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appresso si guastò il timone alla Pinta; sventura rinnovatasi anche il dì 7, e che a' marinaj superstiziosi avrà fatto immaginare un esito infelice di quella spedizione. Racconciato, come si potè meglio, il timone, giunsero alle Canarie; e Cristoforo se ne andò alla Gomera, per cercare un naviglio migliore; e non avendolo potuto acquistare, pose alla Pinta un timone nuovo; e ridusse la Nina a vela rotonda. Nel correre quella parte dell'Oceano, passando una notte presso Tenerif, videro. dalla sommità del Pico escir grossissime fiamme: di che mostrandosi sopra modo attonite le ciurme, Colombo prese a dichiarare le cagioni di tal fenomeno, aggiungendovi l'esempio del Vesuvio e dell'Etna. Finalmente assettati i naviglj, e bene provveduti di acqua, legne, e carni, Colombo il dì VI. settembre parti da Gomera per solcare l'oceano occidentale. Giorno invero memorando, in cui videsi un nocchiero genovese, non punto atterrito dalla sorte infelice del Doria e del Vivaldi, dare il tergo al mondo antico per trovar nell'oceano un nuovo emisfero. Noi non abbiamo il giornale minutissimo di questo viaggio, avendo creduto lo storico D. Ferdinando, che non fosse pregio dell'opera pubblicarlo nella sua integrità. E coloro, che prezzano ogni menoma cosa degli uomini grandi, debbono esser paghi per ora di avere un cenno delle avventure più notabili di questa prima navigazione occidentale. Addì 9 settembre perdetter di vista l'isola del Ferro, non senza lagrime di molti, che timidamente misuravano la paventosa vastità dell'oceano. Già corso avevano presso a 200 leghe a ponente, quando a' 13 settembre avvidesi l'Eroe, che l'ago magnetico sulla prima notte declinava dalla stella polare per mezza quarta; ed all'alba poco più d'altra mezza quarta ( Ferd.

e

cap. XVII). Questa scoperta importantissima, dovuta al Colombo; e l'aver egli il primo, come afferma l'Oviedo, adoperato l'astrolabio per la navigazione, sono invenzioni nè pregevoli meno, e più vantaggiose della scoperta del nuovo mondo.

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Continuando il cammino vedeano uccelli, e gamberi, trovavano le acque meno salse, e ricoperte d'erba verdeggiante: e questi particolari sostenevano il coraggio delle ciurme, le quali confidavano di toccar prestamente la terra. Undici giorni avean già navigato col vento in poppa, senza ammainar le vele di un palmo. I rozzi marinaj se ne attristavano temendo che in que' mari non ci spirasse, che il solo ponente; e che però fosse impossibile il ritorno alla patria. Ma per grandissima sorte dell'Eroe i venti rinfrescarono; ed anzi il dì 22 si fecer contrarj. Cessato il dubbio riguardo a' venti, non tardò molto a sorgere una grave tristezza a cagione de'molti segnali di terra vicina, che avean veduti, sì di uccelli, come di pesci, senza trovar mai il lido ansiosamente bramato. Mormoravano gli Spagnuoli d'essersi lasciati condurre a tal termine da un Genovese (dicono il Martire ed il Benzone) che alla Corte non avea favore; la cui risoluzione era combattuta dalle persone più dotte ed autorevoli della Spagna: poscia con voci sediziose minacciavano volger le prore all' Europa; e crescendo con la disperazione l'audacia, proponevano alcuni di uccidere l'Ammiraglio, e gittatolo in mare, ritornarsi alla patria. Egli con ragioni, con preghi, con promettere, che di corto vedrebbono terra, s'adoperava di cessare l'imminente pericolo. Infine giunse il dì 11 d'ottobre, nel quale giunchi verdi e frutte spiccate di fresco, e bastoni lavorati a mano, e pesci di scoglio annunziavano il lido vicino. Fu però ordinato che

stesser tutti sull'avviso, ritenendo il corso delle caravelle; ed annunziato il premio di trenta scudi annui stabilito da Sovrani a chiunque fosse il primo a veder la terra. Due ore avanti la mezza notte, l'Ammiraglio stando nel castello di poppa vide un lume, che passava da un luogo ad un altro; chiamò due testimonj e fu conchiuso quello essere una facella da pescatori, o viandanti, e doversi a Cristoforo il premio de'trenta scudi. All'apparir della luce, a’12 ottobre, scende l'Eroe,

E di grand'orma il nuovo Mondo imprime.

(CHIABRERA ).

Discendono gli altri similmente, piegano le ginocchia a terra ringraziando il Creatore, baciano quel suolo, che vorran poi contaminare con ogni nefandità; s'innalbera la Croce, spiegasi lo stendardo reale, ed alla presenza de' nudi, e attoniti Indiani, che pensavano veder uomini dal Cielo discesi, il Condottiere della grande impresa, prende possesso di quelle nuove regioni, e vien riconosciuto dagli equipaggi come Ammiraglio dell' Oceano, Vicerè e Governatore delle isole, e terraferma scoperte, e da scoprire a nome de' Monarchi di Spagna. Questa prima isola, da' naturali detta Guanahani, ebbe dal Colombo il nome di S. Salvatore. Trentatrè giorni, senza più, bastarono a giunger dalle Canarie alle isole dell'occidente.

È cosa maravigliosa, che l'Eroe prima di lasciar le Canarie avea protestato a'socj del viaggio, che nulla si troverebbe, se non che dopo avere percorso almeno 700 leghe; e così avvenne, come avea detto; nè è meno a stupire, che senza deviare.dalla primiera direzione, approdasse all'ignoto emisfero. Di questo primo viaggio abbiamo la descrizione in una lunga lettera del Colombo tradotta

in latino, e impressa nel 1493, e più volte negli anni seguenti; e dal Cav. Bossi posta per appendice alla Vita dell' Eroe. Epperò noi ci ristringeremo a toccar soltanto le cose principali.

L'Ammiraglio abbandonò Guanahani il giorno 14 ottobre, portandone sette isolani, i quali potessero servirgli d'interpetri. Il dì seguente, approdò ad altra isola, cui diede il nome di S. Maria della Concezione. Nel 16 riconobbe quella, ch'egli appellò Fernandina ad onore del Re Ferdinando; e tre giorni appresso ne visitò un'altra, che a riguardo della Regina di Castiglia volle chiamare Isabella. A Cuba approdò il dì 28 ottobre; e mutolle il nome in quello di Giovanna; perchè Giovanni era il Principe ereditario di Spagna. Tentò ancora di costeggiarla tutto all'intorno; ma avendone già percorsa gran parte, e crescendo le difficoltà, tornò addietro; restandosi dubbioso, se fosse isola, o continente.

Quindi navigò ad Haïti, ed entrato in un porto il giorno 6 dicembre, piacquegli chiamarlo S. Nicolò; come un altro, in cui si ridusse dopo due giorni, appellò Concezione; e finalmente a tutta questa grand' isola diè il nome di Spagnuola. Appresso a dieci giorni, un Cacique dell'isola venne alla Capitana con un suo figlio, e un fratello, accompagnati da più centinaja di persone; si pose a mensa coll' Ammiraglio, cui donò una cintura e due laminette d' oro, ricevendone in cambio una corona d'ambra, ed altre gentilezze. Ma la vigilia di Natale, riposando Cristoforo con tutto l'equipaggio, ed avendo il timoniere contro al divieto espresso dell' Ammiraglio, affidato il timone ad un ragazzo, una corrente portò la capitana ad urtare in una secca. Era vicina la mezzanotte; la nave si scommetteva, aprendo i fianchi all'onde. I marinaj avviliti fuggivano sul

battello; ma Cristoforo ajutato dalla gente dell'altra caravella, salvò gli uomini, e tutti gli arnesi: e in questo gli fu di grande e fedele soccorso il Cacique dianzi rammentato; perchè avuta notizia della sventura, venne con molti de' suoi; allogò in tre case tutte le robe salvate dal, naufragio, ponendovi guardie con ordini severissimi, che niuno fosse ardito toccarne una benchè minima cosa; e proferendosi all' Ammiraglio pronto ad ogni suo piacere, e bisogno. Ma questi dall'avversità trasse notabil vantaggio. Perciocchè conosciuto l'animo leale di quel Principe, e sentendo disposti non pochi degli Spagnuoli a fermar il soggiorno in un'isola deliziosa, e d'oro abbondevole, formò colle tavole del naviglio una piccola fortezza, ponendovi dentro 36 persone, tre capitani che ne avesser governo, un medico, un bombardiere, alcuni marangoni, armi e vettovaglie per un anno e più. A questo stabilimento diede il nome di Natale; o dir vogliamo, villa della Natività.

Ordinate in tal modo le cose, si parti dalla Spagnuola addì 4 gennajo del 1493; e due giorni appresso a lui si ricongiunse la Pinta, che da molto tempo se n'era scostata, per malvagità del suo Capitano, andato a ricercare dell'oro. L'Ammiraglio mostrò di accettare le scuse del Pinzon, non volendo irritare gli equipaggi col castigo di un'uomo, che aveaci non pochi parenti, e gran numero di amici. Il giorno 13 sette Spagnuoli scesi in terra alla Samana, nell'isola d'Haïti, ebbero una scaramuccia con 55 Indiani, robusti

di

corpo, alteri, e arrischiati di natura, nudi in ogni lor parte, con capegli lunghi, e sciolti, armati d'archi e di forti bastoni. Finalmente a' 16 gennajo drizzò la prora alla Spagna; e già s'appressava alle Azorie; ma il mare si turbò di tal maniera per la furia

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