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suo sguardo. Ei però ancor vivente eresse a sè stesso tomba magnifica e durevole: le sue azioni, la virtù sua non comune; e però il suo nome verrà ricordato dall' età future fra la coorte degl' illustri guerrieri e degli splendidi mecenati.

Al suo re fedelissimo ne' varii trambasciamenti di tempi, mai non vacillò di pensiero, non cambiò di divisa. Alla comune patria attaccatissimo, animoso la sostenne, e ne difese immutabile i diritti.

Integerrimo nel suo ufficio, istancabile nel servizio, ed inaccessibile a qualunque mezzo non mirò che alla giustizia.

Soldato valoroso, attirossi l'elogio e la stima degli uomini di guerra, e fin dello stesso Napoleone, insieme a cui pranzò in Cremona durante l'armistizio per le trattative di pace tra la repubblica francese il Signor nostro, e in Mantova dopo conchiusa la pace.

Fu franco e leale col monarca, chiaro, ed incorrotto con gli uguali, severo ma ragionevole coi soggetti, austero coi traviati, inesorabile coi perversi, gentile ed amabile cogli amici, compassionevole co' miserabili che con ingenti limosine sovvenne.

Nemico del furto perseguitò senza posa coloro, i quali si facean lecito frodare per alcun verso le amministrazioni da Jui dipendenti, e che però gli bandivan la croce, e lo tassavan di burbero e di non pieghevole.

Colto negli studii, nelle scienze esatte profondo, e delle arti belle amantissimo, profuse in pro della sua terra natale una immensa fortuna, e vi eresse a sue spese una libreria e una pinacoteca, che arricchi dei suoi quadri; vi promosse un liceo, una scuola di nautica, l'istituto delle fanciulle, il lazzaretto, la piazza.

La Sicilia non dimenticherà il suo nome, i posteri ne ripeteranno le glorie.

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SU LA VITA E SU LE OPERE

DELL'ABATE

SCINÁ

DOMENICO SCINA

I dotti, scriveva Erasmo, risguardar si devono da lunge, come le figure degli arazzi; giacchè le opinioni discrepanti dei contemporanei, ora dall'odio, or dall' amore suscitate, si folta nebbia addensano attorno dei recentemente trapassati, che ben difficile riesce raffigurarne il loro vero sembiante. Alla voce delle nazioni che non si seducono, e alla giustizia dei secoli, che non si ponno corrompere, è conceduto il dileguare le illusioni, dopochè quelli più non sono, il dissipare la polvere alzata dalle gare e dalle passioni; mostrando agli occhi dei posteri sole e disvelate le opere dello ingegno; il bilanciare il merito degli scrittori, onde ad essi assegnare il giusto loro valore: dapoichè non altri che il tempo è il padre dei sapienti, lo imparziale giudice dei trapassati, che nel silenzio delle tombe a tutti assegna quel posto che lor si compete.

Siffatto pensiere mi ha tenuto in forse più giorni, e mi ha distolto dal compiangere altamente la perdita di DOMENICO SCINA', uno dei lumi primarii della italiana letteratura testè passato fra' più; e dal discorrere degli scritti e delle gesta di lui. Se non che soverchiato dalla piena degli affetti, non ho potuto frenarmi dal rendere un tale omaggio allo splendido ingegno, e alla nobile anima di colui, che mi giovò coi suoi consigli, che mi strinse colla sua famigliarità, che mi legò colla amicizia sua non estinta per morte, e che coi suoi

beneficii rese indelebile nel mio cuore la memoria di lui. Ed eccomi a bagnarne di lagrime la tomba, e, tuttochè l'ingegno mio che sento esser brevissimo nol comportasse, ad onorarne di elogii la ricordanza. Parlerò io della vita scientifica e letteraria dello SCINA', parlerò della di lui vita sociale e domestica.

Nè in alcuno mai cada sospetto che io mi spinga a magnificare il defunto ed a gloriarlo oltre del giusto, chè ben mi guarderei dal fare ingiuria alla verità, cui è gravissimo oltraggio ogni comechè lieve alterazione. Molto più che son certo, essere questo elogio non un semplice tributo che all'amico si porge, ma piuttosto un servigio che alla patria si presta: conciossiachè gli onori che ai trapassati si rendono, e le lodi di cui commendasi la memoria dei valentuomini, nè toccar possono il loro cenere, nè recar loro diletto; e solo a noi son diretti ed alla patria: chè ben la patria è quella su cui sfolgora, riflette e va a concentrarsi la gloria di loro. E assai più che non le esortazioni e le massime valgono ad inspirar negli animi generosi lo amor della sapienza, i tributi d'onore che alle sovrane menti si readono, sciolti dalle spoglie terrene, e nella luce avvolti dell'eterna verità; poichè gl'illustri esempii son l'incentivo più grande per formare imitatori e seguaci.

Palermo fu la patria di DOMENICO SCINA': egli ci nacque nell'ultimo giorno di febbraro 1765, e rimaso in breve orfano del genitore, cui la fortuna dei suoi favori non era stata larga gran fatto, venne agli studii avviato per le tenere cure della madre Rosaria Romano, presso i padri delle scuole pie, ed indirizzato alla chierisia. Ivi fu istitaito nella gramatica e nelle umane lettere, e di là passò ad apprendere nell'accademia degli studii fondata in Palermo nell'antico collegio dei padri Gesuiti, dopochè costoro ne erano stati espulsi, la filosofia, la geometria e la fisica.

Apparve fino da quei primi anni la svegliatezza della mente sua; ma più d'ogn'altro mostrossi allorchè, non arrivato ancora al terzo lustro, andò per sua gran ventura, ad apparare in teologia presso il canonico Rosario Gregorio, nome illustre nei fasti di nostra cultura, che nel seminario dei chierici leggeva allora in divinità. Al quale l'amor dello studio, e il pronto ingegno tanto fecero entrar nell'animo

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