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possediamo soltanto gli << Acta Justini et sociorum ». L'Ihm dice (loco citato): «Acta martyris latent ». Ma forse già ai tempi di Papa Damaso non esistevano più. Si trattava forse di una tradizione orale conservata nella cerchia dei fedeli di Roma, che questo martire, come molti altri nelle persecuzioni di Valeriano e Decio e più ancora sotto quella di Diocleziano, fosse diventato un << miser >>? Quanto dolore arrecassero alla Chiesa questi lapsi lo dice Damaso nel noto epigramma su Eusebio (<<< scinditur in partes populus gliscente furore, seditio, caedes, bellum, discordia, lites ») '). Eutichio però, con la successiva invincibile fermezza malgrado i più spaventosi tormenti, seppe riparar lo scandalo. Il ricordo di un tale fatto eroico nella conversione di un lapso, poteva bene conservarsi nella memoria dei fedeli, e sulla base di tale tradizione ancor viva nel popolo cristiano Damaso avrà forse composto il suo epigramma (<< Sanctus lavat omnia sanguis, vulnera quae intulerat mortis metuenda potestas»). Ma se il pontefice poeta ha attinto da tale fonte egli dovrebbe indicarlo come è suo costume con un << fertur » o « fama refert >>2), mentre nell'epigramma di cui ci occupiamo la narrazione si svolge in forma del tutto positiva. Donde dunque Damaso ha attinto le sue notizie? Ce lo dice egli stesso nei versi 9 e 10: «Nocte soporifera turbant insomnia mentem, ostendit latebra insontis quae membra teneret». Dunque una visione ha rivelato a Papa Damaso non solo il luogo dove il martire riposava, ma anche la passione che egli avrebbe sofferto (<< vincere quod potuit monstravit gloria Christi »). Dopo questa visione Papa Damaso ricercò la tomba del martire, il corpo del quale probabilmente nell'epoca delle persecuzioni era stato nascosto dai cristiani, e fu così fortunato di ritrovarlo (<« quaeritur, inventus colitur »). Doveva dunque nel sepolcro in cui fu ritrovato esservi il nome del martire, se Papa Damaso potette identificarlo.

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Damaso nei suoi epigrammi non cita mai il nome degli imperatori sotto i quali i martiri soffrirono, ma si serve sempre di appellativi generici come « princeps mundi » (Ihm, 7, 2; 30, 2; 47, 2),

') Ihm, v. 18, pag. 25. Cfr. l'epigramma 48 su papa Marcello.
*) Ihm, n. 37, 40, 52. Cfr. anche n. 29.

<< dux impius » (Ihm, 8, 5), « tyranni» (Ihm, 8, 2; 37, 1; 40, 4; 43, 2; 48, 6). Per la singolare ferocia con cui s. Eutichio fu perseguitato, si dovrebbe dire che il suo martirio sia accaduto in una delle ultime grandi persecuzioni. Però è da tener presente che tale ferocia può esser derivata dal fatto che il giudice si trovava dinanzi un recidivo, uno che per la seconda volta era ricaduto nella « religio illicita », un reo di stato, uno insomma che meritava pene più terribili. Forse anche si aspettava dal giudice che Eutichio, il quale nel primo esperimento si era mostrato debole dinanzi ai tormenti, avrebbe dovuto cedere di nuovo in faccia a più gravi torture. E ciò troverebbe una specie di conferma nella particolare durata del martirio nel carcere, in cui gli venne negato ogni cibo. Ed è anche da considerare che il nome stesso di Eutichio accenna in qualche modo alla condizione sociale del martire. Si trattava probabilmente di uno schiavo o liberto, venuto dall'Oriente, e cosi più che mai i satelliti potevano dare sfogo alla loro crudeltà. Un probabile dato cronologico potrebbe forse desumersi dallo stesso cemetero << ad catacumbas » in cui non cominciò a seppellirsi che dall'epoca della temporanea deposizione dei corpi apostolici, nell'epoca della persecuzione di Valeriano (258). Eutichio avrà dunque subito il martirio sotto Decio, più verosimilmente che sotto Diocleziano.

Conosciamo almeno il « dies natalis » cioè il giorno della morte del santo? In due epigrammi (33 e 34) Papa Damaso ha aggiunto in fine il « dies depositionis ». Se egli avesse visto nella tomba rinvenuta, oltre che il nome del martire anche la data della morte, non avrebbe mancato certo di conservare tale memoria ai posteri. Ma Damaso non avrà senza dubbio collocato la sua iscrizione in modo da coprire quella originaria ricordante il nome di Eutichio, e certo questa sarà rimasta visibile e non è da escludersi che una data fosse su di essa incisa. I fedeli di allora e dei tempi susseguenti, potevano pertanto celebrare il « dies natalis » rilevandolo dalla iscrizione primitiva se questa esisteva. Ma siccome non ne parla Damaso, si potrebbe forse dedurre che non si celebrava affatto tale festa. Ci chiediamo dunque invano perchè Damaso non abbia accennato al « dies inventionis » come ricorrente annua festa del martire, tanto più che egli non mancava di fissare tal giorno per la festa come fece allorchè trasporto dal XX miliario della via Claudia le reliquie del vescovo e martire Alessandro il giorno 21 settembre, « quo die festivitatem illius celebrandam instituit ». E così si spiega che il nome di Eutichio manchi nel martirologio geronimiano come anche nel Synaxarion dell' Oriente (ed. Delehaye, 1902, nota pag. 6, XXX). Il 4 febbraio, nel qual giorno l'attuale martirologio romano festeggia il nostro santo, è forse il giorno in cui le reliquie di esso vennero traslate dalle catacombe in una chiesa entro le mura.

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Sarebbe ben difficile, come lo è per san Sebastiano, stabilire la ragione per cui il nostro martire sia stato deposto nella catacomba tanto distante dalla via Appia, e non, ad esempio, in quella di Callisto o in quella di Pretestato. Si potrebbe arguire forse che ambedue tali santi subissero il martirio contemporaneamente pel fatto che le loro tombe erano adiacenti, come lo vediamo dall'ordine con cui l'abate Giovanni ai tempi di s. Gregorio Magno raccoglieva gli olii dai sepolcri dei martiri: «Sci. Sebastiani, Sci. Eutichii, Sci. Quirini ». L'epigramma di Papa Damaso alla fine del XV secolo era ancor collocata in vicinanza della tomba di s. Sebastiano, come ce lo indica la Sylloge di Pietro Sabino dell'anno 1494: << Prope sepulchrum s. Sebastiani in tabula marmorea epigramma hoc legitur Damasi Papae: Eutycius martyr crudelia jussa tyranni » 1). Se le più antiche silloge fanno seguire la iscrizione subito dopo quella dei due apostoli «Nomina quisque Petri pariter Paulique requiris », da ciò risulta ben chiaro che il sepolcro di Eutichio era in vicinanza prossima della tomba di s. Sebastiano. Con ciò concordano anche le descrizioni del XV e del XVI secolo, del Sodo, de Albericis ed altri. Il del Sodo nel suo Compendio delle Chiese Arch. Vat. Misc. Arm. VI, 73, dice cosi: « Si giudica mediante certi versi per un epigramma fatto nel muro vicino al corpo di san Sebastiano vi sia il corpo di sant' Eutichio mar. ». L'Alberici nel suo Compendium historiarium sanctissimae et gloriosissimae Virginis Deiparae, Roma 1599, dice: « Prope vero cyborium dicto altari (s. Sebastiani)

1) De Rossi, Inscr., II, pag. 441, n. 146.

superpositum in muro ecclesiae est sepulchrum in quo jacet corpus s. Euticij Martiris, et in magno ejusdem sepulchri lapide multa sunt insculpta carmina ejusdem S. Euticij Martyrium continentia et a S. Damaso Papa edita ».

Il Panvinio invece, nel suo celebre libretto sulle sette chiese, vedeva già l'iscrizione damasiana di Eutichio « parieti affixum >> nella basilica superiore.

Il martire è stato sepolto in un loculus semplice di una galleria come altri defunti o piuttosto in uno speciale cubicolo, ed in un arcosolio? O Papa Damaso, ritrovato il corpo del martire, ha ampliato un cubiculo per le riunioni dei fedeli, ed ivi ha posto, di fronte al sepolcro del martire, il suo epigramma? A queste ed altre domande, il restauro del sepolcro di san Sebastiano e delle sue adiacenze, fatto dal card. Borghese, ha reso impossibile qualsiasi risposta. Non si può neppure rilevare la traccia dell'incavo nella parete di tufo dove era incastrato il marmo dell'iscrizione damasiana.

V. Il culto del santo.

Papa Damaso conclude il suo epigramma promettendo la speciale protezione del martire a tutti coloro che ne avrebbero venerato la tomba. Come fu corrisposto a questo invito del Papa da parte dei fedeli nei tempi susseguenti? Anzitutto consta che un anniversario del martire non è stato mai celebrato. I fedeli dunque non peregrinavano insieme in un giorno determinato per celebrare la solenne funzione in memoria del nostro martire. Ma che ancora alla fine del VI secolo ardesse una lampada sul suo sepolcro, come su quello di altri martiri venerati con culto speciale, ce lo insegna la lista degli olii raccolti dall'abate Giovanni. Questi enumera nel cemetero ad Catacumbas insieme ai santi Sebastiano e Quirino anche Eutichio. Dunque si prestava anche allora a questo martire un culto particolare pari a quello dei due altri, in onore dei quali si celebrava la commemorazione annua. Ma già un mezzo secolo dopo pare tale culto sia venuto a mancare, giacchè la Notitia Ecclesiarum urbis Romae scritta intorno al 640 annovera sulla via Appia la memoria di san Sebastiano, quella dei due Apostoli e quella di san Quirino, ma tace affatto di sant'Eutichio. Lo stesso vediamo nella indicazione «De locis scis Martyrum » 1). I pellegrini del VII secolo non erano più dunque portati ad una speciale venerazione del nostro santo, benchè taluno di essi abbia copiato per ragione letteraria l'iscrizione damasiana come mostrano le sillogi di Einsiedeln, Lorch e Corbey 2). È inoltre da rilevare che i compilatori di leggende nei sec. V e VI benchè non potevano ignorare le indicazioni autentiche di papa Damaso non pensavano a comporre una "passio,, di S. Eutichio, segno questo che il nostro martire già non godeva più in culto speciale a Roma.

Quando Papa Onorio III, nell'anno 1218 consacrò l'altare di san Sebastiano, vi depose le ossa di questo santo, quelle dei santi Fabiano, Stefano e Lucina. Non avendovi collocate anche quelle di s. Eutichio è da supporre che le reliquie di questo non si trovavano più nel cemetero ad Catacumbas. L'odierno martirologio indica al 4 febbraio: « Romae sancti Eutychii qui illustre martyrium consumavit, sepultusque est in coemeterio ad catacumbas, cujus sepulchrum s. Damasus papa versibus exornavit ». Baronio aggiunge, nelle sue Adnotationes, questa indicazione : « Corpus s. Eutychii e dicto coemeterio translatum est ad basilicam s. Laurentii in Damaso dictam, ad theatrum Pompei ». Ivi giace sotto l'altare maggiore. Quando e sotto qual papa sia avvenuta la traslazione ci manca ogni indizio. Non andiamo certo errati ritenendo che la festa del 4 febbraio si riferisca al giorno della traslazione delle reliquie dalle catacombe. Ma potrebbe pur essere che tal giorno sia invece quello della dedicazione della basilica di San Lorenzo in Damaso. Nella chiesa di Sta. Lucina in Selce si conserva tutt'ora come già indicava il Panvinio, un osso del braccio di S. Eutichio dentro un reliquiario di forma di un braccio rivestito.

d. W.

1) De Rossi, R. S., I, pag. 157.

*) De Rossi, Inscr., II, pag. 66, 21; pag. 89, 46; pag. 105, 45.

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