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ma anche questa responsabilità si potrebbe assolvere al Garofalo, il quale non fa che copiare i diplomi cogli stessi errori di quei che aveanli copiati pria di lui: e direbbesi non essere tali errori nè del Garofalo nè del tipografo, ma degli autori da cui copiolli, qualora egli non pubblicasse questi diplomi come letti dagli originali.

È ben curiosa poi la protesta del Garofalo e talmente nuova da meritar posto fra' paradossi straordinarii e grossolani, che gli errori tipografici dei diplomi arabici non son suoi ma del Morso da cui fedelmente li trascrisse. Dunque si dovranno ristampare sempre i diplomi pubblicati dal Morso cogli stessi errori tipografici? E chi li stamperà su quelli pubblicati dal Garofalo te li dovrà per obbligo ristampare cogli errori della edizione del Morso, e con quelli ancora che nella edizione del Garofalo si leggono a pag. 37, l. 4, l. 5, pag. 38, l. 1, l. 10, l. 12, l. 13, ec. sicchè dovremo pregar Dio, che più non si ristampino per non trovarci in punto da leggervi per inevitabile legge più errori che parole?

Si lagna indi altamente il Garofalo che io l'avessi tassato di stoltezza, essendosi fidato per la parte arabica a un tal Caruso che sapeva di arabico quant'io di cinese. E non trovando che ridire alle osservazioni da me scritte sul conto degli arabici diplomi del Tabulario, passa a fare coll'elogio del Caruso la propria difesa; dicendo che ben fece nel fidarsi a colui che avea riportato favorevol giudizio in un concorso di arabico, e che s'avea reso familiare il linguaggio del Corano e dei diplomi a segno di tradurne quattro dell'archivio morrealese, ed un altro tuttora inedito difficilissimo pel nesso dei caratteri e per la mancanza di punti diacritici, diploma del quale testifica che, pria di averlo il Caruso, a me ne diede l'originale, ed ebbe il dispiacere di vederlo dopo due anni restituito intatto alla Cappella, senza che nè anco la data ne sia dall' Estensore stata tradotta. E vuol ch'io confessi che pel Caruso

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Or d'onde volete che io cominci a rispondere a tante insolenze?

Saria meglio tacer che dirne poco!!

Basterebbe a me il non avere avuto che ridire il Garofalo a quanto io scrissi sugli spropositi di che l'accagionai ne' diplomi arabici da lui pubblicati sotto la scorta del Caruso da lui ormai prescelto a maestro e duce suo.

Ma è paruto bizzarro a chiunque che mentre il Garofalo si è dichiarato da sè ignorantissimo di cose arabiche, poi seduto a scranna, sputando tondo, assicuri che il Caruso ha familiare il linguaggio del Corano, che ha tradotto quattro diplomi arabici dell'archivio morrealese, che non si sono mai visti, un altro della Cappella palatina, che non si trova, e ti ragioni di nessi, di punti diacritici, di difficoltà.....

Risum teneatis amici?

Non è il Garofalo, come io dissi, un cieco, che giudica dei colori?

E non si era da per sè stesso dichiarato a pag. 13 incapace di discernere la perizia, che il Caruso s'abbia nell'arabico? E come ora ti parla di traduzioni, di scrittura, di arabica lingua?

È insolente chi decide con tuono magistrale su cose che non conosce, o chi grida allo scandalo?

Ogni lingua per certo verria meno!

Sia qualsivoglia il Caruso. Sa ognuno che egli fu spinto a cimentarsi solo ad un concorso di lingua arabica priachè ne avesse appreso le lettere, non per altro che per essermi d'inciampo ad ottener quella cattedra, per la quale io era stato ricercato senza dimandarla, e della quale erami reso meritevole con dieci anni di studio, con sei anni di esercizio. Sa ognuno che egli non ardì dopo le mie osservazioni che smascherarono ogni fraude pubblicar più oltre la intrapresa edizione dell'Appendice al Mongitore (1).

E perchè ognun comprenda a che mirino le parole del Garofalo sul proposito e sulle speranze concepite nel giudizio di arabisti romani, stimo convenevole lo avvertire in nota ciò che sia succeduto per prov

(1) Vedi questo volume a pag. 101.

vedersi di un professore la cattedra che io tengo interinamente, e che sendo io vivo e sano di mente non sarà tranquillamente occupata che da veri, non da mentiti arabisti (1).

(1) I seguenti articoli son tratti dal Giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia. Concorso pel professore di lingua arabica nella regia Università di Palermo (dal fascicolo di gennaro 1834, t. 45, pag. 100).

Evvi nella Università di Palermo come fra le città più fiorenti una cattedra di lingua arabica fondata con dispaccio dei 6 agosto 1785; e quivi a buon diritto riconosciuta non che importante, ma ben vero necessaria ed indispensabile (*), e per primo professore della medesima si ebbe il famoso impostore abate Giuseppe Vella da Malta, e dopo di lui il chiarissimo abate Salvatore Morso per dispaccio degli 11 aprile 1797, che somma gloria colse di valoroso arabista, e con onore venne riverito dai professori più celebri di sua età. Morto costui e rimasta per un auno vedova la cattedra di arabico, pregata la Commessione d'istruzione pubblica da taluni giovani bramosi di apprendere la lingua del Corano a dar loro un professore, non altri fu creduto doversi scegliere per occuparla provvisoriamente che il barone Vincenzo Mortillaro, che per lo corso di quattro nou interrotti anni avea assistito alle lezioni del Morso, che di arabici libri era fornito a dovizia, che il solo fra noi possedeva un arabico dizionario, e che in fine qualche saggio avea dato al pubblico colle stampe, dando fuori l'interpretazione di talune cufiche iscrizioni. La scelta di costui venne approvata con ministeriale del Governo.

Poco di poi la Commessione opinò di doversi riunire le due cattedre di arabico e di ebreo nell'unica di lingue orientali, e fece avviso al pubblico col quale quattro anni assegnava perchè chi il vorrebbe presentasse sua dimanda onde provvedersi a concorso la nuova cattedra che andava a fondarsi siffattamente riunita.

Molte in quel tempo il Mortillaro iscrizioni e medaglie dichiarò, e molti arabici lavori intraprese; e di un corso di rudimenti grammaticali forni la sua cattedra cui stimò conveniente la Commessione suddetta, previa approvazione del Governo, di pubblicare a spese e per uso della regia università di Palermo, e alle fonti dell'ebraica lingua di attingere impegnossi.

Scorsero i quattro anni, nè altri si fece innanzi per la proprietà della cattedra che il Mortillaro solo, fregiato di molti arabici lavori, munito delle fedi di due valentissimi professori di cbrco, col merito di aver sostenuto non senza laude interinamente la cattedra affidatagli, e appoggiato ai regali regolamenti (**). Non potè ricusarsi la Commessione a tale inchiesta, e un suo rapporto umiliò al Governo perchè al Mortillaro si desse la proprietà della cattedra. Ma il Governo per lo accerto della scelta ordinò allora alla Commessione che si cercasse se altri vi fosse cui poter dare la cattedra che dal Mortillaro chiedeasi, e pubblici avvisi si affiggessero, invitando fra il termine di un mese e mezzo chiunque il volesse a presentar sua dimanda munita dei documenti che attestassero la conoscenza delle lingue da trasmettersi con sue osservazioni dalla Commessione suddetta al Governo; per indi darsi le provvidenze opportune.

Sorse allora un tal Giuseppe Caruso, cui si avea avuto cura d'insegnare i principii dell'arabica

V. Scina Prospetto della Storia letteraria di Sicilia nel secolo xvi.

(**) § ш. « I professori si proporranno al Governo dalla Deputazioue inteso prima il parere del Rettore » e del Collegio a cui è annessa la cattedra vacante.

» Le persone proposte dovranno essere uomini dei quali sia pubblica e costante l'opinione della dottrina » che dovranno professare.

» Se avranno dato qualche saggio del loro sapere colle stampe si proporranno senza previo esame. »

Regolamenti generali per la regia Università di Palermo.

Quanto poi asserisce il Garofalo per l'arabico diploma inedito della regal Cappella è da dire che sia prella falsità. Io non son si balordo da farmi opprimere con arme si vili. Io non impugno che le arme dei

grammatica, munito di una fede di ebreo, e di una testimonianza di trovarsi iniziato nell'arabico scritta da tale che si dicea essere sedici anni fa stato alle lezioni del Morso, e dimandò di provvedersi la cattedra di lingue orientali a concorso. Nuovamente allora umiliò suo rapporto al Governo la Commessione: e in trasmettere le suppliche del Mortillaro e del Caruso nuovamente ripete esser conveniente e utile lo scegliere il Mortillaro (di cui annesse gli arabici lavori e riferi le fatiche sostenute) a professore per la vacante cattedra.

Ma il Governo nella sua saviezza intendendo ad assicurare nel miglior modo la scelta del pro. fessore di lingua arabica, ordinò che la cattedra di arabico (che riunir non volle l'arabico coll'ebreo) si provvedesse a concorso; e scrisse al professor di Pisa e a quello di Roma perchè ne avessero mandato i temi.

In quel mentre un certo Francesco Castagna valoroso allievo del Mortillaro, ben persuaso che il suo maestro non sarebbe sceso a quella pugna, dimandò pure esser fra' concorrenti, e l'ottenne; e venne stabilito il giorno 8 gennaro, perchè alla presenza dei due concorrenti dissuggellati i temi si fosse eseguito il concorso.

Infatti il giorno 8 gennaro nel locale della regia università, alla presenza dei due concorrenti Caruso e Castagna vennero dissuggellati i temi e furono scelti a sorte i seguenti:

ESPERIMENTO PRIMO

Erudizione coranica e scienza grammaticale della lingua araba.

SURA ALGIAMAA

QUESITO

(in arabico)

» Si cerca l'interpretazione letterale del precedente testo, alla quale si aggiungerà l'analisi » gramaticale di ogni parola incominciando dal sesto versetto infino alla fine della sura. Essa >> interpretazione verrà illustrata con opportune note filologiche, nelle quali si darà in succinto » un'idea della religione maomettana e delle sue principali sette.

» Il tutto in lingua latina,»

ESPERIMENTO SECONDO

QUESITO

(da Roma)

» Ragionar brevemente delle principali prerogative dello stile nel quale fu scritto il Corano, » e dimostrare se lo stesso stile delle diverse sure offra argomento sufficiente a decidere se un » solo o più autori abbia avuto il Corano, accennando alcune delle prove principali, che favorir » possano l'una e l'altra sentenza. » (da Pisa)

Ma il Castagna indi a poco crede lasciar libero il campo all'avversario, non avendo avuto accordato il Dizionario arabico, da lui per ben due volte dimandato, perchè ostinatamente a ciò si oppose il Caruso.

MORTILLARO vol. I.

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generosi se di tenzonar mi è mestieri. Mal fa i suoi conti chi cerca difesa negli artifizii e nella frode: io chiamo il Garofalo innanzi al tribunale della coscienza sua, e con quel coraggio che è tutto proprio

Chiuso il concorso e fattosene verbale, la Commessione, secondo gli ordini superiori, ne diè immantinente conto al Governo per darsi dal medesimo le provvidenze ulteriori. Noi ne attendiamo i risultati, per darne conoscenza al pubblico.

Secondo concorso pel prof. di lingua arabica nella R. Università di Palermo
(dal fascicolo di gennaio 1835, t. 49, p. 92).

Dichiarato nullo il concorso precedentemente tenutosi al quale avventurossi solamente un tal Giuseppe Caruso, si degnò S. M. ordinare nel consiglio ordinario di stato dei 18 giugno p. p. che si faccia in Roma un secondo concorso nel quale potessero cimentarsi i nazionali e gli stranieri. Quindi la Commessione di pubblica istruzione ed educazione in Sicilia con avviso dei 15 gennajo corrente nel far nota al pubblico questa sovrana risoluzione e il soldo annesso a tale cattedra, ch' è di on ottanta annuali, pari a mille franchi, ha prevenuto gli aspiranti a presentare, se nazionali, infra il termine di mesi tre a correre dal di dell' avviso, in Palermo in mani del Presidente della Commessione le loro formali diman de colle debite fedi, se stranieri, infra il termine di mesi quattro in mani alla Deputazione incaricata di questo esame in Roma. Scorso il suddetto termine sarà per un altro avviso fatto noto il giorno stabilito e il luogo preciso di Roma in cui si effettuirà lo esame.

Manifesto secondo pel concorso di lingua arabica nella R. Università di Palermo
(dal fascicolo di dicembre 1835, t. 52, p. 304).

COMMESSIONE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE ED EDUCAZIONE IN SICILIA.

In continuazione del precedente manifesto pubblicato a' 15 di gennaio del corrente anno in Palermo, nei Reali Dominii al di là del faro, ed in Roma, giusta le reali prescrizioni, la Commessione della pubblica istruzione ed educazione in Sicilia fa sapere, che non essendosi presentato al concorso della lingua araba per la Regia Università degli studii di Palermo se non un solo Siciliano, la R. M. S. (D.G.), per vie meglio incoraggiare gli esteri a presentarsi al mentovato concorso da eseguirsi, come fu prescritto, in Roma, nel suo consiglio ordinario di stato de' 23 del passato settembre, si degnò di approvare, conforme fu proposto da questo Governo di Sicilia, che ove nell'esperimento del concorso risulti professore un estero il soldo naturale della cattedra, che è di once ottanta pari a ducati dugentoquaranta, a riguardo de' maggiori bisogni di colui che non essendo Siciliano lascia la sua patria, per fermare il suo soggiorno in Palermo, sarà aumentato sino ad once centoventi pari a ducati trecentosessanta.

E però, attesa questa Sovrana disposizione, manifestata col rescritto de' 26 di settembre del corrente anno, e comunicatale il di primo dello andante ottobre, per via del ripart. degli affari interni, 2. car., n. 8148, la prenominata Commessione accorda agli esteri, per presentare le loro formali domande accompaguate, giusta il precedente manifesto de' 15 di gennaio, dalle fedi di battesimo, di perquisizione e di buoni costumi o al Presidente della Commessione in Sicilia, o alla Deputazione di Roma incaricata di questo esame, altri quattro mesi di tempo da correre dal di della pubblicazione di questo secondo manifesto.

Fatto in Palermo a' 15 novembre 1835.

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