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l' Aggia, la Minima, il Nestoro e il Nicone, che divide il territorio castellano dal perugino. Colli ameni con villette circondano il territorio, e lo rendono fertile tanti fiumi e torrenti. Sotto il Pontificato di Gregorio XV. a motivo di tante acque si fece il progetto plausibile di rendere navigabile il Tevere la morte immatura del Papa impedì, che avesse effetto.

SII.

TIFERNO TIBERINO

Non si può dubitare per consenso unanime di tutti gli scrittori antichi e moderni, che Città di Castello anticamente fosse chiamata Tiferno Tiberino.

Si trova Tiferno scritto in greco Tipipvos col p. aspirato secondo il costume de' Greci ; ma l'uso generale è di scriverlo colla lettera f. come costumano i Latini. Malamente da alcuni si scrive Tifernio.

Può essere, che il nome di Tiferno fosse registrato nella parte posteriore delle celebri Tavole Eugubine nei nomi degli altri popoli umbri, che in esse vengono riconosciuti dal ch. Monsig. Passeri, il quale pretende, che la lingua nella quale è scritta detta Tavola fosse comune ai circonvicini popoli, come può riscontrarsi dalle sue lettere roncagliesi, e vien notato dal Gori nella prefazione alla difesa dell' alfabeto etrusco Firenze 1749. p. 89.

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Dalle antiche iscrizioni, nelle quali si legge CLV. si rileva, che fosse annoverato Tiferno nella Tribu Clustumina, altri leggono Cluvia o Cluentia, che comprendeva tutte Città etrusche, fra le altre Cere e Todi, come nota il Sigonio 1. 3. c. 3. p. 115.

Reinerio sintag. inscript. Clas. 1. p. 7. N. 2. ) nell' esporre che fa una base bolognese dove era scritto C. TIFERNUS C. F. SACERDOS ripetendo questo nome da Tiferno Tiberino, espone la etimologia di Tiferno, cioè quia Tiferni, quod Umbria est qua Aretinos in Etruria respicit paulo infra fontem Tiberis sub ipso Apennino, oppidum est, visuntur. Dal paese Tiferno nelle lapidi occorrono i nomi di Tifernio e di Tifernia.

S III.

ORIGINE DI TIFERNO TIBERINO

Fu un tempo, in cui le Città ambivano di darsi una origine gloriosa o per la celebrità del fondatore, o per la rinomanza dei primi abitatori senza curare la verità storica.

Prima Opinione

La prima origine favolosa di Tiferno è, che fosse edificato da Argano Tiferno figlio di Cajo Sabino venti anni dopo la fondazione di Roma. Questa favola fu inventata da Alfonso Ceccarelli da Bevagna Medico di Professione, e la fece addottare ad uno scrittore finto da lui col nome di Gabinio Leto. L' Abate Ughelli nell' opera Italia Sacra lasciò scritto: De origine Civitatis Tiferni tractatum scripsit mendaciis innumeris refertum Alphunsus Ciccarelli, quod manuscriptum extat apud me. Fino che il Ceccarelli si limitò a fingere e creare fatti storici, che diceva ricavati da biblioteche e da autori fino allora ignoti, ciò serviva a pascere la vanità di coloro, che a caro prezzo compravano il fumo della sua officina. Ma quando si appigliò a creare carte e contratti adulterati e supposti per sconvolgere il pacifico possesso dei beni delle famiglie, fu convinto d' impostura, processato e condannato a perdere la testa, come si eseguì sotto il pontificato di Gregorio XIII. L'illustre Monsig. Leone Allacci (ad calcem observat. in antiquit. etruscis Inghirami) pubblicò a comune disinganno tutte quelle opere, che ei confessò di avere supposte. Ne discorre anche il Tiraboschi t. 7. 1. 3. Storia della letteratura italiana.

Seconda Opinione

La seconda origine favolosa poco divaria dalla prima. Un Cajo Tifernio fuggitivo dalla Sabina venne a fabbricare Tiferno spogliato che fu del suo regno dai Romani. Servi d'appoggio a questa opinione una lapide, che fu posta a fi-anco destro nella porta inferiore della Cattedrale corrispondente alla Piazza di sotto.

C. TIFERNIVS

C. F. CL.V
SABINVS

VIXIT. ANN. XV.

Siamo assicurati, che viveva un Cajo Tifernio Sabino, che ebbe la disgrazia di perdere il figlio pure Cajo nella fresca età di anni quindici. Ma di fondazione e di fondatore di Tiferno un' alto silenzio, e di questo glorioso titolo di fondatore non si sarebbe tralasciata la memoria nella iscrizione lapidaria .

Terza Opinione

In terzo luogo altri ripetono la fondazione di Tiferno da Kitin pronipote di Noè dopo di essere stato fondatore di Perugia: manca ogni fondamento per l' una e per l'altra.

Da Kitino si passò a Pitino, Città indicata dall'antico geografo Tolomeo nell' Umbria. Fu il primo nella sua cronaca mss. Domenico Cornacchini a scrivere, che dall' antica Città di Pitino abbia avuto origine Tiferno Tiberino. Piacque questa origine al Lazzari, al Can. Titi, e ultimamente al Can. Giulio Mancini benemerito erudito delle cose patrie, e la espose nella sua « Memoria sul Pitino Umbro di Tolomeo >> inserita nel Giornale Arcadico di Roma 1829. Opinò pertanto, che i Pitinati presso Tolomeo l. 3. c. 1., ove nomina Pitinum Tifernum tra le Città dell' Umbria, ahitando prima sopra un' alto colle circa mezzo miglio distante dall' odierno Tiferno come in una situazione militare difesa dall'altezza del monte e dal fiume Tevere nella soggetta pianura, e trovando poi più comoda la valle vicina Tiberina per gl' interessi commerciali, fabbricarono una Città, che chiamarono Tiferno, e così accadde la metamorfosi dei Pitinati in Tifernati. Ciò crede successo nel secolo quinto di Roma, tempo, in cui tutta l'Italia godea la pace, e soggetta alla Republica Romana dallo stato militare passò a godere i frutti della pace, come il commercio ec. Dal Can. Mancini passò questa opinione al Sig. Avvocato Pietro Castellano, che la inseri nel suo Specchio Geografico fascic. 16. Roma 1836.

Il Cancelliere e Segretario della Comune di Città di Castello Girolamo Carsidoni ne' suoi ragguagli storici di Città di Castello aveva ben considerato questa opinione del Cornacchini, e poi del Sig. Mancini, riflettendo, che Tolomeo aveva, tra le altre, distinte due Città dell' Umbria, Pitino e Tiferno Pitinum (,) Tifernum, come porta il senso ovvio e naturale senza alcun indizio, che da una Città sia derivata l'altra. È priva dunque d' ogni fondamento istorico questa fondazione Tifernate da Pitino: è piuttosto un' arbitrio e una violenza che si fa alla storia. Meritamente vien chiamata una chimera dal tifernate Avv. Buratti nella dissertazione sù i nomi diversi di Città di Castello. Si descrive una Città dopo l'altra nell'Umbria; qual conseguenza arbitraria, che l'una dall' altra abbia origine, anzi che una nell'altra sia trasformata? Di più descrivendosi due Città dell' Umbria, Pitino e Tiferno, perchè contro la proprietà dei termini naturali una convertirne in un' altra, facendone una sola? Per quale destino poi successe, che i Pitinati lasciando di essere Pitinati, assumessero la denominazione di Tifernati? Si può questo supporre, naturalmente parlando, di deporre un nome ed appropriarsene un' altro? Ognun sa quanto ogni popolo è tenace di ritenere il proprio nome come caratteristica della nativa stirpe.

SIV.

ANTICHITA' DI TIFERNO TIBERINO

Dietro la scorta dei più antichi scrittori si deve tenere per certo, che Tiferno e i Tifernati, o considerati in unione dei popoli dell' Umbria, o considerati da se soli, sono un popolo originario che rimonta alla più alta antichità. Non teniamo conto dei frammenti delle origini di Marco Porzio Catone, che fiorì l'anno 205. avanti l'era cristiana. Queste origini delle Città d'Italia encomiate da Cicerone nel lib. De claris oratoribus, e da Cornelio Nepote nella vita del medesimo Catone sono perdute unitamente alle opere di Q. Fabio Pittore, di L. Cincio, di Valerio Anziate e di Zenodate Etrusco. Giovanni Annio Viterbese raccolse que

sti frammenti a capriccio col titolo De antiquis Italiæ populis ed illustrolli con commenti stampati in Roma l'anno 1498. Ivi si legge a fontibus rursus Tiberis ad Narem Umbri inhabitant. Principio Tifernum et in fine Ameria et Tuder sunt. Galli omnem Umbriam, pulsis Hetruscis, occupaverunt, exceptis Tiferno, Esisio, Hyspello, Fulgineo et vetusta Vejorum prole, quam Vejumbram, idest Vejam prolem antiquam dicunt. Non curata dunque l'autorità sospetta dei frammenti storici di Catone, propongo l'autorità certa e sicura di Plinio detto il Seniore rispetto al suo nipote parimenti Plinio detto il Giovane. Plinio il vecchio mori l'anno 79. dell' era cristiana vittima delle osservazioni, che fece nel Vessuvio. Scrisse la storia naturale in 37. libri, ne' quali vi fa entrare la descrizione delle città e dei paesi. Nel lib. 3. c. 19. descrive l' antichissima stirpe degli Umbri: Umbrorum gens antiquissima Italiæ existimatur, ut quos Ombrios a Grecis putant dictos, quod inundatione terrarum imbribus superfuissent. A tempo dunque di Plinio gli Umbri discendevano da quelle famiglie, che viva conservavano la memoria del diluvio universale; lo che confronta colla storia sagra, che dai discendenti di Noè siasi popolata tutta la terra. Tutti gli antichi scrittori convengono, che i discendenti di Jafet si dilatassero per l'Europa e per l'Italia. Nell' Asia, dov' ebbe la prima origine il genere umano, succedevano spesso emigrazioni per la sempre crescente popolazione: spesso ancora i popoli sopravenuti combattevano e discacciavano i primi già stazionati. Prima però che gli Umbri si contenessero nei limiti di una provincia d'Italia formarono una nazione belligerante alcune volte vincitrice ed altre volte vinta. Ascoltiamo Plinio Sexta regio Umbriam complexa, agrumque gallicum circa Ariminum. Ab Ancona gallica ora incipit Togate Galliæ cognomine. Siculi et Liburni plurima ejus tractus tenuere

• Umbri eos expulere, hos Etruria, hanc Galli. Nel cap. 8. ci narra, che gli Umbri furono vinti dai Tusci nell' Etruria regione settima di Augusto mutatis sæpe nominibus, Umbros inde exegere antiquitus Pelasgi, hos Lydi, a quorum rege Tyrrheni, mox a sacrifico ritu lingua Græcorum Thusci sunt cognominati. Nel cap. 13. scrive degli Umbri:

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