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Gli arbitri, esaminata ogni cosa, vennero a questa sentenza, che dà appunto a conoscere qualche notizia di quelle contese: sentenciauerunt et pronuncia uerunt... quod sit bona et vera pax fra tutti i Solaro qui fuerunt ad capiendum et Intrandum cum dicto Ghiono Castrum seu locum alçabechi et omnes qui fuerunt ad deffensionem ipsius loci Auçabechi quando boglonus Conradinus et Francischinus de brayda cum pluribus aliis voluerunt Intrare dictum Castrum... Et vniverssos et singulos de hospicio et parentela illorum de brayda et vniversos et singulos qui pro parte predictorum de brayda essent seu fuissent In Castro alçabechi quando dictus Ghionus eum cepit uel ad ipsum locum fuissent quando domini de brayda eum Recuperare voluerunt (1).

Il compromesso fra i De Brayda ed i Solaro avvenne in Asti nell'ottobre 1335; il 17 dicembre tutti i capi della famiglia De Brayda, in numero di più che venti, si raccoglievano in stallo ecclesie sancte marie maioris » in Alba, e ratificavano la vendita di Auçabech ai Solaro (2); l'anno dopo, addì 17 agosto, Corradino de Brayda dava loro le quietanze di vendita (3) ed i Solaro diventavano di fatto padroni del luogo, non inutile per quando fossero costretti ad uscire nuovamente dalle porte di Asti, come era avvenuto loro nel 1303, e poi altre volte ancora. E difatto l'occasione venne presto ad offrirsi. Già nel 1334 i De Castello, venuti a zuffa coi Solaro, erano stati vinti e cacciati; ma i Solaro, non aiutati dagli Angioini nè forti abbastanza per opporsi ai loro rivali, non ebbero più forza da resistere quando quelli ricorsero per aiuto al Marchese di Monferrato Giovanni II Paleologo, e il 26 settembre 1339 diedero l'assalto ad Asti. Nonostante la loro coraggiosa difesa i Solaro furono sopraffatti e sbandati per vari luoghi che possedevano nel territorio ; intanto i De Castello acclamavano governatore di Asti il Marchese di Monferrato, e finiva la dominazione angioina in quella città.

Al nostro castello di Auçabech si rifugiarono alcuni della famiglia, tra cui i figli di Sinibaldo, primogenito e capo Guidone. E mentre tutti i Solaro, di comune accordo, molestavano Asti stringendola da ogni parte, essi prestavano il loro aiuto ai De Brayda, coi quali erano ora in buone relazioni, tanto più facili in quanto entrambe quelle famiglie erano guelfe. Scrive infatti Gioffredo Della Chiesa che « El 3 dy aprile (1342) quely dy brayda dalba e quely del solero foriusity dy ast cum loro seguacy caciarono ly falletty e loro seguacy cio he parte gebelina fuory di alba e meseno a sacco le case loro » (4). Onde i Falletti si ritirarono nei proprî castelli, dei quali era vicinissimo ad Auçabech, come già prima dicemmo, il castello di Pocapaglia: quivi appunto era stato loro prigioniero fino a quello stesso aprile del 1342 il marchese Tommaso II di Saluzzo. E dunque assai probabile che i rapporti fra i due luoghi vicini fossero tutt'altro che amichevoli, e dessero luogo a frequenti reciproci assalti ma nulla si ricava in proposito dai documenti del tempo.

Nuovi avvenimenti intanto incalzavano. Il marchese di Monferrato, al quale gli Astigiani avevano affidato la difesa della città loro, vedendo impossibile resistere oltre ai potenti Solaro, i quali, scrive pure il Della Chiesa,

(1) Bibl. di S. M. il Re in Torino, B. R., XIV, 32 orig., e 33 copia aut. in data 30 genn. 1348. (2) Bibl. di S. M. il Re in Torino, B. R., XIV, 22. (3) Bibl. di S. M. il Re in Torino, B. R., XIV, 25.

(4) Cronaca di Saluzzo, in Mon. hist. patriae. Script., tom. III, Torino, 1848, p. 973.

gli recavano « tanta tribulacione cum ly signory loro colligati che difficile cossa era al marchese poter tenire la città senza grossissima spesa » (1), indusse i cittadini a chiamar loro signore Luchino Visconti di Milano. La dedizione avvenne nello stesso anno in cui i Falletti eran cacciati da Alba, e fra i patti imposti al Visconti era che i Solari, le loro mogli e figli ed i figli discendenti da essi non potessero mai più venire, stare ed abitare nella città di Asti e suo distretto, e godervi i loro beni; che alli medesimi non si potesse far ragione nelle cause civili e criminali, bensì dovessero sempre essere banditi dalla città e suo contado e come tali considerarsi » (2). Nè forse ad alcun altro patto ebbe il Visconti maggior cura di attendere: perchè subito si volse contro i Solaro, e loro tolse castelli, tenimenti ed averi, che divise fra i suoi. Solo poche terre, fra le quali la nostra di Auçabech, non ebbero per allora a subire tal sorte, e rimasero tra i pochi possessi superstiti di quei fuorusciti.

Dinanzi al nuovo signore ghibellino che sorgeva a grave minaccia gli Angioini videro necessario riannodare tutte le loro forze, aiutati in questo dai Solaro e dai De Brayda, che erano sempre stati il loro più valido sostegno. Ma le rivalità acerrime fra i De Brayda ed i Falletti guastavano ogni cosa quelli non volevano a nessun costo riammettere questi in Alba. Allora il siniscalco Reforza d'Agoult fu costretto a volgere contro di loro le armi, aiutato dagli stessi Falletti che, divenuti momentaneamente guelfi, lo assecondarono nella presa di Alba (1345) e combatterono al suo fianco. nella famosa giornata di Gamenario, dove però gli Angioini, sebbene aiutati anche dai Solaro e dai fuorusciti chieresi, ebbero la peggio. I Falletti allora tornarono ghibellini, stringendosi coi nemici dei Provenzali; e poichè il nuovo siniscalco Francesco Bollero, amicissimo dei De Brayda, riteneva la città d'Alba, dalla quale erano stati ricacciati e che formava una loro grandissima aspirazione, si afforzarono in Pollenzo, e vinsero e disfecero gli Angioini in quella importante battaglia, che diede fine alla loro seconda dominazione in Piemonte (11 novembre 1346) (3).

E Auçabech? Per quanto arditi e forti, i Falletti che solo per breve tempo ed occasionalmente furono d'accordo con i Solaro, non tentarono, o, se tentarono, non riuscirono mai a conquistare quell'ardua rocca, che a breve tratto dal loro castello s'innalzava a superba disfida. Guidone s'era ivi riparato dopo la cacciata da Asti del '39 attendendo ad assicurarvi ed estendervi il proprio dominio, cosicchè, per esempio, il 19 marzo 1345, il di lui fratello Giustone gli vendeva la propria parte loci, castri et ville per 700 fiorini (4): nè l'ira ghibellina potè raggiungerlo in quel sicuro recesso. Intanto però la fortuna di sua famiglia e di sua parte moveva a completa rovina; come quella degli Angioini precipitava la sorte dei Solaro, che li avevano condotti in Asti nel 1313 e n'erano usciti con essi nel 1339, continuamente uniti alla loro causa; sembra anzi che nel 1346, alli 8 di marzo, un impor tante convegno fra il Senescalco e gli inviati albesi avvenisse appunto in

(1) Cronaca di Saluzzo, in Mon. hist. patriae. Script., tom. III, Torino, 1848, p. 975. (2) S. GRASSI, Storia d'Asti, II, 39.

(3) E. MILANO, St. di Poll. cit., p. 88.

(4) Bibl. di S. M. il Re in Torino, B. R., XIV, 22.

Auçabech, nè questa fosse la sola volta in cui il luogo serviva a tale scopo perchè il Della Chiesa scrive di quell'avvenimento: A 8 de detto mese (marzo) tornoreno ancora a parlamento tra Pocapaglia e Braa come in ante feceno (1). Dopo la battaglia di Pollenzo, il dominio angioino andò tutto diviso fra i vincitori: l'11 dicembre 1346 le milizie del Visconti prendevano Sommariva Perno, altro castello da lungo tempo in possesso dei Solaro, nel febbraio del '47 entravano in Bra, e nel giugno in Alba: le conquiste del grande principe ghibellino s'estendevano grandemente tutto all'intorno, domando le ultime resistenze opposte.

Eppure Auçabech reggevasi ancora. Fino ai suoi piedi stendevasi la splendida signoria viscontea, ma esso rimaneva invitto col suo feudatario Guidone, al quale pure doveva sembrare ben difficile il resistere a lungo contro un sì potente nemico. Fosse per questo timore o per altro motivo che non sappiamo, egli pensava già di disfarsene, trattando la vendita del luogo con Ottobono di Coconato, il cui padre Guido era già stato signore di Pocapaglia prima dei Falletti, e che aveva forse mire di rivendicazione sull'avito possesso. Nell'atto di vendita conchiuso nel castello in data 16 aprile 1348, era detto che « Ghionus de solaro filius quondam domini sinibaudi... dedit vendidit et tradidit... domino Oddobono de coconato uassallo domini marchionis montisferrati presenti et ementi et recipienti pro se et heredibus suis ac successoribus in perpetuum castrum et turrim auçabechi ». E questo per il prezzo di 600 fiorini (2).

Se però tale vendita avvenne davvero non durò in perpetuum, come l'atto dichiarava: più probabilmente non ebbe luogo, ed Auçabech continuò ad essere di Guidone Solaro. Era lui infatti che nel 1351 teneva il castello assalito dagli Astigiani; fu lui che difese fino all'ultimo quello fra gli ultimi baluardi della potenza guelfa, e non cedette che quando divenne impossibile ogni resistenza ulteriore. L'eccidio finale di Auçabech ci è riferito, sebbene in modo non chiaro nè preciso, da queste brevi parole del già ricordato Della Chiesa: Ly astesany in lhora haueano tutauia differencia insiema per quele sedicione e parcialita Et nel 1351 cum exercito andono a alzabech che tenia uno misere guidone dil solaro Et a 18 dy aprile preseno esso missere guidone e tuty quely qui erano dentro e fureno conduty in ast » (3). Null'altro sappiamo dopo d'allora di Auçabech. Ma è più che probabile che l'ira partigiana degli Astesi, già rivelatasi terribilmente sulla città di Pollenzo (4), non meno gravemente si sfogasse in quella circostanza su quest' altro rifugio dei guelfi, appartenuto per molto tempo agli aborriti De Brayda: e così Auçabech cadde. Le sue mura sfasciate rovinarono nei precipizi circostanti; e nulla più rimase del luogo fuorchè sparsi rottami, fra i quali la misera chiesuola di San Secondo, solitaria e abbandonata, sorge unica superstite, circondata dai fiori della leggenda.

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Documenti del Secolo XIII

I.

[Morruto di Pocapaglia cede ad Uberto de Brayda, suo genero, quanto possiede nel territorio e castello di Auçabech, per lire 31 astesi, al medesimo dovute per rimanente della dote d'Isabella, sua figlia e moglie di detto Uberto. 1241, 21 sett.]

(Biblioteca di S. M. il Re in Torino, Perg. sec. XIII, n. 26, originale)

(S. T.) Dominus Morutus de pocapalea uendidit domino vberto de braide suo genero insolutum. pro libris. XXXJ. astensibus quas confitebatur se adhuc dare debere de dote filie sue domine Isabelle uxoris dicti Vbertj nominatjm totum illud quod ipse habebat et tenebat et uidebatur habere et tenere in castro et territorio auçabechi silicet illud totum tantum quod eidem obuenerat in eodem loco ab Iuernengo de sancto georgio. et precepit dictum Vbertum intrare in possessionem confessus se eius nomine possidere quousque corporalem aprehenderit possessionem. Talj modo ut habeat et teneat in solutum titulo emptionis pro ipsjs librjs. XXXJ. astensibus. et faciat inde quicquid uoluerit iure proprietario. sine omnj contradicione dicti Morrutj et eius heredum. Ita uero quod si ueniret in causam restituende dotis predicte quod tantum restituere debeat illj Morruto uel eius heredibus libras XXXJ. Insuper promisit idem Morrutus defendere et auctoriçare rem predictam uenditam . et omne euictionis dampnum et espensas et interesse contingens resarcire . Jnde obligando eidem uenditori omnia sua bona. hec sunt quidem res vendite. Castagnetum unum iuxta fossatum castrj. uille. [coherent] Jacobus scacerius dictus Vbertus. Item uinea una que continet cauatores decem. coheret tempestati. Item in gerbis auçabec. Inter terram. et prata et boscum una magna pecia coheret via braide. Illj de penna Mallones Anricus stephanus. Item alia pecia subter gerbos inter terram et boscum. coheret via rouorete. strata. Item alia pecia uinee iuxta sanctuM secundum. coheret sanctus secundus a duabus partibus via castrj. Actum braide in porticu crolle. Anno dominj millesimo ducentesimo XLJ. Indictione XIIIJ. Quod fuit XXJ die mensis septembris. Testes interfuerunt Iordanus pitabrolia. Ogerius crolla. Oddinus toscanus.

Et ego Ruffinus toscanus notarius palacii interfui et scripSJ.

43 Misc., S. III, T. XI.

II.

[Transunto autentico d'esame di testimoni riguardante, fra l'altro, le relazioni del sig. Uberto de Brayda con i suoi fratelli, con gli uomini del luogo di Auçabech, di cui aveva la giurisdizione, con i signori di Pocapaglia e con gli uomini di Bra. 1247, 3 sett.].

(Grossa perg., di cm. 60X42, nell'Arch. Com. di Bra, Serie I, vol. 83, n. 224).

(S. T.) Anno domini millesimo CCCXV Indictione VIIJa. die XXIIJ Augusti Actum braide Ad perticam Iuris presentibus testibus. francisco bonardo facioto Synistrerio. et Jacobo Sarraceno. Dominus Anthonius de Alfiano potestas braide loco Iuridico ad / instanciam Nicolini sartoris sindici comunis et hominum brayde precepit mihi. Girbaudo canabario notario dicti comunis. quatenus infrascriptum Instrumentum Autenticarem et in publicam (1) formam redigerem tenor cuius sequitur in hunc modum (2).

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Anno domini millesimo. CCXLVIJ°. Indictione v. die martis IIJ° intrante Septembre dominus murrus de beccis (3) astensium potestas precepit mihi Jacobo de cumignano notario (4) ut ad postulacionem vberti de brayda, suo nomine et nomine filii sui / Robaudini infrascriptos testes Autenticarem et in formam publici (5) instrumenti redigerem ut vim et efficaciam publici (6) obtineant instrumenti atque firmitatem titulus quorum talis est. Testes. vberti de brayda suo nomine et nomine filii sui robaldinij / (7). quod [cum mouetur] occ[asione] (8). die. sabati VIIIJa (9) Kalendas septembris. Testis (10). dominus nicholaus de brayda suo verbo credit Interrogatus si scit quod locus siue castrum. Alçabechi est locus siue castrum per se habens Iurisdictionem et fines proprios / (7) [sine eo quod sit] (8) de posse seu pertinenciis brayde uel siffredorum uel cayrascheti. Respondit quod sic. nisi in tantum quod dominus brayde illud aquixiuit. Interrogatus sub quo Parebant Iuri Respondit sub vberto de brayda cuius est. et qui vbertus erat de / (7) filius fratris ipsius testis. Item Interrogatus. dixit. quod de castro Auçabechi et de uilla et de fine eiusdem. fuit questio et de his que habebat dictus Vbertus in posse pollencij Inter vbertum et fratres eius sub arbitrio domini Jacobi de carreto /(7) post vendicionem quam ipsi fecerunt domino Jacobo . de carreto. Interrogatus . quo modo. scit. Respondit quod Audiuit de hoc con

(1) D (= documento): pu.cam.

(2) In D il testo continua sempre senza a capo. Qui ne faccio io alcuno per maggior chiarezza. Le lineette verticali segnano la fine d'ogni riga.

(3) D: debecc.

(4) Segue un'a cancellato.

(5) D: puci.

(6) D: pucci.

(7) Qui la pergamena è consunta, ed in parte stracciata, sicchè riesce impossibile leggere il principio di parecchie righe.

(8) Parole d'interpretazione dubbia o supposte.

(9) D: VIIIJoi.

(10) Qui v'è un segno simile a quello di §; ma in seguito appar chiaro che esso è il segno significante Testis.

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