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Ludovico II occupò le città della Pentapoli, ordinò che ivi non si pagassero più i tributi a Roma, distribui in feudo ai suoi le cariche pubbliche (1); s'iniziava così quella importante mutazione politica che alla fine del sec. IX doveva sottrarre la Pentapoli, l'Esarcato e l'Emilia dal patrimonio di S. Pietro per incorporarli al regno d'Italia.

Anche le relazioni tra l'arcivescovo e Nicolò I se ufficialmente ritornarono normali, di fatto non furono mai cordiali, e forse Giovanni X non applicò mai interamente i capitolati del sinodo romano dell' 861, o almeno tentò col favore dell' imperatore derogarvi tutte le volte che glie se ne presentò l'occasione. L'attitudine più conciliante del pontefice, non spontanea certo ma richiesta dalle nuove condizioni del

<< burtino, Petrus Urbetano, Johannes Tarracinensis, Ildeprandus « Verulano, Adualdus Balneo Regis, Johannes Signias, Sergius < Trajectano, Petrus Presbyter vicem agens, Rodericus episcopus << Castello Felicitatis, Leopardus Ancona, Dominicus Tribe, Leo « Alatrino, Martinus presbyter vicem agens, Apolenaris Bobiensis, « Romanus Faventię, Petrus Imolę, Leopertus Adrianensis, Flo<< rus Cesinate, Johannes Foropopuli, Apolenaris Forolivę, 'Gior<< gius presbyter, Adrianus presbyter, Leo presbyter, Romanus << presbyter, Benedictus presbyter, Majo presbyter, Petrus pre « sbyter, Johannes archidiaconus, Benedictus diaconus, Leontius << diaconus, Johannes diaconus, David subdiaconus, Heliat abla<< tianarius, Petrus subdiaconus, Benedictus subdiaconus, Joseph <<< subdiaconus, Romanus subdiaconus, Salomon subdiaconus ». (1) Cf. il Libellus de imperatoria potestate in urbe Roma in M. G. H., SS. t. III, p. 721: « Plurimae denique irrogationes << pro tali occasione illatae sunt Romano pontifici. Nam Pentapoli << beneficiales ordines suis distribuit, praecipiens nullam admini<<<strationem impendere Romae, exceptis suffragiis (ex) navali « deportatione. Multa enim iuvamina imperiales habuerunt fi« deles ». Cf. anche A. GAUDENZI, Il monastero di Nonantola, il ducato di Persiceto e la chiesa di Bologna in Bullettino dell'Istituto storico italiano, n. 22, p. 129.

l'Esarcato non approdò a nulla (1): ormai, e per lungo. tempo, il papato in tutte le sue controversie con l'impero non potrà più contare sull'appoggio morale e materiale di Ravenna che da questo momento passa al partito dell' imperatore. Così nell' 864, quando Niccolò I ripudierà il sinodo di Metz legalizzante il divorzio di Lotario e deporrà i due arcivescovi Gunthario et Theutgaudo messi del re, tra gli arcivescovi e nobili che seguiranno Lodovico II a Roma per punire il pontefice ritroveremo Giovanni X e suo fratello, il Duca Gregorio (2): evidentemente essi avevano conservato tutto il favore imperiale e la punizione ad essi inflitta da Nicolò I era stata, più che altro, formale.

Verso il novembre dell' 867 moriva Niccolò I e gli succedeva Adriano II. Giovanni X dovette approfittare del breve pontificato di Adriano II impegnato nell' affare del divorzio di Lotario e delle non lievi difficoltà nelle quali si trovava Ludovico II nell'Italia meridionale per consolidare il suo piano di dominio nell' Emilia e nell' Esarcato e rendere vano il sinodo romano dell' 861.

Infatti, morto nell' 872 Adriano II, vediamo ri petersi sotto il pontificato del suo successore Giovanni VIII la stessa situazione dell' 861.

Questa volta la lotta fra Giovanni X e Giovanni VIII s'inizia per i possedimenti pontifici nella Romagna e nell'Esarcato. Essi erano: il monastero di S. Maria in Comacchio, detto della Pomposa, il mo

(1) Una prova di questa attitudine conciliante da parte del pontefice potrebbe essere la conferma fatta tra l'862 e 863 da Niccolò I a Giovanni X del monastero di S. Ilario in Galeata (cf. KEER, Regesta Pontificum Romanorum, t. V, p. 42, n. 113); ma la bolla non è genuina.

(2) Cf. Libellus de imperatoria potestate in urbe Rome, 1. cit.; DUCHESNE, Liber Pont. II, pp. 160-161.

nastero di S. Salvatore in Monte Feltro, il monastero di S. Probo prete, le terre coloniche con i relativi coloni di diretto dominio della S. Sede nei territori di Ferrara, Adria, Galeata e Fantella. L'arcivescovo aveva occupato tanto questi monasteri che i fondi rustici incorporandoli alla sua mensa certo sotto il pontificato di Adriano II.

Giovanni VIII protestò contro queste occupazioni dell' arcivescovo e tra l'uno e l'altro dovette correre un attivo scambio di lettere. Un frammento di lettera degli anni 872-873 ci mostra con quanta tenacia Giovanni X difendesse i suoi interessi : « mortuos susci<< tasse Christum legimus, in scelerum obstinacionem << labefactos absolvisse non legimus » scrive Giovanni VIII (1).

L'arcivescovo appellò all' imperatore e questi si adoperò presso il papa per appianare la nuova controversia salvaguardando il più che fosse possibile gli interessi di Ravenna. Giovanni VIII rispose rivendicando alla S. Sede i monasteri della Pomposa, S. Salvatore e S. Probo, le masse di Galeata e Fantella, permettendo che l' arcivescovo occupasse alcuni luoghi controversi nei territori di Ferrara e Adria fino a che il papa non avesse allegato le prove giuridiche dei suoi diritti su quelli (2).

(1) CASPAR, Fragmenta registri Johannis VIII papae, n. 8 in M. G. H., Epp. t. VII, 1, p. 278.

...

(2) Ibid. n. 32, p. 291: « Johannes episcopus Hludovuico im<< peratori Nam monasterium S. Marię in Comaclo, quod Pomposia dicitur, et monasterium S. Salvatoris in Monte Feretri <<< aliudque monasterium quod vocatur sancto Probo atque co<< lonos in territorio Ferrariense et Adriense et Gallicata et Fa<< ventillam Ravennati archiepiscopo non abstulimus, set ea mo<< nasteria et loca ab antecessoribus nostris possessa reperientes « possedimus hactenusque iure proprio retinemus. Alia quoque

Era una transazione alla quale il papa accondi. scendeva per l'intervento dell' imperatore. Non sappiamo come fosse accolta dall' arcivescovo, ma è probabile che questi non se ne accontentasse e continuasse ad occupare i possessi contrastati.

<< loca et villas et predia, de quibus aliquam functionem per << D iam annos ecclesia Ravennas recepit, volumus, ut pristinam << fuctionem et dationem eadem ecclesia deinceps recipiat. Et << quia eidem ecclesiae alia loca nec tulimus nec occupari feci<< mus, habeat, que hactenus habuit, absque predictis locis, id est <<< Gallicata et massa Faventilla, et absque prefatis monasteriis, << quousque in presentia nostra et ipsa loca, que sua esse putat, << nostrę potius ecclesię lege et ratione pertinere omnimodis << cognoscatis. Dat. III Kalendas februarii, indictione VII (29 « gennaio 874) ». Il monastero di S. Ilario in Galeata era dominio della chiesa romana fino dal 784-791 (cf. Cod. Car. ep. 74; Regesto in KEHR, Regesta Pontificum Romanorum, vol. V, p. 139, n. 1) e la chiesa di S. Maria in Fantella, col Castro Fantella, erano ancora censuali della S. Sede al tempo di Cencio Camerario (cf. FABRE-DUCHESNE, Liber Cam. I, 99 e 244). Tutto ciò dimostra che la bolla di Paolo I del 759 con la quale restituisce in perpetuo alla giurisdizione della chiesa di Ravenna il monastero di S. Ilario in Galeata che Stefano II << cum divino nutu ante horum paululorum paucitatem an« norum ... ad redimendam cunctam hanc Italiam provinciam <<< simulque et Exarchatum ravennancium de manibus gencium « (i langobardi) Francie properasset » aveva concesso a vita ad « Anscauso qd. Populiense episcopo et abbati ipsius monasterii » perché « prelatus qd. Anscausus episcopus affluenter ipsius iti<< neris subsidia illi tribuit » è falsa. L'autore di questa falsificazione viveva certamente nel sec. XI, al tempo dei vescovi-conti, e deve aver preso lo spunto della ingiusta donazione del monastero di S. Ilario, che ora Paolo I riconosceva « iuris S. Ra<< vennatis ecclesie a diuturnis existere temporibus », dal racconto fatto da Agnello del viaggio di Stefano II nell' Esarcato (Liber Pont. Ecclesie Ravennatis in M. G. H., SS., RR. Lang. p. 380). La bolla ci è giunta infatti in due copie del sec. XI ex.: una dell'Archivio arciv. di Ravenna (A. 2); l'altra dell'Archivio della Congregazione di Carità di Milano (cf. regesto in

Nell' agosto dell' anno seguente (875) Ludovico II morì e, come è noto, Giovanni VIII chiamò a succe dergli Carlo il Calvo, nello stesso tempo che la grande dieta dei signori italiani a Pavia, sotto l'influenza dell'imperatrice Angelberga, chiamava alla successione Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico.

KEHR, V, p. 35, n. 77, il quale la dà come genuina). La conferma del possesso del monastero di S. Ilario in Galeata alla chiesa ravennate è contenuta anche nella bolla di Gregorio V del gennaio 997 (cf. regesto in KEHR, V, p. 51, n. 164), nel diploma concesso da Ottone III il 27 novembre in Roma all' arcivescovo Leone (M. G. H., Diplomata, II, p. 758, n. 330) e nella rinnovazione di questo diploma fatta dall'imperatore in Ravenna il 19 dicembre dello stesso anno (ibid. p. 770, n. 341). Sia nella bolla che nei diplomi la conferma del monastero di S. Ilario è unita a quella della Massafiscaglia; e poiché quest'ultima si basa su una falsificazione del sec. XI ex. (cf. pp. 157-8) è chiaro che anche questi tre documenti sono stati interpolati nel sec. XI dallo stesso autore e nello stesso tempo della falsificazione di Paolo I. La bolla di Gregorio V c'è giunta in due copie del sec. XI (una dell'archivio della Congregazione di carità di Milano e una dell' archivio capitolare di Ravenna), il diploma Ottoniano del 19 dicembre 999 in una copia del secolo XVII (cf. M. G. H., Diplomata, II, p. 770, n. 341): il diploma del 27 settembre 999 ci sarebbe pervenuto secondo il Sickel in un originale dell' archivio di Stato di Bologna (ibid. p. 758, n. 330); ma questo preteso originale non è che una copia interpolata del sec. XI. Nell'archivio di Stato di Bologna (fondo ravennate n. 7) si conserva il giuramento di fedeltà fatto alla chiesa di Ravenna e all'arcivescovo Giovanni XII da « Ermenfredus fu<< turus monacus et electus a congregacione monasteri b. Hil<< lari in Galligata » il 13 settembre 998. Questo giuramento è un falso della fine del sec. XI: infatti il 13 settembre 998 era arcivescovo Gerberto I, e il documento è in minuscola della fine del sec. XI.

Sul tempo di queste falsificazioni ed interpolazioni, delle quali mi occuperò espressamente in un prossimo studio sulle bolle e sui diplomi riguardanti Ravenna dalla seconda metà del secolo IX al principio del sec. XII, cf. a p. 193.

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