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A dì 26, per una guida, da Primalcuore a Cesena, che va miglia 28; diegli le spese e soldi xI; et io ne venni a Savignano.

A dì 29 di giugno, in sulle 23 ore, mandai uno fante proprio a Firenze a' Signori e Dieci; costò bol. I.

A di 3 di luglio scrissi a'Dieci per uno fante venia da Polo Orsini.

A dì 6 di luglio tornò il fante andò a' dì 29 di giugno; disse ebbe grossi 23 da' camarlinghi; diegli io grosso I.

A dì 10, per compiere la carta de' patti tra' dazieri di Rimino e me, in nome del Comune di Firenze, per lo Porto, ducati 5 n.

10] A tergo: Nobili viro Rainaldo de Albizis, ambaxiatori Comunis Florentie in Arimino, carissimo nostro.

Intus vero:

Noi ricevemmo tua lettera scritta in Arimino a dì 29 di giugno, per la quale ci scrivi la risposta del signor Carlo intorno al transito et al porto per le mercatanzie e' mercatanti nostri; et anche della buona intenzione e buono animo del detto Signore alla quale lettera ti diciamo, commendandoti delle tuoe operazioni, che i Sei della Mercatanzia ti scriveno una lettera, la quale è con questa, intorno al porto et alle mercatanzie; e come essi ti scrivono, così seguita. Alla parte del buono animo del detto Signore, e dello essere egli libero, ti diciamo, che di questo noi siamo molto contenti. E perchè tu di' che ci dirai a bocca alcune cose, non possiamo sapere che ma tanto ti diciamo, che tu dica al detto Signore, che egli dee ben vedere che 'l Conte di Virtù ha fatto e fa espressamente contro alla Chiesa, e cerca d'occupare le signorie e gli stati di ciascuno; e sottomettegli a sè, come vede pregandolo che gli piaccia disporsi a provedere a questi inconvenienti; e noi faremo il simile in ogni cosa possibile. E se hai da lui risposta, per la quale tu vegga averci a riscrivere alcuna cosa, fàllo. Il fante abbiamo pagato, come scrivi. Data in Firenze, a dì 3 di luglio 1402, a ore 23.

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11] A tergo: Nobili viro Rinaldo domini Masii de Albizis, ambaxiatori Comunis Florentie, Ariminum.

Intus vero :

Onorevole amico carissimo. Noi abbiamo veduto una lettera la quale mandasti a'nostri Signori et all'ufficio de'Dieci; e con essa una nota de' priegi addomandano cotesti dazieri. Di tutto siamo contenti, e pensiamo ti sia ingegnato di vantaggiare di ciò che t'è suto possibile: ma e'ci pare che la gabella de' panni, cioè bolognini due l'uno, sia ingorda. E pertanto ti vogliamo ricordare, che con ogni sollicitudine t'ingegni di tirargli a minor pregio che puoi: et in caso che non potessi fare come detto è, aremmo caro che t'ingegnassi di fare a soma di libbre 500, che sono panni cinque per balla, e dieci per soma. Si che se vedi poterlo fare per bolognini xv, fàllo; e se no, fàllo a miglior pregio che puoi. E questo fa', di fare a soma; acciò che non s'abbino a sciogliere le balle: chè se si facesse a panni, cotesti dazieri vorrebbeno ogni volta sciogliere le balle.

Alla parte che ci scrivi della lana, sono due ragioni di lana; lana francesca e lana sanmattea. Intorno alla lana francesca limita, e fa' il meglio che puoi: la lana sanmattea vuole esser uno capitolo di per sè; imperò che non è d'uno medesimo pregio che l'altra; anzi vale molto meno, chè vale circa al quarto o al quinto; chè dove la francesca vale da 25 a 30 il centinaio, la sanmattea vale da 5 a 6 il centinaio; sì che non potrebbe portare questa spesa: sì che ti conviene fare capitolo di per sè; e quello che le tocca secondo il pregio, fa' ch'ell' abbia (1).

Nondimeno, di questo de' panni e di tutte l'altre cose, ti ricordiamo che t'ingegni con ogni sollicitudine e diligenza di limitare i pregi il più che puoi, et adoperare con ogni diligenza intorno a ciò, quello che ti fu imposto; acciò che noi e tutti i mercatanti di questa città ti possiamo meritamente commendare. Sì che, col nome di Dio e di buona ventura, conchiudi i patti, e quanto più presto puoi: e sopra tutto t'ingegna di fare i patti chiari, sì che non s'avesse poi a contendere. E quando hai conchiuso ogni cosa, ti ricordiamo nella tua tornata, che t'ingegni di limitare tutti quelli passaggi che ti pare, che quando ti partisti ti furon dati per iscritto. Et ancora scrivi nella tua lettera, che hai sentito chi assicurerebbe, faccendo il camino per quello d'Urbino. Questo ci piace, e sarebbe molto utile e commodo a' nostri mercatanti. E pertanto t'ingegna d'informartene, et avisarci, e ricogliere ogni cosa, sì che appieno ce ne possi informare. Data Florentie, in loco nostre solite residentie, die 3 iulii 1402, x inditione.

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12] A tergo: Rinaldo di messer Maso degli Albizi, ambasciadore del Comune di Firenze in Rimino, figliuolo suo.

Intus vero:

Ricevetti tua lettera, e bene intesi quanto scrivi. Fui co'Signori e co'Dieci; et assai ti commendano di tua sollicitudine. La loro deliberazione eglino con deliberato consiglio ti scrivono: quella iuxta posse metti in esecuzione; e meglio, se meglio puoi. E come puoi spacciarti, vienne: e vedi modo a venire salvo; chè quando i paesi sono rotti, i buoni diventano tristi.

Qui non ha altre novelle che da Bologna: quelle si debbano sapere meglio là che qui; e però non te ne scrivo, se non tanto, che noi con ogni modo ci rimettiamo in punto di genti d'arme, dappiè e da cavallo; et al pagare ognuno è più fresco. Et abbiamo già di qua più di м lance, e fanti e balestrieri assai; e tutto dì ne giugne; e dacci il cuore di difenderci valentemente (2). Noi stiamo tutti bene, lodato Iddio. In Firenze, a dì 3 di luglio a sera.

Maso degli Albizi k.

(1) Il Pagnini (Della Decima e delle altre gravezze ec.; Parte III, della Mercatura de' Fiorentini ; Sez. IV, cap. 5) pone le lane San Mattee fra quelle che si adoperavano ne' panni più fini: ma nel Libro di Gabelle del 1402 (nell' opera citata, tomo IV contenente la Pratica della Mercatura di Giovanni da Uzzano) la « Lana di S. Matteo, lana di Maiorica sucida », paga lire 1 e 12 soldi al cento, cioè meno di tutte le altre qualità, e un soldo più della lana agnellina degli stessi paesi. (2) Maso non smentiva qui le parole dette in Consiglio.

13] A tergo: Nobili viro Rainaldo domini Masii de Albizis, oratori magnifici Comunis Florentie, in Arimino, fratri carissimo.

Intus vero:

Fratello carissimo. Questo di ricevemmo tua lettera, data costi a dì 30 del passato, per la quale ci scrivi avere sentito della rotta da Bologna, e come la gente del Duca è entrata dentro; e prieghici che noi t'avisiamo che speranza noi abbiamo di qui, e se veruna novella abbiamo, ec. A che ti rispondiamo, che quello che hai sentito di Bologna è il vero; la qual cosa non debba piacere a veruno vicino di quella città: non dico perchè Giovanni Bentivogli abbia perduto suo stato (chè di questo veruno non se ne sarebbe levato da sedere); ma perchè è troppo grande uccello quegli che presa l'ha, et ha un gusto insaziabile: chè se presa l'avesse la Chiesa, di cui ella è, o cotesto Signore, o simili; non mai maggior letizia. A costoro di qui fa' ragione che tanto ne sa male, quanto al mondo più dir se ne può: e non solo nel segreto, ma nel palese; che più ne parlano scopertamente, che non faresti tu. De'fatti loro si può avere buonissima speranza ; però che, come savissimi signori, cognoscano a che partiti sono; e paionci disposti a non voler lasciare trangugiare nè loro nè i loro vicini. Iddio, non dubitare, non abbandonerà chi vuol ben fare. Novelle di qua non ti possiamo scrivere; se non che oggi ci s'aspetta l'Arcivescovo di Milano e messer Piero da Corte; i quali già fa de' dì 15 ci dovevano essere e però qui siamo soprastati, come ha voluto questa illustre Signoria. Non so che frutto ne seguirà: ma perchè quando spacciati fossimo ne vogliamo tornare a Firenze, e pensiamo venire di costà, non sappiendo che tu costì fossi, avavamo deliberato mandare a Matteo (1); il quale ci avisasse come di costinci poi noi ci potessimo conducere sicuramente in sul nostro terreno; et ancora, perchè forse potrebbe essere vorremmo venirne per da Ravenna, provederci di quello potessimo a nostra sicurtà. Ora essendovi tu, lo scriviamo a te, et intendasi anche scritto a lui: e preghianti che di tutto conferito con Matteo e con cui ti pare, tu ce ne risponda subito per l'apportatore di questa, il quale proprio per questo mandiamo. Et ancora, che tu procuri di farci fare una lettera di familiarità a cotesto magnifico Signore, a ciascuno di noi, con x cavalli per uno, per parecchi mesi; et ancora uno salvocondotto, che duri duo mesi. E questo sì lungo tempo chieggiamo perchè non sappiamo quando di qua ci potremo partire; che potrebbe esser tosto e tardi, secondo che spacciassimo quello per che ci siamo; chè sai, che sono cose, che vanno spesse volte per la lunga. E parci esser certi, che da cotesto magnifico Signore non ci bisogna salvocondotto; ma tutto facciamo per gli altrui terreni, in su' quali ci rendiamo certi saremo ben veduti per reverenza di lui, abbiendo lettere di sua familiarità e suo salvocondotto. E che questo ottegnamo, truova modo farne ultimo di potenzia; adoperando, se bisognasse in ciò, cui vedi di cotesti fiorentini che vi sono, et ancora il Podestà; il quale sempre fu, egli e' suoi, più che fiorentini; e noi siamo ora qui in casa il fratello, cioè in San Giorgio. E se in cancillieri o in suggelli bisogna spendere alcuna cosa, largamente fàllo, e noi subito te li renderemo, e molto volentieri. Usa in ciò buona diligenza, e fa' che subito gli abbiamo. E rimandaci il tacchello dietro con essi, sanza indugio. E mentre che stai costì, avvisaci di novelle spesso; e non manchi, che che ci scriva, che spesso lo faccia: e fa' che tu ci scriva chi sono i Priori nuovi, chè ancora non gli abbiamo. Abbiamo detto a costui, che

(1) Matteo di Pietro di Banco ricordato nell' Istruzione.

se tu non vi fossi tu, che la dia a Matteo, che faccia quello medesimo. Avvisaci quando se' per partirti; e mentre che vi starai, scriverenti spesso. Rimanda il fante subito, e con fatti. In Vinegia, a dì 4 di luglio.

Raccomandaci a cotesto magnifico Signore, di cui siamo veri servidori. E rammentoti, io Lorenzo, che 'l suo magnifico padre fu singolare signore del mio; e quando venne per nostro Capitano (1), esso il venne a eleggere; e dipoi sempre con lui si ritenne molto. Ingegnati di mandare questa prestamente a'Dieci.

Tommaso Sacchetti k., e
Lorenzo Ridolfi, ec. (2)

11] A tergo: Nobili viro Rinaldo domini Masii de Albizis, ambaxiatori Comunis Florentie in Arimino, filio suo.

Intus vero :

Figliuolo mio. I Signori e i Dieci scrivono al signor Carlo, e credo a te, pregandolo adoperi con messer Pandolfo per la liberazione di Luigi da Prato (3) e d'Andrea Borgognoni, che sono presi in Bologna. E perchè i loro fatti s' appartengano qui a nostri e parenti et amici, fa'che, come hai le loro lettere, sia con lui, e per la loro liberazione adopera quanto puoi. Noi stiamo tutti bene, lodato Iddio. Data in Firenze, a dì 4 di luglio.

Maso degli Albizi k.

A tergo: Nobili viro Rainaldo de Albizis, ambaxiatori Comunis in Arimino, carissimo nostro.

Intus vero:

Noi abbiamo saputo che Luigi di Ricovero da Prato et Andrea Borgognoni, nostri cittadini, furono presi in Bologna per la novità che vi fu, e così sono: il perchè vogliamo, che tu sia col magnifico signor Carlo; e lui per nostra parte priega strettamente, che gli piaccia scrivere et adoperare, co' suoi magnifici fratelli, quanto possibile gli è per la liberazione de' detti Luigi e Andrea: della qual cosa ci farà singolarissimo piacere. Data in Firenze, a di 5 di luglio 1402.

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(1) Galeotto Malatesta fu eletto capitano di guerra de' Fiorentini nel 1364, e venne a prendere il bastone a 17 di luglio.

(2) Lorenzo d'Antonio Ridolfi dottore e Tommaso d' Iacopo Sacchetti cavaliere furono eletti ambasciatori ad dominum Rupertum Romanorum regem et al alios quosdam, sotto dì 28 di

marzo 1402.

(3) Fu della famiglia de' Milanesi da Prato. Ebbe per moglie la Nanna di messer Baldo di Simone della Tosa, e da lui cominciò in Firenze quella famiglia che si estinse nei figliuoli di un fratello di Giovambatista vescovo di Marsi. (Manni, Osservazioni istoriche circa i Sigilli antichi ec.; tomo VII, sigillo 5.) Luigi ebbe parte nel governo delle Romagne, e nella corte di papa Giovanni XXII tenne uffici onorevoli. Lo troveremo ricordato in qualche altro documento delle successive Commissioni di Rinaldo. Secondo il Cambi (Storia, XX, 138) morì il dì primo di febbraio del 1413 ab Incarnatione.

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Io Rinaldo di messer Maso degli Albizi andai, a dì 24 di giugno 1402, al signor Carlo de' Malatesti a Rimino; e parlato seco per parte de' Signori sopra il porto suo di Rimino, ch'e nostri mercatanti vorrebbono usare colle loro mercatanzie, mi rispuose graziosamente, essere contento; e così e suoi dazieri, che avevano comperato per a tempo il passo. Fermai per publico strumento i pregi delle mercatanzie, limitandole il più si puotè; e fecionne piacere assai più che l'usato. Fatto questo, mi tornai; e fu'qui a dì 13 di luglio 1402.

Relata per dictum Rainaldum die 13 iulii, x ind., Mcccc secundo.

(1) Manca al Registro di Rinaldo; e viene da c. 42 del Liber continens in se omnes Relationes ambariatarum Comunis florentie, actus et scriptus tempore egregii viri ser Colucii Pieri honor. Cancellarii florentini, 1395-1403.

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