Imágenes de páginas
PDF
EPUB

di lui servire. Sotto questo aspetto considerati, sembra che abbiano qualche cosa di simile cogli oblati di s. Carlo. Alle domande finalmente dei vescovi i comandi preferiscono e le richieste del Sommo Pontefice, al quale possono i Padri della Carità far voto di speciale ubbidienza per le missioni nei paesi infedeli: nel che rassomigliano ai Padri della Compagnia di Gesù. I membri dell' Instituto di Carità possono possedere a condizione però che quanto dai singoli si possiede, sia in opere di carità impiegato ed in questo consiste specialmente la natura del voto di povertà che essi fanno, al quale aggiungono i soliti voti di castità ed ubbidienza.

I Padri della Carità hanno già parecchi stabilimenti aperti negli Stati di S. M. Sino dal 1828 sul monte Calvario di Domodossola apersero essi una casa, che la culla in certo qual modo si può chiamare dell'Instituto. La Badía di S. Michele loro veniva dalla sovrana munificenza testè assegnata, e per breve delli 23 agosto 1836 dalla Santità di Papa Gregorio xvi concessa, quanto all'amministrazione ed uso de' redditi. Vi entravano diffatto i Religiosi li 20 ottobre seguente, e vi cominciavano a prender stanza; e facevasi addì 25 stesso mese il traslocamento delle mortali spoglie de' Reali di Savoja.

Tutto questo sommamente onora e chiarisce la pietà del religiosissimo nostro Monarca, ma quello che compisce li nobili reali divisamenti, quello che diede forse il primo impulso alla impresa, quello che formerà di S. Michele un luogo degno di emulare l'antica ripaglia di Amedeo vii, come CARLO ALBERTO le

azioni emula nobilmente di questo Duca ch' era il Salomone del suo tempo, luogo senza esempio negli annali delle altre nazioni tutte del mondo si è la magnifica casa che la M. S. intende di far erigere a lato di quella attualmente dai Religiosi abitata per raccogliervi in essa que' personaggi che disingannati dalle fugaci grandezze terrene, bramassero di trovare un tranquillo e santo asilo, dove senza legame d voti e non privi de' comodi della vita, godendo ancora la società di uomini religiosi tutti alle opere di carità consecrati e agli studii, condur potessero nella pace di una pia solitudine gli ultimi loro giorni intieramente al negozio importantissimo dell' eterna salvezza intenti.

Sì i disegni della chiesa, che della nuova casa furono già dal bravo cavaliere Melano ultimati; da essi ben arguire si può che riusciranno, posti in esecuzione, cosa degna del gran Principe che la concepì dall'animo suo sommamente religioso unicamente inspiratone, degna della sovrana munificenza e della grandezza dell'antica Abbazia. Il cavaliere Melano, il quale in genere di architettura gotica ha veramente profonde cognizioni, punto non ha smentito se stesso nell'ideare i lavori per S. Michele. L'ingegno dell'architetto grande si scorge, sicchè questi ristauri che esso dirigerà, si congiungeranno con quelli che seppe in sì bel modo far eseguire ad Altacomba per rendere illustre il suo nome.

LIBRO SECONDO

CAPO I

Le illustri e veramente eminenti virtù che ne' primi tempi fiorivano nel monastero di S. Michele non poterono starsene nascoste fra le umili pareti del solitario chiostro, ma colla bella loro e viva luce meravigliosamente sui popoli brillarono; e non ostante che la santa umiltà de' monaci assolutamente vi ripugnasse, tuttavia, qual lucentissimo faro in tenebrosa notte ai naviganti, splendettero al mondo nel mare di questa misera vita, col buon esempio agli uomini insegnando la giusta e retta via e retta via per entrare nel porto di salvezza un giorno. Cotanto quindi in

105

ABBAZIA DI S. MICHELE, LIBRO II, CAPO I. breve tempo crebbe la rinomanza di questo monastero, che si viddero a gara concorrere Imperadori, Re, Duchi, Marchesi e Conti, Sommi Pontefici, Vescovi e Prelati inferiori, tutti per largheggiare allo stesso ricche possessioni, redditi, giurisdizioni, castella, abbadíe e chiese di massimo riguardo.

Si sa diffatto che sin dal tempo del primo abate Avverto, la generosa pietà di Gezone vescovo di Torino dal 1000 incirca al 1011 donava nel 1007 alla Abbadía di S. Michele della Chiusa le terre che egli nelle vicinanze dei borghi di s. Ambrogio, Caselle, Alpignano, la Chiusa, la Novalesa e nella valle Clusina possedeva. Questo bell'atto di donazione, che Pingone *1 riferisce appoggiato a parecchie carte nell'archivio della Abbadía Clusina a' suoi tempi esistenti, che Ughelli *2, e Francesco Agostino Della-Chiesa *3 riportano, senza che però l'uno all'autorità dell'altro si appoggi pare abbastanza confermato da non poterne in verun modo dubitare, checchè taluni pretendano in contrario. La difficoltà parmi che piuttosto consista nel dicifrare a qual abate da Gezone sia stata la donazione fatta.

Monsignor F. A. Della-Chiesa nella sua Cronologia all' abate Ermengardo fatta la assegna, e tale parimenti si è l'opinione dell'anonimo autore della Relazione storica dell' Abbazia, nel 1699 stampata. Pingone poi e Ughelli danno bensì, come dicemmo, per certa la donazione, ma non dicono a qual abate sia

* 1 In Augusta, p. 22.

* Italiæ Sacræ, Coll.

*3 Corona Reale, e Cronol. Sacra.

[ocr errors]

stata fatta. Checchè ne sia però, siccome in verun modo dimostrar non puossi che nel 1007 un abate Clusino fossevi di nome Ermengardo, bensì giusta la cronaca del monaco Guglielmo da Mabillon ne'suoi Annali Benedettini riferita, Arveo o Avverto primo abate del monastero, morto l'anno 1022, dunque a questo, non già all'abate Ermengardo che fu soltanto quarto abate nel 1091, devesi la donazione attribuire, essendo egli vissuto ottant'anni dopo la morte del vescovo Gezone avvenuta nel 1011. L'opinione è questa del dotto sacerdote Teologo Meyranesio *1 a cui parmi di poter sicuramente soscrivere, concordando essa appieno colla cronaca Clusina; accuratissima d'altronde e giudiziosa per ogni verso essendo la critica di quest'autore nel sceverare il vero dal falso.

[ocr errors]

Ma qui soltanto non restarono le donazioni. Umberto 11, come riferisce il Guichenon*2, donava nel 1103 alla Badía della Chiusa il borgo di Giaveno con tutti i dritti e le giurisdizioni feudali su quel luogo e sue adjacenze. Addì 5 febbrajo 1209 Tommaso I di Savoja confermava all'abate e monaci di S. Michele la donazione di Giaveno da Umberto fattagli, aggiungendovi inoltre per legato la giurisdizione su varie terre a Giaveno e alla Chiusa vicine. Tommaso II di Savoja con suo testamento del 1224, parecchi legati all' Abbazía faceva, e Tommaso III, volendo anch'esso per la sua liberalità verso il monastero della Chiusa segnalarsi, donavagli il borgo di s. Ambrogio con ogni giurisdizione

* Pedemont. Sacr. T. 1, p. 154. * P. 216. Hist. et Preuv., p. 28.

« AnteriorContinuar »