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togli il più tristo naviglio; e da una cameretta fabbricata sul castello di poppa dava gli opportuni provvedimenti. Scampato da tanto pericolo, racconciò le navi alla terra di Cariai, toccò il tido di Carambarù, dove le genti portano al collo uno specchio d'oro; andò a Beragua; ed a' 28 ottobre fu portato dal vento ad un porto ch'egli chiamò porto delle vettovaglie (de los Bastimentos): un'altra tempesta l'aggirò per nove giorni così, ch'egli disperava della vita: le folgori erano sì tremende, e sì frequenti, che il cielo pareva ne ardesse. Il giorno dell'Epifania ritornò a Beragua, e si ricoverò nel fiume vicino: cadde pioggia senza mai cessare fino a' 14 di febbrajo; e i legni corsero grandissimo pericolo. Il fratello Bartolommeo con due guide indiane, e 70 uomini, andò a riconoscere il paese, paese, che fu trovato ricco d'oro: epperò il Colombo, accordatosi col Quibian, che tal nome danno quelle genti al Principe, fabbricovvi alcune case coperte di paglia, con disegno di fondarvi una colonia mercantile. Gl'indiani assaltarono all'improvviso il nuovo stabilimento; ma furono rispinti, e il Quibian con la moglie e i figliuoli rimase prigione. Tuttavia ebbe maniera di fuggire co' figli, e far guerra più crudele agli europei, abbattuti da un' altra disavventura. I venti aveano chiusa la foce del fiume; e in aprile, tutti i naviglj eran corrotti: scavossi un canale per trarli di quel luogo; e il mare ingrossando impedi l'esecuzione del progetto. Alla fine dopo molte scaramucce co❜naturali del paese, nelle quali il Prefetto riportò una ferita, dopo immensi travaglj, dopo aver dato al monte più alto il nome di S. Cristoforo, lasciando nel fiume una caravella tutta foracchiata, che non potea più navigare, si partì tutta la gente da quel luogo infelice. In Belporto abbandonò un altro legno; e con que' due che restavano,

privi di battelli, e di provvigioni, tentò andare alla Spagnuola: contrastando al suo intendimento il mare e i venti, perdute tutte le ancore, fuori di una sola, approdò quasi per prodigio all' isola Giamaica sul cadere del mese di giugno 1503. Quivi riposatisi alquanto, spedirono sopra due Canoe fornite di vogatori indiani, Diego Mendez e Bartolommeo Fieschi alla Spagnuola a chieder vettovaglie, e navi per sortire dalla Giamaica; stantechè le due caravelle del Colombo non erano atte al navigare. Poco dopo tal partenza, due fratelli Porras, sollevando gli Spagnuoli contro all' Ammiraglio che giaceva infermo, presero alcune canoe, e seguitati da molte persone si partirono per Haïti, ma non potendo vincere i venti contrarj scannarono i vogatori indiani; ed ebbero a ritornare nella Giamaica, ove commisero innumerevoli eccessi. In questo tempo i naturali dell'isola, cominciarono a negare le vettovaglie; e il Colombo con annunziar loro che tal barbarie sarebbe punita dal Dio del Cielo, e che fra poche ore ne vedrebbero il segno nella Luna (e veramente quella notte segui un eclissi lunare) gl' indusse a provvedere in abbondanza le cose necessarie. Arrivò frattanto una caravella a visitare Cristoforo in nome del Lares Governatore della Spagnuola, e senza far altro che consegnargli un barile di vino, e alquanto di carne salata di majale, con una relazione del prospero viaggio dei due inviati, se ne parti sull' istante. Questo tratto inumano confermò i sediziosi nell' idea, che il Colombo fosse in odio. alla Corte, e che perciò il governatore della Spagnuola lo abbandonasse a morire nella Giamaica. Ritornarono adunque alla congiura, e si preparavano ad un assalto. Ma Bartolommeo armati i suoi fedeli fu addosso a que' vili, e con la morte di molti, calmò la sedizione.

Era già per finire il maggio del 1504, quando approdò alla Giamaica una nave comperata dal Mendez nella Spagnuola co' denari del Colombo. Sopra di questa s'imbarcarono a' 28 giugno amici e nemici; entrarono nella città di S. Domingo, dove il Governatore accolse con allegrezza menzognera l'Ammiraglio; ma liberò il Porras, capo de' congiurati, che il Colombo conduceva prigione nella Spagna. Partirono da quella città a' 12 settembre. Il viaggio era contristato dalle tempeste, e dalla podagra che inchiodava nel letto l'Ammiraglio. Tuttavia ebbero la sorte di prender terra nel porto di S. Lucar di Barremeda; ove il Colombo si fermò a riposare da tante vigilie, contraddizioni, ed infermità. La Regina Isabella, sua protettrice, avea cessato di vivere: Ferdinando continuava a contrariare l'Eroe, e meditava annullarne i privilegj. E già gli aveva distrutti col fatto, concedendo a molti avventurieri il permesso di andare alla di andare alla scoperta di nuovi paesi nelle Indie occidentali.

Cristoforo vinto da tanta ingratitudine, oppresso dalla gotta, e dalle passate fatiche, abbattuto d'animo nel vedersi povero ed abbandonato, dopo aver aperto il nuovo emisfero alla nazione spagnuola; partì da questa vita con sentimenti di somma religione il giorno venti maggio dell' anno 1506. Accadde la sua morte in Vagliadolid; ma il suo corpo trasportato in Siviglia, ebbe sepoltura con funebre pompa nella Chiesa maggiore; e fu onorato per ordine del Re Ferdinando, che non invidiava la virtù degli estinti, di un epitaffio in lingua spagnuola, scolpito in marmo, che dice così:

A CASTILLA Y A LEON

NVEVO MONDO DIO COLON

La traduzione letterale, benchè poco necessaria, sarebbe la seguente:

A Castiglia ed a Leon
Nuovo Mondo diè Colon.

Questa è l'unica iscrizione, che sia degna dell' immortal discopritore del nuovo Mondo. La gloria di questo Eroe Genovese sarà sempre impareggiabile. Un conquistatore potrà superare Alessandro; un poeta potrà scrivere meglio di Virgilio: niuno saprà mai emulare il Colombo; perchè più non rimane a scoprirsi un nuovo Emisfero. (Bossi ).

L'Eroe lasciò due figlj; Diego nato da Filippa Mogniz Pelestrello, e Ferdinando, non legittimo frutto di Beatrice Enriquez. Quest'ultimo venuto a luce nel 1490, o poco prima, entrò nel Clero; pose l'animo nello studio delle lettere; viaggiò per l'Europa cercando libri da formare una insigne biblioteca; trasse di Fiandra due letterati, Nicolò Clenardo e Giovanni Vaseo, e gli ebbe a'suoi servigj: venne a Genova, patria del suo genitore, e morì nella città di Siviglia l'anno 1540, o 41, lasciando a' PP. Domenicani di essa città la sua libreria copiosa di dodici mila volumi.

Diego succedette nei diritti ed onori del padre. Ebbe un figlio nominato Luigi, che per via di compromesso con Carlo V, conservò il titolo di Ammiraglio delle Indie; ma cedette la dignità di Vicerè ottenendone in permuta l'isola di Giamaica col titolo di Marchesato; e rinunziò al diritto di Governatore, ricevendo in cambio Beragua col titolo di Ducato; ed una pensione di 10 mila doppie d'oro in luogo del decimo assegnato all'Eroe sulle produzioni delle Indie.

Luigi non ebbe che un figliuolo spurio chiamato Cristoforo; e perciò nelle sue ragioni gli fu successore D. Diego figlio legittimo di Cristoforo fratello di Diego. Mancò D. Diego nel 1578 senza prole. Vuolsi notare in questo luogo, che Luigi Colombo, persona di vita dissoluta, venuto a Genova intorno al 1568, portò seco l'istoria MS. dell'Eroe, composta in lingua spagnuola da D. Ferdinando, lasciandola in mano del Patrizio Fornari, dal quale passò ad un altro Patrizio Gio. Batt. de Marini. Questi andatosene a Venezia, fe' tradurre in italiano da un letterato spagnuolo, detto Alfonso Ulloa, il testo a penna; il quale così tradotto venne pubblicato in quella città l'anno 1571, in 8. L'originale spagnuolo si è perduto. Sarebbe dunque una temerità manifesta l'affermare che il traduttore interpolò la storia di Ferdinando. Che se altri sospettasse d'interpolazione riguardo alla patria dell'Eroe, noi il pregheremo a recarsi in mano l'Asia del Barros, fatta italiana dallo stesso Ulloa, ed impressa in Venezia nel 1562 in 4.°, ed a leggervi a carte 55 le parole seguenti: Si come tutti affermano, Cristoforo Colombo era di natione genovese. == Spentasi adunque la linea retta mascolina discendente da Cristoforo, destossi la più famosa lite civile, che mai vedesse l'Europa. Il Diego, defunto nel 1578, aveva una sorella di nome Francesca (probabilmente naturale) maritata col Licenziato Ortegon. L'altro Diego padre di Luigi, avea lasciato tre figlie, Maria, monaca professa in un convento di Vagliadolid; Giovanna, entrata per matrimonio nella potente Casa di Toledo; Isabella, sposata al Conte Giorgio di Gelves della famiglia di Portogallo. Anche lo spurio Cristoforo faceva sentire le sue ragioni. Dal Genovesato non si mosse che Bernardo Colombo di Cogoleto, il quale pretendeva discendere in

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