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NECROLOGIE

Tarquinio Gentili Conte di Rovellone

Il Conte Avv. Tarquinio Gentili di Rovellone, morto a Macerata (Marche), il 17 dicembre 1896, è stato l'ultimo discendente di un'antica famiglia, la quale fino al secolo XIII, circa, ebbe la signoria su Rovellone e su altri Castelli, nella valle di S. Clemente, nella Marca d'Ancona. Uno dei Rovelloni fissò la sua dimora in Sanseverino nelle Marche, dove poi sempre restarono i suoi discendenti e dove nacque il nostro compianto consocio nel 1821.

Questi attese agli studii in un Collegio, poi nell' Università di Urbino, dove con molta lode ebbe, a diciotto anni, la laurea in Filosofia, e a venti anni in Giurisprudenza. Trasferitosi a Roma, vi ottenne nuova laurea, il titolo di Avvocato e l'abilitazione all'esercizio nella Curia Romana. Il suo intento nel procurarsi tale professione fu quello di rendersi utile ai suoi concittadini, e null'altro, perchè non volle mai ritrarne un profitto materiale qualsiasi. A Roma si aggregò alla Congregazione di S. Ivo, istituita per la difesa gratuita delle cause civili dei poveri. Sulla fine del 1848, dovendo cedere alle istanze dei vecchi genitori e restituirsi in Sanseverino, chiese ed ottenne dal Governo la facoltà di aprire una scuola privata e gratuita di Diritto, con effetti legali, e la tenne fino al '53. Apri anche uno studio per consultazioni legali gratuite, alle quali attese fino ai suoi ultimi giorni.

Troppo lungo sarebbe l'enumerare i tanti e svariati uffici pubblici, tenuti dal Gentili, quali contemporaneamente, quali successivamente, nella Magistratura locale, nel Municipio, nella Provincia, nelle Opere Pie, ecc.; ma ricorderò specialmente che fu Professore di Diritto Amministrativo nella R. Università di Macerata, Membro del Consiglio Provinciale Scolastico, della Commissione Provinciale di Statistica e di quella per la conservazione dei Monumenti della Provincia. Come fosse uomo di cuore e di larghi e liberali intendimenti, egli dimostrò collo stare a capo del Comune durante l'invasione colerica del 1854 e coll'adoperarsi

per la fondazione della Società operaia, della Cassa di Risparmio, di cui non accettò la Presidenza, e del Manicomio Provinciale di Macerata.

Sarebbe un chiedere troppo alle forze di un uomo il pretendere che il Gentili, sovraccarico di tante occupazioni, ci avesse lasciato opere di lunga lena, quali per la sua elevata intelligenza si sarebbero potute aspettare da lui, posto in altre condizioni. La sua grande operosità gli ha permesso tuttavia di lasciarci alcuni saggi di studii da lui prediletti, quelli della Storia e della Numismatica, come può vedersi dall'elenco delle sue pubblicazioni, che è dato qui appresso; e va ricordato ch'egli adoperò cure e dispendii per formare due pregevoli collezioni di monete, le romane Consolari e le Pontificie.

Il Gentili appartenne a molte Accademie e Società letterarie e scientifiche, italiane e straniere; ed è superfluo il dire che dei lunghi, assidui e svariati servizii da lui prestati fu rimeritato con l'amplissima considerazione de' suoi concittadini e dai poteri pubblici con molte onorificenze.

A quarant'anni si uni in matrimonio colla Contessa Maria Caccialupi Olivieri, che ha lasciata inconsolabile, e dalla quale non ha avuto prole, così che l'illustre famiglia dei Gentili di Rovellone si è estinta con lui.

Le perdite d'uomini, quale fu il Gentili, in cui alle più elette qualità della mente si uniscono le più nobili e rare del carattere, sono un lutto per qualunque età e paese.

PUBBLICAZIONI

DEL CONTE AVv. Tarquinio Gentili

1. Juris conclusiones ex decisionibus deprompte a S. R. Rota editis anno 1833. Roma, Mugnoz, 1844.

2. Sul progetto di mantenimento e cura degli esposti. Macerata, Cortesi, 1862.

3. Progetto di regolamento per gli esposti. Id., Id., 1864.

4. Relazione sulla ferrovia provinciale Civitanova-Albacina. Id., Id., 1864. 5. Relazione sulla riunione ed aggregazione di Comuni. Id., Id., 1865.

6. Sul riordinamento degli archivi. Id., Id., 1866.

7. Il Comune e lo Stato. Pensieri in risposta al Prof. Gianquinto. Milano, Corradetti, 1866.

8. La tassa di ricchezza mobile e i censi. Sanseverino, Id., 1868.

9. Sullo indirizzo dei lavori del Comizio agrario. Macerata, Cortesi, 1870. 10. Parole inaugurali nell'apertura del Manicomio di Macerata. Sanseverino, Corradetti, 1871.

11. I pozzi neri. Macerata, Mancini, 1873.

12. Castello di Accola, memorie storiche dal secolo XII al XV. Rocca Sancasciano, Cappelli, 1873.

13. Le monete pontificie anonime e di sede vacante nel secolo XIV. Firenze, Barbèra, 1876.

14. La questione ferroviaria innanzi al Consiglio Provinciale di Macerata. Macerata, Cortesi, 1878.

15. Di una moneta inedita di Papa Clemente XII e della Zecca di Fabriano nel Secolo XVI. Camerino, Borgarelli, 1882.

16. Sul monumento Nazionale a Vittorio Emanuele II. Roma, Corradetti, 1883.

17. Sulla ferrovia Macerata-Piederipa. Macerata, Cortesi, 1883.

18. Le monete dei Pontefici romani Leone VIII e Giovanni XIII. Milano, Cogliati, 1890.

19. Le collezioni di numismatica. Bruxelles, Goemaere, 1892.

20. Sullo Statuto per l'Istituto Piceno in Roma. Macerata, Cortesi, 1892.

E. REGALIA.

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L. CAPPELLETTI, Vice-Direttore, E J. FINZI, Assistente

Manicomio Provinciale di Ferrara, diretto dal D.' R. Tambroni.

L'antropologia dei frenastenici è ancora incompleta. La deficienza degli studi clinici intorno ad essi ha fatto sentire necessariamente il suo contraccolpo sulle ricerche antropologiche. È ancora un campo di indagini non esaurito, quantunque di esaurito nulla ci sia mai, per vero dire, nella scienza, e sul quale è utile si volga l'attenzione degli osservatori. Noi non imprendiamo uno studio antropologico vasto, anzi non possiamo imprenderlo poichè dobbiamo trarre profitto di un numero limitato di crani. Il nostro studio quindi si presenta come un contributo modesto, ma coscienzioso, a quello che si è fatto o meglio a quello che si deve ancora fare.

La poca concordia degli Autori sulla classificazione della frenastenia ha portato ad una certa confusione nei risultati delle loro ricerche. Si è detto e si è ripetuto, incominciando da Esquirol, che la idiozia e la imbecillità non rappresentano due entità patologiche diverse ma bensì due gradazioni di una medesima forma morbosa, che da alcuni fu definita coll' appellativo generale di idiozia e da altri con quello di imbecillità. Se questo sia esattamente vero noi non lo sappiamo ancora: gli studi antropologici e clinici compiuti insino al giorno d'oggi non ci forniscono gli elementi necessari per fare o no codesta divisione. Nella ridda vertiginosa e incessante, che domina gli osservatori moderni e li conduce, per una specie di fobia del vecchio, a volgere la mente ad argomenti sempre nuovi, si è perduto pei frenastenici, cosi come per altre parti della patologia, la via maestra, e per studiare i rami minori si è finito per non studiare e spesso per non riArchivio per l'Antrop. e la Etnol.

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