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linea retta da Bartolommeo fratello dell' Eroe. In questi tempi viveva in Genova Baldassarre Colombo de'Signori di Cuccaro e di Conzano nel Monferrato. Costui aveva in moglie, secondo il mio MS. de' Documenti Lomellini, facc. 77, n.o 126, anno 1573, la N. D. Livia figlia di Raffaele Usodimare Oliva e di Benedettina Lomellini, ed abbondava meglio di nobiltà che di ricchezze. E perchè nel leggere la Storia di Colombo scritta da Ferdinando, trovò che il padre dell'Eroe si chiamava Domenico, ricordandosi che tra'suoi ascendenti di Cuccaro si numerava similmente un Domenico, entrò in pensiero di concorrere all'eredità giacente del gran Cristoforo. A tal oggetto se ne andò nel Monferrato; mosse i congiunti e gli amici a dar favore al suo disegno; formò un albero genealogico, che nel sec. X aveva illustri radici; indusse alcuni terrazzani de luoghi vicini a deporre che lo Scopritor dell'America era nato nel Castello, e da'Signori di Cuccaro; e fornito di tali presidj, passò nella Spagna; dove si ostinò a contendere fino al 2 dicembre 1608, nel qual giorno ebbe il possesso dell'eredità Don Nugno Gelves di Portogallo, per le ragioni d'Isabella Colombo. Baldassarre morì nella Spagna; e suo figlio ritornato in Italia spargea voce, a ricoprire la confusione della meritata sentenza contraria, d'aver fatta una composizione colla parte avversa, ricavandone dodici mila doppie d'oro: ma Ignazio De Giovanni, dotto Canonico di Casalmonferrato, non volle prestar fede a quella millanteria; perchè la casa de' Colombo di Cuccaro continuò ad essere involta nella povertà. Bernardo Colombo di Cogoleto non fu ammesso alla lite, stantechè Bartolommeo, Prefetto delle Indie, dal quale pretendeva discendere, non aveva lasciato prole riconosciuta. Don Diego, altro fratello dell'Eroe

morì similmente senza figlj. Cristoforo lo spurio, non potè reggere al paragone della discendenza legittima per linea femminile.

Non imporremo il fine alle nostre ricerche istoriche, senza ricordare i testamenti ed i codicilli del Colombo. Egli avea dichiarato la sua volontà con testamento del 1498 noto all' Herrera, al Salinero ed al Campi; pubblicato da una copia imperfetta nella dissert. del 1808, e perciò criticato; ed in fine impresso negli Atti dell' Accademia di Genova con la dovuta esattezza. In questo documento l'Eroe dichiara d'esser nato in Genova; e raccomanda a D. Diego suo figlio di onorare perciò quella città, e procurarne i vantaggi. Nè Diego dimenticò l'avviso paterno, perchè avendo la Corte di Spagna con severissimo bando chiuso il nuovo mondo agli stranieri, egli tanto si adoperò che ne fe' temperare alcun poco il rigore a vantaggio de' soli Genovesi. Il testamento citato non ebbe effetto, per aver dichiarato il testatore che si dovesse tener conto dell'altro fatto il 1. di aprile 1502, e depositato presso il P. Gasparo nella Certosa di Siviglia. Ma questo secondo non è alla luce, e gli eredi amaron meglio di lasciarlo in dimenticanza; di che non sappiamo il motivo: nè perciò sarebbe temerità il sospettare che l'Eroe vi avesse versata l'amarezza del suo cuore contro alla corte. Abbiamo alle stampe un codicillo scritto in Segovia da Cristoforo nell'agosto del 1505; e rogato in Vagliadolid il 19 maggio 1506. È relativo al testamento del 1502. Potrebbesi dubitare, se l'editore lo abbia tratto da un esemplare perfetto in ogni sua parte. Assai più famoso è il codicillo dell'Eroe fatto all'uso militare, e scritto in una pagina bianca di quell' uffizio, che già dicemmo a lui donato dal Pontefice Alessandro VI. Ha la data di Vagliadolid, 14 maggio

1506. I difensori di Cuccaro, avendone sotto gli occhj una copia imperfetta, ci trovarono motivi, onde sospettare della sincerità di tal documento; che l' Andres, il Tiraboschi, e il dotto Mons. Gaetani tenevano per genuino. Un illustre Patrizio genovese assistito da un letterato oltramontano, ricopiandolo con esattissima diligenza, dileguò quelle opposizioni fondate sopra una falsa lezione. A coloro che dimandano se Alessandro IV pensava a' libri di devozione, rispondiamo che mal conoscono quel Pontefice; il quale usò non una volta verso de' fedeli di un zelo sacerdotale, che sventuratamente non seppe rivolgere a sè stesso, ed a' suoi. Indicheremo poi uno scritto del Sig. Ab. Cancellieri, pubblicato nell' Effemeridi Romane, ove si dà notizia di molti effetti arrestati alla Dogana di Bologna; i quali Cesare Borgia, appena spirato Alessandro, spediva alla Duchessa di Ferrara sua sorella. Esaminate le casse si verificò essere piene di arredi proprj del Papa; e tra questi si registra un Uffizio della B. V.

Nel Codicillo militare riconosce il Colombo per la sua patria la Rep. di Genova; onde non è maraviglia che gli Avvocati de' Signori di Cuccaro si sforzino di censurare un documento che si oppone a' loro disegni. Appiè di questo Codicillo, come anche nelle lettere a Nicolò Oderigo, che fanno parte del nostro Codice, Cristoforo si serve, nella soscrizione, di una cifra formata da sette sigle nella maniera seguente :

S.
S. A. S
A. M. Y.

Ma queste sigle, dicono gli avversarj, sono inintelligibili; dunque la cifra, e però il Codicillo, sono imposture. Qui verrebbe in ac

te

concio il cui bono di Cassio. Quell'Uffizio della B. V. fu scoperto sopra un muricciuolo di Roma, e comprato per pochi bajocchi. Un impostore capace di formare un documento che può far nascere contese tra gli eruditi, non si pone al lavoro per cinque bajocchi. Nè tutto ciò, che altri non intende, si vuol dichiarare impostura. Hanno i Francesi la clausola legale Clameur de Haro; ha l'Augusta Casa di Savoja il motto famoso FERT. In vano i letterati tentarono di spiegare questi arcani; e del Fert in ispecie se ne dichiara ingenuamente negli Atti della R. Accademia di Torino vol. 25, S. E. il Sig. C. Galeani Napione; e simil dichiarazione avea già fatta il dottissimo Bar. Vernazza. Che sarebbe poi se quelle sigle si potessero spiegare con somma facilità? Narra D. Ferdinando nel cap. 3, che se l'Eroe suo padre alcuna cosa aveva da scrivere, non provava la penna senza prima scrivere queste parole: Jesus cum Maria sit nobis in via = Abbiamo già fatto avvertire, che Cristoforo, dopo le dignità ottenute mutò l'antica sua sottoscrizione; e ragion voleva che mutasse similmente la cifra. Ora si osservi, che le lettere sovrapposte alle tre inferiori sono alquanto più piccole: e perciò si possono riguardare come le finali delle voci: con tal avvertenza così leggerem la cifra: Xristus, Sancta Maria, Yosephus; ovvero per accostarci di più al sit dell'antica soscrizione: Salva-me Xristus, Maria, Yosephus. In fine, debbono esser giudici del Codicillo non gli Avvocati di Cuccaro, ma coloro che non hanno interesse nella quistione; e tali sono l' Andres, il Tiraboschi, Mons. Gaetani, e il Cav. Bossi; i quali tutti l'ebbero per genuino. Sono da scusare i nostri avversarj, se dubitarono della sincerità di uno scritto ricopiato con errori gravissimi: ma ora che lo abbiamo alle stampe in

=

maniera conforme all'originale, combatterebbe una fantasima, chi ripetesse le prime censure.

A compier la storia del Colombo, faremo osservare, che sì nel testamento, come ne' due codicilli, non è memoria alcuna de' suoi genitori; ciò significa, ch' eglino avean già terminati i suoi giorni. Della madre Susanna, nulla si sa di certo; ma ella viveva nel 1468; perciocchè in un rogito conservato nell' archivio di Savona, si ha che Giacomo (nella Spagna Diego) fratello di Cristoforo contava 16 anni compiti a' 10 settembre 1484, nel qual giorno si pose ad imparare l'arte di tessitor di panni nel lanifizio di Luchino Cadamartori. Negli atti del citato archivio Domenico Colombo padre del gran Navigatore, è nominato come vivente fino all'anno 1484: nel pubblico archivio di Genova si vede il suo nome fino al 1489. Ma ch' egli vivesse fino al 1494 si raccoglie da un testamento del quale ho copia, rogato in Genova presso a S. Stefano, cui Domenico Colombo olim textor pannorum è testimonio. Egli è dunque evidentissimo, considerata l'età, che il nostro Domenico textor pannorum, e vivente nel 1494, non ha punto che fare col Domenico Colombo de' Signori di Cuccaro e di Conzano, morto l'anno 1456. E acutamente disse il Tiraboschi, che la pretensione del Monferrato sarà sempre una vanità, fino a che non si dimostri essere impossibile che nel secolo stesso vivessero due Domenico Colombo. La menzione fatta dall'archivio di Savona, m'invita a far osservare, che non sussistono punto due accuse date a Giulio Salinero, che fu il primo a pubblicare i documenti sopraccitati. Dicono adunque, ch'egli intendeva far credere che il Colombo fosse savonese; e quell' erudito (face. 333) dichiara doversi riguardare pro monstro,

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