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chiunque negasse a Genova il vanto d'esser patria di quell'uomo incomparabile. Aggiungono che in quelle carte compajono come persone reali, un Sejo ed un Tizio. Ma se avessero dato una occhiata al margine del libro, ci avrebbono letto ficta nomina dignis de causis; e i veri nomi vennero palesati dall' Archivista Belloro, e pubblicati in Torino dal Bar. Vernazza nel 1810, allorquando questo dotto Consigliere di S. M. ebbe pentimento, benchè natio d'Alba in Monferrato, d'avere in qualche maniera approvata la pretensione de' Signori di Cuccaro: il qual pentimento ravviserebbe nel Sordi chiunque leggesse ad animo riposato la protesta, con cui quel chiaro giureconsulto monferrino termina la sua allegazione (Cons. 241) distesa in favore di Baldassarre Colombo. Desidero intanto che i leggitori di questa prefazione sieno informati, che dopo tanti contrasti, l'antica sentenza sulla patria del Colombo piace sempre più agli amatori del vero. Le ragioni de' genovesi, e gli argomenti contrarj degli Avvocati di Cuccaro furono freddamente e sagacemente discussi dal Cav. Bossi nelle Note alla Vita del Colombo; da S. Em. il Sig. Card. Zurla nell'opera dottissima de' Navigatori Veneziani; e dagl'illustri Giornalisti di Edimburgo nella loro Revista, sotto l'anno 1816. Chi vorrà contrastare a tanto senno? Chi vorrà chiuder la mente a' principj del retto discorso, e a' fondamenti della giurisprudenza? Attenghiamoci con saldo affetto alla verità; chè l'errore quantunque dolce, o vantaggioso, non è però meno deforme; e il prendersi diletto di spargere dubbj sulle cose certe, può condurre insensibilmente ad un funesto pirronismo.

Or, che abbiamo scorsa rapidamente, ma con esattezza, la vita dell' Eroe, dobbiam parlare del Codice Diplomatico, che viene

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finalmente alla luce. E innanzi tratto, ne daremo una descrizione bibliografica, per coloro che non potessero aver la sorte di esaminare quel prezioso manoscritto.

Il Codice è di pergamena, in forma di foglio piccolo; legato in cordovano; con due mappette d'argento per parte; e chiuso in una sacca di cordovano, la quale aveva anticamente una serratura di argento citata nella 2.a Lettera autografa del Colombo; ed ora è perduta, restandovi soltanto il segno della sua primiera esistenza.

A principio del Codice si trova una lettera originale di Filippo II Re di Spagna, al Doge di Genova Ottaviano Oderigo.

Segue un foglio di pergamena; nel tergo del quale si legge un ricordo spettante a Lorenzo Oderigo, il quale nel 1670 (0 1669) donò questo Codice alla Repubblica.

Appresso viene il frontespizio in lettere nere e rosse, con rabeschi a penna: le lettere sono quasi gotiche. Nel tergo è lo stemma del Colombo; qual usavalo dopo avere scoperta l'America, e ottenuta la dignità di Ammiraglio, Vicerè e Governatore delle Indie.

Il foglio seguente contiene la tavola de' Documenti rapportati nel Codice.

Cominciano poi i Documenti medesimi: ed occupano carte 42 numerate soltanto da una parte. Le iniziali sono miniate e rabescate: l'argomento si legge nel margine scritto di bel carattere con minio vivissimo. Rigorosamente parlando il Codice finisce a tergo della carta 42, ove sono le soscrizioni de' Notaj e degli Alcaldi di Siviglia; davanti ai quali si trasse dagli originali la copia presente. Segue in otto facce di pergamena la Bolla di Alessandro VI per la famosa linea di marcazione. Vengono appresso altre otto facce di

documenti, scritti dopo que'primi, e legalizzati nelle forme consuete. Seguono cinque carte, o sia foglietti, in bianco.

Viene poi una scrittura, nella quale Cristoforo commentando i suoi privilegj difende i suoi diritti; ed occupa tre facce, restando

in bianco la quarta.

Somigliante si è la scrittura, che si legge appresso; nella quale Colombo medesimo commenta la Capitolazione fatta coi Re Cattolici al principio della spedizione per la scoperta; e difende i suoi diritti con molto calore, e forza di ragioni; occupando con essa 9 facce, e piccola parte della decima.

Poscia troviamo la lettera dell'Eroe alla Nutrice del Principe D. Giovanni: occupa 10 facce del Codice.

Nell'ultima carta si notano le varie copie de'privilegj originali del· Colombo; e con ciò termina la parte del MS., che è in pergamena. Vengono in seguito le due lettere autografe dell' Eroe all'amico Nicolò Oderigo, scritte in carta, ed incollate al Codice.

Si trova similmente dopo le lettere una copia della risposta del Magistrato di S. Giorgio al Colombo: non sarà errore il dire che tal copia fu scritta ne' primi anni del sec. XVI, considerandone la forma de' caratteri, e confrontandola con altre antiche scritture.

In fine si vede uno schizzo gettato sopra mezzo foglio di carta, rappresentante una pittura simbolica del Colombo e della sua scoperta.

Questo Codice, con altro affatto simile, fu mandato dal Colombo per mezzo di Francesco de Rivarolo al suo confidente Nicolò Oderigo, incaricandolo di riporli in tal luogo, ch'egli giudicasse più sicuro e darne avviso a D. Diego primogenito di Cristoforo. Questa cautela è un nuovo indizio, che l'Eroe non aveva deposto il pen

siero di ricondurre nell'antica sua patria, o tutta, o in parte, la sua famiglia; e perciò voleva che il figlio sapesse in che luogo si custodissero i documenti del genitore. L'Oderigo, qualunque ne fosse la cagione, ritenne in sua casa i due Codici; ad uno de' quali (ed è quello che ora vien pubblicato) unite furono le due lettere originali di Cristoforo a Nicolò; e la lettera autentica di Filippo II ad Ottaviano Oderigo eletto a Doge della Repubblica. Lorenzo Oderigo pensò di ben meritare dalla patria, donandole ambedue i MS., e n'ebbe attestato e grazioso Decreto de' Seri Collegj, li 10 Gennajo 1670, come si legge in un ricordo scritto sulla parte retro della prima carta del nostro Codice. Ne' turbamenti civili e militari degli ultimi tempi, gli archivj segreti del Governo di Genova, ebbero a soffrire molte vicende: uno dei due Codici venne trasportato da Genova a Parigi; e fino a' 29 Gennajo 1821, non si era ancor potuto ricuperare dal Governo di S. M. l'Augusto nostro Sovrano; di che ci assicura una lettera di S. E. il Sig. C.te Galeani Napione agl' Ill.mi Signori Sindaci di Genova. L'altro Codice, che si credeva perduto, ricomparve dopo la morte del Senatore Conte Michelangelo Cambiaso. Perciocchè dovendosi vendere al pubblico incanto nel mese di luglio del 1816 la copiosa libreria di quel Patrizio, ed essendosi formato a tale oggetto il Catalogo, impresso dal Bolognesi (Genova 1816 in 8.) vi si trovò registrato sotto il n. 1922 il Codice de' Privilegj del Colombo. Il Corpo Decurionale della città desiderava sommamente di farne l'acquisto trattandosi di un monumento così importante per la gloria de' genovesi, ed aveva ottenuto dagli amministratori dell' Eredità Cambiaso, che ne sospendesser la vendita, fino a che fosse noto il volere di S. M., alla quale

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umiliarono il lor desiderio. L'intenzione Sovrana fu, che venisse spedito a Torino, e riposto negli archivj di Corte: ed a S. E. il Sig. Conte Carbonara primo Presidente del R. Senato di Genova, fu dato l'incarico di farla eseguire senza ritardo; come consta da una lettera del giorno 17 marzo 1817, che il Sig. Conte Borgarelli, allora primo Segretario di Stato per gli affari interni, diresse al Sig. Conte Carbonara: "Mi trovo nel caso, così la lettera, d'incaricare V. S. Ill.ma ed Ecc.ma di dare sollecitamente gli opportuni ordini, affinchè da chiunque possa ritenere i Privilegj ec. in un con le due lettere annesse dello stesso Colombo ed autentiche, ed una copia di lettera scritta dal Magistrato di S. Giorgio a Colombo, ec. ven,, gano indilatamente rimessi ec. Tuttavia non restò senza effetto il desiderio del Corpo Decurionale di Genova; perchè S. M. si degnò di far mettere 'ne' suoi archivj di Corte una copia esattissima del Codice fatta eseguire in Torino, compiacendosi graziosamente di concedere ai voti de' genovesi l'originale; che nel giorno 29 gennajo 1821 fu consegnato al Sig. Cav. Nicolò Solari, Consigliere di S. M., dal quale venne rimesso in Genova ai Sigg. March. Girolamo Cattaneo, e Avv. Matteo Molfino, che di quel tempo eran Sindaci; ed a'quali fu poi affidata la cura di far innalzare il monumento; non che di far tradurre e pubblicare il Codice stesso, come ora si eseguisce. Ottenuto il Codice, si deliberò nel Consiglio particolare de' 31 luglio 1821, che fosse eretta una custodia, o monumento, nel quale si potesse conservare con la dovuta sicurezza, e decoro. Il Consiglio generale approvò la deliberazione il giorno 16 agosto 1821, e fu eretto il Monumento marmoreo disegnato dal Sig. Carlo BarrabbiArchitetto della Città, ed eseguito dallo Scultore Sig. Peschiera.

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