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Al monumento si volle, e con ogni ragione, che fosse sovrapposta l'effigie dell' Eroe. Del quale molti sono i ritratti; ma non avvene uno che all' altro somigli. I Signori Colombo di Cuccaro facevano vedere un busto dipinto in tavola, e il davano come genuino ritratto di Cristoforo, per la ragione, che essendo il Colombo nato in Cuccaro, si dee presumere, che i veri lineamenti di Lui, si fossero gelosamente serbati in famiglia. Questo raziocinio cade a terra, sì perchè suppone ciò che non è, riguardo alla nascita del gran Navigatore; sì ancora, perchè nella ipotesi di que' Signori, essendo fuggito Cristoforo in età di 4 o 5 anni, senza che più si lasciasse vedere sul Monferrato, senza che parlasse giammai di Cuccaro, nè mai scrivesse a' pretesi suoi congiunti, come poteasi avere in quel Castello il sembiante dello Scopritor dell' America? E l'incisione di quella Tavola pubblicata nel 1808 fa toccar con mano, non aver punto di somiglianza con le fattezze dell' Eroe, minutamente descritte da Ferdinando suo figlio, come or ora vedremo; nè i critici ammetteranno mai, che un dipinto eseguito da persona che non potè vedere l'originale, abbia conservate meno infedelmente le tracce del volto, che non la descrizione fatta dal figlio, e dal compagno stesso del Colombo. Alcune volte, scriveva il Conte Perticari al valente pittore Agricola, le parole dipingono quanto le linee de' disegnatori; e fondato sopra questo principio verissimo, non volle che il lodato artefice si limitasse a ricopiare l'effigie di Dante lavorata dall' Orcagna; ma gli pose sotto gli occhi la descrizione delle sembianze del Poeta, lasciataci dal commentatore Benvenuto da Imola. Niuno poi si lusinghi che la Spagna possa mostrarne il vero ritratto di Cristoforo. Osservò l'erudito Baron

Vernazza, non sapersi « che innanzi al 1506 vivesse nelle Spagne » nè dipintor, nè scultore veruno, fuor che Antonio di Rincon » Castigliano; il quale, secondo il Palamino, dipinse i ritratti dei » Re Ferdinando ed Isabella per una Chiesa di Toledo, non nomi» nati dal Conca. Se facesse il ritratto del Colombo non si dice. » Non vogliamo però dissimulare, aver preteso Teodoro de Bry di possedere il ritratto dell' Eroe, quello stesso che si vedeva in una sala del Consiglio delle Indie; e che rubato da quel luogo, e portato a vendere, ne' Paesi Bassi, venne finalmente alle mani del Bry, che ne diè l'incisione nella sua America; incisione ripetuta nell' Eloġio del Colombo scritto dal Marchese Durazzo, impresso dal Bodoni, e nella vita dello stesso Navigatore pubblicata in Milano dal Cav. Bossi. Alla pretensione del Bry troppi argomenti contrastano. Chi non ha rimorso di rubare, nè rossore di protestarsi ladro, mentisce agevolmente per carpire ad un credulo ammiratore alcuni ducati. E la Storia Pittorica della Spagna, per quello che si è notato quì sopra, non è favorevole al detto di quel rubatore. Di più : confrontisi l'intaglio del Bry colla descrizione di Ferdinando, e si vedrà che quello a questa si oppone manifestamente. E il Barone Vernazza, avendo raffrontato quello del Bry con uno pubblicato dal Bullart, e con quello datoci dal Mugnoz, come eziandio colla pittura di Cuccaro, trovò in ognuno di essi una discrepanza essenziale. Chę dovremo noi dunque conchiudere? Diremo ciò, che affermava il Prof. Ab. Marsand, dopo aver notate le differenze de' molti ritratti creduti del Petrarca: niuno all' altro assomiglia; perciò son tutti falsi. Ed in vero, se fossero tratti dalla vera effigie, dovrebbero serbare, qual più qual meno, i caratteri dell' originale, come si vede

in quelli di Dante; che tutti ne presentano i tratti del volto con tal evidenza, che basta averne contemplato un solo, per riconoscere l'effigie dell' Alighieri in mezzo a mille altre sembianze. Per tanti e sì gravi motivi, lo scultore Signor Peschiera, non doveva esprimere in marmo niuno de' ritratti fino ad ora divulgati. Nè per questo si dirà, ch' egli modellasse a idea la testa dell' Eroe; ma sì, ch'egli avendone sotto gli occhi il vero sembiante, non dipinto con lineamenti di disegnatore, bensì vivamente espresso con parole di Scrittori accurati, e vivuti con quell' uomo incomparabile, formò la sincera effigie del Colombo; alla quale dovranno assomigliarsi da ora in poi tutte quelle immagini, che ameranno di rappresentare non ideali fattezze, ma i veraci connotati dell' Eroe genovese. Ed ecco intanto la descrizione lasciata da Ferdinando Colombo; il quale non avea meno di 16 anni, allorquando si vide rapire dalla morte il suo Genitore: « Fu uomo di ben formata e più che me» diocre statura; di volto lungo e di guancie un poco alte; senza» chè declinasse a grasso, o macilento: aveva il naso aquilino, e

gli occhi bianchi; bianco et acceso di vivo colore. Nella sua » gioventù ebbe i capelli biondi; benchè giunto che fu a trenta » anni, tutti gli divennero bianchi. » Nella antica raccolta col titolo di Paesi nuovamente trovati ristampata in Milano nel 1512, si leggono tali parole, scritte in una relazione distesa da un com

pagno del Colombo: «< Christophoro Colombo Zenovese, homo de

» alta et procera statura, rosso, de grande ingegno, et faza longa.» Finalmente Girolamo Benzone, il quale, benchè non vide il Colombo, come Benvenuto non conobbe Dante, tuttavia ne parla con tanta esattezza, che ben si vede lui aver copiato o da qualche re

lazione autentica, o dalla voce degli spagnuoli che aveano navigato con Cristoforo, si esprime nella maniera seguente: « Fu uomo » di buona statura ragionevole, di sani e gagliardi membri, di buon

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giudicio, d'alto ingegno, di gentile aspetto: aveva gli occhi vivi, » i capelli rossi, il naso aquilino, e la bocca un poco grande; e » sopra tutto era della giustizia era della giustizia amico; però iracondo quando si » sdegnava. » Questi caratteri, che comunicai allo scultore, ne diressero la mente e la mano; e il suo lavoro, abbia suo luogo il vero, riuscì degno di lode distinta; e già l'ottenne da'conoscitori dell'arte. E chiunque ha fior di senno, dopo veduta quella testa, che vive, e presenta i veri lineamenti, e le proporzioni dell' Eroe, rigetterà qualunque altro ritratto; e quello specialmente intagliato in legno, che si trova negli Elogj del Giovio, ove lo Scopritor dell' America è rappresentato con cappuccio e mozzetta, quasi fosse un religioso de' Conventuali, o de' Romitani di S. Agostino.

Nel tronco di colonna che regge l'urna, nella quale è chiuso il MS., si vede, a lettere di bronzo dorato, la seguente iscrizione:

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Non mi stenderò a dimostrare l'esattezza di quanto si afferma in questa epigrafe da me scritta per onorevol commissione del Corpo

Decurionale. Il Codice ha due parti; pergamena, e lettere in carta. Ne' documenti scritti in pergamena si vede che il Colombo era uomo nuovo; perchè ha bisogno di avere il privilegio del Don; perchè i Sovrani, anche dove il vogliono onorare, non accennano mai che egli fosse nobile; perchè nelle due Scritture, e nella Lettera alla Nutrice, egli stesso non osa mai ricordare l'antichità, lo splendore, e i feudi della sua famiglia; il che dovea fare per dimostrar in qualche maniera agli Spagnuoli, ch' egli non era uomo da meritare il loro disprezzo. Dunque il Colombo de' privilegj non può essere il primogenito dell'illustre Prosapia di Cuccaro, signora di varie castella nel Monferrato. Questa negazione porta seco l'affermativa, che sia di famiglia popolare genovese. Dunque il Colombo in questo Codice indica, fa conoscere, manifesta (aperit) qual sia la sua patria. Se anche volessimo concedere, per un capriccio, che si possa dubitare delle due Lettere, bastano le membrane a comprovare che Cristoforo non era di stirpe ricca ed illustre: e però in tal caso ancora egli aperit qual sia la sua Patria; perciocchè la gran contesa si è ristretta ne' due contrarj; o è di Cuccaro, e nobile; o è di Gènova, e povero lanajuolo. Innoltre, Baldassarre Colombo a provar il suo intento, adduceva, che l'Eroe portava de' colombi nello stemma, come portavano i Colombo di Cuccaro; e dalla identità dell'arme conchiudeva l'identità della famiglia. Ora il Codice ne fa toccar con mano, che lo stemma proprio del Colombo era una sbarra d'azzurro in campo d'oro. Ed è questo un altro particolare, che aperit la patria dell'Eroe.

Ma le varie parti del Codice sono talmente connesse, che da tal corrispondenza e legame reciproco, sempre indarno cercato nelle carte de' falsarj, riluce ad evidenza la sincerità delle lettere del

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