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EZZELINO E L'ELEZIONE DEL VESCOVO IN PADOVA

NEL SECOLO XIII

MEMORIA

del

Prof. LUIGI ALFREDO BOTTEGII

Durante il secolo XIII l'elezione dei vescovi in Padova non fu cosa semplice e facile; ora per le dilapidazioni del patrimonio della Chiesa, come nel 1128 quando si trattò, in mezzo a lunghi contrasti, della nomina di S. Bellino; ora per le discordie tra guelfi e ghibellini, ora per l'antagonismo tra capitolo dei canonici e l'abate di S. Giustina.

Nel 1148, dovendosi dare un successore a S. Bellino, dopo nuove difficoltà, prevalse Giovanni Cacio. Per la prima volta allora l'abate di S. Giustina fu tra gli elettori, per quanto Gregorio VII avesse limitato ai soli canonici l'ufficio di scegliere il vescovo, lasciando ai monaci il diritto di eleggersi i capi dei loro conventi. Ma in Padova non si tenne conto della ingiunzione papale, forse perchè quivi, dopo quella del vescovo, la maggiore dignità ecclesiastica era quella dell'Abate (1). Così questi fece prevalere su gli altri le proprie ragioni allorquando (1164) si venne alla elezione di Gerardo, il dotto canonico maestro di giurisprudenza prima che si fondasse l'Università (2). E nel 1213. dopo le dimissioni di Ge

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(1) D. IACOBI CAVACH. Hist. Coenobii D. Instinae. Patavii, 1696, p. 6€. (2) Si noti l'errore del Cavacio (op. cit. p. 66) che lo fa rettore della Università che allora non esisteva: legum interpres publico Gymnasio patavino preerat, e del Gennari (Breve memoria... sopra li vescovi di Padova. Padova, 1805; p. 15) il quale pure asserisce che reggeva le scuole di Leggi ». Regere legibus, la frase del documento pubblicato dal Gloria in Mon. della Università di Padova. Venezia, 1884. Appendice, pag. 11 n.o 564, significa insegnare diritto (V. DU CANGE alla parola regere); Gerardo insegnò privatamente.

rardo, i canonici gli riconobbero il diritto di partecipare alla elezione (1) non senza aver prima cercato di nominare il successore all'insaputa dell'abate Arnaldo; il quale, per sventare la sorpresa di Giordano Forzatè, desideroso di far riuscire Giovacchino monaco del suo convento, ricorse al Papa; potè render nullo questo tentativo, ed anche ottenere il riconoscimento dei suoi diritti (2).

Ma nel 1228, nove mesi prima della morte del vescovo Giordano (3) i documenti mostrano un gran lavorio del capitolo per escludere Arnaldo dalla prossima elezione, che potè aver luogo soltanto nel luglio del 1229, appunto per i soliti litigi. Questa volta intervenne Gregorio IX (4) e l'Abate dovette chinare il capo dinanzi alla volontà del Beato Giordano che, come arbitro, senza per altro compromettere il diritto per l'avvenire, favori l'elezione di Iacopo Corrado.

Ciò che accadde alla morte di questi (1239) è più specialmente interessante a conoscersi, perchè si riferisce al periodo del governo ezzeliniano; e noi ne tratteremo colla scorta di documenti raccolti nel ms. codice brunacciano, esistente nell'archivio del Seminario Vescovile, e fra le pergamene del Capitolo di Padova.

(1) DONDI. Dissertazione VI sopra l'istoria ecclesiastica Padovana. Padova, 1813; doc. CLXXXIII e CLXXXIV.

(2) CAVACH, op. cit., p. 84-85. Si correggano due errori dell' UGHELLI (Italia Sacra. Venezia, 1720 col. 441): Gerardo Offreducci (egli dice Pomedella) fu eletto nel 1164 (egli ha nel 1169), V. anche doc. VIII.

(3) Correggasi un altro errore dell' Ughelli (op. cit. col. 444) il quale afferma che in quest'anno 1228 morì pure Giordano Forzatè, dopo essere stato tormentato da Ezzelino. No! nel 1248. (V. COSTANTINI. Memoria... del Beato Forzatè. Venezia, 1745; pag. 177, 178).

(4) Questi scrisse allora le bolle Quod cum e Significantibus con cui rimetteva la decisione della lite agli arcidiaconi di Vicenza e di Ravenna dimoranti in Padova, e all'Arciprete di Este. Di queste bolle abbiamo veduto il sunto in ORTOLANI. Repertorio dei documenti di S. Giustina; p. 6. È ms. del Museo Civico di Padova, segnato: stanza H, VII. All'elezione non intervenne l'Abate di Vangadizza, come vuole il Dondi. Il documento su cui poggia la sua asserzione (Diss. VII; doc. LXIV) non è del 1229, ma del 1239. Infatti Gregorio di Montelongo ivi ricordato non fu delegato dal Papa prima del 1238. (V. FRANKFURTH. Gregorius de Montelongo. Ein Beitrag zur Geschichte Oberitaliens in dem Iahren 1238-1269. Marburg, 1898).

Comunemente si dice che Iacopo Corrado mori il 5 aprile 1239; ma il documento n.o I ci attesta che precisamente in quel giorno Arnaldo, per mezzo del notaro Guglielmo Guntarino, sostiene di avere secondo Dio e secondo giustizia il diritto di partecipare alla elezione. Perciò, e per non fare torto all'Abate ed al capitolo, pensando che ancor calda la salma del venerando Corrado si sbizzarrissero nelle loro contestazioni, stiamo piuttosto alla Cronaca delle Carceri, che segna al 3 aprile la morte del vescovo (1).

I documenti che noi pubblichiamo e quelli editi dal Dondi e dal Gloria si riferiscono al periodo di tempo che corre dal 5 aprile 1239 al 25 ottobre 1240. Eccone in breve l'argomento.

(5 aprile) Guglielmo Guntarino, notaro, nunzio e causidico di Arnaldo (2) protesta a più riprese dinanzi a varî canonici ed all'arciprete, che detto Abate ha diritto all'elezione del vescovo insieme al Capitolo. Delle sue dichiarazioni fa stendere un pubblico strumento firmato dal notaro del sacro palazzo (3).

(13 aprile) Gregorio di Montelongo (4), notaro del Papa scrive all'abate di Vangadizza della diocesi di Adria, relativamente al desiderio che hanno Arnaldo ed il primicerio dei Cappellani di Padova,

(1) Si corregga l'errore dello Scardeone (De antiquitate urbis Patavii. Basilea 1560, p. 125) che afferma essere egli morto nel 1256. Il DONDI (Diss. VII, p. 57) ha: 5 aprile; ma può essere per un errore di stampa, perchè nell'appendice cita la Cronaca delle Carceri.

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(2) Questo Arnaldo, vir nobilis natione, quia de progenie Cataniorum de Limena (ROLANDINO, in Pertz M. G. H, T. XIX, p. 71) quando nel 1237 Ezzelino entrò in Padova, fuggì a Monselice, dove nel 1239 si presentò all' Imperatore Federico dicens quod Ecelini timore fugerat de Monasterio illo quod nunc est Domini Imperatoris, et eixs erit donec vixerit idem Abbas ›. Il suo dire fece effetto: Federico lo condusse seco a Padova e lo rimise nel monastero (ROL. ivi). Ma più tardi incorse nuovamente nell'odio di Ezzelino che lo chiuse in un tenebroso carcere, dove morì nel 1255 in odore di santità (ANNALES S. IUSTINAE in Pertz, M. G. H, Tomo XIX, p. 164-165).

(3) Doc. n.o 1.

(4) Costui, nato dal nobile Lando di Montelongo (FRANKFURTH, op. cit. p. 9), mel 1238 era notaro del Papa (p. 10); e poi Legato apostolico nella Lombardia, nella Romagna e nella Marca di Treviso (p. 12).

di assistere ed aver parte alla nomina del vescovo (1). Ciò prova che ai postulanti era stato risposto immediatamente con un rifiuto e che essi credettero di potersi appellare ad una autorità superiore.

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(26 aprile) L'abate Guidone di Vangadizza, allora per mezzo di Alberto Guntarino mandò ai canonici una lettera nella quale, dopo la notificazione della sua nomina ad arbitro della vertenza, era detto: poichè l'abate di S. Giustina ed il primicerio insistono nel voler presentare i testimoni dei loro diritti, vi annuncio che, trascorsi sei giorni dall'accettazione di questa mia, dovrete venire al monastero di Vangadizza per decidere dei testi che i richiedenti intendono produrre. I canonici non solo ricusarono di leggere questa lettera, ma neppure vollero riceverla, sicchè il nostro Alberto la lasciò senz'altro sull'altare di S. Maria (2).

Gregorio di Montelongo trovò arbitrario l'operato di Guidone, cui aveva dato l'incarico di esaminare da sè i testimonî vecchi e valetudinarî; anzi, in seguito alle rimostranze di Arnaldo e del primicerio (10 giugno) gli tolse l'incarico, e rimise la causa all'Abate di Gavello, pregandolo di dare una soluzione definitiva (3). Non sappiamo quale sia stato il procedere di costui; ma, a differenza dell'Abate di Vangadizza, deve avere sostenuto i diritti di Arnaldo, se i canonici, per mezzo di Salione, ricorsero (17 luglio) a Benedetto delegato del Papa, protestando che essi non audebant mandatum domini Pape.... ad implere, e che se questo contegno avesse loro procurato qualche molestia, si sarebbero appellati al Pontefice, alla cui protezione si rimettevano fin da allora (4). Inutile! L'Abate di Gavello tenne duro; e due mesi dopo (15 settembre) impose ai canonici di trovarsi entro dieci giorni a Monselice, perchè Arnaldo intendeva presentare i testimoni del suo diritto, minacciando di decidere anche in loro assenza, secondo che la giustizia gli avesse suggerito (5). I canonici si affrettano ad inviare all'Abate di Gavello il loro rap

(1) GLORIA. Monumenti dell' Università di Padova. Venezia, 1884, p. 11 dell'Appendice. Il DONDI (Diss. VII, p. 71), ha lo stesso documento colla data 1229 certamente errata.

(2) Doc. n.o 2.

(3) Doc. n.o 3.

(4) Doc. n.o 4, e Doxdı, op. cit. Diss. VII, doc, XCV,

(5) Doc. n.o 5.

presentante, Anselmo di Terralunga, per conoscere il termine stabilito alla trattazione della causa; il parere suo circa l'ammissione dei testi vecchi e valetudinari e il luogo ove il Capitolo possa adunarsi senza pericolo della vita, quod ad locum Montisilicis non audent accedere sine periculo personarum propter inimicitias capitales et propter discrimina viarum (1).

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Nondimeno il 23 si trovano a Monselice i canonici delegati a rappresentare il Capitolo e con essi l'abate Arnaldo. Ma (il perchè non è detto) non si trova il giudice nominato da G. di Montelongo. Giovanni Sigillo, presentando una lettera di contestazione dei diritti di Arnaldo, dice rivolto a quest'ultimo: Voi avete citato il Capitolo dinanzi all'Abate di Gavello, e, a danno della Chiesa di Padova, testimonî che non debbono essere accolti. Dunque, dite, dov'è l'Abate di Gavello? Arnaldo non lo sa; e Giovanni inutilmente lo cerca. nella canonica. Invano si recano in traccia di lui il giorno successivo, nel quale Arnaldo annuncia che si trova a Tribano. Eppure l'Abate tanto ricercato è in Monselice, se Grimaldino di Giovanni, all'intimazione del banditore Gerardo de' Guercili, potè dire: « venite e ve lo mostrerò, perchè è proprio in questo luogo » (2). E che ci fosse lo prova il documento n.o 8, dal quale appare altresì che il presbitero Grimaldo di S. Martino di Padova affermò che Aldrico, abate di S. Giustina, fu tra gli elettori di Gerardo da Marostica dopo la morte di Giovanni Cacio. Interrogato come lo seppe rispose: perchè vi prese parte e vide, quia erat scolaris (3) in maiori ecclesia et serviebat Paduanis canonicis (4). E il giorno successivo (25 settembre) i contendenti si accordano nella nomina di Guntarino a

(1) DONDI, op. cit. Diss. VII, doc. XCVI.

(2) Doc. n.o 6 e 7.

(3) Scolaris significa qui cherico; schola era il collegio dei canonici.

(4) GLORIA, op. cit., p. 11, n.o 564. Il documento, che nell'opera del Gloria è riportato sino a queste parole, e di cui noi pubblichiamo la parte che ivi manca, è interessantissimo. Da esso appare (Doc. n.° 8) che Grimaldo, dell'età di 100 anni, e il sarto Grebio di Rinaldo Crati, ambedue presenti la bellezza di 70 anni prima alla elezione di Giovanni, ricordavano la rinuncia all'episcopato fatta da Gerardo, il tentativo di esclusione dell'Abate di S. Giustina e il ricorso fatto da questi al Papa, che gli dette ragione; sì che i canonici dovettero sottoscrivere un istrumento pubblico nel quale si riconosceva all'Abate il contestato diritto.

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