte del territorio d'esso luogo che spettava al monastero di S. Giusto. Se vi erano persone di S. Antonino che non appartenessero all'una od all'altra di quelle due chiese, esse per lo spirituale facevano capo, a quanto suppongo, a S. Maria di Susa, rappresentata probabilmente nel paese da un suo incaricato, il quale poteva anche essere l'uno o l'altro dei due prevosti.

dipendenza non poteva colpire la prevostura di S. Desiderio esistente in quel villaggio, la quale, come dimostrerò, continuò ad appartenere, finchè non venne soppressa, al monastero di S. Giusto.

In qual modo ed a quale epoca sia avvenuto il passaggio della prevostura di S. Antonino propriamente detta, dai canonici regolari ai benedettini di S. Michele, è cosa che potrà forse chiarirsi consultando gli archivi della parrocchia e del comune del luogo stesso. Espongo intanto il concetto che mi son fatto a tal riguardo sulla base delle notizie inserite nel primo volume di queste << Notizie » o raccolte, compilando il presente. L'esistenza nel medesimo paese di due prevosture rende difficile in molti casi il definire se, nei documenti ove è nominato un prevosto di S. Antonino, s'intenda quello benedettino, od il canonico regolare. I santi titolari di quelle due chiese erano, per verità, diversi, avendo a patroni la prevostura benedettina San Desiderio, l'altra Sant'Antonino; ma non sempre, ed anzi raramente, le antiche carte rendono conto di tale distinzione, come ad esempio nella citata donazione dal monastero di S. Giusto a quello di Losa, l'anno 1193, nella quale il monaco di S. Giusto Matteo è qualificato « prior sancti Anthonini » perchè la chiesa di S. Desiderio, di cui era priore o prevosto, stava nel villaggio di S. Antonino. Da queste premesse emerge la difficoltà che s'incontra parimente nel ricercare l'epoca in cui cessa la notizia di prevosti canonici regolari in S. Antonino.

Nel mio precedente volume feci menzione di tre prevosti, canonici regolari di S. Antonino, Aimerico, Ponzio di Bardonechia e Giovanni De Parisiis (1); però del solo Ponzio si può affermare con certezza che appartenesse ai canonici regolari e ne reggesse la prevostura a S. Antonino (2). Ai detti tre prevosti succedette, in ordine di tempo, Pietro Bertrandi del quale si ha memoria negli anni 1289-90. Per un privilegio, dovuto senza dubbio all'alto grado di potenza di cui godeva la sua famiglia, egli riunì nella sua persona tre prevosture, le due di S. Antonino e quella di S. Giorio (3). Sembra d'altronde affatto verosimile che il prevosto Pietro Bertrandi, chiamato « frater in uno dei documenti che lo riguardano (4), fosse monaco di S. Giusto. È da notare, tuttavia, che la prevostura canonicale di S. Antonino gli era stata conferita dal superiore della casa madre dei canonici regolari di Francia (5). Dopo del prevosto Pietro Bertrandi trovai notizia di cinque ecclesiastici chiamati semplicemente « Prevosti di S. Antonino », i quali vivevano rispettivamente negli anni 1305, 1345, 1357, 1426 e 1442; nè vi si accenna in guisa alcuna alla loro qualità di monaci benedettini o di canonici regolari (6). Così stando le cose, mi sembra verosimile che la congregazione dei canonici regolari, riconoscendo Pietro Bertrandi a prevosto della loro

(1) Miscellanea Storia Italiana, serie III, vol 1o. Indice gener., pag. 300.

(2) Ivi, pag. 77-93 ed il documento 64.

(3) Ivi, pag. 80-84, doc. 66-68. Nella genealogia dei Bertrandi da pubblicarsi Pietro è segnato col N. (22). V. alla pag. 4 precedente.

(4) Doc. 66 ivi.

(5) Ivi.

(6) V. nell'Indice generale di questo volume l'articolo « Antonino (Sant') Prevosti. »

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