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SECOLO I-VI.

La cristiana religione in Luni ai tempi apostolici: antichità del
vescovado cd estensione della diocesi: diritti e privilegi de' ve-
scovi Luni-Sarzanesi.

Luni, città presso alla foce della Macra, situata ai confini dell'Etruria
e della Liguria, e però da Plinio detta: primum Hetruriae oppidum
Luna, portu nobile (1), rinomatissima dai più rimoti tempi per la salubrità
del suo clima, per la fertilità delle sue campagne, e più ancora per la
preziosità de' suoi marmi (oggidì detti di Carrara), per la sicurezza
ed ampiezza del suo porto, soggiacque nella decadenza del romano im-
pero, come molte altre città italiane, all'estrema rovina, per le incur-
sioni e devastazioni dei barbari. Rotari, re dei Longobardi, se ne im-
padronì nell'anno 641 (2), e la disertò di abitatori, e le case ne spogliò,
e le torri e le mura quasi intieramente distrusse : orribile sterminio,
che il feroce principe continuò per tutta la Liguria marittima sino ai
confini della Francia. Dalla prima distruzione di Luni riconosce il prin-
cipio o per lo meno un grande incremento la terra di Sarzana, o Ser-
giana, oggidì città rispettevole (3).

Sparito Rotari, ritornarono i dispersi abitatori di Luni all'antico loro
suolo, cominciando a riparare i sofferti disastri, per maniera che la città
gradatamente si ristaurò, e crebbe di popolazione, di commercio e di
ricchezze. Ma non lungo tempo durò questa prosperità. I Saraceni, sbar-
cati sul lido, se ne impadronirono l'anno 849, e la sterminarono quasi
intieramente vi ritornarono nel 1016 con grande numero di navi, e ne

(1) Plin I c, n.o 8.

(2) Chrotarius (Rotari) Genavam (Genova), maritimam, Albinganum, Varicottum, Saonam,
el Lunam, civitates littoris maris de imperio Graecorum auferens, vastat, rumpit etc.
Fredegar. Chron. apud Bouq., tom. II, pag. 440. s. Gregor. Turon.

(3) Sarzana, chiamata così dalla villa Sergiana d'uno di casa Sergia: così frate Annio
nel celebre decreto di Desiderio, ed Antonmaria Salvini, Prose fiorentine, parte IV, vol. II,
pag. 253.

fecero l'ultimo scempio. « Per queste ed altre devastazioni la città di >>> Luni (scrive il Muratori) non risorse mai più il suo vescovado fu >> trasferito a Sarzana, città nata dalle rovine dell'altra » (1),

Al saccheggiamento delle guerre altre particolari cagioni si aggiunsero, cioè i ristagni palustri che resero ogni giorno più malsano quel suolo; ed 1 dinasti, ossia i marchesi della Lunigiana, i quali, volendo farsi signori indipendenti nel medio evo, non le pianure ma la sommità delle colline si eleggevano per fabbricarsi un castello, onde difendersi e presidiarsi contra i vassalli. Questi più che i barbari fecero disertare Luni; cosicchè al giorno d'oggi rare e meschine macerie vi si ritrovano, qua e là sepolte nell'arenosa campagna, e l'edifizio maggiore riducesi alla semidiruta ossatura di un mediocre anfiteatro (2).

Premesso questo rapidissimo cenno delle vicende di Luni, dirò delle cose sue religiose. E primieramente io reputo fondatissima l'asserzione dell' Ughelli, il quale scrisse: Christiana sacra Lunam excepisse primis Apostolorum temporibus fert inconcussa traditio. Si sa per certo, che i santi apostoli Pietro e Paolo in Roma fecero moltissimi discepoli, e molti ne mandarono in diverse provincie dell'occidente col carattere episcopale. Ciò dimostrarono uomini egregi con infinita erudizione, fra quali accenno Baronio, Tillemont e Natale Alessandro, sull'autorità di Orosio e di Eusebio. Cominciò l'Italia per essi ad essere illuminata dell'evangelica luce, siccome altrove ho dimostrato; e Luni, delle città d'Italia non l'ultima, come avrebbe potuto ascondersi allo zelo di questi uomini apostolici ?

Ma qual è il nome e la patria di costoro? Chi troppo ricerca, facilmente si smarrisce, nè devesi pretendere l'evidenza delle matematiche nelle verità storiche. Sono d'avviso alcuni scrittori sarzanesi essere stato predicato il santo vangelo in Luni, ai tempi che Sapizio proconsole, mandato da Nerone, reggeva questa città e provincia, per opera di san Paolino, discepolo degli apostoli e primo vescovo di Lucca. Altri ciò attribuiscono a san Paolo Sergio nativo della città di Pafo nell'isola di Cipro, discepolo del grande apostolo delle genti, e primo vescovo di

(1) Annali d'Italia, l'anno 849 e 1016.

(2) Emanuele Repetti nel suo Dizionario fisico-storico della Toscana. Firenze 1839, p. 944.

Narbona, di cui la chiesa di Sarzana celebra la memoria nel giorno 12 di dicembre (1). Io non ammetto, nè riprovo queste opinioni, perchè non tengo sode ragioni di approvarle nè di confutarle; e credo per certo che neppur altri troveranno facilmente prove da confermarle, o da smentirle. Tutte le ragioni, che io ho letto per l'una e l'altra sentenza, non mi convincono.

<< Non ebbe però la cristiana fede in Luni il suo primo incremento » senza spargimento di sangue. De' santi martiri porgono chiarissimo in>>dizio le vestigia di quel nobile anfiteatro, detto comunemente il Colos>> seo; ma di questi martiri la chiesa lunense non ha conservato memo>> ria» così precisamente afferma Bonaventura De-Rossi (2).

Simili asserzioni niente provano, e nulla conchiudono. Quanto è meglio il dire, di positivo ne sappiamo niente affatto? Se non vi è alcuna certa memoria, perchè asseverarci lo spargimento del sangue ?

In qual secolo poi l'episcopato abbia cominciato in Luni ad avere una sede permanente, è similmente una ricerca di non facile scioglimento. Con la missione apostolica ricevevano d'ordinario il carattere episcopale quei sacerdoti, siccome altrove abbiamo dimostrato, che intrepidamente andavano ad annunziare il santo vangelo nei paesi gentili; e dov'era maggiore il numero degli abitatori, o più facile la propagazione della cristiana religione, ivi solevano tenere più stabile e durevole la permanenza. Non sarà perciò vana congettura il dire, che sin dai tempi apostolici abbia avuto Luni di ferma residenza i suoi vescovi, per essere città ragguardevole, sì pel suo commercio marittimo che per le copiose produzioni del suo suolo. Stabilita ivi pertanto la sede episcopale, si applicarono quei sacri pastori a diffondere la luce evangelica in tutte le terre e castella della vastissima provincia; e cessando le persecuzioni, minori ostacoli trovò il loro zelo per abbattere dovunque l'idolatria.

Successero i tempi del medio evo, quando gl' imperatori ed i principi fondavano monasteri, e di larghe donazioni favorivano le chiese; ed allora fu, che i vescovi Lunensi non solo furono protetti, ma di molti

(1) La Lunigiana descritta da Bonaventura De-Rossi, ms., dedicata al sig. marchese don Giuseppe Malaspina, cap. III.

(2) Ivi.

privilegi e grandi possessioni beneficati. Lasciando per molto dubbiose quelle concessioni, che gli scrittori sarzanesi asseriscono fatte alla loro chiesa da Carlo Magno, molte ne fecero i suoi successori, Carlo il Grosso a favore del vescovo Gualcherio, Ludovico IV e Berengario I al vescovo Odelberto nell'890, Ottone il grande ad Adelberto nel 965, Ottone III, da taluni detto il IV, al vescovo Gottifredo nel 981, Conrado II al vescovo Vidone o Viridione nel 1028; confermate poi tutte queste donazioni ed ampliate a favore del vescovo Pietro da Federico I, ossia il Barbarossa l'anno 1185 (1).

Nuovi privilegi concedeva ai vescovi lunensi Ridolfo I imperatore nel 1285, e quello singolarmente proprio ai sovrani, di coniare monete, la qual concessione egli faceva in grazia del vescovo Enrico. Attesta Bonaventura De-Rossi di aver veduto alcune di queste monete in mano di Giovanni Battista Salvago, già vescovo di Sarzana, nelle quali era improntata la mitra, una mezza luna ed una croce da una parte, l'effigie ed il nome di Ridolfo dall'altra (2). .

Portavano i vescovi il titolo di conti della Lunigiana, ma Carlo IV loro aggiunse quello di principi del santo romano impero, come appare da diploma del 13 di febbraio 1355, dato al vescovo Gabrielle Malaspina : il quale privilegio è rammentato da Ughelli nel tomo primo della sua Italia sacra con queste parole: Lunensis episcopus in concessione imperatorum regumque Italicorum merum et mixtum imperium in ipsa Sarzana, tum et Lunensi territorio exercebat, princeps et episcopus.

Investiti di vera signoria ed assoluto principato esercitavano quei prelati una temporale giurisdizione in tutta la provincia, castigando i vassalli insubordinati, ed impugnando le armi alla guerra contro quei marchesi e signori circonvicini che, non contenti al proprio territorio, inoltravansi con la forza in qualche terra o castello della Lunigiana. Nè piccole per quei tempi erano le forze del vescovo mettendo egli tal

(1) Per l'autenticità di queste ed altre simili concessioni, mi rapporto al famoso codice Pallavicino, che sotto il nome di Codex Pelavicinius si conserva negli archivii del capitolo di Sarzana, alla pag. 56, giusta la citazione che ne fa Bonaventura De-Rossi al cap. III, e della cui fede non ho alcuna ragione di dubitare.

(2) Bonaventura De-Rossi, cap. III.

volta in campo dodicimila uomini di fanteria, oltre a quattromila di cavalleria, con tutte quelle macchine militari ed armi che la strategia di quei secoli adoperava. Ed avvennero pur troppo fatti guerreschi, e ne vedremo in appresso la cagione ed i risultamenti nelle gesta dei vescovi. Non deve farci meraviglia che tanta gente armata potessero radunare, perocchè la diocesi, a confronto di tante altre in Italia, era vastissima di territorio sin dai primi secoli e popolatissima di abitatori. Asserisce il sopramentovato scrittore, che « la diocesi era numerosa di poco >> meno di duecento mila abitatori, e di più signoreggiarono anco nel >> temporale una gran parte delle terre e castella, che frequentissime » vi si vedono, e di alcune in particolare, che nel codice Pelavicino >> rimangono specialmente notate, in numero di trentaquattro, cioè Car» rara, Avenza, Marciasio, Pulica, Tenerano, Solera, Cassano, Cole>> chia, san Terenzo in montibus, Ponzanello, Gineano, Montebello, >> Moncingoli, Ceserano, Arcola, Ortonovo, Castelnovo, Sarzanello, Fal>>cinello, Ponzano, santo Stefano, Bollano, Tinegna, Carpena, Isola >> Vezzano, Cerri, Trebiano, Corvo, o sia Monte Marcello, Nicola, Casti>> glione, Bracelli e Beverino... e tutti li baroni, marchesi e conti di >> questa provincia pagavano loro il censo, o sia tributo delle loro castella >> e dei beni feudali che possedevano, siccome le dogane del sale, i dazi, gabelle, e le cave dei marmi di Carrara erano della mensa episcopale. >> Avevano già venti migliaia di scudi d'oro imperiali d'entrata, ed in >> somma erano forti e potenti, che da se soli bastavano a mettere in >> campo poderosi eserciti ec. (1) ».

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Tanta grandezza della chiesa lunense andò decrescendo nel correre dei secoli. I monasteri, che molti erano nella Lunigiana, arricchiti di vasti dominii dalla beneficenza dei principi, ottennero giurisdizione temporale tutta propria, e privilegiati con molti indulti dalla santa sede, cercarono di non dipendere dalla spirituale vescovile. I vassalli, acquistando un titolo o copia di ricchezze, non volevano più ricevere dalla chiesa le antiche investiture; i feudatarii ambiziosi estesero la loro signoria; i comuni si formarono un assoluto reggimento; la repubblica di Genova s' impadroniva di una vasta porzione della Lunigiana, e così il (1) Ivi, cap. III.

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