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tere del nostro ambasciadore messer Marcello, della loro intenzione abbiavamo inteso intorno alla mandata deliberavano fare, secondo l'aviso e richiesta dello ambasciadore del Duca di Savoia sopradetto, de' loro ambasciadori, vi mandiamo per bene intendere et esaminare e utilmente deliberare. E che sopra ciò abbiendo noi pensato e maturamente esaminato, ci pare l'andata sia disutile e pericolosa, come ci rendiamo certi la loro Signoria prudentissima cognoscere: però che, oltre alla indegnazione che degnamente ne potrebbe il santo Padre verso loro e noi pigliare, abbiendo tenuto più tempo il trattato e ragionamento della pace fra la loro Signoria e noi col Duca di Milano; et al presente essendo il reverendissimo Signore messer lo Cardinale di Santa Croce legato apostolico, per seguitare e dare perfezione a questa pace, andato a Milano, informato di tutti i processi per insino a ora seguiti in detta materia; et introducendosi al presente mezanità degli ambasciadori dello Imperadore, o altri, reprensione e carico di ciascuno grandissimo alla loro Signoria e a noi ne seguirebbe. Et appresso si può chiaro vedere la lungheza che seguirebbe entrando in nuove pratiche per tale mezanità: e puosi certamente cognoscere e vedere, che questa introduzione e motivo sia del Duca di Milano, sì per farci venire in indegnazione del santo Padre, come per inducere la sua Santità a' suoi favori, e contro a loro e a noi, e per modi e vie indirette levarci dalla sua grazia: et oltr' a ciò, per più accendere l'animo del Re de' Romani contro alla loro Signoria e contro a noi, perchè gli pare essere troppo al presente alla sua Serenità accetto. E puossi tenere certissimo, che abbia ordinato e conchiuso, che nella prima pratica o esamine che si venisse, sarebbe la loro Signoria e noi richiesti di levare l'offese dal Duca alla Lega: che sono cose, quando si viene a simili trattati, così prima facie hanno colore iustissimo e ragionevole, per molte ragioni che si possono mostrare. E quanto questo fosse alla loro Signoria e a noi dannoso e di pericolo, e al nimico di favore, la loro Signoria il può considerare. E negando, come si converrebbe fare, parrebbe non onesto nè umano, e massime a loro: che, benchè paiono mediatori, si può comprendere e tenere sarebbono parte, avuto rispetto a quello il detto Re ha al presente conchiuso col Duca. Et in questo principio faccendo tale negazione, oltre a farsegli il nimico benivoli, gli con vocheranno contro a noi: e ove la nostra iustizia è notis sima, daremmo a questi, che lo publicherebbono, materia di infamia contro a noi. Et ancora si potrebbe mettere certo il trattato che dura, et è in fieri, essere rotto. e levato via in tutto: e chi al presente n'è favorevole per la conclusione, sarebbe avverso e qual fosse poi il fine, è incerto. E sarebbe tanto il tempo e la lungheza che seguirebbe entrando in questo nuovo trattato, che si potrebbe della conclusione disperare; e passerebbe uno mese innanzi che si potesse scrivere o avere risposta delle cose che verisimilmente si cognosce in tali trattati occorrono: chè a principio ogni particularità non si può considerare; e ogni ora appariscono delle cose che innanzi non sono pensate, e qualunque minima può esser cagione di grande lungheza o rottura: e questo si debba volere schifare. E la presteza della conclusione è troppo utile; sì che le cose che producessono lungheza, si debbono per ogni modo schifare e levare via. Ma quello che, oltre all'altre cose, la loro Signoria debba bene e maturamente esaminare e cognoscere (perchè a loro importa assai) è, che ove per loro e per noi si dice che Genova debba rilasciare in sua libertà, che il Duca offeresse lasciarla nelle mani della Maestà del Re, o di suo vicario, o nella forma che il Re determinasse; e negandosi per noi, ci faremmo il Re per espresso nimico, et al Duca benivolo e grato: che per avventura non sarebbe meno pericoloso che se fosse nelle mani del Duca. Nè si de' credere in alcun modo, che il detto Re sere

nissimo consentisse mai, che per sua mezanità la città di Brescia e il suo terreno e l'altre terre che domanda la Signoria di Vinegia rimanesse loro, perchè si presummerebbe gliele previlegiasseno e concedessono: ma per certo si può tenere, che il detto Re, o chi sarà (1) per lui, fare contro alla loro volontà quanto gli sarà possibile; e le ragioni sono evidentissime e infinite. E con queste e con dell'altre ragioni, che sono moltissime, e che per vostra prudenzia v'occorreranno, mostrato tale mandata disutile e dannosa, gli ritraete da ogni pensiero e volontà che avessono del mandare; usando quelle parole e modi che vi parranno utili alla 'ntenzione e oppinione nostra, e nulla omettere che a tale effetto sia conforme e fruttuoso.

Se detto, replicato e risposto a quello che in contrario vi dicessono e mostrassono, stesseno in sul proposito del mandare, e facesso no fondamento in sulle lettere che noi scrivavamo alla Maestà del Re, vogliendo mostrare che per le dette nostre lettere si moveano e conformavano (2) al mandare; risponderete, non essere ne'termini propri; però che abbiendo mandato nostri ambasciadori alla presenzia del Re, come è noto alla loro Signoria, e richiesto e pregatolo che alla concordia colla Signoria di Vinegia si degnasse venire; e avuta la risposta benigna che diede, come a loro è manifesto; e dipoi scrittosi da Vinegia per li nostri ambasciadori alla sua Serenità, come fu di loro comandamento, et ancora dipoi fattosi a' detti ambasciadori di qui nel medesimo effetto scrivere; e vedute le risposte per lui fatte, et ultimatamente inteso la sposizione degli ambasciadori della sua Maestà, e l'effetto delle lettere (di che a loro ne mandamo copia); e simile della risposta fatta a bocca a' detti suoi ambasciadori, come furono avisati da messer Marcello; e così dal loro ambasciadore che è qui, che tutto intese; ci parve necessario fare la risposta per lettera, di che alla loro Signoria mandamo copia e per quello da messer Marcello nostro ambasciadore fummo avisati, non dispiaceva loro; ma confortavanla, se non fosseno sopravenute le lettere dello ambasciadore di Savoia sopradetto. Nè fu o è nostra intenzione abandonare o ritardare il trattato della pace che si praticava e pratica, ma in quello continuo perseverare e seguire, e per la conclusione fare ogni cosa possibile. Et il camino è lungo, e tale che si poteva sperare la conclusione, se fare si dee, dovere essere seguita innanzi alla giunta degli ambasciadori loro e nostri alla sua Maestà. E continuo c'era et è la scusa legittima e onesta, che ci salvava, trattandosi la pace per lo santo Padre; et abbiendo mandato il reverendissimo signore Cardinale di Santa Croce, con consentire a lui questa pratica: sì che, come veggono, per dimostrazione e per conservare la Maestà del Re benivola, e per levarla da' favori del nimico in apparenza et esistenza; et ancora, se possibile fusse stato, alcuna concordia fermare fra la Serenità del Re e la loro Signoria; e' non ci pareva che alcuno effetto contrario ne potesse seguire, o dannoso a loro e a noi, tal mandata. E se d'alcuna cosa avesse richiesto; ci si metteva tanto tempo al mandare e al rispondere, che non si poteva dubitare di cosa sinistra. E questa fu la nostra pura intenzione. Ma se essi dicessono che pur dubitano de' fatti dello 'mperadore, e che per avere la concordia con lui diliberano là mandare; e se non si rimovessono da tale mandata per lo vostro dire, o per le ragioni che avessi dimostrate, e che per avere la concordia colla sua Serenità, e dicendo non possere averla, se non venissono per tale mezanità alla pace col Duca di Milano, e però determinassono il mandare; di nuovo le ragioni sopradette replicherete loro, e dell'altre che cognoscerete utili; preghereteli che vogliano meglio e

(1) Il Registro della Signoria, farà.

(2) Miglior lezione del detto Registro: l'altro, confermarano.

più maturamente tutto esaminare e deliberare; perchè noi ci confidiamo che la somma loro prudenzia gli rimoverà dal proposito per gli danni e pericoli che manifesti si veggono, da quello non partendo, e l'utilità e' commodi nel non mandare; e che più tosto alli effetti che alle dimostrazioni di fuori si dee guardare. E se pur diliberasseno volere mandare, mostrando per la loro concordia la mandata sia necessaria; conforterete che sopra 'l trattato della pace col Duca di Milano non s'abbia a trattare, o dieno commessione: e delle scuse ragionevoli e oneste possono allegare moltissime, come per loro infinita prudenzia cognoscono. E richieggendovi in tal caso dell'andare, voi per la loro concordia mostrerete questo essere contrario, e non utile al fatto; e a noi temerario e presuntuoso; però che, come veggono per le lettere dello ambasciadore del Duca di Savoia, la Maestà del Re commette al detto Duca solamente tale trattato, e dà commissione; e di noi nulla menzione fa: e quanto potesse generare sdegno vogliendosi intromettere in questi ragionamenti, e il danno ne potrebbe seguire, la loro Signoria il può chiaramente cognoscere. Sì che preghereteli che rimanghino pazienti al non mandare noi; perchè, oltre agli altri inconvenienti che potrebbono seguire, essendo venuti gli ambasciadori del detto Re, e trovandosi ambasciadori della loro Signoria e nostri, il nimico si ritraerebbe dalle pratiche e conclusioni della pace sotto tali speranze: et oltre a ciò, publicherebbe tra' suoi sudditi, che vi fosseno per lo trattato della pace, e manterrebbegli nella sua obedienzia sotto tale colore: e non vi essendo e nostri, vedrebbe noi non contentarci della pratica o trattato per le mani del detto Re o de' suoi; e non sarà così credibile a'suoi sudditi. E con questa (1) ragione, e con dell'altre utili a tale effetto, v'ingegnate levargli dalle loro chieste: ma potrete offerere che, se pur pensano al fatto loro alcuna nostra interposizione col Duca di Savoia possa essere utile, noi scriveremo e imporremo al nostro ambasciadore che è là, che faccia e seguiti quanto sarà di loro volere; et ogni resistenzia fate che sia possibile, con onesti modi e parole, che là in Monferrato non si mandi, e singularmente per noi, nè trattare di pace per loro nè per noi; chè troppo di tale mandata si dee dubitare: chè, oltre all'altre ragioni, si può mostrare che il Duca di Savoia, a richiesta dello 'mperadore e de' suoi, per piacergli, o per offerte che gli facesse fare il nimico, non consentisse a delle cose che alla loro Signoria e a noi fossono dannose; e noi speriamo che, sanza troppi conforti o preghiere, cognosceranno l'utilità e commodo nel nou mandare, e ritraerannosi da ogni oppinione che avessono. Et ove pure stessono constanti nel proposito del mandare per lo trattato della pace, e per cose che avessi dette e mostrate non si rimovessono da tale proposito, e volessono che voi andassi insieme co' loro ambasciadori; fatto ogni resistenzia possibile, e di nuovo dimostrati i pericoli della mandata; risponderete che, per seguitare i loro voleri, benchè a noi paia dannoso grandemente e di pericolo, nondimeno direte voi essere apparecchiati all'andare: ma che per questa via in alcun modo vedete conclusione utile o buona potere o dovere seguitare; e che tutte le pratiche che sopra ciò si terranno, saranno in preiudicio loro e nostro sì che a questo vogliano avere riguardo, e dare tale commessione a'loro ambasciadori, che questi inconvenienti e pericoli si schifino, e che nulla contro a noi si possa allegare; chè sarebbe con ogni instanzia dimostrare non esserci onesto entrare in pratica di pace col Duca, durante la pratica si tiene per lo santo Padre; come se per lo Re fosse stata principiata e durasse la pratica, sarebbe diso

(1) Nel Registro della Signoria, queste.

nesto e reprensibile che ad altra mezanità consentissimo: e con quelle ragioni e parole fosseno utili, fare rimanere pazienti gli ambasciadori del Re de' Romani a non entrare in tali ragionamenti, mostrando che per schifare la indegnazione del santo Padre questo si faccia e fare dimostrazione, che nella Maestà del Re noi abbiamo somma confidenzia. E parendo pure alla Signoria di Vinegia il trattato della pace per mezanità di questi ambasciadori si debba seguitare, così farete: et alla Signoria di Vinegia direte, che noi abbiamo chiaramente voluto dire il pensiero e motivo nostro, et il pericolo che veggiamo e cognosciamo in tale mandata, et ancora gl' inconvenienti che ne possono seguire: e nostro debito è tutto quanto ne comprendiamo mostrare e dire, e le ragioni e cagioni; ma l'ultima determinazione che facciamo, è le loro deliberazioni volere seguire, e mettere ad effetto, et in qualunque avvenimento, prospero o avverso, insieme con loro trovarci e rimanere eziandio insino alla morte. E da messer Marcello avrete avviso delle nostre domande (1), le quali con tutte le ragioni che cognoscerete esser utili vi sforzerete iustificare in ciascuna parte; aggravando il nimico, e dimostrando la sua iniquità e mancamento nella rottura e violazione della pace fra noi, a sua instanzia e richiesta, conchiusa e fermata; et in quanti modi e luoghi e varii tempi quella ha rotta: di che particularmente sete avvisato; sì che la innocenzia e purità a' detti ambasciadori del Re, e a chi intervenisse a tali ragionamenti, sia manifesta e chiara. Et in questo caso visiterete il reverendo Padre Vescovo di Vesprino, e gli altri che v' intervenissono per la parte del detto Re de' Romani; dimostrando la sincerissima e singulare devozione che abbiamo alla Maestà del Re, e la somma dilezione e affezione che in ciascuna cosa sempre alla nostra città la sua Serenità ha portata, e con effetti in molte cose dimostrato, e de' benefizii e grazie in genere alla Comunità e in specie a singulari nostri cittadini concedute; magnificando et esaltando la Maestà del Re in ciascuna cosa, quanto più sarà possibile. E simile mostrerete l'amore e affezione che abbiamo alla sua reverenda Paternità, e la fede e confidenzia che a lui abbiamo per la sua umanità e per la singulare carità che dimostrò avere alla nostra Republica dell'anno passato, quando ci fu; e simile quando fu a Roma, dello scrivere fece al detto serenissimo Re in nostro favore; e della relazione che ancora fece a bocca, e di quello sentiamo che in benefizio de' nostri mercatanti e cittadini sempre ha operato e fatto: rendendogli di tutto infinite grazie, e pregandolo e confortandolo essere propizio e favorevole alle nostre domande; con tutte quelle parole e modi benigni, piacevoli e umani che a lui pensate dovere esser grati, e per li quali (2) nelle nostre cose più lo rendano propizio e favorevole. E simile a quelli fossono in sua compagnia, come per vostra prudenzia vedrete convenirsi.

Noi speriamo che il trattato della pace, di che si dette principio per mezanità del Conte Carmignuola, e in che s'è poi introdotto il reverendissimo signore Cardinale di Santa Croce, sia in buoni termini, perchè le condizioni delle parti il danno; e ancora le volontà de' mediatori sollecitate con ogn'istanzia che è possibile, che alla conclusione si venga, acciò che si cessino i pericoli che soprastanno; e per mezanità del Cardinale o del Conte Carmignuola, quale più presto avesse effetto: ma \più ci sarebbe grato per le mani del Cardinale; perchè si dee sperare, per l'autorità del santo Padre e sua, avrebbe più ferma osservanzia. E della nostra intenzione parti

(1) Sono qui appresso, sotto num. 993.

(2) Nel Registro della Signoria, e per quelli i quali.

cularmente messer Marcello è avisato (1): sì che di tutto sarete chiari; et ingegnatevi quanto più sarà possibile, che le nostre domande abbino effetto: e se tutte non si potessono, quanto più si può, e massime quelle che più a nostro onore e utile appartengono; dando quello favore, e usando quella diligenzia vedete e cognoscete richiede il caso, e noi desideriamo.

Alla Signoria di Vinegia ricorderete, che per questi trattati della pace ci pare sommamente utile, per riducere più il nimico a volerla, che essi con ogni potenzia intendano alle sue offese, e acquistare delle cose che possiede, e non ritardare alcuna cosa che far si possa in suo esterminio e diminuzione; e che nulla cosa tanto lo inducerà alla pace, quanto sarà sentirsi offendere e vedersi perdere di quello possiede e quanto più ne perderà, tanto più gli s'accenderà la voglia della pace; e quanto più avranno preso, tanto più rimarrà loro.

Infra l'altre ragioni che vogliamo voi alla Signoria di Vinegia alleghiate per levargli del proposito del mandare in Savoia, vogliamo che dimostriate il lungo tempo che nella guerra siamo perseverati, e la infinita e incomportabile spesa che c'è stato necessario fare per schifare la nostra ruina; e che per questo non c'è possibile durare nella spesa come abbiamo fatto per lo passato; chè troppo le nostre sustanzie sono diminuite: e per questo è necessario e utile, possendo avere la pace onesta e ragionevole, quella pigliare, e quanto più presto, e non tardar troppo e noi cognosciamo che se si mandasse in Savoia, per la rottura o lungheza che seguisse nella pace, potrebbe occorrere caso che a loro e a noi sarebbe troppo pericoloso, e grave, e da non potere riparare e supplire alle spese che occorrono.

Deliberando pure la Signoria l'andata in Savoia, che (come vedete) a noi pare dannosa, inutile e sanza frutto; andrete voi messer Rinaldo, e piglierete copia delle commissioni date a messer Marcello intorno a' fatti della pace, e delle nostre domande. E vegnendo a esamine e pratiche di pace, voi messer Rinaldo andrete; e insieme con voi avrete Paolo Rucellai (2): e tutte le pratiche e conclusioni che avessono a seguire, secondo vi commettiamo nelle parti di là, ingegnatevi ottenere le nostre domande, quelle iustificando con le ragioni evidentissime che ci sono; e nulla omettete utile a questo.

Lo illustre et escellentissimo principe Duca di Savoia (3) come onorevole fratello saluterete e conforterete, offerendo larghissimamente la Signoria nostra; e ogni nostra potenzia in tutte le cose a lui grate offererete, e la cagione della vostra andata gli notificherete; e che veduto la sua disposizione, per quanto a Vinegia per li suoi ambasciadori è stato detto, et ancora per lo nostro che è appresso alla Signoria sua abbiamo sentito, vi mandiamo là; pregandolo instantissimamente che ne' trattati avessono a seguire, e nelle conclusioni (concedendolo Iddio), gli piaccia e degnisi alle nostre domande dare favore; sì che quelle ottegnamo: et offerendo che voi, nelle cose alla sua Signoria grate, darete ogni opera possibile; mostrando quanto la sua congiunzione c'è stata grata. Et in ogni atto che avesse a intervenire, ingegnatevi

(1) In margine: Quere a c. 459 copias literarum ad dominum Marcellum predictum. Item c. 460. E sono le due lettere de' Dieci di balìa all'oratore Strozzi, ambedue con la data de' 17 d'ottobre, poste più avanti sotto i numeri 1019 e 1020.

(2) Era già presso il Duca di Savoia fino dagli ultimi d'agosto. (V. Lupi, Memoria citata, in Giornale storico degli Archivi toscani; VII, 212.) Intorno a Paolo di Vanni Rucellai può vedersi la Genealogia e storia della famiglia Rucellai descritta da Luigi Passerini; Firenze, Galileiana, 1861. (3) In margine: Dominus Dux Amadeus.

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