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pentras. Egli vi resterà ancora alcuni mesi per motivi di salute e finanziari: ma pensa di trovarsi in Ferrara nell'aprile futuro per il capitolo (1). Intanto però è necessario di procedere alle cose più urgenti all'Ordine, e siccome egli non può occuparsene, prega il Carafa di volerlo fare per lui e a disgravio della sua coscienza.

<< Etenim noli credere humana vitia esse, de quibus ad << me est delatum: sunt furta, sunt rapinae, sunt gravissimi li<< bidinis incestus, est Dei, religionis, hominumque existimationis << contemptio, sunt magieae artes, sunt veneficia et si quae alia <«< in humano genere turpia, nefaria, abominandaque, sunt, omnia << in hoc ordine, ut mihi quidem visum est, perfluunt. Atque << haec sata inter omnes et dispersa, illa propria capitum, prae<< sertim Mansueti generalis, quo ego homine perniciosiorem << neminem inveniri posse puto. Is enim, ut ex testimoniis col<< lectum est, cum scelestos imprimis homines deligat quos prae<< ficiat conventibus et monasteriis eosque perpetuos aut certe << diuturnos in praefecturis teneat, per illosmet ipsos expilat << omnia fana omnesque ecclesias diripit atque impudenter et <«< impie omnibus in locis latrocinatur; quare et alienationes prae<< diorum saepissime fiunt et ecclesiae collabuntur. Quique mi<<<nistri huiusmodi direptionum sunt, ipsi quoque sui non obliviscuntur, ut omni ex parte spoliata, cum proprio et sue religionis decore tum externis quoque ornamentis, ista societas << omnibus pene iam hominibus odio et execrationi sit; atque << hi quaestus ex sacrilegiis facti, ut improbe quaesiti sunt, sic improbius etiam consumuntur. Sed non est mihi statutum com<< memorare omnia: Tua Amplitudo, si tibi videatur, ex ipso quaesitore Romagano poterit cognosse, vel praesente, si Ro<<< mae fuerit vel etiam absente. Alter vero provincialis, Hierony«< mus, cum horum sacrilegiorum praedicetur esse particeps ..., << tunc homo fertur seditiosus et lites favens, eaque libidinum <«< infamia notatus, de qua pudet me scribere » (2). Sadoleto reputa necessario di rimuovere i detti due superiori, e sostituirli con persone probe. Prega il Carafa di ottenere dal papa i poteri necessari ed agire in suo luogo e vece.

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Arch. Vat. arm. 45, vol. 42, cc. 43-44: copie nove.

(1) Non ne fece nulla e restò a Carpentras ancora circa tre anni. (2) Questo documento può aggiungersi ai molti raccolti del chiar.mo p. Pietro Tacchi Venturi circa la degenerazione del clero regolare italiano in quel tempo, nel suo magistrale volume Lo stato della religione in Italia etc.

39. 1539 ottobre 6. S. 1. A cardinale ignoto. « Pro eo << honore ». Lo prega di favorire un agente della città di Carpentras che si reca a Roma per sostenere le ragioni di quel popolo contro gli ebrei.

Autogr. non spedita, p. 1. Bibl. Vat. Barber. - lat. vol. 2157, c. 129.

INDICE DEI DOCUMENTI

I. Lettera di Iacopo Sadoleto al padre Giovanni Sadoleto. Roma, 19 marzo [1511].

II. Lettera di Iac. Sadoleto a Clemente VII gratulatoria per la liberazione di lui dal Castel S. Angelo. Carpentras, 30 decembre 1537.

III. Carteggio tra Iac.o Sadoleto e il card. Benedetto Accolti circa la nomina di Paolo Sadoleto a coadiutore con futura successione nel vescovato di Carpentras, e lettera di Iacopo a Clemente VII.

IV. Lettera di Iac. Sadoleto a Paolo III circa la morte del card. legato di Avignone. Ivi, 2 marzo 1541.

V. Lettera di Iac.o Sadoleto al nepote Paolo Sadoleto, circa le sue relazioni col papa Paolo III, le sue condizioni finanziarie, e le sue premure a vantaggio di lui. Roma, 1 luglio 1545.

VI. Documenti circa la vigna di Iac. Sadoleto sul Quirinale. VII. Regesto di n.o 39 lettere inedite di Iac. Sadoleto.

ALESSANDRO FERRAJOLI.

Per la storia

della riforma della Chiesa nel sec. XI

A PROPOSITO DI UN RECENTE LIBRO

DI STORIA CASSINESE (*)

A storia di Montecassino durante il periodo della conquista normanna, che è quello del suo massimo splendore, non ha solamente grande importanza per l'azione svolta nelle complicate difficili situazioni dell' Italia meridionale, tra gli antichi principati longobardi che scomparivano e il nuovo potere dei Normanni che sorgeva e si consolidava; o per il rigoglioso fiorire della interna vita del monastero esplicantesi in una sana pratica della religione monastica e nelle più belle manifestazioni della cultura e dell' arte; ma anche, e forse più, per la parte grande di contributo dato alla riforma della Chiesa, che la Chiesa stessa intraprese ed operò in quella seconda. metà del secolo decimoprimo. Basterebbe ricordare quante volte i papi riformatori di quel tempo - Leone IX, Stefano IX, Nicolò II, Alessandro II, Grego

R. PALMAROCCHI, L'abbazia di Montecassino e la conquista normanna. Lavoro premiato nel 5° concorso della fondazione Villari. Roma, 1913, 8°, pp. xx-268.

rio VII salirono al monastero di S. Benedetto, divenuto allora, dopo Roma, il principale punto di ritrovo dei maggiori uomini del partito della riforma; e ricordare anche come due papi diede allora Montecassino alla Chiesa: Stefano IX e Vittore III; ai quali presto doveva seguire un altro cassinese, Gelasio II, pari a quelli per saldezza di carattere, per ingegno e per virtù sebbene nessuno dei tre, per la troppo breve durata del proprio pontificato, abbia potuto oscurare la fama delle opere anteriormente compiute e far dimenticare il nome prima portato: Federico

di Lorena, Desiderio e Giovanni di Gaeta.

Il Palmarocchi, nel suo libro su L'abbazia di Montecassino e la conquista normanna, tende invece a negare ogni partecipazione di Montecassino e degli uomini suoi alla lotta per la riforma della Chiesa nella seconda metà del secolo XI, e riesce nei particolari a conclusioni, od affermazioni, nuove ed insospettate. Veramente, nulla egli ha notato, a questo proposito, nella storia di Montecassino che precede il governo dell' abate Desiderio, se non forse un ravvicinarsi tutto consenziente del monastero a Leone IX quando questi fu in lotta contro i Normanni. Ma venendo al tempo dell' abate Desiderio (1058-1087), ossia al tempo in cui, dal pontificato di Nicolò II, Ildebrando acquistò una preponderanza sempre crescente alla corte di Roma, postasi naturalmente la questione, non crede che si possa parlare di una cooperazione dell' abazia cassinese alla attività del grande riformatore; teme anzi che, ammesso ciò, la figura del grande abate ne rimarrebbe molto rimpiccolita.

In realtà, soprattutto l'interpretazione della figura morale dell' abate Desiderio e della multiforme sua attività religiosa e politica, nella cerchia del monastero e nei rapporti col pontificato romano, coi Normanni e

coll'impero, è qui profondamente diversa, spesso anzi contraria ai giudizî, non dico del padre Tosti, ma a quelli, pur discutibili, dello Hirsch e specialmente del Caspar (1). Quasi si direbbe che costituisce una delle vere sorprese di questo libro, che, per l'importanza dell'argomento e la reale bontà di alcune sue parti, è degno di molta attenzione.

La questione, da nessuno ancora studiata e trattata di proposito, è veramente molto importante, per la storia di Montecassino e per la storia della Chiesa (2). Bisogna rendere omaggio all'agile ingegno del Palmarocchi, che, in due capitoli, ci ha dato su di essa parecchie pagine assai interessanti. Non credo però che si possa convenire, né in tutto né in molta parte, nelle sue conclusioni, che talora sembrano basate su una conoscenza non completa delle fonti. Valga come esempio il caso delle relazioni di Pier Damiani con Desiderio, che il Palmarocchi studia e giudica soltanto attraverso a quanto ne disse il Tosti, e non già risalendo direttamente alla numerosa corrispondenza epistolare di Pier Damiani con Desiderio e coi cassinesi. Eppure un tal giudizio così formulato doveva essere uno dei più gravi argomenti per dimostrare la mancanza in Desiderio di spirito e azione riformatrice. Nell'intento quindi di contribuire a porre in giusta luce l'opera e gli intendimenti di questo abate di Monte

(1) TOSTI, Storia della badia di Montecassino, Napoli, 1842, vol. 1°; F. HIRSCH, Desiderius von Montecassino (Forschungen zur deutschen Geschichte, 1867, VII, 330 sgg.); E. CASPAR, Petrus diaconus und die cassineser Fälschungen, Berlin, 1909, p. 5.

(2) Sulla parte di Montecassino nella lotta per la riforma della Chiesa nella seconda metà del secolo XI sarà pubblicata prossimamente la prima parte di un mio studio, la quale comprenderà il periodo di tempo che si riferisce al governo degli abati Richerio, Pietro e Federico di Lorena (1038-1058).

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