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dimostrerà alla Ducal Signoria quant' egli goda della gloria è felicità di questa imperiosa Città.

La parte terza avrà rélazione al tempo avvenire, ed in questa verranno esposte le divote suppliche della Città di Padova alla vostra Illustrissima Signoria. Circa la prima parte deesi considerare che tra le cose, delle quali gli uomini saggi deggion esser solleciti, la principale si è il riconoscere li benefizi ed i vantaggi loro recati. Cicero officior: 1. Nullum officium referenda gratia magis necessarium est, e questo si è perchè coloro che sono ingrati sono odiati da tutti, Unde idem Cicero officior. 2. Immemorem beneficii omnes oderunt. Ma in questa gratitudine vi dee essere differenza: perchè secondo li documenti naturali e morali a coloro si dee più rendere, dai quali di più abbiamo ricevuto. Lo che considerando la nostra Città di Padova, si vede essa insufficiente a potere compiutamente riferir grazie alla vostra immensa Clemenza del sommo bene, il quale quella vostra Città ha ricevuto dalla Vostra Signoria, essendo stata ricevuta nella vostra grazia; per la quale accettazione Essa fu liberata da tre cose pericolosissime, le quali si temono più di tutti gli altri disastri. Temesi la inopia cioè, e la povertà e la fame; temesi l'infermità, temesi la violenza, cioè di essere forzati e morti dal più potente, siccome accade in guerra. Seneca Ep. 14. Eorum, quæ 'timentur, nisi fallor, tria sunt genera, timetur inopia, timentur morbi, timentur quæ per vim potentioris eveniunt. Da questi tre disastri si vede il vostro popolo Padovano essere stato liberato dalla vostra clementissima accettazione; e questo perchè chiarissimo non ha bisogno di essere ulteriormente provato. Quali adunque grazie, quali recognizioni di benefizj, quale retribuzione saranno da darsi a concambio conveniente di tanti beni? Noi riconosciamo in verità e si verifica perfettamente in noi quella comune sentenza, che ai proprj Sovrani non possono i sudditi dei benefizj ricevuti render grazia sufficiente: Nemo enim, ut ait Comicus, satis pro merito gratiam Regi refert: E questo addiviene, perchè li sudditi deggiono tenere i Sovrani in luogo di Dio a Dio non si può rendere dei benefizj ricevuti grazie sufficienti: Nam creatura non habet quid pro meritis respondeat Creatori: De celebr. Missä 22.q. 1.; ma considerato che nessuna obbligazione può stringer l'uomo al di là del suo potere, questi miei compagni ed ambasciatori a nome del vostro popolo Padovano in generale, ed in particolare rendiamo alla Signoria vostra quelle maggiori grazie che per noi si possono, ed altre ancora di più, giacchè nella mente abbiamo una più estesa gratitudine, che non possiamo esprimere colle parole pienamente. Ed avuto riflesso che la grazia di Dio, che si chiama presso i Teologi grazia preveniente, conviene che preceda tutte le nostre buone operazioni. Psal. 58. Misericordia ejus præveniet me, quod prosequitur Augustinus in libr. de gratia et

libero Arbitrio, et Magister 2 sententiarum dist. 26 et duabus seqq. Ed è perciò principalmente che al Sommo Creatore, che inspirò nelle menti vostre l'essere a noi favorevoli senza nostri meriti umilmente rendiamo grazie: Quia enim de magnis periculis ab eo, id est per vos, ejus præveniente gratia inspiratos liberati sumus, magnifice gratias ipsi agimus 2. Machab. I. E questo è tutto ciò che dovevamo dire per la prima parte, dalla quale si argomenti che il vostro nome per la vostra somma generosità è di ammirazione a tutti; et bine concluditur quam admirabile est nomen tuum; idest bujus Dominii in universa terra, ut in principio pramisimus.

E per la seconda parte dell' Orazion mia, che il tempo presente riguarda, e che verserà, come ho detto, sopra la nostra allegrezza e congratulazione con la vostra Ducal Signoria per la gran felicità e gloria di questa Imperiosa Città. E perciò fare considerando il vostro popolo Padovano, che l'allegrezza è qualità, che consiste nella mente, vorrebbe volentieri poter tutte le menti e tuui i cuori di quel popolo aprire e chiaramente manifestare alla Signoria Vostra, acciocchè con evidenza comprendesse con quanta sincerità e con che fermezza e con quanto affetto e desiderio ami e riverisca la vostra Maestà; ma perciocche è questo impossibile, tutto quel popolo ci comandò, che noi vi facessimo nota questa di lui mente in quelle maniere, che per noi fossero state possibili. Dove è da considerarsi, che la mente umana esteriormente si conosce in due modi; cominciaremo dal primo; cioè a congratularsi, dovendo parlare colla vostra Inclita Signoria della somma felicità e gloria di questa imperiosa Città; ma mentre io penso, che qui è duopo di esprimer le lodi di questa eminentissima Città, anzi di questo massimo Regno ed amplissimo Impero, troppo mi smarrisco riconoscendo questo peso essere a me gravissimo e superiore alle forze mie: perchè questa gloriosissima Città tanto, eccede le altre, che di Lei si verifica quello, che disse il chiarissimo poeta Virgilio, parlando di Roma: In Bu colicis his metris,

Verum hac tantum alias inter caput extulit urbes,
Quantum lenta solent inter viburna Cupressi.

onde a me sarebbe più eleggibile il tacere, che di tal cosa parlarne leggiermente. Ma essendomi stato comandato, ch' io parli, per non contraddire alla promessa ubbidienza io dirò; non avendo però speranza alcuna nel mio basso ingegno e nella mia rozza eloquenza, ma solo nel sussidio della clemenza infinita di Dio. Deus enim aperit os mutorum, et linguas infantium facit disertas. (Sapient. 11.) E con questa speranza procedendo al mio dire, veggio che le

lodi di questa felicissima Città sono per numero tante e virtù così grandi, che il noverarle tutte molti giorni mi abbisognerebbero. Imperciocchè non potendo proseguire quelle singolarmente, nè con quella copia di dire, che duopo sarebbe, di alcune di quelle non in tutto, ma in parte non tacerò. Come dunque negli uomini eccellenti massimamente lodiamo il culto della Religione, cioè l'onorar Dio, ed abbiamo in riverenza la lor clemenza e umanità e la grande.za dell'animo loro, e la costanza esaltiamo ed ammiriamo le cose grandi da essi operate: così da questa gloriosissima Città la celsitudine, la quale consiste nel gran numero di uomini grandi e di somme virtù forniti, così queste quattro lodi brevissimamente toccheremo. E quanto alla prima lode della Religione è stata questa Città tanto pel culto divino sollecita, che qui quasi più chiese si trovano che case di cittadini. Itaque de Venetiis verificatur illud Apostoli: Templum Dei estis vos (I. Cor. 3.) ed eziandio di questi Templi la speciosità 'e l'ornamento tanto risplende, che in coloro che ciò rimirano, rimane in dubbio se più debbano meravigliarsi o del numero o della bellezza. Se poi rimiro e i Chierici, e i Sacerdoti, e i Pontefici e gli altri Ministri, uomini e donne, clie qui servono alla Religione e al divin Culto, tanta ve n'è copia, che a questa Città non solo, ma all' Universo tutto potrebbe bastare. Per lo zelo eziandio di questa santissima Religione mossa questa alma Città assai spesso per la salvezza di tutta la Chiesa Cattolica ha con sommo suo pericolo e con gravissime spese, assunto vastissime imprese, come si fu al tempo di Papa Alessandro Terzo, il quale questa Città difese contro Federico Imperatore, ed essendo questa Storia notissima a tutto il mondo non ha ora bisogno dei nostri commenti. Nè si dimentica eziandio la vostra Città di Padova il pronto ed ampio sussidio, il quale fu da Venezia dato alli nostri progenitori, cioè li Cittadini di Padova, ch'erano a que' tempi ed al Legato della S. Sede Apostolica, che allora combatteva per i Padovani contro il perfido tiranno Eccellin da Romano, il quale allora per varj modi affliggeva la prefata Città di Padova; ciò fu opera sola di questa famosissima Città condotta unicamente dalla riverenza a Dio ed alla Chiesa, ed alla compassione e pietà, giacchè Padova non era allora vostra. E chi adunque dopo ciò dubiterà, che questa Città sia del divin Culto tenacissima, qualor consideri, che di questo Culto non solo ella è e fu in ogni tempa diligentissima, ma eziandio in contemplazione di questo Culto ed in favore dei forestieri e di terre non sue, assunse brighe e pericoli, avvegnachè fossero gravissimi. Et hoc de prima laude, in qua concludamus cum Valerio lib. I. Now esse mirum si pro hoc imperio augendo, custodiendoque pertinax Dei diligentia semper excubuit, quia nunquam ab exactissimo cultu cæremoniarum, idest Dei oculos suos remotos hac Civitas habuit.

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Conseguentemente resta a dire della seconda lode; cioè dell' umanità e della clemenza dei gentiluomini e dei cittadini di questa fiorentissima Città. E di questo come abbisogna perdersi in gran parole? basta vedere con quanta benignità e clemenza questa clementissima Città tratti i suoi sudditi, ut in Venetiis adimpleatur Virgilianum illud: Parcere subjectis et debellare superbos; e per questa virtù della clemenza i Principi acquistano la benevolenza di Dio, e fanno ch' ei sparga gli effetti della sua infinita clemenza verso degli uomini (Cap. de Nuptiis leg. Imperialis) e particolarmente dico della clemenza vostra verso li sudditi, perchè la clemenza è parte della modestia, la quale è virtù, che conviene ai superiori e ai minori (Cap. de sum. Trin. 1. I. in princip. ) ma la clemenza solamente si esercita dai Signori nei minori, onde quanto gl' inferiori più ne abbisognano, tanto maggiormente si può esaltare la clemenza di questa Città, come abbondantissima di tutte le opere di pietà e misericordia. La qual cosa si può meglio comprendere paragonando questa Città alle altre. E quale e quella terra, dove si vegga tante elemosine distribuirsi, così ampj soccorsi conferirsi ai poveri, attendersi con tanta sollecitudine agli infermi? dove tante case di pietà? Congregazioni così numerose, che aspettino di essere impiegate nelle opere di misericordia. Hic ergo impletur, quod præcipit Apostolus Petrus: Ut simus invicem hospitales (I. Pet. c. 4.) E per questo non è da meravigliarsi della lunga perpetuità di questa Illustrissima Signoria, la quale perpetuità non hanno gli altri Dominj, che pur veggiamo in breve tempo cangiarsi e mancare, ma di questa fortunatissima Signoria dura la sua fermezza da tempi immemorabili, e questo lo dobbiam credere da Dio concesso in premio alla vostra clemenza, perchè la natura della virtù della clemenza è di dare lunga durata e perpetuità. Clementia namque præparat vitam (Prov. 11.) et hoc de secunda laude.

Segue la terza lode della grandezza dell'animo e della vostra costanza. E questa se alcuno ne' tempi andati non avesse saputo, al presente facilmente lo comprenderebbe, perchè e in terra e in mare se avesse avuto bisogno di combattere con diversi e possenti nemici, avete con essi sostenute diverse campa gne con tanta costanza, che nè le gravissime spese, nè li danni dei vostri beni, nè la fatica personale, nè le ferite, ossia la morte de' vostri vi hanno mai potuto distorre dalle magnanime imprese. Adunque con tante virtù di animo, con così fervente perseveranza non è a stupirsi, nè crederla opera del caso, ma naturale e verissima, che voi siete stati in tutte queste imprese vincitori, ed abbiate al vostro amplissimo Dominio aggiunte molte chiarissime e famose Città, popoli numerosissimi e vastissimi Territorj, e per questo grande accrescimento si può dire di questa Illustrissima Signoria la parola Profetica: Quoniam multa est bac dominatio (Dan. 11.) et hoc de tertia laude. ·

La quarta lode consiste nell'ampiezza delle cose, grandi da voi operate, e queste io penso nessun potere o con la mente comprendere,, o discutere coll' ingegno o con l' eloquenza manifestare, perchè questa fortunatissima Ctità, cominciando da deboli principj per grandi e pressochè infinite vicende è giunta al colmo della grandezza, di modo, che di lei si può dire veramente ciò, che ho detto al principio, cioè che il suo nome è meraviglioso per tutta l'universa terra. E questa ammirazione non è senza motivo ragionevole, considerata la gran virtù e le mirabili condizioni di questa Città, delle quali alcune si sono dette di sopra, e molte altre più la brevità del tempo non ci permette di riferire. Della moltitudine delle quali ne possiamo alcune brevissimamente recitare, e questo lo faremo con le autorità che meglio convengono al caso nostro. Qua itaque alia ulla Civitas huic par in gravitate Senatus! Qua incolentium › cultu, et ornatu splendidior! qua speciosior in ædificiis! qua in situ admirabilior! que aptior in commerciis! que in conservatione pacifici status fortunatior! que felicior in victoriis! que opulentior! que postremo venustior! qua liberior! e per queste meravigliose condizioni questa Città si può chiamare un altro mondo. Hinc eminentissimus Vates Franciscus Petrarcha, in lib. metr. Epist. extollit hanc urbem hoc metro:

Atque Adria imperitans, alterque Venetia mundus.

et hoc de quarta laude.

E tutte le lodi però di questa gloriosissima Città degnamente si riferiscono al Serenissimo Principe e Doge di essa come al suo principio. Scriptum est enim qualis est rector civitatis, tales inhabitantes in ea ( Eccl. 10.) Ad vos ergo serenissimum Principem tanquam caput hujus admirabilis Imperii convenienter in principio dictum est: Admirabile est nomen tuum in universa terra. E così è compita la prima particola della seconda parte, che contiene il primo modo di congratularsi; cioè col discorso. Proseguiamo successivamente la seconda particola di questa seconda parte, nella quale dee contenersi la nostra congratulazione per segni esteriori, per i quali il nostro popolo Padovano, e questi Nobili suoi Ambasciatori si rallegrano colla vostra Inclita Signoria della somma felicità e gloria di questa Imperiosa Città. E questi segni noi daremo in prova, che la regia Città di Padova si è data e si dà liberamente alla vostra Signoria, e questi segni son quattro; cioè la Bandiera, la Bacchetta, il Sigillo e le Chiavi. Il primo segno dimostra il tempo della guerra, perchè allora si porta la bandiera, acciocchè i combattenti se per caso fosser rotte le schiere, sappiano dove abbiano a ritornare. Il secondo segno dimostra il tempo di pace, perchè il principe usa la Bacchetta a manifestare, ch'egli deve essere attento a punire

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