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Se non erro, il secolo più glorioso per Ferrara, fu quello di Messer Lodovico, e le lodi datele nel Furioso non sono punto esagerate. Sotto gli Estensi, magnifici protettori delle lettere, Tasso ebbe agio di dar l'ultimo compimento alla sua Gerusalemme liberata, e vi fiorirono l'Ariosto, il Guarini, il Giraldi, il Pigna, il Gagi, il Ricci, il Calcagnini, Patrizi ed altri valenti uomini di lettere. La tipografia Ferrarese, che dall' anno 1471 già vanta belle edizioni, nel cinquecento ne produsse di splendide e pregevolissime, alcune delle quali in lingua Ebraica.

Fra i Principi della Casa d'Este, benemeriti alle scienze ed alle arti, primeggiano Alfonso I, uno de' migliori Capitani de' suoi tempi, benefico difensore de'suoi popoli, anzi padre affettuosissimo, essendosi ridotto perfino a mercanteggiare le sue cose preziose, ed a privarsi egli stesso di tutto, anzichè imporre nuovi balzelli, o ritardare le pensioni ai letterati ed agli artisti, coi quali famigliarmente conversava a guisa di scolare ed amico. Volendo nel 1514 adornare il suo palagio, allogó al Dosso, alcuni fatti di mitologia, ed un Baccanale a Giovanni Bellino, opera, che secondo il Vasari fu delle più belle, che mai facesse. Mentre Tiziano trovavasi in Ferrara a dipingere per commissione di quel Duca alcune storie, ed il celebre Cristo della moneta, fece amicizia coll' Ariosto, il quale l'immortalò nel suo Orlando Furioso, siccome aveva già fatto del Dosso, artefice eccellente. Tiziano ritrasse Alfonso, e la signora Laura, e largamente rimunerato, di là si partì. Vuolsi da alcuni che il Duca venisse ritratto anco da Raffaello; ma di ciò non trovo notizia positiva. Quello che v'ha di certo si è, che avendo segretamente saputo quel Principe, trovarsi in Ferrara Michelangelo, subito mandò alcuni della sua Corte a levarlo dall'osteria, ov'era scavalcato; fecegli accoglienza grandissima, offrendo alloggio

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in palagio a lui ed al suo seguito. Tentò anche trattenerlo in Ferrara con buona provvisione; diedegli onorevoli doni, e più volte gli fece offerta di tutto quanto era in suo potere, ed andava mostrando con singolare cortesia quanto in Corte s'aveva di bello e buono. Michelangelo però non s'indusse mai a trattenersi, e ritornò all'osteria, d'onde non aveva mai voluto levar le robe; alla partenza nè l'ostiere (che per ordine del Duca l'aveva magnificamente servito), nè i suoi famigli vollero pigliar denaro alcuno, neppure la benandata. Michelangelo, che da principio erasi mostrato in tutta la sua rozza selvatichezza, non volle esser vinto di cortesia, e ritornato in patria fece pel Duca Alfonso la famosa Leda, la quale portata dappoi in Francia, venne sotto Luigi XIII sconciamente manomessa da uno scrupoloso ed ignorante Ministro.

Ercole II fu degno figlio di Alfonso, il quale dopo 29 anni d'un Regno saggiamente amministrato, nel cinquantesimo ottavo anno di sua età, morì. Fu amicissimo e confidente di Benvenuto Cellini, il quale ne lasciò scritto, che famigliarmente secolui conversava perfino quattro, o cinque ore al giorno, e bene spesso facevalo cenare alla sua mensa. Benvenuto maravigliosamente ritrasselo in una medaglia, sul cui rovescio era effigiata la Pace in forma di vaga femmina, cinta da sottilissimi veli, e che con movenza lieta e graziosa appiccava il fuoco ad un trofeo d'armi. Sotto la Pace giaceva il furore, avvinto da catene. La leggenda era: Pretiosa in conspectu Domini, allusiva alla Pace, che quel Principe aveva allora conchiusa col Papa, sborsando rilevanti somme di denaro. Cellini ebbe per questo lavoro le più orrevoli carezze, che mai si facessero a uomo del mondo, ed il Duca di Ferrara diè commissione a un suo creato, che gli presentasse un diamante del valore di dugento scudi, soggiungendo, che quell'unica virtuosa mano, che tanto bene aveva operata, per memoria di S. E. con quello diamante s'adornasse la detta mano.

La musica poi, rigenerata ne' dominj Estensi nel 1050, per opera di Guido Aretino, Monaco del celebre chiostro

della Pomposa, di cui fra poco ragioneremo, fioriva più che mai in Ferrara nel secolo di Lodovico Ariosto. Magnifica protezione ebbero da quella Corte i musici Fiamminghi, Josquino de Près, Adriano Willaert, e Cipriano de Ron. Borso d'Este fu generoso mecenate di Pietro Boni, celebratissimo cantore sulla Lira. * Nel 1540 vivevano in Ferrara Lodovico Fogliani, ed il Sacerdote D. Niccola Vicentino, scrittori di nuove teorie musicali, ed emuli di Gafuro Franchino da Lodi, di cui vogliamo ricordare la sua opera: Theorica musica. Mediolani per Philippum Mantegatium dictum Cassanum, opera et impensa Joannis Petri de Lomatio, 1492 in foglio, e la Practica musica. Mediolani per Gulielmum Siguerra, 1496 in foglio. Il Canonico Afranio de'Conti Albonesi di Pavia inventava a quel tempo il fagotto, e Jacopo Fogliani s'acquistava rinomanza d'eccellentissimo suonatore d'organo. Le stesse figlie del Duca Ercole II, Anna e Lucrezia accoppiarono alle più severe discipline lo studio della musica, e vi fecero rapidi, e felicissimi progressi. ** Il Verato poi fu istrione rarissimo, e veniva chiamato il Roscio de' suoi tempi.

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Noi vorremmo, che qualche bell'ingegno descrivesse minutamente i pubblici spettacoli di Ferrara del secolo XVI; a quelle sceniche rappresentazioni, a quelle giostre, e a quei tornei, dobbiamo forse le più sublimi ispirazioni, e le descrizioni più felici, che ammiransi nella Gerusalemme e nel Furioso. Quegli spettacoli davansi in Ferrara colla maggior splendidezza possibile; i Principi Reali, e gli stessi Duchi non isdegnavano prendervi parte: sappiamo dalla Storia, che il Principe D. Francesco, figliuolo del Duca

*

Symeoni: Commentarii sopra alla Tetrarchia di Vinegia, di Milano, di Mantova, et di Ferrara. In Vinegia per Comin da Trino di Monferrato, l'anno M. D. XLVIII. p. 112. Biblioteca Morbio. ** Cellini: Vita da lui medesimo de' Classici Italiani 1811. Tomo 2.

scritta. Milano. Società Tipografica

*** Cavalerie della Città di Ferrara che contengono Il castello di Gorgoferusa. Il Monte di Feronia et il tempio d'amore. Senza data di luogo ed anno, ma probabilmente stampato in Ferrara nel 1561.

Alfonso, recitò il prologo della Lena, la prima volta, che nel 1528 venne rappresentata. Cellini parla d'una giostra, datasi a Belfiore, villa ducale, contigua alle mura della città, ed alla quale assistette la corte Ducale. Nel Castello di Gorgoferusa e nel Monte di Feronia, magnifici tornei, datisi nel 1561, armeggiarono lo stesso Duca, Alfonso d'Este, Marchese di Montecchio, i Bentivoglio, Bevilaqua, Montecuccoli, i Tassoni, gli Strozzi ed i Gonzaga. Più magnifico ed ingegnoso de' precedenti Tornei, fu quello del Tempio d'Amore, bandito in occasione delle nozze del Duca Alfonso, colla Regina Barbara d'Austria, nel quale, oltre lo stesso Duca v' armeggiarono 96 Cavalieri, con uno sfarzo ed una magnificenza, senza esempio nella Storia. A questo proposito ne sia lecita una osservazione. Perchè il dotto autore dell'opera: Storia ed Analisi degli antichi Romanzi di cavalleria e dei Poemi Romanzeschi d'Italia, non fa menzione alcuna di questi tre magnifici Tornei? Perchè parlare della mascherata, datasi sotto il nome di Torneo in Parma, nel 1769 e nulla egualmente ne dire intorno agli altri due superbi tornei, datisi l'uno in Bologna nel 1573, e l'altro in Pavia nel 1587, e dei quali se ne hanno le relazioni alla stampa? Nel 2.° volume di detta opera, l'autore scrive, che di regola i Tornei non si celebravano di notte. Pensiamo, che questa regola abbia molte eccezioni, giacchè i cinque Tornei da noi or ora accennati, s'eseguirono tutti di notte tempo, e colla pompa d'una splendida, e ben intesa illuminazione.

Le molte relazioni de' Tornei Italiani, che abbiamo alle stampe, ne danno preziose notizie intorno allo stato fiorente della meccanica, dell'oreficeria, delle manifatture, e della pirotecnica nel secolo XVI. Biringuccio Vanoccio scriveva di que' tempi pregevoli trattati intorno a quest'ultima arte, e nel 1540 pubblicava in Venezia il suo libro (in 4.o figurato) De la pirotechnia, che meriterebbe d'essere consultato anche a' nostri giorni. Le Giostre ed i Tornei favorivano anco le lettere giacchè quei cartelli, che ad ogni tratto vengono accennati in quelle relazioni, per lo più

contenevano giulive canzoni d'amore, od epigrammi ingegnosi ed arguti. Ma lo scopo precipuo di quegli spettacoli era di mantenere vivo nel cuore degli Italiani l'ardore marziale. Non è da dirsi, quanta commozione si eccitasse nel cuore dell' ardente gioventù, allorquando gli araldi ed i menestrelli bandivano i Tornei nelle città, corti e castella della penisola. Avresti veduto alcuni esercitarsi, correndo a spron battuto, a trasportare sulla punta della lancia un anello sospeso nel termine della lizza. Altri più provetti nell'esercizio dell'armi addestrarsi alla quintana sulle pubbliche piazze, o braide: alcuni felicemente colpivano la statua di legno in fronte; altri no, e la mobile statua girava all'istante sul suo perno, e con una daga di legno percuoteva la schiena del poco destro campione. Udi

vansi allora scoppj di risa, accenti d'ira e di dolore, imprecazioni, garriti, voci discordanti e confuse. Nelle sale d'armi i Cavalieri esercitavansi a combattere colla spada, coll'azza, e colla daga, affine d'offrire nel vicino Torneo la lancia delle Dame. La loro forza e destrezza formavano il soggetto delle conversazioni, e dei banchetti, e più di una bella castellana ne gioiva in segreto, ed alle aperte lodi, vedevasi il suo viso brillare d'un amabile rossore. Altrove un vecchio feudatario, sorretto da un suo fedele trascinavasi fino alla spianata del castello, e di là guatava con cipiglio iroso i fieri giuochi della gioventù del vicino villaggio, di cui era temuto signore. Venuta l'ora, in cui la campana del villaggio, col suo squillo solenne, sembra dare un ultimo addio al dì che muore, l'austero vegliardo, lento lento faceva ritorno al solitario suo castello, e seduto ad un buon fuoco si faceva leggere dal suo cappellano qualche novella del libro di Ser Giovanni da Certaldo, oppure gli onorevoli diplomi, rilasciatigli dai marescialli di campo, o giudici de' Tornei, e i poemi e le canzoni, che i menestrelli avevano composte, e le dame cantate in suo onore.

Quasi tutte le città d'Italia ebbero le loro Giostre ed i loro Tornei. In Milano poi s'eseguivano con uno sfarzo

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