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(1) L'Autore indirizzava questa Memoria, in forma di lettera, al Sig. Barone D. Antonio Manno.

I.

La mente rischiarata da sempre nuovi documenti, acquista un senso critico che mena a rintracciare il vero. Fra gli errori che la critica ha preso a combattere, notevole fra tutti è quello, che sorto e propagato rapidamente nell'epoca del Rinascimento, attribuiva ai feudatarii, sotto il titolo di jus fodri imperialis o jus primae noctis, il vergognoso diritto di prelibare il primo fiore delle giovani spose. - I documenti tacciono, le tradizioni non sono sempre autentiche; e d'altra parte essendo indubitato, che la corruzione del costume nei signorotti era grande, premesso che in questa materia gli uomini suppongono sempre più di quello che vedono, e il passaggio dal sospetto al fatto è facile e naturale; conviene conchiudere che vennero tenuti erroneamente come effetto di un diritto, vergognosi attentati al pudore perpetrati per abuso.

A lei, egregio signor Barone, che benemerito degli studi storici, in occasione che il signor Amedeo Foras mandava alle stampe un suo scritto (1), tendente a combattere l'esistenza giuridica di cosifatto odioso diritto, pigliava a rilevarne i pregi in codesta Real Accademia (2), s'indirizza spontaneamente questa Lettera, la quale servirà di rincalzo a quanto V. S. Ch.ma e tanti altri illustri cultori di tali studi (3) hanno con forza di argomenti provato, che cioè prima del secolo XVI non si trovano traccie di tale diritto nella storia, nelle cronache spesso scandalose, nei vecchissimi romanzi di cavalleria e negli antichi favoletti; che tale erronea credenza andò nei due seguenti secoli allargandosi, finchè venne impudentemente diffusa nel XVIII secolo. Valendomi io della casuale scoperta d'un rarissimo poemetto stampato alla macchia nei primi anni del XVIII secolo e che ricorda il cosciatico esercitato

(1) Le droit du seigneur au moyen age. Étude critique et historique. Chambery, 1886. (2) Di un preteso diritto infame medioevale, nota di Antonio Manno, negli Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Torino, Paravia, 1887, vol. XXII.

(3) Vado debitore alle erudite ricerche del cav. Armando Vincenzo, Bibliotecario della R. Deputazione di Storia, dei titoli delle opere che seguono, trattanti simile argomento: LOUIS VEUILLOT, Le droit du seigneur au moyen age, Paris, 1834. RAEPSAET, Les droits du seigneur, Recherches, Rouen, 1877. ·LABESSADE, Le droit du seigneur, Dijon, 1878. POST B., Veber des fodrum, Strassbourg, Trübner, 1880. SCHMIDT KARL, Der streit über das jus primae noctis, Berlin, 1884. PICOT, Le droit du seigneur, 1885. - FELLENS C., La feodalité ou le droit du seigneur, Paris, 2 vol.

dai conti di Ventimiglia, mercè l'aiuto di pochi ma irrefutabili documenti, sono riuscito a gettare così viva luce sulla vera causa e per opera di chi, ebbe a soffrir l'assedio il conte Oberto, non che sul valore del vocabolo fodro, che scomparso il prestigio dell'immaginazione, inseparabile compagno della popolare tradizione, il fatto si riduce ad un comune particolare della vita feudale, ad una vera bolla di sapone.

II.

Nella colluvie di abati e di pastorelli arcadi, onde fu fertile l'Italia nel XVIII secolo, non fecero difetto anche in fondo alle più ignote valli, poetuzzi spiccioli, che col colascione a tracolla si argomentarono di salire l'erta cima del Pindo, strimpellando sopra di esso i più sguaiati versi, già morti prima di essere messi in luce, scritturelle che si ristringono in un cerchio di municipali grettezze zeppe d'idiotismi, di errori e di volgarità e degne di finire alla pila, anzichè, come qui avvenne, aspirare ad impegnarvi l'arte di Guttemberg.

Tale deve essere ritenuto il poemetto lasciato da Andrea Panizzi, nato in Badalucco il 17 dicembre dell'anno 1636 (1), che vestito d'abito talare e ordinato prete, dopo di essere stato addetto pel suo ministero nelle chiese di Turbi, S. Alberto e di Borzoli presso Sestri di ponente, poneva stabile dimora in Roma. L'aria che prese a respirare nell'eterna città pare che lo spingesse ad imbrancarsi fra gli uomini di lettere; ma il poverino che ardeva del desiderio di assaggiare la stampa, non solo era ignaro delle letterarie discipline, ma come si direbbe oggidì era un vero anarchico delle coniugazioni, della sintassi e dell'ortografia; e povero rimatore porge i fianchi al ridicolo a far capo dal titolo del poemetto, che appella Croniche antiche informative (2) distese in ottave e distribuite in quattro argomenti: i Villani, più modesti del Panizzi, si contentavano di scrivere le loro cronache in prosa. È indubitato che il Panizzi con questo suo umile imparaticcio credeva di poter andar di brigata coi non pochi cultori di lettere, che contava a quei dì la valle Argentina: Taggia era sede dell'Accademia detta dei Vagabondi e non pochi erano quelli che facevano gemere i torchi: Triora andava rinomata pei Faraldi, uno esimio grammatico, ed egregio poeta l'altro, incoronato di alloro nella chiesa collegiata del luogo; e Badalucco stesso si

(1) Segno qui con sensi di grato animo il nome del sacerdote D. Francesco Gramegna da Badalucco, che attendendo al culto delle memorie patrie, oltre di concedermi in imprestito il rarissimo poemetto, mi ha fornito gli atti di nascita e di morte dell'autore.

(2) Croniche | antiche informative | del Conte Oberto | Vintimigli | che fu l'ultimo signore di Badalucco per la legge del cosciatico | composte con avvertimenti ad un buon governo | dal R.do Signor D. Andrea Panizzi | di Badalucco 1713 | e dedicati alle Magnifiche | tra di loro amiche communità di Badalucco Montalto e Bajardo con un Galateo Spirituale | politico e morale per ben vivere in | commune ed in particolare.

Ubi natus et incolatus auctor

Bada orto luci vis Turbi, Genua Sextum,
Borzuli ad Alberti; mansio Roma fuit.

onorava del preposito Gio. Mattia Striglioni, che pregiato incisore (aveva appreso il disegno dal pievese Benso) era elogiato dal P. Aprosio e dal Muscettola come degno alunno delle Muse. Al Panizzi adunque parve buona ventura attendere a eternare le memorie patrie; e prese ad affastellare le più insulse fanfaluche sulla venuta del console romano Quinto Marzio in Taggia per un tesoro e quindi sul ritiro di lui in Badalucco, tessendo un episodio di storia dei liguri Ingauni, che spetta ai liguri Apuani. Passi l'errore della provenienza dei Conti di Ventimiglia dal ceppo degli Aleramici, opinione che allora erasi fatta strada e avea trovato un sostenitore nello stesso Gioffredo; passi della fondazione di Montalto, che egli fissa all'anno 1232, laddove si hanno memorie anteriori di un secolo; si riferisca ancora ad effetto di boria municipale la serqua d'uomini illustri, che egli regala a Badalucco (1); ma giunto colà, dove egli scrive, che il Conte Oberto Vintimigli fu ultimo signore di Badalucco per la legge del cosciatico, ci parve doveroso averci ad arrestare, per combattere l'erronea asserzione, dando così origine e forma alla presente memoria. Il prete Panizzi ott'anni dopo la pubblicazione, chiudeva i suoi giorni in patria (9 gennaio 1721); e senza dubbio valse a confortarne il melanconico scorcio della vita la speranza, che i posteri non l'avrebbero obliato ; il che ora avviene: habent sua fata libelli!

III.

Quale beneficio, mi si obbietterà, può mai cavarsi da un cosifatto aborto? La luce (rispondo) è sempre preziosa tanto ci provenga da una lampada d'oro, quanto da una lucerna di creta: il poemetto del Panizzi scritto per ricordare un preteso vergognoso tributo, avendo veduta la luce nel 1713, precede di ben sessantadue anni la famigerata pubblicazione dell'abate Giulio Cesare Cordara dei conti di Calamandrana, col titolo di Fodero ossia l'jus sulle spose degli antichi signori sulla fondazione di Nizza della Paglia ncll'alto Monferrato (2), sicchè nella trattazione poetica dell'jus primae noctis, la ragione di priorità passa dal Monferrato alla Liguria.

Lo scritto del Panizzi infatti segna un altro miglio a ritroso nello studio di simili ricerche; nè alla sola valle del Belbo ed ai lenti rintocchi della campana di Belmonte si sarebbero sollevate le popolazioni contro i libidinosi feudatarii; ma pur anco nella valle Argentina, presso i confini delle liguri sponde, li avrebbero preceduti coi picchi e coi randelli contro il castello di un conte di Ventimiglia, le numerose schiere dei servi della gleba.

Giustizia vuole non si pretermetta, che il Panizzi nel suo infelice elaborato non si era fatto che il continuatore di una tradizione, già fermata da

(1) Il libercolo del Panizzi andato a mani di Gustavo Straforello, mentre stava scrivendo l'opera Patria Geografia d'Italia, gli forniva occasione di ricordare un vescovo ed un generale della famiglia Bianchi e il Boeri, illustre protomedico di Enrico VIII re d'Inghilterra, il quale per altro è nativo di Taggia.

(2) Questo poemetto satirico giocoso in 8a rima, stampato nel 1775 e dedicato al Principe Carlo Albani, aveva una seconda edizione in Torino pel Reycend nel 1789.

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