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A PROPOSITO DI UN RECENTE LAVORO SU PIETRO COLLETTA

NOTERELLA CRITICA DEL SOCIO CORRISPONDENTE

Prof. CAMILLO MANFRONI

Se leggiamo la biografia di Pietro Colletta, che Gino Capponi premise alla prima edizione postuma della Storia del Reame di Napoli, lo storico napoletano ci appare sotto una luce assai favorevole: onesto, operoso, integerrimo nella vita privata e nella pubblica, amantissimo della patria, dispregiatore d'ogni cosa vile, sincerissimo, veritiero negli scritti; degno insomma d'esercitare l'uffizio di censore delle opere altrui, di condannare o di lodare cittadini e re, istituzioni e leggi.

E se ricerchiamo nel carteggio di quei letterati, che gli furono compagni negli ultimi anni della vita durante la relegazione di Firenze, se desideriamo conoscere l'opinione che di lui ebbero Pietro Giordani, G. B. Niccolini, Giacomo Leopardi, vediamo la figura morale di lui giganteggiare su quella dei suoi contemporanei. Il Leopardi lo dice« anima nobilissima»; il Giordani prezioso, ottimo, rarissimo, impareggiabile », e il Capponi nella prefazione ad un discorso sulla Storia della Moderna Grecia << animo temprato di tempra incredibile ai volgari, somigliante più agli esempi antichi, che non alle forme più frequenti in questa civiltà nostra ».

Ma fra gli scrittori del mezzogiorno d'Italia ben rari sono quelli che pronunciarono giudizio favorevole sul Colletta e sull'opera sua: frequentissimi quelli che a piene mani gettarono sulla sua memoria il vituperio. Vile, procacciante, mancatore di fede, sfruttatore di donne, salito in alto colla frode e colla menzogna, ignorantissimo e presuntuoso; ecco gli epiteti che più frequentemente ricorrono in numerose pubblicazioni critiche e polemiche.

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