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essere beni del vescovato. Difatti è da notare che Aimone cede alla chiesa di Vienna beni più prossimi a questa che a quella di Belley, e ne riceve in cambio altri a quest'ultima più vicini. È evidentemente una permuta di beni ecclesiastici fatta nel solo interesse delle due sedi episcopali. Contro la probabilità risultante dall' omonimia dei presunti padre e figlio, il cui nome, Umberto, ricorda la famiglia di Ugo re d'Italia, si può obiettare che l'eguaglianza di un solo nome, massime quando si tratti di un nome comunissimo in quei luoghi e in quel tempo, non può ritenersi neppure come un semplice indizio. Il nome di Umberto, stato portato da un bastardo di re Ugo rimasto sempre in Italia (1), non ricorda soltanto gli Ugonidi, ma anche la famiglia Bosonica, quella di Macon e quella di Salins. Nelle ricerche genealogiche l'omonimia per se sola, e specialmente quando è ristretta a un nome soltanto, è una guida mal sicura, una traccia fallace che, se non si procede assai cauti, può facilmente sviarci e condurci assai lontano dalla verità. Non è buona regola dedurre dal nome del figlio anche il nome del padre o di altro ascendente, giacchè molto frequenti sono i casi di nomi introdotti in qualche famiglia in seguito di affinità con altra in cui quei nomi medesimi erano già stati usati (2). Altra adunque e più verisimile può essere stata la ragione del nome di Umberto imposto al Biancamano ; e di essa, che abbiamo già accennato nel nostro lavoro sulla origine della Dinastia di Savoia, torneremo a parlare in seguito. Rivolgendo finalmente la nostra attenzione alla probabilità tratta

(1) Fu marchese di Toscana e padre di Ugo detto il grande, che tenne anch' egli quella marca.

(2) Berengario II re d'Italia portò questo nome perchè figlio di Gisla figlia di Berengario I. Roberto di Vermandois figlio di Eriberto II fu figlio di una figlia di Roberto I re di Francia. Burcardo I arcivescovo di Lione, figlio di Rodolfo II re di Borgogna, ebbe per madre Berta figlia di Burcardo duca di Svevia. I due figli di Riccardo il Giustiziere duca di Borgogna, cioè Rodolfo che fu re di Francia e Ugo detto il Nero, ebbero quei nomi perchè la loro madre Adelaide era sorella di Rodolfo I re di Borgogna e nepote di Ugo abate di S. Germano, conte di Angiò e duca di Francia. I figli di Adalberto II il Ricco, duca di Toscana, si chiamarono Guido e Lamberto perchè la madre di Adalberto, Rotilde, era sorella di Guido e di Lamberto duchi di Spoleto. Gli esempî si potrebbero moltiplicare.

dalla concordanza dei dati cronologici circa il tempo in cui i due Umberti, supposti padre e figlio, hanno potuto nascere, maritarsi e morire, ricorderemo come il Carutti, parlando dell' origine sassone di Casa Savoia, argutamente osservava che « rispettando la «< cronologia e usando di qualche libertà, lecita al poeta e non « ad altri, si può dar tinta di verisimiglianza a qualunque << agnazione; ma l'assenza di anacronismi non basta a provarla ». Il rispetto per la cronologia è una qualità senza cui non può vivere, anzi non può concepirsi nessun sistema; ma appunto perchè è necessaria e comune a tutti i sistemi non può dare

alcun valore a nessuno.

Da quanto abbiamo finora discorso intorno agli argomenti recati dal sig. de Manteyer in sostegno della sua ipotesi, ci sembra poter concludere che essi si riducono all'omonimia, limitata ad un solo nome, e al rispetto della cronologia. Ma se bastasse l'eguaglianza del nome e la concordanza dei dati cronologici per stabilire un' agnazione, sarebbero parecchi gli Umberti che potrebbero pretendere alla paternità del Biancamano. Mentre adunque questi argomenti, come ci pare evidente, sono al tutto insufficienti per solidamente basare il sistema ideato dal dotto autore francese, ve ne hanno di altri che, se male non ci avvisiamo, possono efficacemente combatterlo.

Il primo dei frammenti pubblicati dal Giry ci fa sapere, come abbiamo veduto, che il conte Ugo, il quale, secondo il sig. de Manteyer, sarebbe l'avo paterno del Biancamano, nel 927 dimorava e possedeva nel comitato di Troyes, appartenenza del reame di Francia; e dal secondo frammento veniamo a conoscerè che la contessa Villa, vedova di lui, tra il 967 e il 986, dimorando pur sempre in quello stesso comitato, disponeva pur essa di beni, posti nel medesimo regno, col consenso del conte Uberto suo figlio, presunto padre del Biancamano; prova sicura che anche quegli vi possedeva. Ora come può spiegarsi che in tutti i documenti riguardanti il Biancamano non sia mentovato alcuno di questi beni paterni, e che neppure negli atti de' suoi figli e de' suoi discendenti non v' ha mai neanche un accenno a possedimenti nel Troesino o in altre parti del regno di Francia? « E << chi crederà ripeteremo col Carutti che i principi di Savoia, << cosi operosi nel tutelare e rivendicare ogni sorta di diritti, non

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ARCH. STOR. Ir., 5. Serie. XXVIII.

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<< abbiano mai parlato » di possessi nel comitato di Sciampagna originario loro paese?

E non basta. Il conte Ugo, quel presunto avo di Umberto I (1), aveva amplissimi possedimenti nel Viennese, a lui concessi, come si è detto, dallo zio Ugo re d'Italia, già conte e duca nel regno della Borgogna cisgiurana. Ora domanderemo anche qui: come si spiega che negli atti riferibili al Biancamano, a' suoi fratelli e ai suoi figli e nipoti non si trova giammai nominato alcun luogo posto nella diocesi o nel comitato di Vienna? Dallo stesso esame dei possedimenti di Casa Savoia in quel tempo, condotto con speciale diligenza dal sig. de Manteyer allo scopo di precisare la topografia dei luoghi mentovati nei documenti (2), risulta chiaramente che i possessi del conte Umberto I e de' suoi parenti erano allora posti nella contea d'Aosta, nel Gresivaudan, ossia diocesi di Grenoble, nella contea di Belley e nella contea di Ginevra (3). Nulla affatto nel Viennese, se si eccettuino i beni ceduti nel 1032 dal vescovo Aimone, nepote del Biancamano e che, come abbiamo avvertito di sopra, non erano già beni ereditari, ma appartenenti alla chiesa vescovile di Belley. Il primo documento che mentovi beni posseduti dal conte Umberto è dell' anno 1022, ed in esso egli apparisce come proprietario nel pago Albanense, nel comitato di Ginevra, prossimo assai più che al Viennese, al comitato di Aosta, di cui tre anni dopo egli apparisce già conte.

Con atto di data incerta, ma sicuramente della fine del secolo X, Tibaldo, arcivescovo di Vienna, supposto zio di Umberto Biancamano, concesse in prestaria alcuni beni posti nel comitato di Belley a Oddone vescovo di questa diocesi e fratello di Umberto, e però anch' egli, secondo il sig. de Manteyer, nepote ex fratre di Tibaldo. L'arcivescovo chiama Oddone discendente di

(1) Avverto che col nome di Umberto I intendo indicare il Biancamano, non il supposto suo padre figlio del conte Ugo.

(2) DE MANTEYER, op. cit., pp. 423-24.

(8) Non ricordiamo i beni posti nel comitato di Sion di cui si parla in una carta del 1052, che contiene una donazione del vescovo Aimone, figlio di Umberto I, perchè egli li aveva avuti dal suo zio materno il conte Ulderico.

un'illustre razza (illustri stemmate). Non sarebbe invero un po'strano che Tebaldo lodasse la nobiltà della famiglia di Oddone, se la famiglia di questo fosse stata appunto la sua ?

Del resto, assai più verisimilmente che un antenato del Biancamano, in quel conte Ugo figlio di Guarnieri e nepote del re Ugo, credo che debba essere ravvisato un progenitore dei conti di Albon, poi Delfini di Vienna. Questa opinione, già espressa dal Guichenon e dallo Chorier, è stata riaffermata dal Gingins la Sarra, il quale, accennato alla donazione della corte Eltavense fatta dal re Ugo al conte Ugo suo nipote aggiunge: « Ce comte Hugues ou Guigues (Ugo ou Vigo) fut, selon toute << apparence, la tige des Dauphins de la première race. Il resulte << clairement de ces diverses donations que les domaines particu<< liers du roi Hugues s'étendaient le long de l'Isère et aux << environs de Romans, et qu'il furent ainsi détachés du comté << de Vienne pour former une nouvelle principauté patrimoniale « qui, plus tard, porte le nom de comté d'Albon » (1). La ragione dell'omonimia, e, maggiormente, quella dei possessi concorrono entrambe ad avvalorare questa opinione. Il nome di Ugo, con una lieve alterazione di forma (Ugo, Vigo, Guigo (2)) si vede costantemente ripetuto nei conti di Albon. Se il conte Ugo marito di Villa e padre dell' arcivescovo Tebaldo dovesse veramente, come afferma il sig. de Manteyer, essere identificato nel conte Ugo figlio di Guarnieri e nepote del re Ugo, nel conte Umberto figlio del primo Ugo ed unico erede di lui, sottoscritto nella carta di Fouchères, si dovrebbe riconoscere il padre di Ugo o Vigo II di Albon e del vescovo di Grenoble, Umberto, mentovati nella carta di Moras dell' anno 1009 (3), quegli come padre di Ugo o Vigo III e di Umberto che fu poi vescovo di Valenza, l'altro come zio di questi due. Il nome di Umberto, che s'incontra spesso nella famiglia dei conti di Albon, mi ha fatto ritenere possibile che la madre del Biancamano fosse appunto di questa casa (4); ed ora aggiungo che, tenuto conto del tempo, essa potè

(1) GINGINS LA SARRA, Mémoire sur l'origine de la Maison de Savoie. (2) Così il nome di Uberto si trasforma in Viberto e Guiberto.

(3) CHEVALIER, Cartulaire de St. André le bas de Vienne, Vol. I, p. 249, Num. 88.

(4) Ved. La Monarchia di Savoia dalle origini all'anno 1103, pp. 239-240.

molto probabilmente essere sorella di Umberto vescovo di Grenoble. Ciò spiegherebbe molto bene il nome di Umberto portato dal Biancamano, e il suo intervento nella carta di Moras insieme col conte Rodolfo, anch' egli parente per affinità dei principi di Albon. Ciò quanto all' omonimia, e quanto alla parentela del Biancamano con l' Ugo conte nepote all' omonimo re; parentela che, se fu, dovè sicuramente derivare da affinità, non da agnazione. Quanto poi alla ragione dei possessi, questa, dimostrando in modo non dubbio che, un secolo dopo la donazione di re Ugo, il pago Eltavense trovavasi nella giurisdizione non dei Sabaudi, ma dei conti di Albon, conferma pienamente l'opinione del Gingins, cioè che il conte Ugo, primo concessionario della corte che dette il nome al pago, e n'era il centro, fu appunto il capostipite della casa di Albon.

Il monastero di S. Barnard di Romans era situato nel pago Eltavense. In un antico testo citato dal sig. de Manteyer si trova scritto: Altavensi id est de Romanis (1). « Octavion (2)

<< dice il sig. de Manteyer

avait été le centre d'un pagus

<<< important du Viennois; puis son importance a diminué au << fur et à mesure que celle de Romans où fut fondée une abbaye << augmentait ». Ciò premesso, occorre ricordare che in una bolla di Leone IX dell' anno 1050, questo Pontefice ordina che sieno fatte cessare le usurpazioni che avevano sino allora desolata l'abbazia di Romans fondata da S. Barnard sulle rive dell'Isero e dedicata a S. Pietro ed agli altri apostoli. La bolla fu scritta a preghiera dell' arcivescovo di Vienna, e diretta all' arcivescovo di Lione, al vescovo di Valenza e a un conte borgognone in essa spiegatamente nominato (3). L' arcivescovo di Lione ed il vescovo di Valenza erano, oltre al metropolita di Vienna, i prelati più prossimi al monastero; il conte nominato nella bolla doveva essere del certo non solo il signore laico più vicino all'abbazia, ma anche il conte del luogo in cui l'abbazia stessa era situata, giacchè, essendo appunto il conte colui che, come autorità civile del luogo, aveva il dovere di tute

(1) DE MANTEYER, p. 443.

(2) Octavion è il nome volgare ed attuale di Eltavense. (3) CHARVET, Histoire de l'Eglise de Vienne, p. 292.

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