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di S. Michele soggetto e dipendente. Il dotto sacerdote Meyranesio nella vita del vescovo Landolfo *1 con sodissimi argomenti prova ad evidenza la falsità della accennata donazione. Mi è ben grato concordare pienamente di opinione con un tanto uomo *2.

*1 Op. cit., p. 166.

* V. Historia Patriæ Monum., t. 1, cart. Docum. CCCI, pag. 514.

CAPO II

DA tutte queste vistose donazioni, e dai varii privilegii agli abati dai Sommi Pontefici concessi, ne ritrassero essi, come di ragione, un'estesissima autorità sì spirituale che temporale.

E per primo: sono palesi testimonii e nobili prove dell'autorità spirituale degli abati Clusini: l'essere esenti da ogni e qualunque giurisdizione vescovile, e solo immediatamente alla Santa Sede soggetti, l'aver territorio distinto in cui esercitavano giurisdizione si temporale civile e criminale, che spirituale, deputando vicarii generali, tenendo sinodi, conferendo benefizii, e simili altri atti di giurisdizione esercendo. Sono diffatto un argomento di quest' autorità le molte e molte deputazioni di vicarii generali per le varie abbazie e chiese che avevano in Francia, in Ispagna e altrove, le quali leggendosi in disteso nella raccolta dal Clerc fattasi delle cose della Badía per ordine

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dell'abate Antonio di Savoja, prescindo dal nominarle qui, tanto più volentieri in quanto che fastidioso ed inutile per l'interesse storico sarebbe il mio racconto. Parimente io qui mi taccio delle molteplici controversie che per le indicate deputazioni di vicarii nei diversi tempi suscitaronsi, siccome cose di nessuna entità, e avuto riguardo altresì che molte trovansi anche nella citata raccolta del Clerc.

Di una sola fra tutte le dissensioni che furonvi io parlerò; e questa si è quella che ebbe luogo all'epoca dell'elezione di Benedetto 11 in abate di S. Michele col vescovo di Torino Cuniberto.

II,

Mal soffrendo questo prelato l'esenzione della vescovile autorità che all' abate Benedetto i concessa aveva Leone papa 1x nel concilio di Vercelli, armossi contro quei monaci onde veder di ridurli di bel nuovo a dipendere dalla sua autorità. Invano però che alla Santa Sede ebbero i religiosi ricorso affine di far ces-sare le molestie che loro usavansi. I sommi Pontefici Stefano IX, Nicolao 11, Alessandro 11, Gregorio vn, tutti alla loro volta successivamente avvisarono Cuniberto. Ildebrando stesso che dalla monacal cocolla era stato allora assunto alla dignità di cardinal arcidiacono di santa Chiesa, non che il cardinale S. Pier Damiani tentarono per loro lettere di indurlo a rappattumarsi coi monaci della Chiusa le pontificie esenzioni loro liberamente permettendogli: ma nell'opinion sua continuò nondimeno Cuniberto, anzi allorchè il Capitolo generale dell'ordine Benedettino venne senza il suo consenso all'elezione dell' abate Benedetto 1, piucchè mai egli allora contro il privilegio del

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monastero mosse querele e ricusò di consecrare il nuovo abate, asserendo a lui spettare l'elezione e l'approvazione dei prelati inferiori nella sua diocesi, non già ad altri. Ebbero i monaci ricorso al cardinale Ildebrando, alla pontificia dignità stato in quel torno col nome di Gregorio vi elevato, affinchè l'autorità sua interponesse nella controversia col vescovo Cuniberto. Scrissegli diffatto questo santo Pontefice una amorevolissima lettera * un'altra in pari tempo indirizzandone alla celebre Adelaide di Susa, la quale donna forte veramente era, e un cuore aveva per le cose di Dio ottimamente disposto, affinchè colla sua mediazione la pace ella pure procurasse. Tutto però indarno continuando sempre ne'pensieri suoi Cuniberto, tanto che dovette Gregorio con altra sua lettera datata di Roma addì 1 dicembre 1078 chiamare a se Cuniberto non che l'abate Benedetto per comporre le gravi differenze che fra loro sussistevano. Portaronsi in fatti entrambi in Roma, si sottomise allora pienamente il vescovo torinese ai desiderii del Sommo Pontefice; Benedetto fu consecrato abate, e così lodevolmente fu ogni gara finita.

I vescovi d'Asti e d'Acqui coll'abate Fruttuariense furono arbitri della concordia, per cui vicendevolmente promettevano di risarcirsi i danni cagionati dalla lunga controversia, di mai più non molestarsi per l'avvenire, e di assoggettarsi anzi a quella pena che il Sommo Pontefice avrebbe giudicato di imporre a quello dei due che il primo avrebbe tentato di far rinascere delle

*V. Col. Epist. Greg. v11, 38.

quistioni fra loro. Scrupolosamente si attennero ambidue alla promessa loro, poichè negli storici di quel tempo più non si trova memoria che siasi ancora in seguito turbata la pace fra Cuniberto, e l'abate di S. Michele. È bensì vero che il cronista Clusino con istudiate frasi scrive, che non cessò Cuniberto dal molestare l'abate Benedetto e i monaci della Chiusa, ma questa è un' aperta falsità di quello scrittore, il quale per viemmeglio esaltare le virtù dell'abate Benedetto di cui tesseva la vita, finse che innumerevoli erano stati i travagli sofferti dal suo eroe per Cuniberto, a segno che il Papa scomunicar dovette questo prelato vedendolo sempre ai suoi ordini renitente. In verità le stesse lettere di Gregorio vii a quel vescovo scritte dappoi più di controversia non parlano, ma anzi distinti elogi gli fanno pel zelo che dimostrava, dietro l'impulso datogli dal cardinale s. Pier Damiani, e dal lodato Sommo Pontefice onde raffrenare la grande incontinenza che regnava nel suo clero, predicando loro e col buon esempio, e colle più efficaci parole. È impertanto onninamente falso quanto viene dalla cronaca Clusina riferito sul conto di Cuniberto di più di quello che ho qui nel mio scritto riportato, mentre un degnissimo vescovo egli fu, di bellissime virtù, per testimonianza dell'illustre s. Pier Damiani, adorno. Moriva in pace questo prelato nel 1080 addì 4 giugno, come trovasi notato nell'antico necrologio della Abbazia di s. Salvatore, e veniva tumulato nella chiesa abbaziale.

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Questo documento e una donazione da Cuniberto fatta all'Abbazia di Pinerolo nel 1079, provano

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