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natore del ducato di Ravenna e come capo supremo delle milizie pontificie nella spedizione di Comacchio (1).

Tra il partito romanofilo e quello antipapale, del quale l'arcivescovo Romano era esponente, scoppiarono ben presto gravi dissidi che con l'aiuto delle lettere di Giovanni VIII possiamo ricostruire come segue.

Da oltre due anni, forse dal settembre-dicembre 876, al tempo dell' impresa di Maurino su Ravenna, il ducato di Comacchio si era reso indipendente da Roma, non aveva più pagato il censo al papa e si era rifiutato di ricevere il suo nuovo vescovo Stefano (2).

Impotente a dominare la sommossa Giovanni VIII si era rivolto per aiuto a Berengario duca del Friuli, il quale per mezzo del duca Deusdedit aveva risposto di essere pronto all'impresa; le ultime trattative furono sbrigate da parte del papa, dal duca Giovanni e dal vescovo Pietro (3).

Tutto ciò dovette avvenire tra il settembre e l'ottobre 878, al tempo dell' elezione di Romano o poco prima (4). Di ritorno dalla sua legazione presso Berengario il duca Deusdedit si era fermato a Ravenna e si era congiunto in matrimonio con Maria Traversari sua lontana cugina forse per linea femminile (5): nulla di nuovo e di strano per una città come Ravenna dove gl' impedimenti matrimoniali erano ben lungi dalla severità del diritto canonico.

(1) CASPAR, op. cit. n. 175; cf. anche n. 134.

(2) Ibid. n. 175.

(3) Ibid.

(4) Nel maggio - giugno Deusdedit era ancora in Francia (cf. CASPAR, op. cit. n. 134).

(5) Ibid. n. 261. Cf. anche l'albero genealogico dei Duchi di Traversara a p. 208.

Archivio della R. Società romana di storia patria. Vol. XXXVIII. 9

Come avviene sempre nei primi tempi che seguono una nuova elezione, l'arcivescovo Romano cerca, per affermarsi, il favore del partito avversario e permette perciò o riconosce le nozze tra Maria e Deusdedit, anzi invita spesso alla sua mensa familiare i due coniugi (1). In breve le cose cambiarono.

Deusdedit dovette iniziare una politica aggressiva contro Comacchio, mentre il partito antipapale guardava con simpatia i ribelli: di qui il tentativo di colpirlo e di colpire con lui l'altra potentissima famiglia di parte pontificia, la Traversari. Deusdedit fu accusato d'aver contratto nozze incestuose ed ebbe con suo fratello Giovanni confiscati quasi tutti i suoi beni (2). Nello stesso tempo si tentava, e con successo, di trattare con Berengario le cui truppe condussero assai fiaccamente la guerra contro il ducato e forse finirono addirittura coll' unirsi ai ribelli (3).

Giovanni VIII intervenne in favore di Deusdedit e Giovanni esortando l' arcivescovo prima a restituire i beni ai due duchi, poi invitandolo ad un sinodo in Roma con tutti i suoi suffraganei per il 24 aprile 879 (4), in fine tentando personalmente di metter pace tra Deusdedit e l' arcivescovo quando ai primi di agosto s'abboccò con Carlo il Grosso a Ravenna (5).

Riuscito vano quest' ultimo tentativo ed avendo Deusdedit appellato al tribunale del papa il dissidio tra il partito antipapale e quello romanofilo si acui: Deusdedit fu scomunicato e suo suocero, il duca Paolo Traversari, ucciso connivente il diacono Maiorano, detto anche Magimperto e Maimberto, di Bo

(1) CASPAR, op. cit. n. 261.

(2) Ibid. nn. 95 e 131.

(3) Ibid. n. 175.

(4) Ibid. n. 161, lettera del 5 marzo 879.

(5) J.-L. Reg. PP. RR. p. 410.

logna, che Romano, ad onta delle proteste di Giovanni II vescovo di quella città, aveva chiamato alla sua corte affidandogli una parte importante nel governo dell' arcidiocesi (1).

Conseguenza di questi avvenimenti era stata una rivolta del partito papale, rivolta che aveva messo in serio imbarazzo l'arcivescovo, costretto per il momento, onde evitare l'intervento del papa, ad uscire da Ravenna.

Appena Giovanni VIII ne ebbe notizia s'affrettò ad aprire un'inchiesta e ad indire un sinodo a Roma per il 1° di ottobre (879) per giudicare della vertenza (2). Il sinodo però venne rimandato prima al 12 ottobre (3), e poi di nuovo, essendo il papa impegnato nell' Italia meridionale, all' 8 novembre dell'880 (4). In esso doveva discutersi la causa del duca Deusdedit e doveva intervenire l'arcivescovo Romano e il diacono Maiorano; ma né l'uno né l'altro si presentarono e il papa, assolto il duca, ne dà notizia a Romano stesso, al vescovo Leone, messo ed apocrisario della S. Sede in Ravenna, a tutti i messi imperiali e giudici del territorio romano (5).

L'assoluzione di Deusdedit rese ancor più tese le relazioni tra Giovanni VIII e l'arcivescovo e spinse sempre più quest'ultimo verso il partito imperiale tedesco: non potendo aver ragione dai partigiani del papa, pose Ravenna, quasi città imperiale, sotto la giurisdizione del conte Alberico (marzo-aprile 881) (6) e, morto Romano vescovo di Faenza, all' ingiunzione

(1) CASPAR, op. cit. n. 261.

(2) Ibid. n. 226.

(3) Ibid. n. 235, lettera del 21 settembre 879.

(4) Ibid. n. 261, lettera del 29 settembre 880.

(5) Ibid. n. 286.

(6) Ibid. n. 280 (cf. anche MÜHLBUCHER, II, n. 1600).

di Giovanni VIII di consacrare vescovo di quella città l' arcidiacono Domenico, risponde consacrando un suo protetto, l' arciprete Costantino di S. Pietro tra le Selve (luglio 881) (1); circa questo tempo fa stuprare nel suo stesso episcopio la moglie del duca Deusdedit (2) e accoglie in Ravenna alcuni chierici della chiesa piacentina avversari del vescovo Paolo scomunicando il resto del clero di Piacenza rimasto fedele al vescovo (3).

Come nell' 879 in Sarsina (4) così ora in Faenza l'arcivescovo tentava crearsi un partito che per necessità di cose gli fosse favorevole e ostile a Roma.

Giovanni VIII interdisse all' arcivescovo qualsiasi nuova ordinazione sacerdotale (5), scomunicò l'intruso Costantino affidando l'interim della diocesi al vescovo di Cervia coll' ordine di eseguire un' inchiesta (6), ed invitò l'uno e l'altro a venire a giustificarsi a Roma in un sinodo per il 24 settembre (7).

Costantino non rispose e la sua elezione finì col prevalere (8); e neppure rispose l'arcivescovo Ro

mano.

Inutilmente invitato dal papa al sinodo del 24 settembre, prima a principio del luglio per mezzo di Deltone vescovo di Rimini (9), per il 27 luglio per mezzo di Giovanni vescovo di Cagli (10), e, infine,

(1) Caspar, op. cit. n. 284, lettera del 17 luglio 881.

(2) Ibid. n. 281.

(3) Ibid. n. 282.

(4) Ibid. n. 162.

(5) Ibid. n. 281.

(6) Ibid. nn. 284 e 277.

(7) Ibid. nn. 281 e 284.

(8) Ibid. n. 284.

(9) Ibid. n. 281.
(10) Ibid. n. 283.

nell'agosto per Giovanni vescovo di Montefeltro (1) fu scomunicato: Giovanni VIII ne dà l'annunzio « sa<< cerdotibus et clero atque iudicibus populoque Ra<< vennati » con lettera del 4 ottobre 881 (2).

E probabile che appena scomunicato Romano si sottomettesse protestando al papa per mezzo di un messo, il prete Deusdedit, la sua fedeltà alla chiesa romana. Certo era assolto dalla scomunica verso la fine dell'881 o al principio dell' 882 poiché di questo tempo è la lettera colla quale Giovanni VIII dichiara l'arcivescovo « inter dilectos (suos) » ed esortandolo a non lasciarsi più corrompere da nessuna «< inimi<< corum callidatas vel seductio » lo invita ad un abboccamento a Roma per trattare dei bisogni della chiesa ravennate (3).

Il viaggio dell' arcivescovo a Roma non ebbe luogo: il 2 febbraio 882 Carlo III tenne una grande dieta in Ravenna e Giovanni VIII, invitato, intervenne (4).

Del resto la sottomissione di Romano era puramente formale e non fu seguita da alcuna conces sione alle imposizioni del pontefice. Non solo ritenne alla sua corte il diacono Maiorano, ma seguitò a perseguitare i partigiani del papa, specialmente nel clero, approfittando delle gravi difficoltà nelle quali si trovava e che la recente dieta di Ravenna aveva dimostrato insanabili, alleandosi più o meno occultamente a tutti i suoi avversari.

Nella dieta di Ravenna i marchesi Guido II e Guido III di Spoleto erano stati costretti a investire il pontefice di tutti i beni immobili che la chiesa di

(1) CASPAR, op. cit. n. 285.

(2) Ibid. n. 289.

(3) Ibid. n. 296.

(4) Ibid. n. 297.

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