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IV.

Il Iacobilli dice che Rinaldo rinunziò l'8 Settembre 1409, e che erano allora canonici Angelo di Mascio, Astorre di Onofrio Trinci, Luca di Pietruccio, Caterino di Palmetto, Giacomo di Lorenzo Tili, e Marinangelo di Pietro Cirocchi: ma egli incorse in errore, poichè l'8 Settembre 1409, come vedremo, non è la data della rinunzia del Priore Rinaldo, ma segna la data di un atto compiuto dal suo successore. Anzi Rinaldo dovè rinunziare prima del 15 Marzo 1407, perchè allora non era più Priore. Perchè poi nel 1430 fu eletto Priore di S. Salvatore, e perchè i Canonici nel 1438 lo elessero Vescovo non è cosa che ci riguarda. Vedesi il suo ritratto nella tavola dipinta nel 1430 da Bartolomeo di Tommaso nella Chiesa di S. Salvatore (1), e si ignora di lui, nella generale catastrofe della sua famiglia, quale fine abbia fatto.

SOMMARIO.

XXVIII.

PAOLO PALMARONI.

Dal 1407 al 1415.

I. Sua nomina e suoi doni alla Chiesa. II. Autonomia accordata a S. Maria in Campis.

I.

Paolo di Coluzio Palmarone era Vicario del Vescovo, e nel 1400 per delegazione avuta dal Capitolo, aveva scelto per Priore, come si è veduto, Rinaldo Trinci. Questi poi avendo rinunciato, la nomina cadde sul medesimo Palmarone che fu Priore secondo il Iacobilli dal 18 Settembre 1409, sino al 1415, in cui rinunziò al seguente, colla riserva del subingresso in caso di vacanza. Ecco le parole del Iacobilli:

(1) Rossi, I pittori di Foligno, Perugia, 1872, p. 11.

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(Da una tavola dipinta per la Chiesa di S. Salvatore da M. Bartolomeo nel 1430).

eletto, dovea recarsi a visitar quella Chiesa, e a fare ad essa un' offerta, e con lui vi si recava la Magistratura cittadina (1), nè quegli poteva esercitar l'ufficio se prima non aveva adempiuto a quel rito, residuo certo di remotissimi usi. Onde, per la ragione stessa, il Vescovo, il Priore, i Canonici, esercitavano dei diritti su quella Chiesa, che una volta fu residenza dei predecessori loro. Abitavano allora a S. Maria in Campis i Monaci Cistercensi, ma la Chiesa dipendeva direttamente dal Vescovo. Onde, questi, il Priore Paolo Coluzi, e i Canonici D. Luca Mattioli, D. Giacomo Berti, D. Angelo Masci, D. Antonio Pepi, e D. Antonio Cristianuzi, imitando l'esempio del Vescovo Paolo, che avea data completa autonomia ai Monaci Olivetani di S. Nicolò di Foligno, accordarono ad essa autonomia completa, riservandosi solo un tenue canone per la festa di S. Feliciano in ogni anno. È questo uno dei moltissimi atti con i quali i Priori e i Canonici di Foligno, più che guardare al proprio interesse, hanno guardato al bene spirituale ed alla libertà altrui, essendo lieti di osservare « quam sit laudabile religionem plantare, et plantatam modis omnibus confovere » (2)

SOMMARIO,

XXIX.

GIACOMO ELMI.

Dal 1415 al 1422.

- I. Sua elezione.

II. Concoriato col Vescovo sopra le elezioni de: Canonici e le spese nella Cattedrale. III. Martino V To nomina Vescovo di Foligno.

I.

« Be to figlio del D. Francesco di M. Ferrata Elmi Nobile Folignats, e Contessa figlia di Trincia Trinci Signore di Fo

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ligno furono i Genitori di questo Giacomo, il quale del 1412 fu creato Priore della Chiesa Collegiata di S. Maria Infraportas, e del 1415 Priore della Cattedrale della sua Patria. « Et a dì 7 di Marzo 1423 eletto dal Clero Vescovo di Foli• gno, e confermato da Papa Martino Valli 11 di detto Mese di Marzo. Cosi scrive il Iacobilli, e noi aggiungiamo che Giacomo, quando fu eletto Priore, era già Canonico in S. Feliciano ove lo troviamo il 1° Ottobre 1400 fra gli elettori di Rinaldo Trinci suo antecessore, e lo trovammo pure presente il 18 Settembre 1409, quando il Vescovo e il Priore e i Canonici resero autonoma la Chiesa di S. Maria in Campis. Di lui e dei successori poco si conosce, nè certo dove essere la prima parte del XV secolo molto propizia per la vita regolare del Clero della Cattedrale, visto che era quello il periodo più agitato dei Trinci, la cui fortuna assorbiva tutta l'attività del paese. Onde poco o punto si fece nel Duomo, e solo può dirsi, che, nella parte materiale di esso, fu trasformata la parte superiore della facciata laterale nella quale furono aperte tre bifore, che a tempo nostro, nel 1904, furono riaperte e rinnovate (1). Nella quale facciata fu dovuto praticare un ballatoio unito al limitrofo palazzo Trinci, dove i Trinci, e sopratutto le gentildonne di quella famiglia, poteano comodamente assistere agli uffici divini.

II.

Durante il priorato di Giacomo Elmi furono risolute alcune controversie di natura economica specialmente, che esistevano fra il Capitolo e la Mensa Vescovile. Si trattava di questo: Il Priore e il Capitolo sostenevano che le nomine del Priorato, dei Canonicati e delle Cappellanie della Chiesa spettavano di pieno dritto ad essi: il Vescovo sosteneva tutto il contrario. Il Capitolo sosteneva che il Vescovo, avendo

(1) Vedi I XVII Centenar o di S. Feliciano, pag. 24 ecc. ecc.

diritto alla metà degli introiti della Chiesa, dovea sostenere la metà delle spese occorrenti per la Chiesa stessa: il Vescovo sosteneva che non avea nessun obbligo di provvedere a quelle spese. Si venne ad una transazione, e per amore di pace e di concordia, pel bene della Chiesa, per aumento del culto divino, considerando che se il Vescovo è lo sposo e il capo della Chiesa, il Priore e i Canonici sono le membra del medesimo corpo, rimisero la questione all' arbitrato di un tale Arcangelo Massi, il quale deliberò così:

1. Gli introiti della Chiesa e le offerte dei devoti. fatta eccezione di alcuni redditi fissi, di beni immobili, ecc. dovranno tutti erogarsi per le spese necessarie della Chiesa. 2. Ove gli introiti accennati non dovessero bastare. avrebbe dovuto provvedere per metà il Vescovo, per metà il Priore, i Canonici e il Capitolo.

-

3. Le nomine dei benefici anzidetti si dovessero fare collettivamente dal Vescovo e dal Capitolo, e dovessero avere i sigli di ambedue, e le tasse da pagare dagli inve stin dovessero andare a beneficio della Chiesa.

-- Tescoro e Capitolo dovessero visitare la Chies una volta Tanna, e le spese per le procurazioni da pagars dai Cappellani, dovessero andare a benefitia della Chiesa. A - 11 redlite delle pantature che veano pagare 1 Ò2 218 48scrit, dovessere andare a benefuar della Chiesi. LAST Lelle se

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