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direttamente offrendo i suoi servizi (1) gli esempi di simili offerte, di insinuazioni per mezzo di commendatizie, o colla dedica di opere adulatorie, cortigianesche e polemiche non destinate neppure all'onore della stampa ed alla vita di un'ora, erano già a quei giorni così numerosi come a stento si potrebbe immaginare da chi non abbia cimentato la pazienza tra l'opprimente quantità di « lettere dei particolari » che formano una delle più curiose ed interessanti categorie degli archivi torinesi; abbastanza spesso del resto non solo ottenevano simili sollecitatori il desiderato compenso di impieghi temporanei, di incarichi ufficiosi e sopratutto di qualche buona mancia, ma talora toccava loro anche maggiore fortuna

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Il Mattioli, dopo alcuni mesi di incertezza, oltre il servizio consueto di raccoglitore confidente di notizie a guisa di privato gazzettante in quell'emporio diplomatico ch'era per tradizione Venezia, ebbe due carichi di gran fiducia: il primo di esplorare abilmente il terreno sulla possibilità di una conciliazione veneto-sabauda e poi quello non meno delicato di condurre favorevolmente a termine le trattative che la Corte di Savoia aveva aperto fin dal 1662 collo storico cavaliere Gerolamo Brusoni nato suddito veneto e residente a Venezia. Storiografo pensionato fin dal 1670, s'acconciava quell'ex certosino a scrivere la storia del tempo secondo le bozze vergate direttamente dai ministri della Corte subalpina e poi si ridusse alfine storico ufficiale nella stessa Torino, con onorario fisso (2); questo risultato importante però più che all'opera del Mattioli si debbe a quella di un frate Arcangelo da Salto, minore osservante, recatosi appositamente a Venezia (3).

Dopo la partenza del Brusoni da Venezia nel 1676 ebbe il Mattioli incombenza di ritirare presso lo stampatore Trevano alcuni fogli già stampati della di lui storia, nei quali s'erano usati titoli per la Casa Savoia che avrebbero forse urtato le suscettibilità venete nella delicata congiuntura di un accordo diplomatico: egli si dava di ciò gran cura, ma non mancavano, al dir suo, le difficoltà e i pericoli.

Quanto alle pratiche per ripristinare le relazioni diplomatiche il Mattioli, che aveva preso appositamente alloggio in Venezia, cominciò a legar segreti accordi con amici autorevoli: l'opera di lui però doveva solo essere di ausilio indiretto a quanto discutevano per incarico dei rispettivi Governi i residenti di Venezia e di Savoia in Roma. Sul finir di gennaio di quell'anno 1676 al Conte Orazio Provana, del quale abbiamo poco innanzi ricordato le particolari istruzioni, confidava Antonio Barbaro d'aver ricevuto dal

(1) Da Milano 11 febbraio 1670 a S. A. R.: « È gran tempo ch'io vado meditando i modi co' quali possa rimaner felicitato dalla sorte d'introdurmi nanti di V. A. R. per humilmente « dedicarle quella divotione che genialmente le ho sempre mai professata riverente ed osse<< quiosissima. Riconosco molto propitia alle mie ardentissime intentioni l'opportunità della << dedicatoria d'un mio libro, il frontispicio del quale ho già consegnato al Conte Porri « Residente di V. A. R. in questa città, che perciò ardisco di supplicarlo a degnarsi d'im<< partirmene la permissione » (Archivio di Stato di Torino: Lettere ministri Venezia, mazzo 13; lettere di Ercole Mattioli).

(2) Oltre le lettere del Mattioli sopracitate cfr. la mia Politica Italiana di Luigi XIV, p. 81-84.

(3) Cfr. CLARETTA: Avventure di Luca Assarino e Gerolamo Brusoni (Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino 1873). CLARETTA: Sui principali storici piemontesi e particolarmente sugli storiografi della Real Casa di Savoia, Torino, Paravia 1878. Cfr. l'Appendice II.

Senato raccomandazione di tener buona corrispondenza seco e protestava. che solo per tradizionale affetto agli antichi stili e per timore di suscitar gelosia in altri Principi, rimaneva la Repubblica restia ad un più adeguato trattamento alla Casa di Savoia benchè ne riconoscesse la ragionevolezza (1); interessavasi poi delle scoperte trame del Marchese di Livorno che avevano dato apprensione ai partigiani di Spagna, esprimeva riconoscenza alla Reggente di Savoia per tali fatti e domandava e prometteva al collega reciprocal e leale confidenza specialmente degli avvenimenti che implicassero la quiete d'Italia (2), infine si fece ad insinuare che certe questioni delicate si trattano meglio da vicino che da lontano decantando « il vantaggio che sarebbe per << risultare ad ambedue le corone massime nelle presenti congiunture quando << si ristabilisse reciprocamente l'ambasciaria e si rimandassero scambievolmente ambasciatori alla Residenza appresso l'una e l'altra corona »(Dispaccio Provana 28 aprile 1676).

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Fu allora che il Mattioli credendo ben avviato il negozio, e i Veneti ben disposti si portò a Torino - era la seconda volta ma con grande meraviglia riportò ordini di sospendere il negozio (3). Che cosa era inter

venuto ?

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Alle insinuanti dichiarazioni dell'ambasciatore Barbaro Madama Reale dapprima ordinava al Provana di star sulle generali corrispondendo cordialità mista ad indifferenza per modo che la Repubblica s'accorgesse che doveva essa per la prima muover passi ufficiali e in nessun caso si ripristinerebbe la reciproca ambasciata senza commercio di lettere e i titoli di queste migliorati (4); poi sorsero nella Reggente di Savoia i primi sospetti : «Ci resta a dirvi così informava il 20 di maggio il Provana ch'il Sig. Contarini che va Ambasciatore di Venezia in Francia è passato qua << ove si è fermato etiamdio qualche giorni ed è entrato in Corte, non ha . però complito con noi con non poca meraviglia nostra mentre la Repca < vuole darci a credere che se la vuole passare tanto bene con noi onde ne << discorrerete come da voi con cotesto Ambe di Venezia afinchè ne possa << scrivere alla Repca soggiungendo che per non lasciare alcuna opinione. << contraria alla sua buona intentione ella dovrebbe ordinare al suo Amba<< sciatore che ritornerà di Francia di vederci nel suo passaggio per questa << città e di complire con noi. Questo punto è assai essenziale e lo dovrete ese

(1) Archivio di Stato di Torino: Lettere ministri Roma, mazzo 98; Lettera del Conte Orazio Provana alla Duchessa, 28 gennaio 1676.

(2) Archivio di Stato di Torino: Lettere ministri Roma, mazzo 98; Lettere del Provana alla Duchessa e al Ministro di Stato, 3 e 18 marzo 1676. Su quanto riguarda le pretese trame francesi in Torino cfr. FERRERO DELLA MARMORA A., Le vicende di Carlo di Simiane, Torino, Bocca 1862; cap. VI e specialmente pag. 265 e segg. Sulle voci ingrandite a quei di a carico del Marchese cfr. i dispacci degli ambasciatori Veneti al Senato, da Roma e da Milano (Archivio di Stato di Venezia).

(3) Venetia, 4 luglio 1676: « Dio lodato sono pervenuto qua felicemente toltone un poco di dolore di capo occasionatomi dall'eccessivo calore sofferto nel viaggio. Di già con molti << che mi hanno ricercato di quello haveva M. Rle determinato mi sono lasciato intendere ne' << concertati termini si che questo negotio resta sepolto per hora nel silentio. Forse questi « S. Sri saranno li primi a parlarne. Sotto il potentissimo scudo della protettione di V. Eccza « veggo di poter rimanere illeso dai colpi de' maligni » (Archivio di Stato di Torino: Lettere di Particolari).

(4) Archivio di Stato di Torino: Lettere ministri Roma, mazzo 99; Madama Reale al Conte Provana 10 maggio 1676.

guire con pontualità». Il Barbaro riconobbe lo sgarbo e scrisse al Giustiniani che doveva ritornar da Parigi a Venezia di riparare passando per Torino all'errore del collega, instò del pari perchè il Senato convertisse tal consiglio in ordine (1). Ma frattanto la Duchessa di Savoia pigliava nuove ombre e mostrava risentimento, avendo appreso che il Contarini al suo governo avesse riferito d'essere stato in Torino segretamente ufficiato pel ristabilimento del buon accordo tra Venezia e Savoia. Chi aveva dunque alla sua corte osato tanto senza ordini suoi e contrariamente a' suoi interessi? Il Provana con tutta l'abilità non riuscì tuttavia a ricavarlo dal Barbaro e si formò convinzione che fosse stato soltanto un'invenzione e stratagemma per offrir occasione ad esso Barbaro di replicare le istanze già fatte di sospendere per allora il negozio del mutamento dei titoli, difficile non solo a risolvere, ma anche solo a proporre in Senato e parlare intanto del reciproco ristabili<< mento dell'ambasciata col di cui mezzo si potrebbero facilitare molte cose ». Anche questa volta il Provana rispose freddamente che ne havevo scritto. « a V. A. R. la quale s'era compiaciuta di rispondermi essere questa una << propositione impraticabile senza il commercio di lettere con miglioramento << dei titoli onde havendo il sudo Ambre ridette le stesse ragioni più volte << allegatemi per rimostrare che la Repubblica non poteva allontanarsi dalla << pontual osservanza dei stili antichi, gli risposi più freddamente che mi << spiaceva che questi scrupoli della Repubblica impedissero quella mag« gior corrispondenza che sarebbe derivata da una scambievole missione << degli Ambasciatori et indi mostrando di haverla tediata mi licentiai da « S. Eccza » (2).

Così rimanevano le trattative e le speranze sopite; malgrado ciò in settembre il Mattioli continuava di suo talento ad affacendarsi a costo d'incorrere la disapprovazione di quella Principessa cui voleva farsi conoscere ad ogni modo servitore zelante impareggiabile, speravane gradimento quando si vedessero gli effetti dell'opera sua; asseriva che il Giustiniani di ritorno dall'ambasciata di Francia avesse ordini di penetrare a Torino, quanto fosse opportuno di proporre per un aggiustamento, diceva ormai ben disposti a ciò i senatori.

(1) Archivio di Stato di Torino: Lettere ministri Roma, mazzo 99; Dispacci del Provana 29 maggio, 2 e 9 giugno 1676.

(2) Archivio di Stato di Torino: Lettere ministri Roma, mazzo 99; Madama Reale al Provana 17 giugno e dispacci Provana dal 2 al 28 giugno e 28 luglio 1676. Ben diversa appare quella breve negoziazione fallita nei dispacci dell'ambasciatore Barbaro al Senato Veneto: riferiva che fosse stato il Provana a far ripetute e spontanee sollecitazioni per ripristinare reciprocamente le ambasciate a Torino e a Venezia, fingeva che gli avesse il Savoiardo comunicate lettere di positiva e quasi ufficiale domanda di Madama Reale e ne riferiva anzi il contesto, e poichè questo appare assolutamente fantastico al confronto delle vere lettere della Duchessa di Savoia al suo ministro è lecito arguire che poco sincero fosse tutto il racconto di esso Barbaro, il quale mirava forse di sua iniziativa con quel doppio gioco a tentare un ravvicinamento che, se fosse riuscito, credeva che non sarebbe stato ingrato al suo governo. Questo tuttavia mostrava scarsissima inclinazione (Archivio di Stato di Venezia: Dispacci Roma, filza 185, dal 25 gennaio 1675 m. v. al 14 giugno 1676, e Deliberazioni del Senato Roma, Reg. 79 e 80, stesse date). Peraltro le insinuazioni fatte sull'argomento al Contarini nel suo passaggio per Torino non erano invenzione artificiosa del Barbaro come si immaginò, ma lo stesso Contarini nel riferirne al suo governo (Archivio di Stato di Venezia: Dispacci Francia; Domenico Contarini al Senato 14 maggio 1676) aveva taciuto il nome del personaggio misterioso ed audace che Madama Reale avrebbe avuto caro di conoscere.

In cambio di tanta sollecitudine però dalla Corte di Torino non riceveva risposte a sue lettere o al più qualche rimprovero; comprese ben tosto che la sua fortuna tramontava; da una lettera del Marchese di S. Tommaso argomentò che sorde accuse correvano sul suo conto e protestò: « Chi ha << riferiti o costà fatti pervenire improprii concetti di mia persona havrà havuti << certamente fini pregiudicialissimi a cotesta corona. Gli effetti sono quelli che << distinguono le operationi e le dilucidano. Io non ho altro scopo nel servire «< che di meritarmi la gratia reale e la gloria. Chi sa che un giorno non sia << per essere meglio conosciuto» (lettera 16 gennaio 1676 m. v.); se rotte erano ormai le trattative dell'accordo veneto non sua era la colpa, chè aveva tanto in mano da giustificarsi (id. 23 gennaio 1676 m. v.) (1); per nulla frattanto si stancava di scrivere ogni corriere e a raccoglier notizie d'ogni parte raddoppiava lo zelo. Annunziava poi che doveva venire nella quaresima suo zio gesuita, P. Mattioli, oratore di buona rinomanza, a predicare nel monastero delle dame di S. Lorenzo e poichè, come ognun sapeva, in quel parlatorio conveniva il fior fiore del patriziato e si prenunziavano talora gli accordi sulle questioni che si dovevano portare a discussione in Senato, non dubitava egli di avere per quel mezzo, da lui stesso con fine accorgimento procurato, di gran vantaggi allo scopo ambito: « Resteranno li maligni e miei contrarii confusi « poichè vedranno stringermi corrispondenza con tutta la nobiltà primaria di << questa città e so quello che può riuscirmi di fare a vantaggio considerabi<< lissimo di cotesta corona» (12 febb. 1676 m. v. e seg.).

Da un colonnello, Pardo, anch'egli calunniato innocente, che veniva a Torino (2), fece rinnovare giustificazioni e promesse: « ho fatto ad esso toccare << con mano quello ho veramente operato in proposito del consaputo libro del << cav. Brusoni e quello hora può riuscirmi di fare in vantaggio di cotesta «< corona »; infine lasciava sentire che per mezzo dello zio gli era offerto il servizio di altro principe e supplicava d'avere una risposta (20 marzo 1677).

Vane le giustificazioni, vane le promesse di ritentare con maggior sicurezza di riuscita l'impresa dei titoli e delle regali prerogative, vane le lettere fatte scrivere in sua difesa e raccomandazione dalle stesse influentissime dame di S. Lorenzo a Madama Reale, vane tanto le suppliche del misero privato d'impiego quanto le minaccie: passò effettivamente a servire col suo talento altri padroni; servì, come ognun sa, negli anni seguenti il Duca di Mantova, il Re di Francia, la Reggente di Savoia ancora un momento, la Repubblica di Venezia e l'imperatrice Eleonora ad un tempo e per opposte mire, con abilità banale ma con agilità portentosa.

Ho accennato altra volta quali fossero le ciurmerie per cui la Corte di Torino abbandonò la prima volta il Mattioli, erano desse state rivelate da una vittima del Mattioli stesso: tal Camillo Badoero veneziano, anch'egli dottor di legge e nobile, decorato di parecchi ordini cavallereschi, scrittore

(1) Documento IV in appendice.

(2) Per notizie su questo Colonnello Conte Pardo, avventuriero e degno amico del Mattioli si può confrontare la sua corrispondenza colla corte di Torino tra gli anni 1664-1683 (Archivio di Stato di Torino: Lettere di particolari). Nel 1677 domandava appunto con insistenza di riavere le delicate incombenze segrete già esercitate sotto Maria Cristina e Carlo Emanuele II.

invidie, per quanto sappiamo dalle sue stesse proteste in forma secentisticamente enfatica ed energica (1).

L'esame anche superficiale delle scritture in questione rivela nell'autore una mente abbastanza aperta ed un ingegno assai proclive all'uso di arguti sofismi. Un opuscolo anonimo e senza data si conserva manoscritto all'archivio torinese col titolo: Riflessi sopra il titolo reggio che si procura in Spagna e progetto di aggiustamento con Venetia consacrati alle glorie di M. R. Come dalla dicitura appare, tale componimento rifletteva sopratutto i rapporti diplomatici colla corona Cattolica.

Senonchè la questione del titolo reale savoino, riconosciuto fosse questo da chicchessia, feriva sempre nel vivo la diplomazia veneta come quello che appoggiavasi, abbiamo già detto, alla pretesa sovranità di Cipro. La dinastia spagnola afflitta dagli acciacchi di precoce decrepitezza, rifinita dalle guerre coll'emula corona di Francia, sussultava tremante ad ogni avvisaglia di ostilità del prepotente Luigi XIV contro i suoi possessi italiani e sopratutto contro lo Stato di Milano; conscia della propria impotenza mirava essa di opporre scudo a tali interessi una lega di Stati italiani, ed a Savoia e a Venezia particolarmente non si stancava di rivolgere le supplichevoli istanze, benchè in Venezia con predilezione ponesse la maggior fiducia, non illudendosi soverchiamente della resistenza di un donnesco governo piemontese alle tiranne minaccie del confinante Cristianissimo.

Ciò spiega come a Madrid per tradizione, e specialmente in quegli anni, dovessero gli ambasciatori di S. Marco godere, fra gli altri rappresentanti italiani, qualche speciale autorità e ci chiarisce del pari, ancorchè non si dica, quale motivo inducesse il Vota ad associare la questione generale del titolo reale di Savoia ancorchè particolarmente ambito in quel momento dalla Spagna colla questione che aveva procurato amarezze e rotture con Venezia (2).

(1) Cosi scriveva il 27 dicembre 1677: Madame, ce que j'ay composé il y a desia quel<<<ques semaines sur le titre Royal par ordre de V. A. R. serà presenté a ses pieds par « Mons l'Archevesque; si cette Piece aurà le bonheur de contribuer quelque chose a la gloire «<et a la satisfaction de V. A. R. elle m'augmenterà le courage d'achever les autres non << moins curieuses et de luy envoyer celles que j'ay faictes avec quelque diligence pour me con<< former a son glorieux genie qui n'estime rien de si precieux que le temps et de si desa<< greable que les longueurs. Au reste je n'aurois pas manqué d'obeïr ponctuellement au com<< mandement que V. A. R. eut la bonté de me faire, d'aller les Mercredis luy rendre le petit << tribut de mon estude. Mais on m'a faict scavoir qu'on m'a rendu quelque office aupres de « V. A. R. aussi contraire a cela qu'il est opposé a la verité du faict. Je veux croire qu'ils << n'auront eu point d'autre veüe que de delivrer V. A. R. d'une personne aussi inutile que ie « suis. Mais en verité ils m'ont pris pour un autre ; car ie ne suis ni allemand, ni françois, ni << espagnol, mais fidelle suiet de V. A. R. J'honore touts les Païs, mais i'aime le plus celuy qui << serà le plus favorable a mes souverains, et pour qui ils auront le plus de panchant. Et ie ne <«< connois bonnement que deux nations, qui sont les gens d'honneur et ceux que ne le sont << pas, me declarant tousiours du parti des premiers, fussent ils nés aux Antipodes. Que si <<< mon seiour ne plaist pas a quelqun bien que ie sois enseveli dans mes estudes et que ie « n'aye jamais faict du mal à personne, ie le veux bien contenter et ie supplie tres instamment « V. A. R. de me permettre de me retirer...» (Archivio di Stato di Torino, Lettere di particolari. Alla stessa categoria appartengono le lettere del VOTA che saranno appresso citate).

(2) Anche il progetto di ottenere trattamenti di parità dalla Spagna Maria Giovanna Battista ereditava, direm così, dal consorte che negli ultimi anni vi si era provato. Avevagliene offerta occasione Vincenzo Dini, specialista in materia, promettendo di ottenerglieli collo sborso di ventimila doppie di Spagna e Carlo Emanuele, malgrado grave titubanza e sospetto sulla fede dell'antico negoziatore del trattato con Venezia, si era lasciato alfine abbagliare a sì bel gioco e

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