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liato dalla mia franchezza essi dovean compatirlo, e calmarlo, e persuaderlo, ma non apprestar gli doveano la mano e l'opera per coadiuvarlo nello sfogo dell'ira, non certo nella difesa del vero.

Queste cose van dette di passaggio, e così all'orecchio fra noi; che se

Chiesa di Morreale, della monastica biblioteca benemerito, per istudio di archeologiche e bibliografiche dottrine conosciuto notabile, di dolci e modesti costumi splendente, queste brevi avvertenze sul parere del signor Barone Mortillaro intorno all'opera Tabularium regiae ac imperialis capellae etc. Luigi Garofalo in segno di fratellevole amicizia. »

Il desiderio che aveva io, uscita alla luce l'opera mia del Tabularium, di sentire qual giudizio n'avrebbero portato i dotti, mi rendea mal sofferente il ritardo dei nostri giornali letterarii, quando ad un tempo usciti i fascicoli dell'uno e l'altro giornale di Palermo, osservai ambedue intesi nello esame dell'opera. La qualità delle persone, che si eran tolto la briga di giudicarne rendeami a prima giunta soddisfattissimo, essendosi nell'Effemeridi scientifiche e letterarie, assunto il carico di scriverne il signor principe di Scordia, giovine di facile ingegno, e grande apprezzatore della moderna letteratura; nell'altro di Scienze Lettere ed Arti il signor dottor don Vincenzo Mortillaro, letterato poligrafo, e direttore dello stesso giornale di Polizia. Védete perciò con quanta ragione sariami al loro giudizio riposato sicuramente, quando fusse da tanto illustri persone venuto pure contro di me.

In leggendo però i pareri da ognun di loro inseriti in quei giornali, ho osservato discordanze fra essi, anzi assoluta difformità. Se merita encomii, si dice nel primo, il nostro Garofalo sulla bella guisa con cui prese a disporre l'Archivio, non meno gliene si dovrebbe pella solerzia, e pella sedulità con le quali ne imprese la pubblicazione...... il congegno, gli argomenti, le illustrazioni, le note in piè di pagine rendono tutto il lavoro commendevole; crediamo di molto pregio l'opera, e ne lodiamo altamente il divulgatore. Tutt' all' incontro ne ha opinato il signor Mortillaro, che dall'esame fattone conchiuse, che l'opera in disamina sia poco raccomandabile, perchè mancante di scopo, e perchè monca talvolta e perchè talvolta ribboccante di vizí, e quel che è più sfornita del tutto a nostro avviso di ciò, che interessar possa l'arte diplomatica.

Non pertanto, amico mio pregiatissimo, lasciate di meravigliarne, con tutte le qualità che richieggonsi per dare adequato giudizio, non è raro l'osservare discordanti i critici nel giudicare sul merito di un'opera stessa perchè diversa è la tempra degl' ingegni, e la maniera di vedere è peculiare ad ognuno, ed a similitudine delle mostre ognun si regola colla sua ancora che conosca dalle altre differire. Per tutto ciò, non aspettate, che segga io giudice, e vi chiami innanzi al mio tribunale la discussione delle opposte opinioni, perchè fattane disamina veggiate da me pronunziata finale sentenza; non mi credo io da tanto ad entrar terzo tra colanto senno, che conosco abbastanza le forze mie, peraltro la modestia e la interezza divietano a chicchesia l'ergersi giudice delle cose proprie, sendochè l'amor di noi stessi fa velo al giudizio. Rimetto dunque ottimo amico a voi, che saggio siete ed imparziale, l'addimostrarmi da qual parte penda la bilancia, e state pur certo di vedere, deciso che abbiate, conformato al vostro il giudizio mio.

Se non che non pochi abbagli in cui è caduto l'uno degli estensori sopradetti a cagion, credio, nè mal mi appongo in ciò, di non aver letto nè l'opera in disamina, nè gli autori che gli è bisognato allegare, mi stringono a doverne dare breve ragguaglio con questa che a voi scrivo ; intendo parlarvi del signor Mortillaro, quel desso che dei due sembra a prima vista assai preciso, ed il più positivo nell'enunciazione del suo parere, citando come suol dirsi cum die, et consule le pagine, le linee, i numeri dell'opera per quindi anfaneggiando intorno al merito tirar partito degli incauti lettori.

io le avessi taciuto vi avrei dato indizio di mal animo e di cattivo cuore, che

Cauto le vie disegna

..alla vendetta

Chi ha ragion di sdegnarsi e non si sdegna.

Vogliate però scusarlo giacchè ei stesso in sul principio, vedete quant'ei si porta modestamente, ci fa avvisati le molte e gravose occupazioni tutt'altro che letterarie avernelo distolto da un mi. nuto esame. Ma io mettendo in chiaro la verità colle prove che si traggon da' fatti, non altro mi son proposto, che levar di mezzo la occasione che potreste avere d'ingannarvi, non di togliervi da mano la decisioue, che tutta l'ho rimessa a voi, avvezzo come siete a discernere dai giornali più celebrati d'Europa il criterio che i dotti adoprano nel giudicare de' lavori letterarii. È piaciuto al signor Mortillaro pria che si fosse messo ad esaminare l'opera discorrere sulla importanza della medesima in tal modo: « Egli è pur vero che lavoro di grave pondo non era addi d'oggi il presentare riuniti, ed annotati, i diplomi tutti che alla nostra Cappella si appartengono, perchè quasi tutti erano stati già da gran tempo raccolti, letti, tradotti, annotati e pubblicati. » In nota cita per giustificazione le opere del di Giovanni, del Pirri, del di Chiara, e il manoscritto che del Tabulario stesso lasciò il d'Amico. Confesso però, come ognun che conosce le opere indicate deve con me confessare, di non intendere in qual modo possan esse somministrare il materiale alla compilazioue del Tabulario della Cappella palatina.

Ma pria di tutto giova l'avvertire che poco senno addimostri in sulle prime l'Estensore nell'aver creduto doversi comprendere il manoscritto del di Amico in quegli autori che avrebber dato agevolezza all' impreso lavoro: perchè essendo i diplomi originali il soggetto ed il corpo dell'opera che s'intende di fare, ed il manoscritto del di Amico quello che serve a supplire là dove mancano i primi, allora sta esso veramente in luogo degli originali, nè sarebbe a dirittura esistita opera di sorta, senza gli uni, e l'altro.

In quanto poi agli autori che si citan da lui, come non sa il signor Estensore, che il codice diplomatico del di Giovanni si termini a punto in quell'epoca dalla quale prende principio la mia? dico nella Saracena, quando il Tabulario principia dalla Normanna? La Sicilia Sacra del Pirri ignora forse di non essere collezione di diplomi, ma notizie sulle siciliane chiese derivate bensi da diplomi, i quali non vengon pubblicati, salvo qualcuno, ma citati soltanto da lui nei luoghi che servir potevano alla conoscenza dello stato delle chiese? Per la ragion medesima, quei diplomi che furon pubblicati dal di Chiara non hanno per iscopo, che di stabilire i dritti della Cappellania Maggiore del regno di Sicilia, argomento trattato in quell'opera.

Voler dunque affermare essere bastevoli i sopradetti autori alla compilazione del Palatino Tabulario, egli è lo stesso, che dare a divedere di non conoscere nè il soggetto dell'opera in esame, nė gli autori che si allegano come sufficienti a comporla.

Se vuole ora sapere il signor Estensore quale sia stata la impresa, e come da me condotta nella compilazion del Tabulario, giacchè non ha avuto la pazienza d'informarsene dalla lettura del discorso che vi precede non ho difficoltà di esporla in poche parole. Mi è bisognato in prima mettere in rassegna tutti gli originali in pergamena che esistono nell'Archivio, osservando mancarne alcuni, son ricorso al manoscritto del di Amico per fornirli, pregevole per esser lavoro di tanto celebre storiografo, che poteva aver veduto gli originali or mancanti. Ma questa collezione si terminava presso al fine del secolo quintodecimo, ove finiscono le pergameue insieme e il manoscritto; per condurre la serie sino a nostri di, ho dovuto ricorrere a tutti i volumi dell'archivio, e son bene vicino a novanta, tra quali scegliere le carte diplomatiche, che ci danno la costituzione, e il reggimento della real Cappella. Tutto ciò non era che compilare, ed ordinare, avuto

Ma lasciam da banda tali e simili altre riflessioni che far si potrebbero, e veniamo ai fatli. Scrisse adunque il Garofalo e nella lettera che a voi diresse si accinse a ribattere le varie accuse che per me gli furon date; e trovar non potendo miglior via che quella di ne

l'incarico di pubblicare diplomi; nuova fatica mi si è aggiunto alle precedenti, che versava prin. cipalmente sulla paleografia: quanto penosa essa sia per me stata, e difficile, può ciascuno considerarla, se facciasi ad osservare i saggi litografici delle diverse età dei diplomi espressi in fine del volume. Riconosca da ciò il signor Estensore i genuini materiali che son serviti alla compi. lazion del Tabulario, nè voglia vanamente attenuare in sul bel principio la importanza del lavoro, dando a divedere somma facilità nel condursi a compimento, che si sarebbe trovata in opere prima pubblicate, delle quali ignora financo l'argomento.

Entra ora nello esame dell' opera, ed a guisa di chi osservando un palazzo incantato nulla comprende del disegno, dei compartimenti di tutto l'edificio, non vede nè dalla prefazione, nė dal congegno dell'opera cosa ebbe in animo di fare l'editore del Tabulario, onde va interrogando dell' idea quale si fosse mai, se pubblicare tutti i diplomi originali, ovvero in copia, se scegliere in essi i più o i meno interessanti che si ritrovino nell'Archivio. Lasciam però al sig. Estensore che pensi a posta sua, poichè non avendo letto la prefazione, non può dirsi che discorra dell'opera in esame. E dove mai ha egli conosciuto non essersi dato da me un disegno all'opera? Non è stato detto per me pubblicarsi tutti gli originali che esistono nell'Archivio? que' che vi mancano supplirli dal manoscritto del di Amico? e riprovando gli analetti del Mongitore e del de Giudice, non ho io soggiunto tutti e senza scelta voler mettere in luce i diplomi interessanti, e non interessanti?

Si avverte

Ma ecco che il signor Estensore da questo discorrer vago ed indeterminato, dannabile principalmente in chi assume il carattere di critico, scende ai particolari, onde parlando dei diplomi interessanti si fa a dire in questo modo: Tu ne trovi trascurati molti altri, che interessantissimi sono come può ognuno da sè stesso rilevare, e che già trovavansi pubblicati. (Nota che le note han tutte un modo di principiare cioè per citarne alcuno, per citarne un solo, per citarne taluna, ec. per far le viste di averne in pronto un migliajo di simil fatta, ma che per brevità, o per non nojarti tralascia). Così per citarne uno solo, quell' interessantissimo diploma del 1256 con cui re Manfredi Eximit a regiis collectis capella regia (la Grammatica!!!) e che pubblicò il Pirri, loc. cit. p. 1360, manca in Garofalo.

Basta a me questo solo argomento del diploma che cita l'Estensore siccome mancante, per conoscere di non aver egli letto non che svolte le pagine del Tabulario; mentre al n. XLII, p. 69 può leggersi da chicchessia il diploma che il sig. E. afferma mancare nel Tabulario.

Non dimanco voglio supporre che sia stato ingannato dall'anno in cui credeva di trovarlo secondo il Pirri 1256, mentre da me si porta nel 1259. Pure se avesse più maturamente ponderata la cosa, doveva lodarmi invece di accusarmi di trascuranza. Imperciocchè nello assegnargli l'anno 1259 correggevasi da me l'anacronismo del Pirri, essendo che da tutti gli storici, eccetto il Fazello seguito dal Baronio, è fissata la coronazione di re Manfredi a 10 agosto 1258 prima indizione; ed il nostro diploma segnato a 5 aprile seconda indizione doveva esser dato l'anno 1259, l'anno stesso che l'ho assegnato nella serie.

Detto sulla ragione della pubblicazione passa a censurare il metodo stesso imperfetto con cui s'è dato conto da me dei diplomi: « Nè di questi diplomi, così dice, si dà particolare descrizione come è costume, apponendovi note ad ognuno indicanti la forma, le particolarità e ciò insomma che interessar possa l'arte diplomatica, cosa che anche appo noi non trascurò lo stessa Mongitore nell'opera Bullae etc.

gare i fatti, come colui che per ottenere una dilatoria, e non venir presto alle strette dà attacco di falso ad un autentico contratto, asserì essere tutto pretta falsità quanto da me, il quale mi diletto di provare quel che asserisco, fu dimostrato, e si fece a discorrerla nel seguente modo.

Non comprendo abbastanza cosa pretenda il signor E. nella descrizione dei diplomi, o desideri di trovarvi nei mici; la forma, le particolarità, ciò che interessa l'arte diplomatica: volgomi perciò ad osservarlo nell'opera del Mongitore che propone ad esemplare in questo genere. L'arte spiegata da questo diplomatico nella descrizione dei diplomi in altro non consiste che nel notare il luogo d'onde sia tratto il diploma, la materia nella quale è scritto, la scrittura stessa se araba o greca (mentre ei non pubblicava che latine traduzioni) il suggello in fine quando ce n'ha, ed il tipo di esso; in fatti leggesi a piè dei diplomi; servatur in arca Thesauri graece scriptum, vel arabice, exscripsimus ex autographo membranaceo, adest, ovvero, deest sigillum, cerae rubrae, ovvero, comunis, spectatur in eo rex Gullielmus etc. Se il sig. E. intende questa esser descrizione dei diplomi, allora perchè incolparmi di non trovarla nel mio Tabulario? mentre anch'io ho notato ne' diplomi il luogo, la materia, i caratteri non facea d' uopo, perchè pubblicava io gli originali stessi arabici se arabici, greci se greci autographum membranaceum ex membranis asservatis, in R. Sacello, adest sigillum plumbeum, cerae comunis rubrae, spectatur imago; espressioni in tutto somiglianti a quelle del Mongitore, ch'è per il signor E. ottimo conoscitore dell'arte diplomatica.

Non par credibile, ed egli è indubitato, che il sig. Mortillaro giudicò dell'opera senza averla

letta.

Prosiegue « nè si diè cura di cennare a piè di ognuno, il luogo donde tratto l'avesse, poichè non puoi dire, che ebbe in mente di consultare tutti gli originali, nè di avvertire tutti gli editori, poichè ti dà per letti sia dugli originali, sia dai manoscritti del di Amico diplomi lante volte pubblicati per le stampe (Note) Così per citarne i primi che mi son venuti sott'occhio il n e il v di Garofulo sono pubblicati dal Pirri loc. cit. pag. 1356 ed ei non l'avverte: il x1x dice il Garofalo essersi dato la pena di averlo copiato ex manus. di Ant. Amico mentre è pubblicato dal Pirri loc. cit. pag. 1359.

Il sig. E. che avea lodato l'opera del Mongito re ponendola ad esempio pella descrizione dei diplomi, ora dalla stessa opera apprende il dovere che ha un editore di diplomi di far menzione di tutte le copie precedentemente date in luce da altri. Io però credo, e prima di me l'avea praticato il Testa nella celebre edizione de' capitoli del regno da cui l'appresi, che l'obbligo di citare gli editori precedenti nasce quando si hanno a correggere o supplire le mancanze nel riferire i diplomi; in diverso caso non è cosi lodevole la condotta del Mongitore, il quale colla sua sazievole ridondanza nel citare, si rende nojoso, e senza frutto ai leggitori. Per questo non avendo io che supplire, o correggere ne' due diplomi del n. u e v, edit. dal Pirri sopra gli originali che pubblicava, inutile ed infruttuoso sarebbe stato il citarli. All' incontro però il diploma del n. xLvIII, p. 69, essendomi accorto che nel Pirri era riferito mancante, l' ho voluto avvertire nella nota, e l'ho trascritto dal manoscritto del di Amico, ma l' Estensore non lo lesse.

Se poi vuol sapere il signor E. perchè mi sia dato la pena di copiare il diploma del n. xix dai mss. del di Amico, mentre si trovava nel Pirri, rispondo che non è vero quant'ei dice; non ha il Pirri pubblicato il diploma ne so perchè affermi di averlo letto ivi; solamente il Mongitore da una copia ex regia Capella, l'ha pubblicato; e si ricordi una volta che il ms. del di Amico sta per me in luogo di originale, onde a quello son ricorso per pubblicarlo. Finalmente nasce il debito di citare d'onde sia tratto il diploma, quando venghi recato da fuori nella collezione

E primo, disse, di non intendere in quale maniera le opere del Pirri, del Di Giovanni, del Di Chiara, dello Amico possan somministrare il materiale alla compilazione del Tabulario della Cappella palatina, come io supposi; perchè la Sicilia sacra del Pirri

che si pubblica, in diverso caso si stima di appartenere al Tabularium che si pubblica. Tutto ciò l'ho sempre praticato, e nojoso sarebbe citarne i luoghi del Tabulario, ma il signor E. ingiustamente mi accagiona d'inesattezza non avendo voluto leggere l'opera in disamina.

Sul coordinamento dei diplomi dice: « nè questi diplomi così riuniti sono stati con qualche metodo divisi o cronologicamente per materie o per originalità, ma essi seguonsi così l'un dopo l'altro senza discernimento ed avvedutezza.

In quanto al metodo, che mi son proposto di eseguire credo di averne discorso abbastanza nella prefazione, onde legga il signor E. in essa quel luogo nel quale si dice servata ad perspicuitatem temporum serie etc. È questo il metodo più facile, ed il più naturale approvato da tutti I diplomatici che è il cronologico, senza interessarci la materia o l'originalità de' diplomi. Avrò forse fallato nel mettere in esecuzione il proposto mio? e questo par che voglia dimostrare il signor E. col soggiungere « per nascondere vie più la confusione, che nasce dal veder collocati diplomi di più antica data appresso a quelli di data più recente si è soppresso in taluno diploma la data a fine di non essere riconosciuto, come del pari si è dato un anno certo a tal altro la cui certa data non si scorge da alcun punto, nè si assegnan le ragioni, che l'han fatto precisare » e qui la nota comincia al solito per citarne alcuno; ma nissun diploma cita cui avesse io tralasciato la data; bensi un solo che dice esser piaciuto a me assegnarue una, mentre non io, ma il diploma stesso in effetto porta la data. Come egli è evidentissimo di non aver letto l'opera in nessun conto! Ma eccomi che posso beu io soddisfarlo di quel che avrebbe trovato per impugnarmi. Se avesse aperto il libro avrebbe osservato esser senza data il diploma xv, pag.34. Non per evitare il riconoscimento di confusione ne' miei diplomi, ma perchè in fatto il diploma non ha data, è stato da me pubblicato com'è; se volesse poi sapere il signor E. le ragioni per cui le ho assegnato il luogo che viene nella serie; legga la nota prima a piè del diploma in cui per collocarvelo, ho combattuto la opinione dello stesso Pirri che gli assegna data più recente. Nel secondo caso de' diplomi cioè senza data cui li ho pure assegnata una, si può citare il Lxu pag. 69, che il signor E. non seppe rinvenire, nel quale si legge datum Fogie quinto aprilis secundae indictionis; cioè senza anno, e fu dato da me l'anno 1259, nonostante che il Pirri lo porti l'anno 1256, per le ragioni che ho sopra allegato.

Riconosca ognuno se disordine o confusione si trovi nella collezion dei diplomi da me pub. blicati, ossia veramente ideato nella testa del signor E. il disordine per appiccarlo poi al Tabulario senza averlo letto.

Ma eccoci al diploma di cui parla l' E. nella nota cui abbia io assegnato, com' ei dice, una data certa, mentre non ne ha alcuna; piacemi di riferir la nota di parte in parte, acciocchè si vegga patentemente da ognuno quanto abbia l'Est. letto il libro. « Ma come si è assegnata al primo diploma la data certa del 1048, mentre è desso un diploma senza data, e come tale lo segna il Di Giovanni? » Avvertiamo pria di ogni altro il sig. Est., che non citi autori senza leggerli; il Di Giovanni ha pubblicato il diploma, e vi ha assegnato la data del 1048 in margine, nella stessa guisa per lo appunto come ha praticato in tutti i diplomi del suo codice di certa data: esso non é, prosiegue, che un mero transunto di anno incerto di un altro codice, il quale dicesi del 1048. » Questo è verissimo, ma che perciò? lascia di aver l'anno certo? e trattandosi della prima compilazion dei capitoli non deve portar l'anno stesso in cui furon com. MORTILLARO, vol. 1. 16

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