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Sutroduzione

Volendo gli Ateniesi onorar la memoria di quel Milziade, che

avea sterminata l'immensa moltitudine de' Persiani con un pugno di Greci, decretarono ch' e' venisse dipinto nel Pecile in atto di dare il segno per quella memoranda tenzone. E saggiamente pensarono, che tal pittura fosse da pregiar meglio, che qualunque altro più sontuoso monumento. Perciocchè se alcun giovinetto dell' Attica, o se persona straniera, venuta a contemplare i dipinti del Pecile, avesse domandato, qual fosse colui, che piccola schiera movea contra un torrente di armati, rispondeano tosto i vecchj Ateniesi: egli è Milziade; e cotesto è il Campo di Maratona: i pochi, son greci; la turba senza numero è il fiore dell' Asia, raccoltosi a nostri danni, e dissipato per consiglio del Condottiere ateniese. Al pensiero di quell' Atene, onde venne ogni gentil dottrina, e qualsivoglia magnanimo esempio, analoga parmi la deliberazione dell'amplissimo

Corpo Decurionale di questa Città di Genova, di mandare alla luce del pubblico il Codice diplomatico di Cristoforo Colombo, l'immortale scopritor dell' America. In fatti essendo questo Codice un dono spedito dall' Eroe medesimo ad amico genovese, perchè fosse serbato nella patria; e pubblicandosi ora per decreto del Civico Magistrato di Genova; e racchiudendo in se stesso notizie recondite sì dell'ignoto Emisfero scoperto, come del generoso Navigatore, che osò cercarlo in mezzo all' Oceano, chiunque prenderà in mano il presente volume dovrà dire a se stesso, e a coloro che per caso l'ascoltassero: ecco alla fine i documenti di quel grande, cui dobbiamo il nuovo Mondo: egli stesso ne fe' dono alla sua patria; e questa il presenta a tutta la civil società. Così la stampa del Codice ottiene riguardo a Colombo quell' intento medesimo, che la pittura del Pecile procurar doveva a riguardo di Milziade. Se non che a contemplare la pugna di Maratona, era forza andarne ad Atene; nel caso nostro al contrario, è il volume stesso che diffondendosi nelle varie contrade dell' Orbe, vi reca la gloria del Colombo, e della patria; la quale, per sentenza dell'Autor francese di un poema epico intitolato Cristophe Colomb, pareggiò nella gloria i più bei giorni d'Atene, culla di Milziade:

Il naquit dans les murs de la superbe Gênes,

Dont la gloire égala les plus beaux jours d'Athènes.

Di questo Codice incomparabile, delle cagioni, che mosser Colombo a mandarne copia a' suoi compatrioti; delle vicende, cui fu sottoposto; perchè ora soltanto vegga la luce; qual cura siasi adoperata sì nel testo per darne la vera lezione, sì nel recarlo fedel

mente in lingua italiana; vuol render conto questa nostra introduzione. Ma prima di entrare in tal minuta disamina, darà in succinto la storia dell' Eroe; lavoro necessario per due ragioni: la prima, perchè il costume de' più lodati editori vuole che all'opera si pongano innanzi le memorie dell' Autore; la seconda, perchè non abbiamo, a parlare ingenuamente, una vita esatta dello scopritor dell' America. Scrissela, bene il sappiamo, D. Ferdinando suo figlio; ma questo lavoro non appaga in ogni sua parte i sensati leggitori; oltrechè vi mancano molte notizie, scoperte in appresso negli archivj d'Italia. Ultimamente il signor Cav. Bossi ne compilò una vita, corredata di molte annotazioni, e di alcuni documenti : tuttavia fidatosi egli soverchiamente di certi scrittori, non potè dare ad alcune parti del suo lavoro quella esattezza, che è tanto necessaria in siffatte ricerche.

Prima di entrare nel racconto delle azioni di Cristoforo, ci crediamo in dovere di accennare, a schiarimento del nostro scritto, esservi cinque opinioni intorno alla patria di questo Uom singolare. Una è quella de' Nobili Signori Colombo di Modena; i quali si credono della casa medesima dell'Eroe; ma tale opinione, nè fu per anco raffermata da scrittore niuno, nè può esser che recentissima; avendola ignorata il Tiraboschi e il Muratori, cotanto solleciti delle glorie di Modena; e ch'ebbero a parlare della patria del Navigatore. Più recente è quella del medico signor Ravina; se è vera una voce diffusa l'anno scorso; cioè essersi posto a lavorare una dissertazione dimostrare che Cristoforo è di Cosseria, luogo posto tra le Carcere e Millesimo. Il can. Campi, piacentino, sì sforzò di provare, che l'umil villa di Pradello su quel di Piacenza, diè la

per

cuna all'Eroe. Le sue ragioni si posson vedere in una dissertazione inserita nel Tomo 3. della storia Ecclesiastica di Piacenza, lavoro poco felice dell'Autore medesimo. Questa ipotesi nacque dopo il 1600, come si rileva dallo scritto del Campi, e si conferma col poema del Cav. Stigliani intitolato il Mondo Nuovo; perciocchè il Poeta dedicando il suo libro al Sovrano di Piacenza Ranuccio, nella qual città fu eziandio pubblicato dal Bazachi nel 1617, nulla dice dell' opinione favorevole a' Piacentini; anzi mette sempre in Genova la patria del Colombo: per figura nel Canto 1., st. 16. fa parlare Cristoforo nella maniera seguente:

Dimmel tu, perchè in Genoa al nido mio
Torni a vivermi in umile quïete.

Una quarta ipotesi pone in Cuccaro castello del Monferrato i natali dell'Eroe, facendolo primogenito della Nobile Casa Colombo, allora per feudi e per aderenze ragguardevole, e doviziosa. E questa similmente non trova autorità di antichi scrittori: per contrario l'Asia del Barros, tradotta da Alfonso Ulloa e dedicata l'anno 1562 al Duca di Mantova, Marchese in quei tempi del Monferrato, conferma chiaramente l'opinione quinta, che è l'universale, ed antica; e che in Genova riconosce l'origine, e la patria dello scopritore d'America. Le ragioni de' signori Colombo di Cuccaro si leggono in un libro stampato in Firenze nel 1808, ed in una dissertazione pubblicata negli atti della R. Accademia di Torino, vol. xxvii. I monumenti, e le argomentazioni de'Genovesi si veggono in Antonio Gallo, e negli Annali come anche nel Salterio del Giustiniani; nelle annotazioni di Giulio Salinero

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