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>> cerdozio. Possa però destinarsi alle cura dei monasteri che sono nelle >> isole di Gorgona e di Capraia (1) ».

Fulminate queste pene, venne ad intendere il gran pontefice, che Saturnino, mentre dimorava nell' isola di Gorgona, invece di sottomettersi alle medesime, avea osato di ritornare. al sagrifizio dell'altare; per la quale notizia tanto s' infiammò lo zelo del santo padre, che nuovamente scrisse nel mese di ottobre a Venanzio di ben assicurarsi, se veramente l'indegno sacerdote avea celebrato i divini misteri; e nel caso che fosse così avvenuto, subito intimata gli fosse la scomunica, in modo che Saturnino non potesse mai più ricevere, nemmeno alla Pasqua, coi semplici fedeli la comunione eucaristica, ma solamente il viatico in punto di morte. Che se facesse in vita sua una condegna penitenza, noi, conchiude san Gregorio, lasciamo al tuo giudizio, il potergli permettere prima di morire l'eucaristia coi laici (2).

.....

(1) Quam fraternitas tua direxit, epistola, sollicitudinem tuam diligenter innotuit; sed cognita nos corporis tui molestia contristavit. Verumtamen dominica patienter debent sustineri flagella; nam frequenter ad emendationem aegritudo conceditur Ad fraternitatis tuae consulta respondentes, statuimus diaconum et abbatem de Portu Veneris, quem indicas cecidisse, ad sacrum ordinem non debere vel posse ullo modo revocari..... Saturninum vero expresbyterum, ut nunquam ad sacri ordinis ministerium praesumat accedere, scriptis cavere decrevimus etc. (lib. V, epist. III)

Questi decreti potrebbero ben disingannare e confondere quei ministri dell'altare che, caduti non una volta sola in eccessi vituperevoli, vogliono subito essere riconciliati coll'assoluzione, promossi agli ordini maggiori e all'esercizio del sacerdozio, abbenchè siano ancor fresche le turpissime loro piaghc, e fumante, per così dire, siane ancora il fetore, non sincera la loro conversione. San Gregorio Magno non era per certo un rigorista, intimando assolutamente quelle pene; che se vorrassi dire, la disciplina della Chiesa essersi cangiata, risponderei il suo spirito essere sempre lo stesso, perchè mai non si muta; la malizia di certe nefandità non essere niente minore di quello ch'era in allora, nè essere per nulla minore agli occhi di Dio nel secolo nostro la indegnità dei chierici incontinenti di quello ch'era nel secolo VI, maggiore però la presunzione dei tempi nostri. Del resto io rispetto e seguito al pari di qualunque altro l'attuale disciplina della Chiesa.

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Accedens ad Gorgonam insulam fraternitas vestra, discutiat id quod ad nos de Saturnino expresbytero est perlatum. Pervenit namque ad nos, quia, postquam pro crimine lapsus sui a sacerdotii ordine est deiectus, ad explendum ministerium presbyteri praesumit accedere, et omnipotenti Deo hostias immolare. Quod si ita factum fraternitas vestra repererit, eum sacri corporis et sanguinis dominici participatione privaverit, in poenitentiam redigat: ita ut usque ad obitum exitus sui in eadem excomunicatione permaneat, et viaticum tantummodo

Continuando con ardore san Venanzio la sua cura pastorale, divisò di fondare un monastero di sacre vergini, assegnando per la loro abitazione la casa sua propria ed un proprio suo podere, lontano circa due miglia dal fiume Macra; e quando il tutto ebbe compiuto, domandò con sue lettere al santo pontefice la facoltà di consecrare il nuovo oratorio ad onore dei santi apostoli Pietro e Paolo, Erma e Sebastiano. Gli accordò san Gregorio la chiesta permissione con le seguenti condizioni di donare cioè al monastero un calice d'argento con una patena pur d'argento di libbre due (giacchè di quei tempi le patene usavansi molto grandi per contenere le obblazioni dei fedeli), due tovaglie, una copertina sopra l'altare, dieci tappeti, oltre a diversi lavori in ferro e bronzo, ed un paia di buoi con due servitori per arare le terre del monastero; poste le quali cose, dovesse il santo vescovo ben osservare che nel suolo ove si costruiva l'altare non fossero stati seppelliti corpi umani (all'oggetto che coll'andar del tempo non si confondessero con le reliquie dei santi, i quali sotto l'altare solevansi riporre); e finalmente si facesse la solenne consecrazione dell' oratorio, senza però cantarvi messe pubbliche: praedicti monasterii oratorium absque missis publicis consecrabis, et caetera secundum morem (1).

Adempiute tutte queste clausole, ed eretto nelle debite forme il monastero, san Venanzio tornò a scrivere al sommo pontefice, pregandolo di volergli mandare una monaca, che in qualità di abbadessa potesse ben governare la nascente congregazione; ed il santo padre, condiscendendo di buon animo a questi voti, mandavagli da Roma una sacra vergine, saggia e religiosissima, come richiedeva il nuovo instituto, inculcando a Venanzio la sollecita cura che di quelle serve del Signore dovevasi assumere. Tal è l'argomento della lettera quadragesimaterza del libro decimo, nell' indizione terza, che corrisponde all'anno 601 (2).

exitus sui tempore percipiat. Sin autem eum fraternitas túa talem poenitentiam agere cognoverit, ut ei iuste ad recipiendam inter laicos communionem et ante exitum debeat misereri, hoc in tuae fraternitatis ponimus potestate. Mense octobri, indictione XIII (595). Lib. V, epistola VII.

(1) Lib. VIII, epist. IV, indic. I, cioè del 598. (2)

Ad Venantium Lunensem episcopum.

Fraternitatis vestrae adeo nobis sollicitudinem placuisse scribimus, ut nostri studii esset

Nè qui stette l'epistolare corrispondenza del papa san Gregorio con Venanzio, diverse altre commissioni trovandosi ad essolui delegate. E segnatamente raccomandavagli d' interporsi a favore di una monaca di nome Adeodata, la quale dalla madre sua non poteva ottenere quella dote che giusta il prescritto dalle leggi le apparteneva (1). Ingiungevagli con altra lettera di ordinare diaconi e sacerdoti, premesse però diligenti indagini sopra il loro merito, i quali potessero lavorare nella patria di Albione, maestro di soldati, per convertire quei popoli dall' idolatria e dalla superstizione al culto del vero Dio. In qual luogo fosse nato, o vivesse Albione, dalla lettera di san Gregorio non puossi conoscere, ma è cosa ben ragionevole il credere che fosse egli della provincia Lunigiana, e forse di qualche terra alpestre, in cui il paganesimo non era ancora pienamente distrutto (2). E finalmente nell' ultima lettera , pervenuta a nostra notizia, san Gregorio commette a Venanzio di pagare venti soldi d'oro, e più ancora abbisognando, per la ristorazione della chiesa di Fiesole, la quale minacciava imminente rovina; e ciò a richiesta del sacerdote Aggrippino e del diacono Servando : Quid petitio Aggrippini presbyteri et Servandi diaconi contineat ecclesiae Fesulanae, subiecta vobis pagina patefacit. Et ideo si ea, quae illic continentur, veritate subsistunt; atque tales personae ad vos venerint, qui

ea, quae voluistis effectu complere. Quia ergo scripsistis, ut personam transmittere debemus, quae in monasterio, quod in civitate vestra situm est, abbatissae regere possit officium, quam, divina misericordia suffragante, in regimine eiusdem monasterii strenuam posse existere arbitramur, illuc praevidimus dirigendam, ut a vobis, Deo protegente, debeat ordinari. Nam ad nos huc tantummodo causa orationis venit. Quia ergo memoratam ancillam Dei ad vestram voluntatem et scripta transmisimus; hortamur ut circa eam monasteriumque ipsius fraternitas vestra sollicitudinem gerat, atque degentem illis congregationem in Jesu Christi Dei et Redemptoris nostri servilio, adhortationis suae voce et bonorum operum exhibitione corroboret, et ita se erga exteriores utilitates eius, ubicumque necesse fuerit, et causas exhibeat, ut conversantes ibidem magnum in vobis subsidium, sicut decet, inveniant, et nullius rei necessitas deprimat: quatenus, dum vobis providentibus omnis eis fuerit amota necessitas, in oratione Dei et laudibus assidue secura valeant mente persistere. Sic etenim agetur, ut et illis electa conversatio ad salutem, et vobis proficiat ad mercedem. Nam gratia prorsus maior acquiritur, si de commissis ovibus lucrum offerat sollicitudo pastoris.

(1) Lib. IX, epist. XXIX.
(2) Lib. IX, epist. XXXIV.

bus aliquid debeat, usque ad viginti solidos, aut si plus vobis visum fuerit, in reparationem ecclesiarum, quae in ruinis esse perhibentur ... dare vos convenit (1),

Non leggiera fatica sarà quella di ricercare qual luogo debbasi intendere sotto il nome di ecclesiae Fesulanae. I Maurini lo intendono per la chiesa di Fiesole, antica città, oggidì assai picciola vescovile, distante da Firenze verso tramontana due miglia; e secondo questo sentimento bisogna credere che san Venanzio fosse un vicario pontificio, a cui san Gregorio delegava tutti gli affari della Toscana. Ma non potrebbesi ancora interpretare per un luogo della Lunigiana, il cui antico nome latino siasi confuso nell' oscurità dei tempi, o voltato in altra lingua ?

Qui finiscono le certe memorie di san Venanzio. La sua morte credesi avvenuta nel 603, nell'antica città di Tufigo, oggidì Albacina diocesi di Fabriano, nella marca d'Ancona; nella quale sentenza concordano gli scrittori della Lunigiana e le memorie di Albacina. Bisogna però supporre che là mandato egli fosse, per una speciale commissione apostolica, a trattare gli affari ecclesiastici di quella provincia. Il fatto è, che il corpo di san Venanzio di Luni con lunga inscrizione fu ivi trovato, il 26 dicembre del 1100, nella chiesa dedicata a suo onore. Nascose le sacre reliquie, furono per la seconda volta scoperte il dì 27 maggio del 1197. Furono riposte entro un avello di pietra, e sotterrate profondamente in cornu epistolae dell'altar maggiore; e qui scavandosi, il giorno 14 luglio 1823, per la terza volta si riconobbero con la seguente inscrizione:

(1) Lib. X, epist. XLIV.

IN NOMINE CHRISTI AMEN

A REPARATIONE DNI AN MCXCVII
REGNANTE RIGO IMPERATORE

INVENI CORPVS BEATVM
VENANTII V KALEND IVNII ET

HIC REQVIESCIT

* Enrico

Fece autentico processo di questa terza invenzione monsignor Pietro Balducci, vescovo di Fabriano, nel mese di dicembre 1825, e e pronunziò decreto dell'identità delle sacre reliquie, confermandolo dappoi la congregazione de' sacri riti.

Le quali notizie a me furono assicurate dal reverendo don Paolo Gabrielli, il quale per trentasei anni è stato parroco arciprete di Albacina, e di tutte le cose narrate fu testimonio oculare, anzi l'autore egli fu che si ricercasse il corpo del santo vescovo nella chiesa sua parrocchiale. Io conobbi questo virtuoso sacerdote in Roma, nel convento di santa Maria in macello Martyrum, nel mese di settembre 1840.

SECOLO VII.

Nei secoli seguenti ci rimangono diverse lacune, che non sappiamo come riempire. Nè deve ciò farci maraviglia, perocchè altre chiese in tali secoli ritrovansi in simili oscurità, e specialmente la lunense in quello spazio di tempo fu involta nei più orribili desolamenti.

Lazaro vescovo nel 603.

Solo il nome di questo vescovo è pervenuto sino a noi. Ughelli non seppe a qual anno fissare la sua sede il padre Renaldi, accuratissimo nelle sue addizioni e correzioni all' Ughelli, di lui tace onninamente: Bonaventura De-Rossi il pone dal 602 sino al 610, senza darci alcuna prova di tale assegnazione (1).

Lucio vescovo all' anno 610.

Di questo prelato scrissero gli storici della Lunigiana aver fondato un monastero di monaci ad onore di san Venerio nell'isoletta di Tiro, ove il santo abate era vissuto sino alla morte, ed il cui corpo appunto ai tempi del vescovo Lucio fu ritrovato ed esposto alla religiosa venerazione. Bonaventura De-Rossi asserisce esser morto Lucio intorno al

(1) Cap. VII.

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