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Roma, Forzani e C., tip. del Senato.

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NTORNO agli artefici che fiorirono in Roma nei secoli XII e XIII, a quei «< magistri romani » (come fieramente si firmavano) da cui l'arte decorativa ebbe nuove forme gentili che si elevarono talvolta all' altezza di una vera ed originale Rinascenza, studi d'illustrazione non mancano. Ma raramente tali studi vanno oltre il campo esterno delle investigazioni; essi vertono cioè sulla ricerca e l'enumerazione delle opere, l'interpretazione delle iscrizioni, senza addentrarsi nell'analisi degli elementi stilistici o paleografici, ne' raffronti, nelle ricerche sistematiche d'archivio. Ed anche in questo campo molti punti rimangono non bene chiariti. Uno di questi è quello della genealogia di quel gruppo d'artefici, forse il maggiore, certo il più noto di ogni altro, che si è convenuto di chiamare << dei Cosmati »>, e che sinora tutti concordemente hanno ritenuto abbia formato una sola famiglia.

Senza parlare dell'ipotesi del Promis (1) che per un lungo tempo fu seguita (ad es. dallo Schnaase e dal v. Reumont), finchè il lavoro del Boito (2) la demolì, riporterò

(1) C. PROMIS, Notizie epigrafiche degli artefici marmorari romani dal x al XV sec., Torino, 1836.

(2) C. Borro, Architettura cosmatesca, Milano, 1860; L'architettura del medio evo in Italia. I Cosmati, Milano, 1880.

qui i due alberi genealogici che fino ad ora hanno rappresentato le due soluzioni ammissibili allo stato attuale degli studi. L'uno è quello proposto dal Boito e sostenuto dal maggior numero degli autori che in generale o in particolare si sono occupati della questione e, tra questi ultimi, dal Barbier de Montault (1), dal Salazar (2) e dal Clausse (3).

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Il secondo è quello a cui si attenne il De Rossi (4) e che fu poi esposto ed illustrato specialmente dal Frothingam (5), dallo Stevenson (6), dal Faloci-Pulignani (7).

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(1) Annales archéologiques del DIDRON, XVIII, 265.

(2) D. SALAZARO, L'arte romana nel medio evo, appendice ai Monumenti dell'Italia meridionale, vol. III, Napoli, 1881.

(3) G. CLAUSSE, Les marbriers romains et le mobilier presbytéral, Paris, 1897.

(4) Bollettino d'arch. crist. anno 1875, p. 111 sg.; a. 1888-89, p. 155; a. 1891, p. 73.

(5) American Journal of Archaeology, 1889, pp. 182, 350. (6) Mostra di Roma all'Esposizione di Torino, 1884, p. 180. (7) FALOCI-PULIGNANI, Il chiostro di Sassovivo, 1879, p. 18. Forse quest'autore è il primo che abbia espresso formalmente, sebbene non completamente, l'albero genealogico accettato dal De Rossi.

Elementi nuovi che questa seconda soluzione ha aggiunto alla prima sono dati dalla indicazione di paternità di Lorenzo, il capostipite, la quale trovasi in una iscrizione del 1162 riportata dal De Rossi (1); e da un nuovo nome, quello di Pietro figlio di Cosma, di cui lo Stevenson (2) ha trovato, desumendola dal Nerini, una notizia d'archivio. Differenze essenziali di genealogia consistono nell'ammettere un numero maggiore di membri della famiglia, sdoppiando, per così dire, alcuni di essi: ponendo cioè due Cosma e tre Iacopi. E queste differenze si basano su considerazioni relative alle date dei lavori e su diverse interpretazioni dei nessi genealogici.

E di vero l'ipotesi del Boito, che ha sull' altra l'innegabile pregio della semplicità, viene però a presupporre una così straordinaria longevità di vari membri della famiglia da apparire nel suo insieme ben poco credibile. Cosma, che nel 1210 terminava col padre Iacopo il portico del duomo di Civita Castellana (ed a quell'epoca non era certo un fanciullo, poichè ventun anni dopo aveva due figli già marmorari), sarebbe lo stesso Cosma autore, tra il 1277 e il 1280, della cappella Sancta Sanctorum: circa settanta anni dunque di attività, e più di novant'anni forse di vita; cambiamento di stile, dalla più romana alla più gotica delle opere cosmatesche. Così Iacopo di Cosma che nel 1231 era ad Anagni e circa alla stessa epoca a Subiaco dovrebbe essere una stessa persona con Iacopo, che trovasi nel 1293 ad Orvieto. Così Giovanni e Deodato, che fiorirono intorno al Trecento (forse Deodato ancora nel 1332), sarebbero fratelli di Luca e Iacopo che lavoravano nel 1231. È dunque un complesso di elementi non impossibili ma poco probabili, a sostituire i quali è sorta la teoria del De Rossi.

(1) DE ROSSI, Musaici delle chiese di Roma, tom. II, Roma, 1899, XL, I, 1'. Vedi nota 5 a p. 9.

(2) Cf. STEVENSON, op. cit. p. 180. Vedi nota 3 a p. 15.

I marmorari che quest'ultima considera sono invece tutte persone normali; ma nel suo insieme anche questa ipotesi appare alquanto artificiosa, poichè i vari nodi di derivazione non risultano ancora tutti ampiamente giustificati; in ispecie quello per cui si pone Cosma II figlio di Cosma I: nesso che non ha la menoma prova e che quindi non può essere scientificamente affermato (1).

Mi sembra che possa avere un qualche interesse il riassumere ora la questione: aggiungendovi alcuni elementi di documentazione finora non conosciuti, rettificandone altri mal conosciuti, riunendo le testimonianze storiche che risultano provate ed evidenti, escludendo le altre dalla discussione. Un'ipotesi, a qualunque ordine di fatti essa si riferisca, a qualunque disciplina scientifica appartenga, deve poggiarsi soltanto su elementi sicuramente stabiliti, evitando il più possibile petizioni di principio ed ipotesi ausiliarie; deve cioè essere una spiegazione semplice e chiara d'un complesso di dati ben certi. Soltanto con questo rigido criterio è possibile giungere a risultati, talvolta incompleti, ma che hanno una vera base scientifica ed in cui la parte sicura e la parte ipotetica appaiono chiaramente distinte.

Riunirò quindi brevemente, prima di esporre nuovi dati relativi all'esistenza ed all'attività dei vari membri del gruppo, quei dati già noti sulla cui autenticità non può cader dubbio.

Risultano questi principalmente da testimonianze epigrafiche. Le iscrizioni che i Cosmati ci hanno lasciato sono molto numerose: almeno venticinque se ne contano attualmente e di circa dodici ora perdute si ha sicura notizia; sì che può dirsi che questi artefici più di tutti gli altri con

(1) Il ROHAULT DE FLEURY (Le Latran au moyen-âge, Paris, 1877, p. 174) ritiene invece che Cosma II sia figlio di Iacopo II e quindi nipote di Cosma I. In ciò si riavvicina un poco alla teoria del Promis. Ma anche questo nesso ha semplicemente la portata di un'opinione.

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