ulteriore trovandosi accanto contemporaneamente non possono non avere avuto una reciproca influenza, poichè la coscienza della moltitudine è stata sensibile all' ambiente religioso. Tornando nel campo della storia fiorentina un'ultima ricerca ho fatto: Queste profezie sono in maggior parte opera degli eresiarchi fraticelli; costoro predicavano in Firenze, oppure delle loro dottrine pervenne soltanto notizia indirettamente? Uno statuto della fine del '300 ricorda l'opera dei fraticelli in Firenze, e stabilisce pene di morte a quelli di costoro che continuassero a divulgare le loro idee in città. Lo statuto fu per primo ricordato dal Lami ('), però non era possibile di identificarlo con alcuno dei molti statuti, che si conservano nell' Archivio di Stato; per la qual cosa se ne era per mettere in dubbio l'autenticità. Continuando le ricerche ho ritrovato lo statuto suddetto in quelli pubblicati sotto l'anno 1415 nella prima edizione a stampa; esso si può ritenere della fine del '300, come appare dal ricordo della morte di fra Michele da Cesena; è molto importante, e lo riporto volontieri: stato « In ortodossa civitate Florentiae et eius locis, christiani inimico nominis procurante Satana, APPARUERUNT NUPERRIME CERTI FRATICELLI variis nominibus interdum nuncupati, eorum aliqui apostatae ordinis Beati Francisci, aliquando Fratres minores, aliquando Fratres della Povera vita, aliquando Pauperes evangelici, sectatores damnatae memoriae Michaelis, sive Michelini de Cesena, olim generalis fratrum minorum, haeretici et de haeresi ab Ecclesia damnati, eorum variis, et pravis doctrinis, saeculares simplices a recta via devertentes, (1) LAMI G. Lezioni di antichità toscane e specialmente della città di Firenze - Firenze, Bonducci, 1766; Vol. II, p. 59. RODOLICO. 6 novas opiniones, et errores seminando, et a divinis officiis et a perceptione sacramentorum, et ab ecclesiastica sepultura dissuadendo opiniones falsas, et novas infra populum chistianum pullulare nitentes, etc. Qua de re ut eorum temeritas reprimatur ultore ferro damnentur »> (1). Un' obiezione potrebbe tuttavia essere mossa, osservando che non sempre i fatti accennati dagli Statuti di un Comune sono sicuramente avvenuti in esso, poichè, a parte il carattere di misura preventiva che hanno alcune rubriche, è ovvio notare che gli statutarii talvolta trascrivevano letteralmente, e introducevano negli Statuti, che essi redigevano, intere rubriche degli Statuti di altre città. Si aggiunga che le rubriche che si riferiscono agli eretici sono state aggiunte in ossequio alle autorità ecclesiastiche, che avevano interesse di estendere le medesime norme in tutti i paesi cattolici. ין L'obiezione non regge, non solo per esplicita menzione della presenza dei fraticelli che è fatta nello Statuto, ma anche perchè ne abbiamo una prova sicura da due documenti da me trovati, e che, come dirò, credo anteriori allo Statuto medesimo. Sono due consulte del 1381; la prima è dell' 8 Luglio; in essa uno dei consiglieri propone « quod precipiatur fraticellis quod infra biduum debeant recedere, et postea consentiatur eis, quod inquisitor procedat contra eos >> · (2). (1) Statuta Populi et Communis Florentiae pubblica auctoritate collecta castigata et praeposita anno salutis MCCCCXV Friburgi, Kluck (senza anno) Tomo I, p. 259, Lib. III Rubr. 41 De fraticellis. La lezione data dal Lami di questa rubrica offre qualche variante. (2) ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE c. 167. Consulte; Reg. N. 19, La seconda è del 14 Dicembre; in essa le opinioni dei Consiglieri sono discordi: Andreas Nicholai Betti pro gonfaloneriis dixit quod banniatur quod infra certum tempus fraticelli recedant, alias detur favor inquisitori. Antonius Arrigi pro Duodecim dixit de fraticellis nichil fiat » (1). Non mi è stato possibile con altri documenti illustrare le laconiche parole delle suddette consulte; è lecito però supporre che la questione era viva, e che l'inquisitore ecclesiastico reclamava che si procedesse contro i fraticelli; alla qual cosa pare non fossero arrendevoli tutti i governanti d'allora. Ed è anche lecito supporre che gli statuti riferiti non fossero promulgati fino al Dicembre del 1381, poichè in tal caso non sarebbe stata possibile una difesa dei fraticelli, qual' è quella di Antonio di Arrigo, in opposizione allo statuto medesimo. Quando però nel 1389 erasi affermato il governo oligarchico, uno dei fraticelli, appunto per essere tale, fu condannato a morte giusto le disposizioni dello statuto, che allora doveva essere già in vigore. Vale la pena narrare brevemente il fatto avvenuto nel 1389: Frate Michele Berti da Calci (presso Pisa) era un fraticello della povera vita, venuto in Firenze nel Gennaio del 1389 per predicarvi la quaresima, fu accusato da alcune pinzocchere come eretico per le teorie da lui sostenute sulla povertà. Inquisito, fu riconosciuto eretico, e poichè non volle ritrattarsi, fu condannato al rogo (*). (1) ARCHIVIO cit. Consulte; Reg. N. 20, c. 110". (2) Storia di Fra Michele minorita come fu arso in Firenze nel 1389 con documenti riguardanti i Fraticelli della povera vita in Scelta di curiosità letterarie inedite o rare dal secolo XIII al XIX; Dispensa L (Testi inediti del buon secolo di nostra lingua); Bologna, Romagnoli, 1864. Un anonimo fraticello, che gli fu compagno in Firenze pietosamente descrisse le ultime ore di Frate Michele. Merita proprio il conto di riportare un passo di quello scritto, perchè da esso si ricava che le idee di Fra Michele in Firenze avevano già dei proseliti e dei timidi ammiratori, dei quali, come sempre in simili fatti, alcuni, pronti al sacrificio di sè stessi per l' idea, altri più deboli, a cui la paura della vita era prudente consigliera di transazioni con la propria coscienza. Ecco le parcle dell' anonimo fraticello: Frate Michele era condotto al rogo « et al Prato alla Giustizia, cioè presso alla porta, gli era detto: Non provi tu fare quello che fece il maggiore vostro F. F. da Camerino, che negò egli? ('). Michele dicendogli: non negò; e quegli pur riprovandolo, un fedele disse, ma lasciate dire costoro, e state forte. Poi gli mostrò Santo Francesco che era dipinto sopra la porta dicendogli : Raccomandatevi a Santo Francesco vostro. E quegli alzando il capo raccomandoglisi. Et essendovi alcuno dei fedeli che riprendeva coloro che diceano che negasse, alcuno birro o altra gente si cominciò avvedere del fatto dicendo: questi sono dei suoi discepoli; onde un poco se ne scostò alcuno. E quando giunse in su la porta, una fedele gli cominciò a gridare dicendo: State forte, martire di Cristo, che tosto riceverete la corona. Non so che le si rispuose, ma nacquene uno grande favellio.... Oltra questo udii (mentre stava per essere appiccato il fuoco) che gli fu mostrato uno giovane co' fanti dei Priori che venia da parte dei Dieci per rimenarlo (1) « Di questo frate (forse Francesco) da Camerino, per quanto m'abbia investigato, non ho potuto trovar traccia alcuna. » Così avverte in nota lo Zambrini; nè altro io so aggiungere. sano e salvo se si svolgesse. E veggendo uno comandatore la sua fermezza, disse: ch'è? Ch'à attraversato il diavolo addosso? E quel giovane rispose: forse ae Cristo » (1). Il giovane inviato dai Priori esprimeva quel sentimento di ammirazione che era in non pochi dei Fiorentini, se non altro per quel fascino che desta il sacrificio per un'idea. Ed ora, concludendo, ripeto a maggiore chiarezza del mio pensiero che con queste prove, già abbastanza scarse, non intendo dimostrare che Firenze fosse centro di eresia, e che i fraticelli facessero colà numerosi proseliti. La questione politica ardeva in tal modo nel secolo XIV che occupava le menti di tutti; ogni questione religiosa era secondaria, o era collegata con la politica; ma ciò nonostante non bisogna credere che Firenze fosse estranea al movimento di queste idee religiose, sieno pure pervenute indirettamente e travisate. Esse influivano a scuotere nella coscienza del popolo minuto, in quelle date condizioni sociali, quel principio di autorità e quella legittimazione del diritto di proprietà che l'avevano tenuto docile; mentre poi quella fioritura di profezie insinuavano nel suo animo una speranza della prossima fine di quello stato di cose, che l'opera rivoluzionaria poteva affrettare. Così dal tumulto del Settembre del 1343, quando la folla dei minuti gridava: « Noi cresceremo tanto che noi faremo grandi ricchezze, sicchè i poveri saranno (1) Op. cit., pp. 51, 52, 54. Il processo è stato pubblicato da ALESSADRO D'ANCONA in Varietà storiche e letterarie; Milano, Treves 1883, prima serie pp. 345-355. Da esso si deduce il nome preciso del fraticello giustiziato, che lo Zambrini dava per frate Michele della Marca. |