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nefizio? Tali sono le notizie sincere delle Navigazioni del Colombo nel Mediterraneo; alle quali potrebbesi aggiungere una circostanza notata in un un Ms. presso il Signor Rogerone, incisor Genovese, cioè che il Colombo è registrato nel libro delle avarie sotto l'anno 1476. Or ci conviene abbandonare il Mediterraneo, per tener dietro al gran Navigatore nell' ampiezza dell' Oceano. Chiunque farassi a leggere gli Annali genovesi del Giustiniani, (ann. 1476) e quelli d'Italia del Muratori, potrà subito intendere qual motivo dovea spinger Cristoforo a lasciare il servigio della Patria. Galeazzo Duca di Milano, principe di poco senno, facile a dar mano alle novità, timido nei pericoli, orgoglioso nella prospera sorte, travagliava i Genovesi in mille guise, spargendovi anco la divisióne tra' nobili e popolari. La città era piena di timori, di sospetti, di amarezze: i saggi paventavano di gravi disordini; i nobili non aveano forza di contenere il popolo, animato contro alla nobiltà da' segreti maneggi del Duca: l'una parte temeva dell' altra, entrambe di Galeazzo. Che dovea fare un grand' uomo in tanto civil turbamento? Egli recossi a Lisbona, dove Bartolommeo suo fratello, valente cosmografo, lavorava carte ai naviganti dell' Oceano. Il Portogallo era famoso per l'ardire delle sue navi, per la scoperta di varie terre dell' Africa; colà si riducevano tutti gl' Italiani bramosi di gloria, o avidi di tentare la sorte. I Genovesi vi abitavano in gran numero, e co' talenti, colla perizia, coll' ardir marinaresco e con le ricchezze, amplificavano la cognizione dell' orbe.

Giunto Cristoforo in Lisbona, dove oltre il fratello, si ritrovavano molti della SVA NAZIONE GENOVESE, parole chiarissime dello storico suo figlio, non istette lungo tempo ozioso; ma tosto partì per

un viaggio arditissimo; essendosi spinto nel febbrajo del 1477 fino al grado 73 di latitudine settentrionale, cioè, come egli stesso si esprime, 100 leghe oltre la Tile di Tolommeo, detta in allora Frislanda, da' moderni Islanda. E facendone osservare il medesimo Colombo, che la terra cui giunse, « non giace dentro della linea che include » l'occidente di Tolommeo, ma è molto più occidentale » credono gli eruditi, ch' egli giugnesse ai lidi della Groenlandia: così senza avvedersene trovossi in quel nuovo mondo, che poi scoprì con tanto coraggio e tanta felicità.

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Molte altre navigazioni egli intraprese, specialmente alla Guinea`, all' Inghilterra, ed alle Isole dell' oceano possedute dalla Spagna e dal Portogallo. E sì fatti viaggi furono per quell' uomo singolare una vera Accademia. Notava tutto ciò che vedeva, confrontavalo co' libri de' viaggi, e della cosmografia, ed anche colle opinioni volgari: procacciossi ancora quella tenue dottrina di astronomia, e di matematica, che allora aver si poteva: volentieri studiava la storia, la filosofia, e le materie di Religione. Disegnava carte, fabbricava sfere; e quanto era maggiore il numero delle sue cognizioni, tanto più si accendeva nel desiderio di cose singolari; e pieno di entusiasmo sembravagli angusto l'antico emisfero, e paventosi troppo gli parvero i navigatori del suo secolo.

In mezzo a sì alte cure, incontrossi a vedere più volte in Lisbona nella Chiesa d'Ognissanti, dove usava di andare a Messa, una nobil donzella chiamata Donna Filippa, nata di Pietro Pelestrello, figlio o nipote, di quel Bartolommeo Pelestrello piacentino, gentiluomo della casa di Don Giovanni infante di Portogallo. Questo Pelestrello andò a popolare l'anno 1420, l'isola di Porto Santo, scoperta a caso da

due Portoghesi, cacciativi a loro malgrado dalla furia di una orribil tempesta; e n'ebbe, come popolatore, il governo perpetuo per se ed i suoi discendenti. Queste notizie ci furono tramandate dal Cadamosto, il quale fu in Porto Santo, e s'abboccò col detto Pelestrello, e dal Barros, gravissimo scrittore delle navigazioni portoghesi (Asia, cap. 2 e 3), che stendeva la sua storia intorno al 1539, ed aveva sotto gli occhi le relazioni ms. delle scoperte fatte dalla sua nazione portoghese. Noi dunque fidàndo in testimonianze sì autorevoli, terremo per ingannatore, o ingannato, D. Ferdinando Colombo, per averne voluto dar ad intendere che Pietro Pelestrello fu grand' uomo di mare, e scopritore dell' isola di Porto Santo. Tornando a Filippa, ella aveva già perduto il padre all' epoca del suo matrimonio; ond'è che Cristoforo se n'andò ad abitare colla suocera, ch' era una gentildonna di casa Mogniz. Queste nozze furono al Colombo di notabil vantaggio. Cominciava con quel nodo a farsi quasi naturale di Lisbona; contraeva relazioni con nobili famiglie; potea vedere le scritture dell' avolo di Filippa, ed accrescere le sue cognizioni cosmografiche, e marinaresche. A tutto ciò si aggiunga, che Donna Filippa aveva una sorella maritata con Pietro Correa, dal quale Cristoforo attinse alcuni schiarimenti; come vedremo.

Intanto volgeva nell'animo l'ammirabil disegno di tentare l'oceano per vedere se trovasse nuove terre, o se potesse giugnere circondando il globo ai lidi orientali dell' Asia. Nuovo non era questo progetto presso i Genovesi: due secoli prima Tedisio Doria ed Ugolino Vivaldi troppo animosi, perirono ne' flutti, o furono cacciati dai venti in parte, onde non poterono più mai ritornare. Anche le Canarie ebbero a scopritori nel sec. xiii. i Genovesi, attestandolo il Petrarca ed il

Boccaccio. Antonio Noli concivo del Colombo (dice il Barros tradotto dall' Ulloa) scoprì l'isole di Capo verde. In petto generoso possente stimolo fu sempre l'emulazione. All' esempio de' navigatori genovesi si univano i ragionamenti e le istruzioni di Bartolommeo suo fratello, profondo cosmografo. Cristoforo consultò eziandio Paolo Toscanelli fisico fiorentino; e le risposte di questo letterato si posson leggere nella Storia di Ferdinando, ed in altri libri moderni. Molto si è scritto e disputato per sapere se il nuovo mondo fosse noto prima del Colombo; se questi ne avesse raccolta l' idea o dalla voce, o dagli scritti di qualche pilota; e quali ragioni lo potevano determinare al glorioso ardimento. A me pare che pochi principj chiaramente esposti ci daranno il filo della gran tela ordita nella mente del Genovese.

I. Egli era convinto esser la terra un globo di figura sferica; e ciò si rileva dalle opposizioni fattegli nel Consiglio di Spagna, ove taluno sostenne non darsi gli antipodi, e per questo essere una chimera il progetto di Cristoforo. Al qual errore seppe assai bene rispondere Alessandro Geraldini amico del Colombo, che a caso si trovò a quel congresso. Ora, conosciuta la figura sferica della terra, era invincibile l'argomento di Bartolommeo Colombo, rammentato dal Giustiniani nelle note al Salterio: spingendovi tra ponente e mezzogiorno addentro l'oceano o troverete terre incognite, o arriverete alle sponde dell'Asia. Dunque il frutto del tentativo era certo; se anche non si fossero trovati nuovi paesi.

II. Cristoforo avendo cognizione de' geografi e de' viaggi fatti già dai navigatori più antichi, e sapendo quanti gradi fossero dalla Cina al meridiano di Groenlandia, poteva computare assai facilmente

quanti gradi rimanevano a percorrere. Anzi non pure i gradi, ma le miglia; sapendosi dalla sua lettera pubblicata dal Morelli, che egli avea calcolato il grado alla linea equinoziale di sole miglia 56 3. Per conseguenza, tenendo egli per fermo che la terra avesse forma di sfera, ed avendo calcolato quante miglia restavano dal meridiano a lui noto di Groenlandia fin al Catai, non altro rimaneva che la sua vita commettere all' onde. E ciò quanto alla prima parte del disegno; cioè al trovare la via marittima ai lidi estremi dell' Asia.

III. Venendo a parlar dell' altra parte, cioè de' nuovi paesi da trovare nell' emisfero ignoto, molte ragioni fortissime persuadevan Colombo a sperare di essere scopritore d'incognite regioni. Ne aveva quasi un preludio nelle isole di Madera, Portosanto, Canarie, Capo Verde, e nel Groenland; una volta divise affatto dal mondo conosciuto, e poscia aperte alla navigazione.

IV. Seppe ancora da Pietro Correa, e da altri naviganti, che allorquando soffiavano venti gagliardi da ponente, le acque dell' oceano spingevano al lido delle isole Azorie, di Madera, e di Porto Santo produzioni, ed oggetti ignoti all' Europa; come pini di una specie differente, canne di grossezza straordinaria; e quello che più faceva all' intento, legni lavorati con molta pazienza; ne' quali però si conosceva non essersi adoperati strumenti di ferro. Le quali cose attentamente ponderate, inducevano Cristoforo a tre conseguenze: spirano dall' occidente venti gagliardi; dunque vi hanno delle terre: questi venti portano a Madera legni e canne di specie ignote; dunque le terre occidentali non possono essere ad una immensa distanza: tra' legni approdati alle isole se ne trovano di quelli lavorati a mano d'uomo; dunque le terre d'occidente sono popolate.

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