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Gozzi il più classico dei suoi contemporanei (1), Monti nell'Italia, con eccellenza chi in un genere, chi in un altro onorarono le muse. Goldoni pittor della natura (2) perfezionò la commedia; l'emolo di Pindaro Metastasio (3) poeta degno d'imperadori, e d'imperadrici (4)

Nato a bear la maestà dei troni (5)

seppe senza alcuna mescolanza di stranezza riunire la grazia greca, la maestà latina, e la eleganza italiana nel dramma musicale; e pria di lui lo Zeno liberò il coturno dalla scurrilità del socco (6); e l'Alfieri creò la tragedia italiana, conducendola all'utile e terribile scopo dei Greci inventori (7); e a quella lingua

Che nacque al canto diè tremendi sdegni,
E regii affanni, e sofocléo pugnale (8);

dimodochè l'arte non ha già fatto con lui un sol passo, ma si è a perdita d'occhio dilungata dal punto in cui la trovò (9): come del pari l'eloquenza maneggiarono con eleganza, sentimento, e forza Massillon, Venini, Trento, Blair, e D'Aguesseau. Con molto decoro fu del pari, e con profondità di dottrina trattata allora la storia da Hume, Robertson, Gibbon, Rollin, Voltaire, Raynal, Giannone, e Denina. Molto deve per quel tempo la matematica al Maclaurin, al Simson, al Cousin, all'Eulero, al Lagrange, al Mascheroni; la fisica al Maupertuis, al Nollet, al Galvani, e più che altri al Volta il cui nome solo impresso nel possente stromento serberà alla memoria delle generazioni future quanti miracoli scoprisse un modesto uomo nel chiuso seno dell'arcana natura; la medicina al Cocchi, ai Baglivi, al Lancisi, all'Albino, al Mor

(1) Monti Proposta ec. tom. 1, pag. 234.

(2) Cosi fu chiamato Goldoni dallo stesso Voltaire.

(3) Scrofani Viaggio in Grecia, lett. xxu. (4) Baretti Frusta letter., n. 11.

(5) Barbieri Opere scelte pag. 167.

(6) Metastasio Lettere, vol. 1, lett. a M. Fabroni.

(7) Maffei St. della lett. ital., tom. 1. nella prefazione.

(8) Missirini, sermone 5.

(9) Carmignani Dissertazione accademica sulle tragedic di Vittorio Alfieri, ediz, 2, p.13.

MORTILLARO, Vol. I.

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gagni, ed al Mascagni. La chimica in Francia soprattutto splendeva di un lume senza pari e i nomi di Lavoisier, Berthollet, Fourcroy, GuytonMorveau saranno immortali: ma niuna scienza vantò come la storia naturale un Buffon, ed uno Spallanzani dottissimi e diligentissimi scrutatori della natura (1), un Linneo ed un Bonnet. L'astronomia poi oltre alle scoperte del Bradley poco non dovè agl'illustri, e celebri astronomi Flamsteed, Herschel, Delambre, La Place, e Lalande. La giurisprudenza ebbe a promotori il Meerman, l'Einnecio, il famoso (2) Gravina, il Montesquieu cui era riserbato di creare la vera scienza delle leggi (3); la filosofia si potè gloriare di un Giov. Batista Vico Dante della filosofia (4), a ragione appellato il Bacone d'Italia (5), di un Zanotti, di un Beccaria il cui picciol libro dei delitti e delle pene ebbe forza di strappare dalle mani dei carnefici le ruote e le tenaglie, di rompere gli eculei e di far sedere la filosofia nei santuari della giustizia (6), dei Verri, e di un Filangeri. Le scienze economiche pur esse spiegavano i loro fiori molto più nella nostra bella penisola mercè gli scritti dei Genovesi, dei Galiani, dei Fabbroni; talchè può conchiudersi aver preso in quel secolo le scienze stabilità durevole: e le discipline sacre pur esse poterono vantare un Tomasi, un Gerdil, un Tournely, un Bergier, uno Spedalieri, e qualche altro. La storia letteraria infine, e la bibliografia possono quasi dirsi nate in quell'epoca luminosa. Applicaronsi alla prima, per ciò che la Francia riguardar potea, i dotti maurini Rivet, e Clemencet; nella Spagna i fratelli Mohedani; per l'Italia il Mazzuchelli, l'infaticabile Livio della letteratura italiana (7) il cavalier Tiraboschi, e il Lanzi: e 'l commendevole Giovanni Andres pose ogni cura a riunire la storia letteraria di ogni secolo, di ogni nazione, di ogni letteratura. Con profitto la bibliografia illustrarono il Fabricio bibliotecario meritissimo della repubblica delle lettere (8), il Bandini, il Casiri, il Montfaucon, il Mercier, il Denis, ed altri molti.

(1) Botta loc. cit. lib. L.

(2) Portalis De l'usage et de l'abus de l'esprit philosophique durant le dix-huitième siècle, t. 2, ch. xxvII.

(3) Tiraboschi loc. cit. t. vin, p. 1, lib. 11, cap. iv, n. 1.

(4) Corniani I secoli della lett. ital., t. ix, art. 8.

(5) Giuseppe Barbieri Elogio dell'ab. Cesaroui.

(6) Maffei loc. cit. vol. 1, pag. 10.

(7) Pietro Perrone Cenni sulla vita e sulle opere del cavalier Vincenzo Monti. (8) Struvio loc. cit. cap. vn. §

Fu, in ultimo, questo secolo realmente quello che fondò la vera scienza dell'antichità (1): sottomise il conte Caylus all'ordine cronologico i monumenti delle diverse età; illustrò Muratori i bassi tempi in guisa che poco rimane a dire intorno ad essi, e meritò di essere chiamato da Pietro Verri maestro e lume della storia italica; propose Morcelli un regolar sistema per la classificazione delle iscrizioni; coordinò Eckel metodicamente la scienza delle medaglie, e Rasche la ridusse in ordine alfabetico; e riedificò Barthelemy la Grecia di Pericle dagli stessi suoi avanzi. Il portentoso Ennio Quirino Visconti uomo singolarissimo che univa un sano giudizio ad una immensa erudizione fu salutato principe degli archeologi del mondo. Giunse finalmente il nostro secolo, del quale ai nostri posteri lasciamo la cura di darne, allorchè sarà scorso, l'adequato giudizio, e di formarne il veridico prospetto.

E noi riunendo sotto un punto di vista quanto abbiamo cennato conchiuderemo che cominciaron le lettere a fiorire nell'Asia, e nell'Egitto; di là passarono nella Grecia, e vi toccarono la perfezione; vennero quindi trasportate in Roma, ove ad alcuni rami si ristrinsero. Che al decadere le greche, e le romane lettere altri rami sursero di sacre scienze col nascer della Chiesa; ma estinte alfine, in Occidente ritornarono dalle orientali regioni, la mercè degli Arabi conquistatori che parte serbate ne aveano, parte accresciute; principalmente in Italia, che nel secolo XIV riacquistò il suo lustro, e nel xv l'accrebbe, e nelle altre contrade lo diffuse.

(1) Champollion-Figéac, loc. cit. pag. 19, n. 20.

APPENDICE PER LA SICILIA

SI. Delle biblioteche distrutte.

Sin da lontani tempi vi sono state in Sicilia non meno private, che pubbliche biblioteche; ma di esse non ci rimangono, che troppo sterili notizie. Riguardo a Palermo, non si sa esservene state delle pubbliche, e solo ci è rimasta la memoria di quelle di alcuni privati personaggi, le quali alla morte dei loro possessori, disperse furono non solo nei paesi circonvicini, ma fino al di là dell' isola passando nel continente dell'Italia si divisero. Annoveransi fra le principali quella di Paolo Bisconte, che fu nel 1469 arcivescovo di Palermo, da lui donata al convento dei Carmelitani (1), e poi incendiata (2); quelle di Filippo Paruta, dell'ab. Mariano Valguarnera, dell'ab. Martino La Farina, dei fratelli Gio. Batista, e Francesco Caruso, di mons. Carlo Mineo, del can. Mongitore, e di Pietro Schiavo.

Per Messina poi fuvvi la già famosa libreria del Salvatore, ad uso riserbata di quei pp. Basiliani, abbondante soprattutto di greci ma. nuscritti, le cui vicende con precisione dallo Scinà si narrarono (3).

Finalmente si sa, che nel principio del decimo settimo secolo un altra eravene in Catania; giacchè scrisse Giovanni Morino (4) avere avuto in dono da Luca Olstenio bibliotecario del cardinale Barberini un penitenziale manoscritto del secolo undecimo in circa, ch'egli trascrisse interamente, il quale avea avuto Olstenio dalla biblioteca di Catania.

Nulla di più preciso conoscesi delle perdute siciliane biblioteche: ma bisogna pur confessare, che se applicati si fossero i nostri eruditi a dilucidare un punto così poco curato nella storia delle lettere

(1) Possevino Appar. sacr., tom. 1, p. 23.

(2) Pirri in Not. Eccl. Mazar. p. 515.

(3) Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo xv111, vol. 1, c. 3, p. 114 e 115

in nota.

(4) Comm. Hist. tu. appen. cod. man., pag. 22.

in Sicilia, qualche cosa di più interessante scoperta si sarebbe; da niuno ignorandosi con quanto zelo in quest'isola nel corso di varî secoli coltivati si fossero i buoni studi.

S II. Delle biblioteche vigenti.

Riguardo alle biblioteche vigenti tre se ne ammirano in Palermo a pubblico uso destinate, fra le quali grandeggia quella nel Collegio Massimo dei pp. Gesuiti fondata coll'opera del teatino p. Giuseppe Sterzinger (1), ed aperta a sei novembre 1782. Formala essa dapprima coi libri ritratti dalla libreria dei Gesuiti di Palermo, e da varie altre del valle di Mazara, quando venner quei padri espulsi dalla Sicilia; ed arricchita poi con le librerie del canonico Barbaraci, del principe di Torremuzza, e soprattutto con la donazione fattale dal Re della biblioteca dei pp. Olivetani, che era nell'abolito monastero di s. Maria del Bosco, restò finalmente affidata alla cura degli stessi pp. Gesuiti, ritornati nel 1805 (2). Maestosa ne è la sala, eleganti ne sono gli armadi, ben adorne le pareti, e copiosi non solo ma scelti i libri che ammontano a 36000 circa, sebbene per mancanza di dote poco fornita ritrovasi di opere moderne. Bella è l'altra dei rr. pp. della Congregazione dell'Oratorio di s. Filippo Neri, sontuosa non già, ma ben costrutta, fondata dal dotto ab. Francesco Sclafani da Palermo nel 1647 per disposizione testamentaria, come cenna il Mongitore (3), e posseditrice di circa venti mila volumi, fra' quali un codice manoscritto in pergamena del secolo xv che contiene le tre intere cantiche del divino Alighieri. La terza finalmente è la pubblica libreria del Comune, la quale, se non è in questo momento per tutti i rapporti la migliore; pure in breve arriverà a gareggiare (tanto speriamo!) colle più cospicue dell'Italia; talchè ci è sembrato dicevole tesserne infine un particolare ragguaglio. Oltre a queste un'altra ve n'ha un tempo dei rr. pp. Teatini, ed oggi propria della regia Università; ma non si è questa sino ad ora aperta a pubblico vantaggio, poichè non essendo ancora del biso

(1) Scinà loc. cit. vol. 1, cap. 1, pag. 34.

(2) Scinà loc. cit. vol. 1. Delle istituzioni letterarie pag. 2, not. 1. (3) Biblioth. Sicul. tom. 1, p. 239.

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