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556945-170

COMMISSIONI

DI

RINALDO DEGLI ALBIZZI

COMMISSIONE XLIX.

[An. 1426-27]

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67 405 A A 30

Sappiamo come la Signoria di Venezia avrebbe voluto che gli ambasciatori di Firenze, reduci allora d'Ungheria, fossero tornati dinanzi al Re de' Romani; e sappiamo qual risposta l'Albizzi e Nello da San Gimignano facessero al Doge. All' uscita di giugno, messer Azzo Trevisano, oratore veneto, proponeva la stessa cosa a' nostri Signori; i quali così ne scrivevano a Marcello degli Strozzi in Venezia, il primo di luglio. «Noi saremo disiderosi in << ogni cosa seguitare i loro piaceri; ma veduto il tenore delle lettere de' nostri ambasciadori << per loro scritte, quando costi furono, alla Maestà del Re, e al signore Spano, e al Vescovo di Varadino, non ci pare la mandata utile nè onorevole, nè da trarne il << frutto che disidera cotesta Signoria, per al presente; però che non aspettando rispo<<sta di quel che s'è scritto, parrebbe rimanere contenti a quella parte che lo 'mpera<< dore chiedeva della triegua col Duca di Milano: e andando là, e non consentendola, << non veggiamo ne possa seguire altro che rottura; la qual sarebbe pericolosa e con<< traria a quello che si cerca, e che si debbe disiderare. E il Re, in presenzia di più << Baroni, disse a'detti nostri ambasciadori, non fare alcuna novità per infino che non << fosse chiarificato della intenzione di cotesta Signoria e nostra. E lo Spano e altri, << che si trovorono presenti, e detti nostri ambasciadori accertorono, che acconciandosi « l' altre cose, quella parte della triegua col Duca si leverebbe. E assai largo parlò loro lo << Spano, che essi avevano quello che bisognava: però che quanto più si tirava la cosa << per la lunga, tanto era più utile; chè in questo mezo, e la Signoria di Vinegia e noi << potavamo fare i fatti nostri; e il Re a nulla si moverebbe. E queste medesime cose, << secondo che ci dicono, e detti nostri ambasciadori narrorono costi alla Signoria. E per << più vostro aviso, e anche perchè possiate informare la Signoria, vi mandiamo le copie << delle lettere scritte pe' detti nostri ambasciadori al Re, allo Spano e al Vescovo di << Varadino, che erano stati principali a trattare in questa materia; e noi in simile effetto << abbiamo ancora fatto scrivere a' sopradetti ». Noi conosciamo que' documenti. E abbiamo dai carteggi, che da Venezia per alcuni giorni non vennero altre sollecitazioni. Ma un nuovo fatto doveva far cambiare di pensiero i nostri Signori.

Agli 11 di luglio si conchiudeva in Venezia la lega col Duca di Savoia: nè qui giova riandarne il lungo trattato, dopo quello che ne scrisse Clemente Lupi sui documenti fiorentini. (Giornale storico degli Archivi toscani, VII.) Così venivano a mancare sempre più le speranze di pace col Visconti; il quale per mostrarsi desideroso degli accordi, teneva presso il Papa oratori, che facevano le viste di trattare con gli ambasciatori di Firenze e di Venezia. Da Firenze era andato a Roma, sul cadere di maggio, messer Leonardo Bruni

d'Arezzo; ma in due mesi non s'era concluso niente. Il Papa stava a Ghinazzano, e lasciava trattare al Cardinale di Santa Croce: nè quando seppe della nuova alleanza, fece atto per cui gli oratori potessero intendere se l'aveva a piacere o a noia. Ben disse, che «< ve<< deva lo stato del Duca in ruina; e che gli sarebbe nicistà pigliar la pace come la potesse « avere ». E Filippo Maria, che sapeva questo, e non voleva pigliare la via della pace perchè contraria alla sua ambizione, sollecitava il Re de' Romani. Lettere di Buda portavano a Firenze: « gli ambasciadori del Duca esser là, e grande istanzia avere fatto appresso al « Re per avere favore »: sì che la Signoria comprese, quanto convenisse mandare a Sigismondo oratori, che lo mettessero finalmente daccordo co' Veneziani. A' 28 di luglio scrivevano i Dieci a Marcello Strozzi: « Del mandare al Re de' Romani, abbiamo veduto quanto << cotesta Signoria n'ha determinato; e per le occupazioni in che sono stati e sono i nostri « Signori, della materia non abbiamo con loro conferito, come è necessario per venire alla <<< deliberazione che intorno a ciò si richiede; però che con la volontà di cotesta Signoria, in << questo e nell'altre cose, è nostra intenzione conformarci; benchè di questa parte messer « Azo Trevisano, ambasciadore qui per cotesta Signoria, niente da molti di in qua ci abbia << detto ». E a' 2 d'agosto: « L'ambasciadore abbiamo eletto, e ingegnerenci che prestamente << parta per esser costà, ove conviene che si esamini e termini la commissione che a lui << s'abbia a dare, e quello che abbi a fare per potere andare poi più oltre ». Perchè poi alla conciliazione fra Sigismondo e Venezia non sorgessero nuovi ostacoli, i Dieci esortavano l'oratore Strozzi a persuadere il Doge, che non mandasse brigate de' Fiorentini nel Friuli. « C'induce (scrivevano) la carità de' nostri cittadini e mercatanti che sono nel regno « d'Ungheria; i quali, ognora che pel Re si sentisse, tutti sarebbono prigioni e preda: e << oltre alla voglia, il bisogno più ancora lo 'nducerebbe. E oltre a questo, che si debbe << prezare assai; quando vedesse le brigate nostre inimicarlo, ci arebbe suspetti, nè potremo << venire ad alcuna mezanità di concordia fra la sua Maestà e cotesta Signoria in che è << nostra intenzione fare ogni possibile operazione. Nè la speranza n'abbiamo levata, non << ostante quello si dica di quanto abbi fatto col Duca di Milano: perchè così ci pare dovere << tenere, udito quanto raportarono i nostri ambasciadori, e quanto scrive al presente per <«<le lettere di che vi mandiamo la copia ». Soggiungevano poi : « Piaceci che abbino dili<< berato e eletto l'ambasciadore per mandare in Savoia, perchè frutto si può e debbe spe« rare di tal mandata: e noi ancora abbiamo eletto il nostro, che è Pagolo di Vanni Ru<< cellai, il quale aprestiamo acciò che sia in ordine e in punto alla giunta qua di quello << della Signoria ».

A'dieci d'agosto si diceva fissata pei 19 la partenza dell'oratore, che sarebbe dovuto passare in Ungheria; e se ne specificava anche il nome. « Il quale (oratore) è messer Rinaldo. « degli Albizi; e per una infermità grave, in che è stato et è uno suo figliuolo (ma, per « la grazia di Dio, al tempo o prima pensiamo apparirà il fine a che debbe riuscire, che << pensiamo fia buono), c'è usato alquanto di lungheza. E pensando lui essere più utile << che altro, per la pratica avuta, per lo meglio abbiamo proceduto così ». Ma all'andata dell'Albizzi si frapponevano altre cagioni, che si leggono in una lettera de' Dieci allo Strozzi, de 14 d'agosto: « Noi siamo stati con questi ambasciadori insieme, et esaminato la << commissione data per cotesta Signoria: e trall'altre cose veggiamo quello dicono del mandare << il Duca di Savoia alla Maestà del Re de' Romani per trattare accordo fra la sua Maestà e << cotesta Signoria: e non sappiamo se s'è utile per due vie tentare questa materia, o no. << E per questa cagione abbiamo esaminato con questi ambasciadori, e diliberato sopratenere << messer Rinaldo per insino a tanto che da voi abbiamo risposta di questa lettera, della << intenzione di cotesta Signoria sopra questa materia; che in punto e presto era a partire a « dì 19, come di sopra v'abbiamo detto e per altre scritto. E però v' ingegnate presto averne << la 'ntenzione di cotesta Signoria, e noi avisarne prestamente ».

Mentre però queste cose si trattavano lentamente, a'primi di settembre giungevano in Firenze due ambasciadori di Sigismondo, con lettere che confortavano a pace col Visconti. << Confortava e richiedeva (cosi i Dieci a Marcello Strozzi, in lettera de' 12 di quel mese),

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