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municipali sta in altro Archivio, nel palazzo del Comune. Inoltre vi si registrarono le carte del Robolotti e del Codice Sicardo.

Nell'anno 1878 usciva poi alla luce il primo volume del Repertorio Diplomatico Cremonese (Cremona, Tipografia Ronzi e Signori), comprendente gli anni dal 715 al 1200. Precedeva una storia del Comune, fino al 1200, dettata dal Robolotti; seguivano i regesti in lingua latina, dei documenti dell'Archivio Segreto, e i regesti, in lingua italiana, dei documenti dell'Archivio Morbio e di Stato, in Milano: quelli dell'Archivio Morbio ricopiati dai volumi manoscritti di C. Morbio, contenenti i sunti dei documenti della sua collezione e da lui comunicati al Robolotti; quelli dell'Archivio di Stato procurati direttamente dal Municipio, intermediario lo stesso Robolotti. Si ristamparono pure i sunti dei documenti degli Umiliati Cremonesi, dell'Archivio di Palermo, fatti da Isidoro Carini e da lui prima pubblicati nell'Archivio Storico Siciliano. Pochi altri documenti si accennarono tolti dall'Archivio Notarile di Cremona o da uno scartafaccio del Torresino, o da altre fonti. Il Wüstenfeld poi diede, per questo primo volume, il suo bellissimo lavoro della Serie dei Rettori di Cremona, fino al 1335 e oltre, più la Serie dei Rettori dati da Cremona ad altre città: oltracciò comunicò alcune altre sue memorie storiche, alcune rettificazioni, un elenco perfino dei documenti cremonesi stampati in recenti libri tedeschi. Un suo scritto sulla Storia di Cremona prima del Comune fu riassunto dal Robolotti, e posto in termine del volume, nel quale si stamparono anche parecchi documenti nella loro integrità, altri editi ed altri inediti.

Così l'assunto del Robolotti poteva dirsi compiuto o almeno vicino alla meta; poteva sembrare che l'opera da lui per tanti anni propugnata e sostenuta, a prezzo di molti sacrifici e fatiche, con un entusiasmo degno della sua mente elevata, avesse raggiunto un termine felice, tale da appagare gli studiosi e il promotore. Ma pur troppo, è necessario dirlo ad omaggio del vero, l'esito rimase di gran lunga inferiore all'ideale da lui vagheggiato.

Una repertoriazione generale, innanzi tutto, dei documenti dell' Archivio sarebbe stata necessaria prima di porre mano all'impresa; così sarebbe stato più agevole il formarsi un criterio giusto della vastità e importanza dell'opera e coordinare ad essa i mezzi adeguati. Invece a questa si pensò solo dopo venti anni. Il relatore del 1875, osservando come il catalogo esistente del 1567, << oltrechè affatto incompleto, fosse sparso di infiniti errori cronologici », sosteneva << la necessità di una repertoriazione cronologica o metodica di tutte le pergamene e documenti, affine di accomodarla alla intelligenza dei molti che, all'occasione, ne avrebbero potuto avere facile notizia, e ritrarne profitto non lieve e spedito ». La proposta era certo ottima, quantunque l'opera dei notai del 1567 fosse senza dubbio accusata a torto, essendo quel repertorio affatto incompleto sì, ma non sparso di infiniti errori cronologici, ed essendovi i documenti registrati con metodo abbastanza razionale, secondo le capsae, determi

nate dagli argomenti. I repertori poi particolari dei documenti dei Codici A e C, fatti pure nel cinquecento, sono condotti abbastanza bene. E vi ha pure un Repertorium iurium Communis Cremonae, del 1350, ugualmente ben condotto, in cui sono segnati, sotto varie rubriche, i diritti di Cremona sulle acque, canali, terre, palazzo dei militi, case del Comune, ecc. (1). Il nuovo repertorio generale che quindi si compilò, per quanto si voglia tener conto della mole dell'opera e degli errori inevitabili in siffatti lavori, di cui non si può dar colpa a chicchessia, poteva e doveva esser meglio fatto. Potrei citare uno scrittore cremonese, che scrivendo di cose cremonesi, lagnavasi, e con parole vivaci, della difficoltà grande di rintracciare documenti dopo lo riordino dell'Archivio. Non solo infatti vi si contengono gli errori cronologici del repertorio del 1567, ma ve ne è una grande quantità di altri. Gli argomenti sono infinite volte alterati o sbagliati. Le indicazioni paleografiche, specie se il documento è autografo o apografo, sono messe a casaccio. Pergamene segnate con un dato numero e con un dato argomento, si riscontrano in realtà diverse. Moltissime poi sono le omissioni; e di carte in cui si contengono atti in numero maggiore di uno, spesso non si dà l'argomento che di uno, e non di tutti. Di questo mi sarebbe facile dare quando che sia le prove.

È chiaro che un repertorio siffatto, ancorachè segni indubbiamente un progresso su quello del 1567 e vi siano stati incorporati i documenti dei Codici A e C, del Codice Sicardo, e di altri Codici dell'Archivio, doveva rendere più arduo al Robolotti il compito dei Regesti.

La trascrizione delle pergamene era certo un'opera opportunissima, formando un utile complemento al repertorio, e da potersi consultare con facilità all'occorrenza, viste le difficoltà e i riguardi che necessariamente si imponevano per l'esame di così enorme copia di documenti (con aggiunte posteriori, sono ora 2852 numeri registrati a repertorio, senza contare i codici), conservati, come dissi, in luogo di difficile accesso (2). Abili paleografi lavorarono intorno a queste trascrizioni. Furono però omessi tutti quanti i documenti del Codice Investiturarum, segnato Iesu, che è il più ponderoso libro dell'Archivio, ricco di 1315 documenti, e parecchie centinaia di pergamene fra inventari, e mutui della Capsa Monetae. Ma oltre queste, che deliberatamente si omisero, ne sfuggirono buon numero d'altre. Queste trascrizioni però non potevano porgere, per la composizione del primo volume del Repertorio Diplomatico, tutto quel

(1) Fu fatto nel 1350, ind. 3a, nel mese di maggio, al tempo di Giovanni arcivescovo di Milano, da Matteo Foliata, notaio cremonese, il quale nota di aver veduto con due sapienti e un altro notaio i documenti in sacristia maioris ecclesiae Cremonae, cioè nell'Archivio. A questo repertorio è aggiunta la lista delle terre del Comune, che un tempo furono sue, e nell'a. 1451 gli appartenevano ancora, o erano passate in mano dei Gonzaga, dei Pallavicino, o di altri. È assai interessante (2) Un'apertura dall'interno della cattedrale, munita di due porticine, mette a una scaletta oscura, praticata nello spessore del muro; per altre due porte poi, di cui una ferrata, si ha accesso alla camera dell'Archivio, illuminata da un'alta finestra, sempre aperta, provveduta di robusta inferriata.

l'aiuto, e sicuro, che il Robolotti certo si attendeva. Senza dire della fretta con cui mostrano forse, moltissime volte, di essere state fatte, egli è cosa certa che, mescolati insieme i documenti delle singole pergamene e dei Codici, non corrispondendo sempre esattamente e completamente le copie ai singoli numeri, accade non di rado di non trovare riscontro fra il repertorio manoscritto e le copie. Questo fatto, di poca entità per chi facesse studi e ricerche parziali, doveva riuscire di grave impiccio e difficoltà a chi si proponeva di dare i regesti di tutto quanto si conteneva nell'Archivio, a cagione dei continui ostacoli, dubbi, incertezze che si paravano avanti; e l'impresa di ricorrere continuamente agli originali, di verificare, distinguere, annotare, era, per le ragioni esposte, per sè stessa gravosissima, lunga e noiosa. Aggiungasi che le trascrizioni, come io stesso ho constatato nei riscontri cogli originali, se non le più recenti, le più antiche, portano molte volte tagli, omissioni arbitrarie, in fine, nel mezzo, senza che ciò sia accennato con un segno o una parola qualunque. L'Archivio è ricchissimo di autografi; ma trattandosi di apografi dopo la metà del secolo XI, quasi mai il trascrittore aggiunge il nome del secondo o dei più notai che vi sono segnati.

Da quanto brevemente sopra esposi, riesce meno difficile a comprendersi come un lavoro simile di preparazione, condotto senza che un occhio vigile ed esperto ne curasse l'esattezza, possibile a raggiungersi, e lo indirizzasse metodicamente ad un fine certo e quanto più proficuo, non potesse approdare ad alcun felice risultato. Il primo volume del Repertorio Diplomatico Cremonese, uscito alla luce nel 1878, come sopra dissi, è, non giova il dissimulario, quanto di peggio si possa immaginare. La confusione e l'errore regnano sovrani in esso. Aggiungasi che il Robolotti, per la formazione dei regesti e il loro ordinamento cronologico, si rivolse a persone totalmente inesperte e ignare di silfatte cose e ciò compì l'opera. Vi fu chi, commemorando il Robolotti, chiamò tale libro inservibile; dannoso talvolta il verificai io in errori insinuatisi per mezzo suo anche in opere uscite in Germania. Si sa che in lavori simili, molto più che in qualsiasi altro, gli sbagli sono difficilissimi a sfuggirsi; pure nelle classiche opere di simile genere, che ci invia la dotta Germania, e che da noi passano come prodigi di pazienza e di esattezza, la umana natura sparge sbagli - e verrà anche il destro di farlo notare qualche volta nei Regesti che qui si stampano. Ma, come dice un motto popolare, si intende acqua e non tempesta; e nel libro in discorso non si tratta soltanto di poche e lievi macchie.

Io non starò qui a prenderlo in esame, perchè sarebbe cosa che non finirebbe mai, e, per di più, inutile. L'ho però letto e considerato con somma diligenza e, occorrendo, potrei prendere pagina per pagina e porgere le più ampie prove di quanto dico (1). Errori cronologici di secolo, di anno, di mese

(1) Alcune osservazioni, ma solo in quanto le citazioni me ne offerivano l'opportunità, feci in un mio scritto sul possesso di Guastalla. Arch. stor. Lombardo, giugno 1882.

e di giorno, confusioni stranissime derivate dalla nessuna conoscenza del modo cremonese di computare l'anno, argomenti sbagliati, alterati o smozzicati, troncature, storpiature e scambi di nomi e di cose, ripetizioni sotto diversa o la stessa data, e con forma diversa, dello stesso documento, omissioni in buon numero, citazioni d'Archivio, di libri e altre simili sbagliate, e altri errori ed inesattezze si incontrano dappertutto. Non c'è pagina in quel libro dove non ci sia qualche cosa da correggere, rettificare, notare. Perfino le comunicazioni del Wüstenfeld, le sue liste dei documenti stampati, le sue rettifiche, le sue osservazioni ridotte a brevità, le sue serie di rettori, furono malmenate e tartassate dai copisti e dagli editori. Io volli anche prendere in mano il manoscritto del Wüstenfeld, che ora sta nella Biblioteca governativa, e volli convincermene. Anche la pubblicazione fatta per esteso, di documenti editi ed inediti, lascia, sotto diversi aspetti, campo a diverse osservazioni. Per portare un esempio, il diploma di Ottone III al vescovo Odelrico, dell'a. 996, a pag. 137, fu stampato monco dell'invocatio, intitolatio ed arenga; e a pag. 154 e seg. fra gli atti di affrancamento dei borghi, si annoverano pure i contratti di affitto dei mulini, fatti dal Comune (pag. 160 e seg.), e i patti segreti del Comune di Cremona coi nobili cremaschi che tradivano la patria (pag. 172-73), e le investiture di Crema, fatte da Enrico VI a Cremona, nel 1195 (pag. 175), che non ci hanno nulla a vedere. E ciò, pur tacendo che la stessa lista a pag. 154, degli atti di affrancamento dei borghi, è inesatta e incompleta.

So bene che il Robolotti mirava più in alto, e aveva un'idea chiara di quanto dovevasi fare. Infatti, nella Prefazione, pag. IV, egli prometteva esattezza nelle indicazioni cronologiche, brevità sintetica e lucida esattezza negli argomenti. E il relatore al Consiglio Comunale, del 1875, voleva un'opera tale da potersi spedire alle più rinomate biblioteche ed accademie, ai principali municipi di Europa. Ma i fatti riuscirono di gran lunga diversi.

È naturale poi che anche la Storia del Comune fino al 1200, premessa dal Robolotti, non potesse riuscire troppo esatta. I meriti del Robolotti consistono piuttosto nell'aver saputo rendere popolari i risultati noti della storia cremonese, in pagine piane e talora vivaci e colorite, anzichè nella critica paziente e precisa, nella originalità dei risultati. Onde questo suo lavoro, oltre al portar traccia qua e là delle falsificazioni a cui andò soggetta a varie riprese la storia cremonese, si risente troppo della cattiva condotta del Repertorio, e non ha incorporate nemmeno le rettifiche di fatto, pur inserite nello stesso volume, del Wüstenfeld. Ci sono pagine, è d'uopo dirlo, come le 41-46, 73-79, che rigurgitano di errori di fatto e di cattiva interpretazione e intelligenza delle carte.

Contuttociò andrebbe assai lungi dal vero chi volesse negare al Robolotti la lode giustamente dovutagli, per avere promossa e diretta la pubblicazione del Repertorio Diplomatico Cremonese, che potè riuscire, per diversi riguardi, utile. Senza la sua iniziativa non avrebbe potuto da me compiersi questo lavoro,

al quale si congiunge strettamente il suo ricordo, reso in me più vivo e venerato dalla amicizia onde mi onorò e dalla gratitudine. Nessuno poi, più di lui, può avere diritto alla riconoscenza dei suoi concittadini, per le amorose cure e fatiche che spese, durante la sua vita, per illustrare le vicende della sua città natale, e per la stupenda e numerosa raccolta di pergamene, codici e libri che donò al Municipio. E al Municipio, come ognuno tributa encomio per la deliberazione presa di rendere noti in parte i documenti che possiede, così un'altra opera dovrebbe, a mio avviso, importare. Un rifacimento del catalogo generale manoscritto, il quale venga condotto con intelligente cura, si manifesta necessario. In questo, oltre all'inventario completo ed esatto di tutto quanto sta nell'Archivio, dovrebbero essere compresi anche i documenti delle collezioni Robolotti, Araldi, Ponzone, Ospedale Ugolani-Dati, ecc., che una volta stavano nel Museo Ponzone, ed ora non repertoriati o in piccolissima parte soltanto, stanno in una sala della Biblioteca governativa, e sono pure proprietà comunale. E sarebbe anche ottima e desiderabile cosa, che tutta questa pregevolissima e copiosa raccolta, di cui nessuna città può vantare l'uguale, fosse conservata in un luogo solo, pur mantenendo le dovute distinzioni; e questo luogo, certo, non potrebbe essere che quello designato dall'uso e dal rispetto di secoli, sopra le volte del Duomo, a cui, come al luogo più sicuro e quasi sacro, le vecchie generazioni affidarono la custodia dei privilegi, dei trattati, dei patrii ricordi. Onde, nella dispersione di parecchi archivi della città, quello del Comune rimase pressochè intatto. Il facilitare la conoscenza e ricerca dei documenti, il curarne nel miglior modo possibile la conservazione in buon stato, è opera altamente civile e patriottica che il Municipio ha mostrato di saper comprendere. Altre città conservano pure il loro Archivio in sito riposto e geloso, e con una raccolta di molto minor importanza, vi mantengono preposta persona adatta ed esperta.'

II.

Occasione e ragione di questo lavoro. Enumerazione delle pergamene e dei Codici dell'Archivio del Comune, e degli altri Archivi e raccolte che servirono per la composizione di questo Codice.

Dopo avere esposto le vicende a cui andò soggetta la pubblicazione del primo volume del Repertorio Diplomatico Cremonese, dirò ora brevemente dell'opera mia. Essendo io, per ragioni d'ufficio, capitato a Cremona nel 1879, poco dopo quella pubblicazione, vi conobbi il Robolotti, il quale mi propose

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