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Archiv für Anthropologie, Vol. 24°, 1896, Fasc. 1o-3o.

Il D. J. Koganei, che è Professore di Anatomia nell' Università di Tokio, ha potuto prendere molte misure e fare molte osservazioni sopra una serie di Aino viventi. Come già lo avevano dimostrato le ricerche craniologiche, si possono distinguere in questa razza singolare due tipi ben caratterizzati.

Il primo si fa notare soprattutto per un piccolo indice cefalico, per la testa bassa, per il viso corto, per gli occhi molto approfonditi nell'orbita, per la mancanza di una piega nella palpebra superiore e nell'angolo interno dell'occhio, per un profilo diritto e sporgente del naso, per i denti diritti, per la pelle priva di colore bruno-gialliccio, per la barba straordinariamente prolissa e la grande pilosità di tutto il corpo, per l'apertura delle braccia maggiore della statura, per le estremità superiori e inferiori molto lunghe; caratteri tutti, che sono in perfetta antitesi con quelli dell' altro tipo.

Il secondo tipo, risultato dell'incrociamento colle razze mongoliche, si avvicina ai Giapponesi e ci mostra occhi più sporgenti, la piega nella palpebra e nell'angolo dell' occhio, il naso più piatto, colla radice più larga e depressa, la pelle più giallastra, poco sviluppo della barba e dei peli, ecc. Il carattere spesso francamente mongolico delle donne di questo tipo salta all'occhio ancor più evidente che nei cranii.

L'aver trovato nel 1° tipo degli Aino molta somiglianza cogli Europei si deve specialmente alla forma del naso e degli occhi e al grande sviluppo della barba, ma il K. dai suoi lunghi e diligenti studi, fatti così sui crani come sui vivi, conclude che gli Aino sono tanto lontani dal tipo europeo quanto dal tipo mongolico.

Il Prof. Nicolaus von Zograf ha studiato una serie di crani antichi russi, del Kreml di Mosca, e benchè egli stesso riconosca troppo scarso il materiale di cui ha potuto disporre, crede di poter confermare l'opinione del Bogdanow, che nella Russia la dolicocefalia si riscontra tanto Archivio per l'Antrop. e la Etnol.

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più frequente quanto più si va addietro nei tempi preistorici e storici, ed essa va sempre più scomparendo quanto più ci avviciniamo ai tempi

nostri.

Nei crani studiati dall' A. alcuni conservano ancora il tipo antico, riscontrato nei kourgani. Essi sono dolicocefali, leptoprosopi e leptorini. Egli invita gli antropologi della Russia ad esplorare i più antichi cimiteri per constatare la scomparsa graduale, che si è andata facendo, del tipo dolicocefalo e che rappresenta gli antichi abitanti dei kourgani. Egli è disposto a credere che la popolazione dolicocefala, antica, della Russia era slava.

Il D. Alexis Iwanowski ha studiato con molta accuratezza un'ottantina di teschi di razza mongolica, e le sue conclusioni concordano con quanto già si sapeva sulla forma del teschio in questa razza.

Egli ha tenuto conto anche degli studi fatti dal nostro Regàlia su L'orbita e l'obliquità dell' occhio mongolico (in questo Archivio, 1888, fasc. 20).

B. Reber pubblica una 3a relazione sopra sculture preistoriche trovate nel Cantone di Wallis nella Svizzera, illustrando il suo lavoro con molte e belle figure.

Il D. Carlo Ranke, che è Assistente nell'Istituto Anatomico dell' Università di Monaco, pubblica un profondo lavoro sulle variazioni che si osservano nei muscoli e nei nervi degli elementi dorsali del plesso ischiatico nei Primati. È un lavoro che interessa più direttamente l'Anatomia comparata e la Filosofia zoologica.

Il D. Koehler pubblica una breve nota sulle costruzioni del più antico periodo slavo.

Il Prof. Telesforo De Aranzadi descrive e illustra con molte figure una forma speciale di carro agricolo, che chiama ächzende (gemente) e che non si usa che in alcuni paesi montuosi del nord e dell' ovest della Spagna. Descrive anche altri strumenti agricoli e le calzature dei montanari della Biscaglia, di Salamanca, di Pas e di Granata.

Stieda pubblica una biografia del Cuvier trovata inedita nei manoscritti lasciati da Von Baer.

Von Török pubblica la 3a parte di un suo lavoro sui crani di Ainos di Yezo, portati dal Conte Bela Szechenyi e sui crani ainos di Sachalin, che si conservano nel Museo di Dresda. Il lavoro, illustrato da bellissime tavole, è fatto col metodo proprio dell'A. e sul quale abbiamo avuto già più volte occasione di esprimere la nostra opinione in questo Archivio.

La Sig.ra J. Mestorf illustra l'epoca preistorica del ferro in Scandinavia, comparando i suoi studi con quelli pubblicati recentemente dai celebri archeologi scandinavi, Sophus Müller e Oscar Montelius.

Zeitschrift für Ethnologie, Anno 28°, 1896, H. 1-6.

Il Sig. Paolo Reinecke studia molti oggetti fino ad ora poco conosciuti, trovati in diversi paesi dell' Europa media, evidentemente di epoche preistoriche, ma che per la loro forma singolare si distinguevano da tutti gli altri. Era molto singolare il trovare in Germania e nei paesi dei Carpazii oggetti di tipo siberiano o scitico o scito-greco. Il R. ha studiato molti di essi, trovati specialmente in Ungheria, in Transilvania, in Galizia e in Rumenia, e ha potuto costatare una comune origine, portando con ciò molta luce sulle più antiche emigrazioni dei popoli nell' epoca preistorica e nel periodo preromano.

Il Ph. J. J. Valentini continua le sue ricerche sulle città mitiche conosciute nell'antica etnologia americana sotto il nome di Tulan. I suoi studi lo hanno convinto che questa parola non esprime già il nome di una vera e propria città antica, ma significa bensi una città in genere. Nelle Tulan si concentrava il culto del Dio nazionale dei Maya. In esse abitavano i Sacerdoti, i Re, i tiranni. Sul loro suolo s'innalzavano i magnifici palazzi e alle loro porte si pagava il tributo strappato al sudore dei coltivatori. In esse era la sede dei più antichi artefici, che preparavano i disegni per le famose sculture; in esse si fondeva l'oro raccolto nelle sabbie dei fiumi, si lavoravano le pietre variopinte e si sfoggiava un lusso, che destava la maraviglia e l'invidia di quanti vivevano nelle campagne. Ed è per questo che nella lingua del popolo l'abitante di un Tulan era chiamato un Tultecatl o di un Tulteke.

Il Sig. Giuseppe Hampel pubblica i suoi ultimi studi sull'epoca del rame, già da lui illustrata in precedenti lavori, figurando con moltissimi disegni gli oggetti da lui raccolti o esaminati. Ecco i risultati più importanti. 1o Un'epoca del rame si è sviluppata dovunque lo permettevano le circostanze locali, cioè dove si trovava del rame nativo o della pirite cuprica, come nell' Altai e negli Urali, a Cipro e nel Sinai, nell'Italia media e nelle isole italiane, ricche di piriti, nella penisola iberica e nell' Inghilterra, nelle Alpi e nei Carpazii. 2° In tutte queste regioni la cultura del rame fu in stretti rapporti con quella della pietra, probabilmente autoctona e nel suo complesso indipendente da altre regioni. 3o I rapporti internazionali, che già esistevano nell'epoca della pietra, si mantennero anche durante quella del rame, e si possono constatare nel progresso del tempo relazioni fra singole contrade. 4o In Ungheria queste relazioni appaiono più evidenti che altrove per la posizione centrale di questo paese e quindi per le molte influenze che poteva esercitare e ricevere. Qui troviamo infatti forme autoctone, imitazioni di quelle litiche, forme di sviluppo locale, forme di provenienza meridionale, forme che si collegano colle uralo-altaiche, e finalmente alcune forme sporadiche, venute dall' ovest e dal nord. 5° Le armi, gli strumenti e orna

menti si fabbricavano per fusione e per martellamento, e l'ornamentazione era sempre geometrica, fatta di punti, di linee e di circoli. La coltura del rame prestava preziosi sussidi anche alla ceramica e serviva ad ornare anche oggetti venuti da lontani paesi. 6° Il passaggio dal rame al bronzo si fece lentamente, a passo a passo; in Ungheria, e forse anche altrove, il bronzo ebbe per precursore la miscela coll'antimonio, e lo stagno venne crescendo in quantità, col progresso del tempo. 7° Probabilmente il passaggio dal rame al bronzo avvenne nello stesso tempo in tutta l'Europa, e cioè sul principio del 2° secolo prima di Cristo. Questo passaggio non distrusse dovunque tutte le forme dell'epoca del rame, ma alcune non sopravvissero soltanto a quest'epoca e a tutti gli altri periodi preistorici, ma giunsero fino ai nostri giorni.

Il D. Rudolf Baier, di Strulsunda, descrive due preziosi vasi d'oro trovati a Langendorf, presso Strulsunda, comparandoli con altri consimili trovati nel nord della Germania, in Danimarca e nella Svezia. Se ne ignora l'antica provenienza, ma pare che siano di fattura italica.

Il Sig. F. R. Reinecke pubblica il risultato di molte misure antropometriche da lui raccolte in un viaggio fatto negli anni 1894-95, nelle Is. Samoa, confrontandole con altre prese sugl' indigeni delle Is. Salomone, delle N. Ebridi, delle Kingsmill, del N. Mecklemburg, del N. Annover, delle Gilbert, descrivendo e figurando anche alcuni tatuaggi usati dai Malicolos. W. Schwartz pubblica molti dati sulla psicologia del popolo di Lauterberg nell' Harz, illustrando principalmente le superstizioni e il folk-lore di questo paese.

Max Bartels pubblica gli studi fatti da Hrolf Vaughan Stevens sulla vita delle donne degli Orang Belendas, degli Orang Djakaun e degli Orang Laut. Curiose soprattutto sono le notizie che riguardano la vita. sessuale di questi selvaggi. È notevole la loro freddezza amorosa ed anche i loro giovani mariti non si accostano alle donne che tutt' al più tre volte al mese. L'A. descrive un singolare strumento usato dagli uomini per procurare maggiore voluttà alle loro donne e che rammenta l'am-palank dei Daiacchi. È di legno, rappresenta grossolanamente un pesce col suo scroto e si fa attraversare con esso il membro virile. Fanno grande uso di vari afrodisiaci presi quasi tutti dal regno vegetale. Le donne credono di poter rendere impotente un uomo, nascondendogli nel cibo una polvere preparata facendo bruciare un piccolissimo insetto che vive nel legno, insieme ad un frammento di un panno con cui è stato lavato il cadavere di un uomo.

Gustave Oppert parla dei Toda e dei Kota dei Nilghiri, aggiungendo però poco o nulla di nuovo a ciò che già si sapeva dai lavori del Metz, dello Shortt, del Breeks, del Marshall e del Mantegazza.

E. Seeler illustra un vaso antico di Chamá (Guatemala), facendo molte considerazioni sull'antica mitologia azteca.

Mittheilungen der Anthropologischen Gesellschaft in Wien, Band XXVI, H. 1-6.

Il D. S. Steinmetz pubblica un profondo lavoro sull' endocannibalismo e benchè si abbiano già molti egregi lavori sull' antropofagia nei tempi preistorici e nell' evo moderno, possiamo dire che questo lavoro è la più completa monografia che sia stata pubblicata su questo argomento.

L'A. chiama endocannibalismo l'antropofagia di uomini della stessa famiglia o tribù, ed exocannibalismo quella dei nemici o di uomini di altre tribù.

L'A. è convinto che l'uomo preistorico era onnivoro e dedito quindi tanto all'endo come all' exocannibalismo, ed egli studia l'uno e l'altro nelle epoche preistoriche, nell'antichità classica e in tutti i popoli conosciuti, dandoci in un prospetto la distribuzione dell' antropofagia in tutto il mondo coi diversi motivi di essa.

Egli classifica le diverse ragioni che spinsero l'uomo a divorare il proprio simile, sotto queste 5 diverse rubriche: 1° antropofagia come forma di seppellimento, 2° antropofagia di uomini uccisi per vecchiaia o impotenza al lavoro, 3° antropofagia di persone uccise per fame, collera o ghiottoneria, 4° antropofagia per riti o magia, 5o antropofagia come punizione di delitti.

Il Sig. Wilibald von Schulenburg descrive e illustra con 118 figure una casa di contadino nel paesetto di Berchtesgaden in Baviera.

Alessandro Makowsky in una breve nota descrive alcuni oggetti di bronzo trovati in Moravia.

Gustavo Bancalari descrive e illustra con 55 disegni alcune parti della casa, e più particolarmente il camino, il focolaio e la stufa come vengono costruiti in diversi paesi della Provincia di Udine, dei Sette Comuni, nella valle dell' Inn, a Belluno, nel Cadore, a Sologne, al sud di Orléans.

Il D. H. Matiegka studia l'antropofagia nella stazione preistorica di Knovize e nei tempi preistorici in generale, e conclude che le ricerche archeologiche moderne confermano ciò che gli antichi scrittori scrissero sull' antropofagia degli Europei preistorici. Secondo l'A. l'antropofagia si è conservata in Europa dall'epoca diluviale fino all'epoca del bronzo. È probabile che nell'epoca glaciale l'uomo primitivo fu costretto a mangiare carne umana per la scarsità degli alimenti e che l'antropofagia si è poi conservata finchè la crescente civiltà, e forse anche l'influenza dei popoli meridionali, l'ebbero spenta. Questo non avvenne però ad un tratto ma a poco a poco. La fame non obbligava più all' antropofagia ma l'uomo preistorico continuava a mangiare amici e nemici per ghiottornia, per vendetta e forse anche per amore. Non rimase alla fine che l'antropofagia simbolica; or si mangiava il capo, ora il petto, o una delle grosse mem

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