Discorso pronunciato da S. M. Vittorio Emanuele II. per l'inaugurazione della Sessione legislativa delle due Camere del Parlamento Nazionale il 10 gennaio 1859. Signori Senatori, Signori Deputati La nuova legislatura, or fa un anno, non ha fallito alle speranze del paese, alla mia aspettazione. Mediante il suo illuminato e leale concorso, Noi abbiamo superato le difficoltà della politica interna ed esterna, rendendo così più saldi quei larghi principii di nazionalità e di progresso sui quali riposano le nostre libere istituzioni. Proseguendo nella medesima via porterete quest'anno nuovi miglioramenti nei vari rami della legislazione e della pubblica amministrazione. Nella scorsa sessione vi furono presentati vari progetti intorno alla amministrazione della giustizia. Riprendendo l'interrotto esame, confido che in questa verrà provveduto al riordinamento della Magistratura, alle istituzioni delle Corti d'Assisie, ed alla revisione del Codice di Procedura. Sarete di nuovo chiamati a deliberare intorno alla riforma dell'amministrazione dei comuni e delle provincie; il vivissimo desiderio che essa desta vi sarà d'eccitamento a dedicarvi le speciali vostre cure. Vi saranno proposte alcune modificazioni alla legge sulla Guardia Nazionale, affinchè serbate intatte le basi di questa nobile istituzione sieno introdotti in essa que' miglioramenti suggeriti dalla esperienza, atti a rendere la sua azione più efficace in tutti i tempi. La crisi commerciale da cui non andò immune il nostro paese, e la calamità che colpì ripetutamente la principale nostra industria, scemarono i proventi dello Stato. Ci tolsero di vedere fino da ora realizzate le concepite speranze d'un compiuto pareggio tra le spese e le pubbliche entrate. Ciò non v'impedirà di conciliare nell'esame del futuro bilancio i bisogni dello Stato coi principii di severa economia. SIGNORI SENATORI, SIGNORI DEPUTATI, L'orrizzonte in mezzo a cui sorge il nuovo anno non è pienamente sereno: ciò non di meno vi accingerete colla consueta alacrità ai vostri lavori parlamentari. Confortati dall'esperienza del passato, andiamo risoluti incontro alle eventualità dell'avvenire. Quest'avvenire sarà felice, riposando la nostra politica sulla giustizia, sull'amore della libertà e della patria. Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei consigli dell'Europa: perchè grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso inspira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacchè, nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di Noi. Forti per la concordia, fidenti nel nostro buon dritto, aspettiamo prudenti e decisi i decreti della divina Provvidenza. Circolare del Comitato centrale di Roma del 25 gennaio, che spiega la situazione politica. Abbenchè sia impossibile nello stato attuale di cose dare alcuna precisa notizia di quanto possa avvenire più o meno prossimamente, pure si deve confessare, che molte probabilità si offrono di un vicino conflitto. L'agitazione generale d'Europa, e specialmente d'Italia, fa presentire un evento qualsiasi che a niuno forse oggi è dato determinare. Si è in conseguenza di ciò, che pel momento non possiamo additarvi quale debba essere la nostra opera presente, e che si debba preparare per l'avvenire; nulladimeno crediamo indispensabile prevenirvi, che giova intanto avviare li spiriti nel senso di sola indipendenza italiana. Questo programma conciso in sè stesso, è abbastanza largo però, perchè possa essere seguito da tutti i partiti, quando non sieno guidati dall'egoismo. Ed invero non sarebbe ricadere negli antichi errori il complicare la questione con pretese maggiori, quali poi non potrebbero effettuarsi, se per base indispensabile di futuro edificio non si ponga l'indipendenza medesima? E d'altronde ognuno può e debbe concepire, che qualora si aspiri oltre alla cacciata dello straniero, a scopo maggiore, questo bisogna saperlo meritare, mostrandosi veramente grandi, in ogni senso, nella lotta preventiva. Un popolo, che si erge gigante e compatto, imporra; non riceverà le altrui condizioni. Quando il contrario avvenga, sarà sempre giuoco o premio delle particolari ambizioni ed interessi. La vostra perspicacia, o amici, saprà dare un maggiore sviluppo a queste idee appena accennate, comunicandole ai vostri aderenti; i quali non dubitiamo sapranno apprezzarle, come utili alla condizione d'Italia. Per ora è utile mostrarsi apertamente tranquilli; se converrà fare dimostrazioni ne sarete avvisati. 25 gennaio 1859. DOCUMENTO N. 9. Roma. (V. Pag. 78) Programma dei Comitati col quale si dà ragione delle complicazioni diplomatiche, e si dispone sul contegno da tenersi. CITTADINI, L'attitudine delle Potenze europee nella questione italiana è tale che ogni buon Italiano deve rallegrarsene; perchè finalmente viene ad essere riconosciuta la situazione del paese, infelice sotto ogni rapporto, sostenuto il principio della sua nazionalità, della sua indipendenza dallo straniero, della sua confederazione. Nel mentre che il linguaggio della Francia è calmo quantunque riservato, i suoi preparativi militari sono imponenti, e dall'Africa si fanno venire le sue legioni agguerrite, per sostenere un principio generale di civilizzazione, un interesse indiretto; avvegnacchè l'Italia unita, l'Italia forte, l'Italia indipendente dallo straniero, l'Italia confederata, sia una condizione indispensabile alla quiete d'Europa. L'Inghilterra si propone mediatrice colla sua azione diplomatica, ma in fondo non può essere contraria alla nostra confederazione, avendo l'Italia le simpatie di tutto il popolo inglese. La Prussia, la Confederazione germanica mantengono un contegno riservato; perocchè una compartecipazione anche indiretta contro l'Italia potrebbe promuovere l'eventualita delle armate francesi sul Reno. Quale sarà la soluzione di questa questione non si può prevedere. Al punto in cui è condotta, dopoche l'Europa civile ha pronunziato essere le condizioni d'Italia anormali ed infelici, dopo che è riconosciuto essere ne cessario un rimedio, le sorti d'Italia dovranno subire una trasformazione notevole per il nostro ben essere materiale, il nostro onore, la nostra gloria. Lode e riconoscenza pertanto ne sia largamente resa al Piemonte, che ha sostenuto fin quì il principio nazionale, portando alti ed onorati, in mezzo alle vessazioni continue del potente vicino, i venerati colori simbolo della nostra nazionalità; che ha preparati i mezzi della nostra risurrezione; che sta provvedendo agli apparecchi di guerra, ed alle finanze per sostenerla. D'ogni parte d'Italia corrono al confine piemontese volontari per arruolarsi malgrado gl'impedimenti dei governi limitrofi. Il Milanese, il Modenese, il Parmigiano, il Toscano, e perfino il Napoletano accorrono per patrio amore a sostenere la dura vita del soldato. Gli studenti delle Università abbandonano i loro studii per portarsi laddove si raccoglie il vessillo della patria indipendenza, la speranza di un felice avvenire! Invano si adduce il rispetto dei trattati. Nei trattati non si è mai considerato lo stato morale delle nazioni, ne i bisogni loro, nè lo stato della civiltà universale: si contemplò solamente lo stato materiale non delle nazioni, ma dei principi. Ne viene dunque, logicamente parlando, che l'interesse di pochi non può essere anteposto all'interesse di un gran numero. Il mondo non è immobile. Debbono esserlo i trattati? Ma la più gran tranquillità deve mantenersi nell'Italia che non sarà il teatro delle operazioni militari, se la diplomazia non riesce nel suo intento. Chi si sente animo generoso, caldo di amor patrio, unito a volontà di azione, ha il campo aperto nell' armata del Piemonte per distinguersi. Non usiamo in qualunque caso nè gridi nè schiammazzi nè provocazioni che sentono tanto di bassezza; lontani dal pericolo manteniamo un contegno dignitoso in tutte l'eventualità, e facciamo così di essere all'altezza delle circostanze. La rivoluzione, lo spirito rivoluzionario, non devono entrare per nulla nei motivi della guerra se questi motivi vincono quelli della pace; nè nella direzione della guerra. Voi dovete adunque governarvi per il principio di ragione, e pel consiglio di quelli che hanno un titolo per domandarvi la quiete, la tranquillità, l'unione, l'ordine. CAPITOLO SECONDO SOMMARIO Comitato di Bologna. L'agitazione è diffusa per le provincie marchigiane. Organamento dell' associazione uelle medesime. Comitato centrale a Torino, — Emigrazione, e arruolamento di volontarii nelle marche. Soccorsi ai medesimi. - Il generale Garibaldi. - Ostacoli upposti in quelle provincie dalle polizie locali.—Occulte mene del partito clericale. I Comitati son posti in sull'avviso. Virginio Alpi in Romagna. Quell'agitazione di cui sopra si è parlato, era per la natura delle cose diffusa eziandio nelle provincie delle Marche, le quali pure sentivano d'essere uguali alle altre nel diritto all'indipendenza; ed ogni nostra città andò commossa per la stessa vicenda di timori, di speranze, di desiderii, nella espettazione degli eventi che venivano maturandosi, fra il destreggiarsi della diplomazia e gli apparecchi di guerra. Era un principio di vita politica e nuova, che s'appalesava manifestamente nella lietezza delle popolazioni fino a quel di stranamente compresse, nel trepidare mal celato dei governanti, nella dubbiosa preoccupazione degli austriaci fra noi accampati, e insino a quei di costanti in una insolente baldanza, che incominciava a dar giù rimpetto al subitaneo mutamento dei casi politici! Accenammo già nei cenni retrospettivi come si fosse organizzata nelle Marche la società nazionale negli anni milleottocento |