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Gofredo o Gotofredo II all'anno 1135.

Ottenne questo vescovo nell'anno 1137 da papa Lucio II una sentenza, con cui dichiaravasi, che il monastero di S. Caprasio era immediatamente soggetto alla giurisdizione di lui e de' suoi successori.

Nell'anno medesimo Gofredo fece una donazione di molti poderi e redditi, sì in terre che in decime, ad Alberto arciprete di S. Andrea di Carrara; la quale donazione fu fatta all'oggetto che la chiesa carrarese, ridotta ad una sola pievanìa, avesse un sufficiente numero di chierici, che vivessero in vita comune, ed intieramente fossero occupati nel culto divino ut clerici qui ibidem pro tempore fuerint in communi vita permaneant, et divinae maiestati servire se studeant (1). Tal era l'espresso intendimento dell'arciprete Alberto, il quale istantemente richiedeva il vescovo di questa assegnazione, e tale pure la volontà non solo del prelato, ma delle primarie dignità del capitolo sarzanese, del capitolo sarzanese, che trovansi in quell'atto sottoscritte nella seguente forma: actum in synodo habita in ecclesia sancti Andreae de Sarzana, anno Domini 1137, tertio nonas iunii ego Gofredus episcopus propria manu subscripsi - ego Hugo lunensis archipresbyter subscripsi - ego pastor sanctae lunensis ecclesiae praepositus subscripsi - ego Gregorius s. lunensis ecclesiae cantor subscripsi.

Pare rilevarsi da questo atto, che Gofredo abbia celebrato un sinodo, e sarebbe per avventura il primo che siasi tenuto in Sarzana, giacchè cominciavano in quel secolo i vescovi ad aver in essa città l'ordinaria loro residenza. Ed appunto perciò Gofredo si credette in diritto di esigere da quei cittadini il giuramento di fedeltà e di obbedienza, che prestarongli diffatti nel mese di luglio del 1140, riconoscendolo, qual egli era veramente, loro signore.

Assicurato il legittimo possesso di sua temporale sovranità, pensò il vescovo Gofredo di viemmeglio assicurare i beni che appartenevano al suo episcopato e alla sua chiesa, soggettandoli all'autorità pontificia ; che però fece ricorso a papa Eugenio III, che in quei giorni dimorava in Pisa. E questo pontefice emanava diffatti una bolla, in data dell'11

(2) Ital. Sacra, tom. I.

novembre 1149, iu vigore della quale accettava sotto la immediata sua protezione qualunque siasi bene e ragione della chiesa e vescovado lunense; e perchè non potesse sorgere dubbio od errore sopra la qualità, quantità e località di tali beni, il papa tutti ad uno ad uno li nominava nel suo diploma. Nè ancor contento di questa assicurazione, altra simile ne domandava Gofredo dal papa Anastasio, immediato successore del precedente, e la otteneva nel 1153, sottoscritta da quattro cardinali (1).

Potrebbesi qui dubitare essere stato questo vescovo troppo tenace dei suoi beni temporali, veggendo in lui tanta premura di conservarli con reiterate sicurezze; per altro, se ben si osserva la sua condotta, chiaramente si scorge che ne sapeva usare con sommo giudizio ed insieme con somma liberalità. Oltrechè erasi spogliato di tutti quelli che possedeva in Carrara, perchè il divin culto di quella chiesa fosse sempre celebrato decorosamente; altra donazione egli aveva fatto nel 1151 a a favore dei canonici lateranensi e del priore di san Frediano di Lucca, che il Landinelli afferma essere stata rinnovata con le più ampie forme nell'anno seguente 1152 (2)

Un'altra poderosa ragione, dedotta dalle circostanze dei tempi, obbligava il vescovo Gofredo ad assicurare i beni della sua chiesa sotto la più autorevole protezione. Dalla parte di levante di sua diocesi stavano continuamente armati i Pisani, da quella di ponente i Genovesi due nazioni, come ognun sa, rivali, ambiziose e potentissime; si aggiungevano i governatori di Lucca ed i marchesi Malaspina, che altro non cercavano che dilatarsi sempre più e fortificarsi nella Lunigiaaa; e contro l'ingorda ambizione di questi potentati, come avrebbe potuto sostenersi un vescovo, se non invocava a suo patrocinio l'autorità della santa sede, pel rispetto della quale tener fermo ciò che con private sue forze non avrebbe mai potuto difendere?

Contuttociò non si lasciava avvilire da bassa pusillanimità, allorchè vedevasi in pericolo di essere spogliato de' suoi diritti. Narrano i due più valorosi storici della Lunigiana (3), che Gofredo « armò contro

(1) Presso l'Ughelli, e nel Cod Pelavic.

(2) All'anno 1152.

(3) Ippolito Landinelli e Bonaventura De-Rossi, all'anno 1157.

>> di Federico Barbarossa nel 1157 un poderoso esercito di dodici mila >> uomini e quattro mila cavalli, con animo risoluto di contrastargli il passaggio, che di Lombardia avesse tentato per la Toscana alla volta

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» di Roma; di che sdegnatosi Federigo, quantunque per allora non » curasse di calar in Italia, essendovi venuto per la seconda volta nel>> l'anno seguente 1158 (1), proibì nondimeno ai Malaspini di Filatera >> il prendere per l'avvenire l'investitura di quel marchesato dal vescovo » Gotifredo e dai suoi successori; ed in appresso instigò ai Genovesi >> ad accostarsi con i Lucchesi, per le tratte del sale da Motrono a » Luni, da Luni a Roma, e da Roma a Portovenere, siccome fecero » nel 1159, con notabile pregiudizio del vescovato lunense ».

Ma nel principio di quest'anno Gofredo, secondo la cronologia del De-Rossi, avea finito di vivere, se pur non era morto nel fine dell'anno precedente.

Andrea nel 1160, Rainero o Raimondo nel 1168, Pipino degli Arrighi nel 1170, Alessandro nel 1179, supposti vescovi di Luni.

Questi quattro vescovi da Ferdinando Ughelli sono assegnati alla chiesa di Luni, non marcando dei primi due nulla affatto, del terzo dicendo solamente essere stato nativo di Pisa, della famiglia degli Arrighi, e trovarsi nominato in una scrittura del 21 agosto del 1170; e del quarto, ossia di Alessandro, affermando essere intervenuto ad un concilio celebrato dal romano pontefice in Laterano nel 1179, ed essere sottoscritto tra i vescovi della provincia di Ravenna.

Anche Bonaventura De-Rossi tutti quattro li riconosce a vescovi di sua patria, soggiungendo essere inscritto il nome loro nella gerarchia ecclesiastica, dipinta nella sala del palazzo vescovile di Sarzana. Alcune poche cose ei dice di tutti quattro, e segnatamente del vescovo Andrea, supponendolo intervenuto alla consecrazione della chiesa di Portovenere celebrata, ei dice, da papa Alessandro III, mentre da Roma viaggiava

(1) Muratori, Annali d'Italia, all'an. 1158.

Vol. II.

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per la Francia, nel mese di gennaio del 1162. Che il santo padre sia sbarcato nel suo viaggio in Portovenere, il Baronio ed il Caffaro, accuratissimi scrittori, non ci dicono nulla; e dove abbia tratto una tale memoria Bonaventura De-Rossi, io nol saprei.

Contra l'asserzione di questo scrittore insorge il dotto padre Renaldi, affermando senza timore di errare, che Andrea, Raimondo o Rainero e Pipino non siano mai stati vescovi di Luni-Sarzana, o se tali furono, non meritano altro nome che di vescovi intrusi e scismatici: isti aut nunquam in hac cathedra sederunt, vel in schismate ab antipapis sunt intrusi. Ed ecco la ragione a cui appoggiasi questo giudizioso critico. Al vescovado di Luni, intorno all'anno 1159 fu promosso da papa Alessandro III un sacerdote di nome Pietro, il quale visse in quella chiesa sino all'anno 1185; dunque in tal tempo non poteva essere legittimamente occupata dagli altri vescovi, nominati dall'Ughelli e da' suoi seguaci. Al vescovo Pietro diffatti è diretta da quel pontefice una bolla, in data di Laterano nel 1179, la quale è riportata dall'Ughelli medesimo nelle memorie di esso Pietro, e non si è mai rivocata in dubbio la sua genuinità. In questo diploma papa Alessandro concede al vescovo Pietro una preminenza e giurisdizione sopra l'abate ed i monaci del monastero di S. Caprasio dell'Aulla; « ma noi, soggiunge il santo padre, >> non abbiamo voluto tanta facoltà concederti, senza udire alla nostra » presenza l'una e l'altra parte. Anche il nostro immediato predecessore (che fu Adriano IV, non Celestino) innanzi di voler giudicare di questa » tua controversia, e benedire quell'abate, come desiderava, determinò >> un giorno, in cui tu e quegli vi presentaste al suo cospetto, adducendogli idonei testimonii o sicuri documenti, coi quali la verità e giustizia >> delle cose ben si conoscessero; sed tam tibi quam eisdem monachis » diem praefecit, ut tunc utraque pars sanctae apostolicae sedis conspectui » se praesentaret, et iustitiam suam per idoneos testes sive per authentica » instrumenta ostenderet. Ma intanto è avvenuto, che innanzi del giorno >> prefinito a questa disquisizione, il nostro predecessore è passato a miglior vita; e noi siamo succeduti, sebbene contro i nostri meriti,

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>> alla sua dignità: interim eodem praedecessore nostro, sicut Domino

))

placuit, viam carnis ingresso; nos qui licet indigni ect

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Mori Adriano IV nel primo giorno di settembre del 1159; dunque prima di questo anno Pietro era già vescovo di Luni; e tale essendo, come mai si potrebbe collocarvi Andrea nel 1160? Pietro essendo vissuto nel vescovado sino al 1185, come supporre vescovi gli altri tre, Rainero nel 1168, Pipino nel 1170, Alessandro nel 1179?

Alessandro, scrisse Ughelli, intervenne al concilio di Laterano; benissimo ma era vescovo di Forlì e non di Luni: sedi adiucandus liviensi seu foroliviensi, quae Ravennati paret, quam lunensi (1). Non rimane quindi altro scampo, se non o cancellarli affatto dalla sede di Luni, o riputarli vescovi intrusi e scismatici, la quale ultima congettura mi pare assai verosimile. Nella canonica assunzione alla santa sede di Alessandro III nel 1159 fu creato un antipapa, che prese il nome di Vittore IV, favorito grandemente dall'imperatore Federico Barbarossa. Nominò questo sedicente pontefice più vescovi a diverse sedi; ed essendo venuto a Lucca, ove morì il 20 di aprile del 1164, qual maraviglia che abbia voluto preporre in Luni per vescovo una sua creatura, abbenchè in Luni esistesse il legittimo vescovo qual era Pietro? Dopo dell'antipapa Vittore, furono similmente intrusi altri pseudo-pontefici, cioè papa Pasquale III, Callisto III, Innocenzo III, che continuarono lo scisma per venti anni in tutta la chiesa; ed eglino pure, violando ogni legge, mandavano le creature loro ad occupare le sedi vescovili. Rainero e Pipino, se pur di Luni si vogliono vescovi, bisogna dire che fossero di costoro, al tempo appunto che Pietro n'era il legittimo pastore. La quale congettura tanto più ci pare verosimile, in quanto che a Pipino è attribuita la fondazione della badia di Monte-Corvo (2).

Pietro vescovo nel 1159.

Abbiamo dimostrato abbastanza nell' articolo antecedente la sua promozione alla sede di Luni, con la bolla di papa Alessandro III nell'anno 1179, sottoscritta da venti cardinali, lasciando in dubbio se sia stato

(1) Ughelli, edit. venet., in nota ad n.o XXIII.

(2) « L'antica badia di Monte-Corvo, scrive il dottore Targioni-Tosetti, fu fondata l'anno » 1176, e dotata di beni da Pipino vescovo di Luni, come apparisce dall' instrumento au» tentico registrato nel codice Pallavicino, a carte 294 (Tosetti, tom. XI, pag. 91 e 92) ».

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